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Muhammad Ali: Pareri Storici E Non Tradotti In Italiano

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Wednesday August 28, 2013 - 20:41:39Visitors: 22,292 Daily average: 21 Visitors when included: 0 Total visits: 22,292 Tagged by its author as: Boxing Characters (in origin): 60,816 (pages: ~ 22)
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Premise (Not reproduced if this snippet is included)Argomento correlato Muhammad Ali: Pareri In Memoria Tradotti In Italiano

George Foreman Su Ali

Mi ricordo che stavo predicando per strada una sera, tanti anni fa. Ero ingrassato, mi ero rasato, nessuno mi riconosceva, ero solo un matto qualsiasi che predicava all' angolo di una strada. Così cominciai a dire guarda che io sono George Foreman sono stato campione del mondo dei massimi. Ma la gente mi passava oltre. Allora iniziai a dire: ho combattuto contro Muhammad Ali. E la gente iniziava a fermarsi. Fu allora che capii che quest' uomo mi stava aiutando a far passare il mio messaggio evangelico, e che lui era una benedizione - ma non perchè mi aveva sconfitto, ma perchè era nella mia vita.  
 
Ali ed io abbiamo trascorso così tanti anni in campi avversi ma poi, tutto d'un tratto, 32 anni fa, ho compreso che non c'era altro che un campo solo. Ragazzi, accidenti se abbiamo perso un mucchio di anni preziosi. Ma da 32 anni a questa parte siamo vicini come il colore bianco lo è al chicco di riso.  
Lui non è cambiato. Recentemente ci stavo parlando tramite messaggini telefonici. Gli mandai una foto della mia nuova nipotina e lui mi rispose scrivendomi "Ti assomiglia parecchio". E il giorno dopo mi ha mandato due foto dei suoi nuovi nipotini.  
Tu dai una cosa ad Ali e lui te ne dà due. Sta sempre una spanna sopra. E' Muhammad Ali.  
 
Ma se guardi ad Ali solo con l' ottica del pugilato non vedi il suo autentico spessore. Il tipo di vita che ha condotto fuori dal ring, e dobbiamo anche dire il coraggio che ha avuto, lo hanno reso ciò che è: un profeta, una figura eroica, un rivoluzionario - e questo è molto di più che essere un semplice pugile.  
Qualificare Ali solo come pugile significa svilirlo.  
 
Lui boxava per poter avere una voce. Qualunque fosse il messaggio da recapitare, lui lo ha fatto semplicemente transitare attraverso la boxe. Voglio dire, per carità, ballava sulle gambe e portava un bel jab e ha anche tirato fuori diversi knock-out. Ma non è che perchè faceva queste cose allora devi archiviarlo come un pugile.  
Dimenticatevi della boxe, lui è stato una specie di regalo fatto al mondo.  
 
Quando ero giovane Ali era l'atleta per il quale accendevi il televisore. Diceva di essere bello e caspita se era un bel ragazzo e poteva fare dei giochi con i piedi che nessun altro. Raccontava barzellette, faceva ridere la gente. Ti piaceva ascoltarlo. Se non lo amavi, doveva essere perchè eri invidioso, che è la stessa cosa che amarlo. Sarei stato a sentirlo tutto il giorno.  
 
Ero troppo sicuro di me quando ci combattei. Avevo battuto pugili che lo avevano battuto come Frazier e Norton. Pensai che tutto si riduceva a questo: devo avere un po' di pietà di lui o no? Pensavo che sarebbe stato solo la prossima vittima da KO per la mia carriera, quando al settimo round lo colpii così duro al mento e lui mi sussurrò nell' orecchio "tutto qui, George?". Fu allora che capii che le cose non stavano andando affatto come pensavo che dovevano andare. Non avevo mai perso prima. Ero così sicuro della mia enorme potenza che per anni ho dato tutto per scontato. Poi pensai che mi avessero imbrogliato, che in realtà stavo vincendo io, che qualcuno aveva commesso un errore. Finchè nel 1981 un giornalista venne da me e mi chiese allora George che cosa è davvero successo in Africa? Allora lo dovetti guardare negli occhi, e dissi: ho perso, mi ha battuto.  
 
Prima di allora avevo solo sentimenti di vendetta in mente. Ma da quel giorno in poi mi fu chiaro. Io non sarei mai stato in grado di vincere quell' incontro. Era tempo di accettarlo.  
 
Quello che davvero rimpiango è, mentre stava alle corde, ho continuato a colpirlo dietro il collo. Duro. Alle volte mi sveglio nel cuore della notte e desidererei non averlo mai fatto. Cioè non voglio dire che io sono responsabile della sua malattia, ma ho imbrogliato un po'. Se potessi tornare indietro, non ci combatterei affatto. Non è che sono triste per lui, per me è eroico.  
E' ancora bello ai miei occhi. Puoi parlare con dei veterani di guerra e non sapere che hanno una gamba di legno. Quello che hanno fatto rende tutto il resto irrilevante.  
Un eroe è un tipo che tu lo metti all' angolo e gli meni e gli meni e gli meni e, piuttosto che arrendersi, dice a sè stesso se io adesso mi arrendo tutti coloro che credono in me cadranno con me per cui io devo farcela!  
Ed è perchè Ali ce la ha fatta ed è rimasto in piedi che ha sofferto dei danni.  
 
Non sono triste per lui, al contrario mi sento orgoglioso finanche di conoscerlo.  
Ciò che rende Muhammad Ali speciale è che ama la vita. Non è che amasse essere giovane o fare l' Ali shuffle, lui amava la vita. Probabilmente adesso starà pensando a come mangiarsi un dolce a dispetto delle infermiere. E' ancora fra noi. E non si nasconde!  
Mi ricordo quando lo vidi accendere la torcia olimpica ad atlanta nel 1996. So che disse "sì, amerei farlo, grazie per l' opportunità". Ama la vita.  
Io credo davvero che sia il più grande ma dimenticatevi della boxe -date pure quel titolo a Joe Louis o a chi vi pare a voi- per me lui è semplicemente il più grande uomo che io abbia mai incontrato.  
 
George Foreman (originale in Inglese)

Dichiarazione Di George Foreman In «Facing Ali»

Quello che George Foreman dice proprio all' inizio del trailer del documentario Facing Ali è quanto segue, e merita la trascrizione:  
 
«Probabilmente il miglior pugno dell' intero combattimento non fu mai sferrato. Muhammad Ali, mentre stavo andando giù, lo vide che io stavo cadendo. Ordinariamente ne approfitti per finire l'avversario. Io lo avrei fatto!  
Lui era pronto con la mano destra a colpirmi mentre cadevo... ma non lo fece.  
E questo fu ciò che mi fece capire che lui è stato il più grande pugile che io abbia mai affrontato.»

Ulteriore Dichiarazione Di George Foreman Sul Match Con Ali

George Foreman: «Chiunque colpivo anche se non in pieno finiva ko, per cui ero sicuro di essere la macchina più forte che fosse mai stata inventata, il più potente peso massimo mai esistito, un mio pugno era l' equivalente di 20 pugni di altri campioni dei pesi massimi messi assieme. Mi credevo.  
Così quando andai in Zaire per incontrare Muhammad Ali pensai questo sarà una sciocchezza, sarà un allenamento, lo faccio secco in tre round anzi che dico in due round, se proprio va male in tre e mezzo dai.  
Non mi ero mai sentito così sicuro di me in tutta la mia vita.»  
 
Domanda: «Diversi analisti che hanno guardato il match e il tipo di combattimento che ne è venuto fuori hanno osservato che Muhammad Ali ha piazzato dodici diretti destri a secco [mia nota: cioè senza farli precedere dal jab] il che è qualcosa che non ti permetti mai di fare con un campione del mondo perchè è come insultarlo è come dirgli che lo stai considerando tanto poco pericoloso e facile da colpire quanto una palla tesa. Quale pensi che fosse la sua strategia, e ti ha sorpreso questa cosa?»  
 
George Foreman: «Be quando parliamo di quanti destri a secco mi ha piazzato se fosse per me io mi sentivo come se me ne avesse piazzati 150 [ride]. Ancora li sento quei pugni.  
Avevo semplicemente sottovalutato quello che era uno dei più grandi pugili di tutti i tempi, ed è tutto quel che c'è da dire.  
Lo sottovaluta. Pensai può colpirmi quanto gli pare tanto lo faccio secco ugualmente in pochissimi minuti, ma tutti quei pugni e lo sforzo accumulato non passò molto tempo prima di ritrovarmi sul pavimento. E allora si trattò della cosa più devastante della mia vita perdere la corona di campione del mondo dei massimi per cui avevo lavorato così tanto così duro, e poi ecco un arbitro che ti conta in faccia UNOOOOO, DUEEEEE e lui, e tu, non vi accorgete davvero che la tua vita cambierà tutta, passando da tutta quella sicurezza in me stesso alla devastazione. Ma successe in un attimo, in un istante. Quando risuonò il dieci di quel conteggio sentii che la mia vita era stata devastata [sorride].»  

George Foreman: Se Vuoi Essere Qualcosa Di Più Di Un Campione Del Mondo, Devi Battere Muhammad Ali

Se riesci ad acchiapparlo di mattina presto ed è di buon umore, può parlare con te. Sua moglie Lonnie o la figlia gli passano il telefono, e parliamo. Si interessa delle stesse cose che interessano me, parliamo dei nostri figli e dei nostri nipotini, e fa ancora le sue battute. All' inizio di dicembre ci stavamo scambiando foto dei nostri nipotini sui telefonini. Gli mandai una foto lui rispose con due foto. Mi scrisse "George ma quanti nipoti hai?" Ne ho sei, gli dissi "Ah bhe io ne ho otto. George, che dire, ti ho battuto un' altra volta!" mi rispose. Gli piace giocare al "Più Grande".  
 
Abbiamo combattuto nel 1974, è stato tanto tempo fa. Ma è da dopo il 1981 che siamo diventati grandissimi amici. E arrivati al 1984 era praticamente amore! Non sono vicino a nessun altro nella mia vita quanto lo sono a Muhammad Ali. Chiedete perchè? Siamo stati definiti da quel combattimento in Zaire e le nostre vite sono indissolubilmente legate da ricordi e da fotografie, sia da giovani che da vecchi. Ci vogliamo davvero bene.  
 
Ma la boxe è solo una minima parte delle cose che poteva fare. Mi ricordo che quando vinsi il campionato del mondo non mi interessava essere chiamato "campione", quello che a me e alla mia squadra interessava davvero era di diventare quelli che avevano sconfitto Muhammad Ali. Volevamo essere qualcosa di più che campioni del mondo. Era questo che volevamo veramente, e per esserlo dovevamo battere Muhammad Ali.  
 
Ma, e lo dico sul serio, nessuno batte Muhammad Ali. Anche se lo batti, la gente dice che non lo hai davvero battuto, nessuno direbbe che ha perso, e non conosco nessuno che ancora non voglia il suo autografo o abbracciarlo e baciarlo.  
 
Lui ha cambiato quello che la gente guardava, facendolo diventare bello. Ha dato una definizione di classe e testa. Ha fatto cose che hanno un po' cambiato il mondo. Per questo quando vedo Ali mi sento orgoglioso, perchè è un eroe. Tutti gli eroi hanno cicatrici. Alcune le vedi, di altre magari ne leggi dopo sui giornali. Ma lo sappiamo tutti molto bene. Quest' uomo è un eroe. Quello che ha sopportato in passato, quello che sta soffrendo adesso, sono queste le cose che gli eroi affrontano.  
E non se ne vergogna. Per me è diventato "Il Più Grande" quando si fece vedere da tutti mentre accendeva la torcia olimpica a Los Angeles. Non si vergognava. E ancora oggi sono orgoglioso di conoscerlo. Sono una parte di lui. E ogni giorno mi piace di più.  
 
Non ha più necessità di dire tante cose adesso. E' giunto quel momento dopo il quale non c'è più molto d' altro da aggiungere. Tutto è stato detto. Ora c'è solo da guardarlo o da riscrivere su di lui. E' il più grande sportivo americano che sia mai vissuto. Ne abbiamo di eroi, ma alcuni non riescono davvero a rappresentare qualcosa. Ma questo qui, è roba seria. Dovrebbero inaugurare un giorno dedicato a Muhammad Ali, perchè no magari quello del suo compleanno.  
 
George Foreman (originale in inglese)

Mentre Ancora Potete

Dichiarazione sulla pagina Facebook delle frasi di George Foreman apparsa il 17 gennaio 2014, giorno del compleanno di Ali:  
 
«Eravamo a Salt Lake City io e Muhammad Ali e stavamo dando delle esibizioni. Una mattina mentre facevo una passeggiata con il mio staff incrociammo con mia sorpresa proprio Ali e lui mi disse: "Ehi George vedo che sei pronto ti vedo con un passo bello atletico, si capisce che sei in gran forma". Io lo salutai a mezza bocca. Lui continuò a dirmi cose carine, ma io no. Avevamo firmato per combattere e pensai che non sarei certo stato gentile con lui.  
A un certo punto gli dissi che mi piaceva la sua maglietta e senza che chiedessi se la sfilò di dosso e me la regalò. Ma tutto quello a cui io riuscivo a pensare era solo io ti batterò. Oggi è il suo compleanno e io ho pianto, perchè lui non mi ha mai odiato; lontano fino a quando io posso ricordare lui mi ha sempre offerto la sua amicizia. Anche voi potreste conoscere qualcuno che cerca ogni volta di essere in buoni rapporti con voi, bhe guardateli in faccia e siate gentili adesso che ancora potete. Non sprecate il tempo a tenere il muso & risponder male. Restituite un po' di amore, non vergognatevi di farlo, perchè io mi vergogno di non averlo fatto.» (George Foreman)

Io Non Devo Deluderli

«Voleva che il pubblico lo amasse. Quando vai da qualche parte e vuoi che la gente ti ami, potrebbero amarti davvero. Ali fece in modo di essere amato. E questo è il motivo per cui non sono riuscito a batterlo. Lui li aveva sentiti che cantavano il suo nome e si disse "io non devo perdere".  
E' da lì che gli venne quella resistenza e la capacità di incassare i miei colpi: lo amavano, e lui doveva ricambiarli.  
 
E' il più grande uomo che io abbia mai conosciuto. No, non il più grande pugile quello è troppo riduttivo per lui. Aveva un talento unico. Non era solo carino ("pretty"), era proprio bello. Tutto ciò che di meglio l' America dovrebbe essere, Muhammad Ali lo è stato.»  
(George Foreman, originale in inglese)

George Foreman: Probabile Esperienza Premorte Dopo Il Match Con Ali

(Questa dichiarazione di George Foreman sembra una esperienza premorte, da confrontare con altre)  
 
Dopo l'incontro con Ali sono stato arrabbiato per mooolto tempo. Ho pensato di essere stato imbrogliato dal mio manager, che mi avessero messo qualcosa nell' acqua, avevo ogni genere di scusa che mi riempiva di odio e di brama di vendetta.  
Sentivo di avere perso tutto, non solo un campionato del mondo dei pesi massimi, ma la mia stessa identità di uomo.  
 
Combattei con Jimmy Young a Portorico nel marzo del 1977 e dopo la decisione, bhe Jimmy Young era il vincitore. Non potevo crederci!  
Tornai negli spogliatoi e misi via la roba cercando di darmi una calmata. Cominciai a pensare a questi schifosi match di pugilato e pensai senti io sono pieno di soldi, ho delle macchine, ma che me ne frega a me, mi posso ritirare e morire. Morire! Non ci avevo pensato ma aveva dominato parecchie delle mie conversazioni, avevo pensato spesso alla morte. Ero tutto da solo lì in quel vecchio spogliatoio. E proprio mentre mi intrattenevo con questi pensieri sentii un voce che mi disse "Tu credi in Dio. Perchè allora hai così paura di morire?"  
 
Cercai di raggiungere un accordo con quella voce, gli dissi: sono pur sempre George Foreman. Posso boxare. Posso donare i miei soldi in beneficienza e per le malattie. E la voce improvvisamente mi rispose dura "Io non voglio i tuoi soldi! Io voglio te!"  
E mi ricordo una lacrima scendermi e che sentii le mie gambe cedermi. E prima che potessi farci qualcosa, ero andato.  
 
In un millesimo di secondo guardai sopra la mia testa, guardai sotto i miei piedi, non c'era più niente, assolutamente niente!  
Guardai alle mie spalle e vidi tutto ciò per cui avevo lavorato frantumarsi, lontano, come se fosse disegnato su di un pezzo di carta che bruciava e che si rattrappiva con un odore di morte, un orribile odore di morte accompagnava questo bruciarsi. Ero furioso e pensai non mi importa se questa è la morte, io credo ancora che c'è un Dio. Non credo in una religione precisa ma in un Dio sì. E proprio in quel momento sentii una mano che mi prese, e mi tirò via da quel vuoto senza alcuna speranza.  
 
Mi ritrovai di nuovo nello spogliatoio, disteso. Della gente mi stava rialzando, e vidi che c'era del sangue che proveniva dalla mia testa. Ma io non mi ero ferito nell' incontro.  
Guardai le mie mani e muovendole vidi che c'era del sangue come se fossi stato crocifisso. L'ultima cosa che mi ricordo stavo gridando Gesù Cristo è venuto a salvarmi. Volevo andare nella doccia, gridavo: sono pulito, sono rinato! Alleluja!  
 
Mi legarono bene su un' ambulanza e io gli dissi: ho appena assistito a un miracolo che se ve lo raccontassi non ci credereste!  
Mi portarono in terapia intensiva.  
Avevo perso un altro incontro di pugilato, ma ora volevo solo vivere per trovare il senso della mia storia.  
 

Doug West Sul match Fra Ali e Foreman

Autore: Doug West. Originale in inglese  
 
Ho ripensato spesso all' incontro di Muhammad Ali contro George Foreman nell' ottobre del 74. Sapete, quello soprannominato "The Rumble In The Jungle". Secondo me è una lezione su come si vince nella vita. Quella vittoria di Muhammad Ali è una storia di cui la gente ancora oggi continua a parlare. A Kinshasha, nello Zaire, Ali fronteggiò George Foreman, l'allora incontrastato campione del mondo dei pesi massimi. Foreman all' epoca dominava il ring, avendo vinto ben 37 dei suoi 40 incontri per KO.  
 
Settimane prima del combattimento, Ali si accattivò il cuore del popolo dello Zaire dipingendo Foreman come una specie di bruto. Foreman, che non era uno showman come Ali, lasciava perdere ritenendo che il suo record parlasse per lui.  
 
Considerato uno dei picchiatori più pesanti della storia del pugilato, Foreman si fece strada a pugni attraverso le prime riprese incontrando poca resistenza da parte di Ali.  
Muhammad evitò i suoi pugni peggiori appoggiandosi e rimbalzando sulle corde mentre si proteggeva il volto con gli avambracci, una tecnica che in seguito fu denominata "rope-a-dope". Con questo metodo attutiva l'impatto dei colpi di Foreman. La tattica andò avanti fino al settimo round.  
 
I fan di Ali erano basiti, disperati nel vedere il loro beniamino non fare praticamente niente per difendersi.  
Ali provocava la furia di Foreman con il sarcasmo: "Tutto qui, George? Ma come, mi avevano detto che eri uno cattivo, George!". Foreman era imbufalito, e sferrava colpi al corpo spaventosi, deciso a fare pagare assai care ad Ali le sue battutelle. Nessuno allora sapeva, nemmeno il suo allenatore Angelo Dundee lo sapeva, nè lo sapevo io, nè lo sapevano i suoi fan più appassionati, ma Muhammad Ali aveva un piano. Un piano che si stava segretamente svolgendo proprio sotto i nostri occhi.  
 
Ricordo quel combattimento e anche se lo vidi anni dopo rispetto a quando si tenne, ritrasmesso da Sports Channel, nel mio cuore ho palpitato come se fossi stato lì, a bordo ring, piangendo per la sorte del mio eroe.  
 
Ali sapeva che Foreman puntava tutto sulla sua forza fenomenale per avere la meglio sugli avversari, e sapeva che raramente era stato portato alla distanza. Per cui Ali pensò che quello poteva essere il suo tallone di Achille, e decise che la strategia più intelligente da adottare fosse di lasciare che si logorasse. Quando Foreman iniziò a sentirsi tanto stanco quanto sicuro di sè perchè Ali non reagiva più, è allora e solo allora che Ali tirò fuori le sue carte.  
 
Ali fu disposto a farsi vedere da tutti noi come un fallito, per il semplice motivo che lui non percepì mai sè stesso in tale maniera.  
 
E non è questo il nocciolo intimo di un vero campione?  
Andare avanti facendo ciò che deve essere fatto, nutrendo sufficiente stima in sè stesso da non sentire alcuna necessità di dover provare alcunchè a nessuno.  
Benchè io creda che perdere non sia mai stata considerata una possibilità nella mente di Ali, eppure egli accettò di essere percepito come un perdente, e di essere visto come tale sotto il microscopio del mondo intero. Quanti di noi accetterebbero di farsi vedere anche un solo istante sotto questa luce, essere visti come dei falliti da coloro che ci ammirano? Ali era così sicuro di quel che faceva, che la cosa non gli dava fastidio.  
 
Poco dopo l'inizio dell' ottavo round, le energie di George Foreman erano finite, e iniziava a incespicare. Ali saltò via dalle corde e piazzò tre colpi con un tempismo magistrale. Foreman ruotò su sè stesso e cadde. Fine del combattimento.  
 
A volte quando smettiamo di volere apparire, e in silenzio andiamo avanti facendo quello che dobbiamo fare, insegnamo anche qualcosa agli altri.  
E' questo che ha fatto Ali, questo è l'esempio che ha presentato davanti ai nostri occhi: se vuoi essere grande, non ti deve creare problemi essere visto come un perdente.  
 
Per questo Ali è stato il più grande quella sera. Ali non si arrese mai quella sera: fu solo la nostra idea di lui che lo fece.  
Quando finalmente alzò il sipario su quel che stava realmente facendo, i nostri occhi si colmarono di ammirazione.  
 
Forse avrebbe potuto vincere quella battaglia usando le tattiche che aveva usato per vincere tutte le precedenti. Ma quella specifica battaglia, quella per vincere la quale Ali tornò sul ring, spicca come una delle sue più grandiose. Una vittoria ottenuta a quel modo ha effetti duraturi.  
 
Ecco, io penso che questo è quello che dovremmo fare tutti noi.  
Non dovremmo avere nessuna vergogna ad essere visti come dei perdenti, se abbiamo intenzione di essere davvero grandi. Se seguiamo le convinzioni del nostro cuore, qualsiasi sfida, qualsiasi ostacolo, lo possiamo vincere e nel vincerlo dare anche una profonda lezione di vita agli altri.  
Cose così sono per sempre leggendarie. Gloria pura.  
 
Doug West (originale in inglese. Non so come contattarlo per approvare questa trascrizione - I don't know how to contact him to approve this transcript)

Earnie Shavers Su Ali

Ero davvero strasicuro che lo stavo per mettere KO. Notai un comportamento classico nel secondo round. Portava un jab portava un altro jab, portava due jab consecutivi, così quando finiva di portare il secondo sapevi che c'era una finestra e eccolo il mio destro! Pam pam! E gli faceva male.  
 
Ma dopo un po' iniziò a simulare, a fare finta di sentire i colpi. Pensai che stesse facendo un po' di scena, ma secondo me gli facevo male sul serio.  
 
Ali era un pugile molto, molto astuto. Sapeva come imbrogliare le carte in una miriade di maniere diverse. Al 14esimo round lo colpii, un colpo bello pulito, lo accusò e le sue ginocchia cedettero.  
Pensai: adesso sì che ce l'ho in pugno! Mi immaginavo che al quindicesimo sarei venuto fuori spingendo un po' più forte e lo avrei finito.  
 
Ma Ali aveva recuperato!  
Cioè, dico, questo ragazzo è incredibile. Combattè come fosse stato il primo round.  
Gli ultimi trenta secondi furono indescrivibili. Ali ha completamente ribaltato la partita. Ci stavamo scambiando colpi di brutto a quel punto. Tutti gli spettatori della arena erano saltati in piedi!  
 
Prima che rivedessi il match, credevo di avere vinto. Ma dopo averlo rivisto, posso dire che presero la decisione giusta. Ali ha davvero vinto il match. Pensai non so magari potevo spingere di più.  
 
Dopo di me, avrebbe dovuto ritirarsi. Perchè ha preso alcuni colpi da me che, ascolta, roba incredibile. Non mi interessa chi sei, non puoi continuare a prendere pugni di quel tipo da un pugile come me, o da qualche altro peso massimo, e non risentirne le conseguenze per molto tempo.  
 
Anche se ci ho combattuto verso la fine della sua carriera, il fatto è, capisci, solo il suo nome faceva magie se combattevi bene contro di lui.  
Non avrei potuto affrontare un campione migliore di Muhammad.  
E questo ha cambiato tutta la mia vita.  
 

Omaggio Di Un Fan Per Il Compleanno Di Ali

Diciassette Gennaio.  
Di chi è il compleanno oggi? Di chi è il compleanno oggi?  
Chi è il più grande? Più forte che non ho sentito! Chi è il più grande?  
"Quale è il mio nome? Quale è il mio nome?"  
 
Ali faceva allenamenti aperti al pubblico pagante, e donava il ricavato a ospedali per bambini. C'era la coda di gente che voleva vederlo fare il vuoto sul ring.  
A volte improvvisava corse all' aperto e se c'erano scuole Ali poteva ritrovarsi attorno 30, 40 bambini che correvano con lui e il loro numero aumentava man mano che correva. La famosa scena di Rocky fu ripresa da questo aneddoto, così come lo stesso personaggio di Rocky fu ispirato da un incontro di Ali.  
Ogni tanto Ali organizzava gare di corsa fra i bambini e c'erano premi per tutti anche per chi perdeva.  
 
"Credo sia venuto il momento di dire addio a Muhammad Ali, perchè, per dirla in tutta sincerità, non credo che ce la potrà mai fare a battere George Foreman."—Howard Cosell  
"Oggi Muhammad Ali combatte contro George Foreman in un match epico, a cui hanno dato il nome di Rumble In The Jungle" ("A Botte Nella Foresta")—radiocronista  
 
Prima dell' incontro con Foreman Ali visitava ospedali di bambini gravemente malati, come sua abitudine.  
Ali si intrattenne in particolare con uno di loro di nome Jimmy che diceva sempre di volere conoscere Muhammad Ali. Così Ali andò da lui e ci parlò. Il bambino gli chiese se avrebbe battuto George Foreman. Allora Ali prima di andare via gli regalò una foto e gli disse "io ora devo andare e ti dico che io batterò George Foreman. Così come io batterò George Foreman, tu batterai il cancro hai capito?"  
Due settimane dopo l'incontro con Foreman, Ali venne a sapere che quel bambino era terminale, e nel giro di tre ore Ali era in quell' ospedale a rivedere ancora quel bambino. Si sedette sul letto accanto a lui e gli disse "Ho fatto quello che ti ho detto ho battuto George Foreman. Adesso tu batterai il cancro hai capito?"  
Il bambino sorrise e gli rispose "No campione. Io invece andrò a vedere Dio, e quando lo incontrerò gli dirò che io sono amico tuo."  
Nella stanza cadde il silenzio.  
Ali abbracciò il bambino e se ne andò con i suoi accompagnatori.  
Durante le tre ore del viaggio di ritorno nessuno parlò.  
 
Alcuni anni dopo, già malato di Parkinson e rallentato, Ali visitò una scuola. E quando dopo gli insegnanti chiesero agli allievi di redigere un tema su quella visita essi scrissero "abbiamo veduto un uomo di nome Muhammad Ali, che era capace di volare per davvero". (fonte)  
 
Di chi è il compleanno oggi?  
Più forte che non ho sentito!  
 
Ci sono solo due pugili che sono stati capaci di sconfiggere Joe Frazier, e uno di questi due è riuscito a sconfiggere anche l'altro.  
Qual'è il suo nome?  
Più forte che non ho sentito!  
Qual'è il suo nome?  
 
Chi è il più grande?  
Più forte che non ho sentito!  
Chi è il più grande?  
 
Muhammad Ali, nato Cassius Marcellus Clay Jr., in Louisville, Kentucky, 17 Gennaio 1942  
In English:  
 
January the seventeenth.  
Whose birth-day is to-day? Whose birth-day is to-day?  
Who's the greatest? Louder, I can't hear you! Who's the greatest?  
"What's my name? What's my name?"  
 
Ali was used to hold training camps open to paying public, and was used to donate the revenue to children hospitals. There were always packed queue of folks that were eager to see him shadowboxing on the ring.  
Sometimes he improvised outdoor jogging sessions, running forward and backward, and if there were nearby schools it could happen that Ali found himself surrounded by 30, 40 kids that ran with him and whose number increased as they went. The famous Rocky scene was taken from this, just as the very same character of Rocky was inspired by an Ali fight.  
A times Ali arranged races for kids and there were prizes for all, last arrived included.  
 
"The time may have come to say goodbye to Muhammad Ali, because very honestly, I don't think he can beat George Foreman" —Howard Cosell  
"Today Muhammad Ali fights George Foreman and it is going to be an epic fight, and they have dubbed it The Rumble In The Jungle" —a radio speaker.  
 
Before the Foreman match Ali was visiting gravely ill kids in hospitals, as he was used to.  
In particular Ali spent time with one of them whose name was Jimmy. Jimmy always said he wished he could meet Muhammad Ali. So Ali went in his room, and they talked. Jimmy asked Ali whether he was going to beat George Foreman (at that time undisputed champion of the world of the heavyweights and one of the heaviest punchers that the history of boxing records, certainly in the top 3 all times for his punching power). So, before leaving, Ali presented a photograph to the kid and said to him "Now I'll go and beat George Foreman, and since I will beat George Foreman you will beat cancer too!"  
Two weeks after the Foreman match Ali learned that that kid was terminally ill. Within three hours he was once again in that hospital to meet Jimmy once again. He sat on the bed beside him and said "I did what I said i beat George Foreman. Now you are going to beat cancer!". The kid smiled and answered: "No, champ. I'm going to meet God, and I'm going to tell him that you are my friend."  
A deep silence fell on the room.  
Ali hug Jimmy and went away with his own accompaniment.  
During the three hours of the trip back nobody said a word.  
 
A few years later, already affected by Parkinson's disease and very slowed, Ali visited a school. And when the teachers asked their pupils to write something about this visit, they wrote "we have seen a man named Muhammad Ali, who could actually fly!" (source)  
 
Whose birth-day is to-day?  
Louder, I can't hear you!  
 
There are only two fighters that have been able to defeat Joe Frazier, and one of them has even been able to beat the other.  
What's his name?  
Louder, I can't hear you!  
What's his name?  
 
Who's the greatest?  
Louder, I can't hear you!  
Who's the greatest?  
 
Muhammad Ali, born Cassius Marcellus Clay Jr., in Louisville, Kentucky, on January 17, 1942

Una Poesia Di Ali

Signore e Signori, questo è Muhammad Ali - The Greatest.  
 
«La libertà adesso.  
 
Meglio di tutto, da quel che vedo  
è morire combattendo per la libertà in cui credo,  
una fine migliore io non la prevedo.  
 
Meglio che farlo stando in un letto  
e in salute malconcia sentirmi protetto  
mentre la morte mi fa il suo lavoretto.  
 
Meglio che dire preghiere addolorate  
deteriorando in una malattia dalle grinfie accigliate  
per andarmene via pagando le rate.  
 
Meglio che un male venereo  
o dipendere da una droga per sentirsi vero,  
lasciatemi morire da nero.  
 
Meglio assai che fare il contrario  
è stare qui e combattere un avversario,  
è il modo migliore per abbassare il sipario.  
 
Meglio che lasciare sangue coagulato  
su di un' autostrada anonima abbandonato,  
da pezzi di vetro e di ferro lacerato  
 
Meglio invitare la morte  
che vivere altre vite smorte  
e fare del ghetto la solita sorte.  
 
Meglio che stare in prigione riposto  
ad altro destino voglio esser sottoposto,  
assassinatemi sul posto.  
 
Meglio la lotta che rafforza  
e adesso mentre il mio sangue ancora non smorza  
lasciare che si rinnovi in me l' antica forza.  
 
Meglio morire di una morte violenta  
che dar retta a quanto lo Zio Sam inventa,  
che vivere una bugia per un pizzico di pace spenta.  
 
Meglio sapermi fedele al mio vero  
morire esigendo che le cose sian per davvero  
perchè morendo giovane io mi avvero.  
 
Meglio farlo adesso che di rimessa,  
che vivere una vita dalla paura della morte oppressa -  
la prossima alba non mi interessa.»  
 
Originale in inglese:  
 
Freedom - Better Now  
 
Better far - from all I see -  
To die fighting to be Free  
What more fitting end could be?  
 
Better surely than in some bed  
Where in broken health I'm led  
Lingering until I'm dead  
 
Better than with prayers and pleas  
Or in the clutch of some disease  
Wasting slowly by degrees  
 
Better than a heart attack  
or some dose of drug I lack  
Let me die by being Black  
 
Better far that I should go  
Standing here against the foe  
Is the sweeter death to know  
 
Better than the bloody stain  
on some highway where I'm lain  
Torn by flying glass and pane  
 
Better calling death to come  
than to die another dumb,  
muted victim in the slum  
 
Better than of this prison rot  
if there's any choice I've got  
Kill me here on the spot  
 
Better for my fight to wage  
Now while my blood boils with rage  
Less it cool with ancient age  
 
Better violent for us to die  
Than to Uncle Tom and try  
Making peace just to live a lie  
 
Better now that I say my Sooth  
I'm gonna die demanding Truth  
While I'm still akin to youth  
 
Better now than later on  
Now that fear of death is gone  
Never mind another dawn.  
 

Ali Fa Rima Con Liston

Clay colpisce con la sinistra, Clay colpisce con la destra  
Guardate come il giovane Clay gestisce questa palestra  
Liston continua ad arretrare, ma non ha abbastanza spazio  
E' solo una questione di tempo prima che Clay gli faccia pagare dazio.  
Adesso Clay piazza il destro, ma che bel pugno  
E fuori dal ring finisce l'orso con quel colpo sul grugno.  
Liston è ancora in piedi e l'arbitro ha un cipiglio  
Perchè non può contare Liston finchè non va giù dal ciglio.  
Ora Liston non si vede più, e la folla è tutta un cantico  
Ma le stazioni radar lo hanno visto volar sopra l' Atlantico.  
Chi lo avrebbe mai detto quando iniziò il contrasto  
Che avrebbero visto il lancio nello spazio di un impiastro?  
La folla nemmeno si sognava, quando piazzarono le loro scommesse insonni  
Che avrebbero pagato per assistere a una eclisse totale di Sonny.  
Originale in inglese:  
Clay swings with his left, Clay swings with his right,  
Look at young Cassius carry the fight  
Liston keeps backing, but there's not enough room,  
It's a matter of time till Clay lowers the boom.  
Now Clay lands with a right, what a beautiful swing,  
And the punch raises the Bear clean out of the ring.  
Liston is still rising and the ref wears a frown,  
For he can't start counting till Sonny goes down.  
Now Liston is disappearing from view, the crowd is going frantic,  
But radar stations have picked him up, somewhere over the Atlantic.  
Who would have thought when they came to the fight?  
That they'd witness the launching of a human satellite.  
Yes the crowd did not dream, when they put up the money,  
That they would see a total eclipse of the Sonny.

Eutanasia Di Un Campione

L'incontro con Holmes è stato commovente. Il modo senza eguali con il quale Ali si è lasciato pestare è stato memorabile e, se non suonasse contraddittorio, addirittra esemplare: a tutti gli effetti, è stato senza precedenti storici. Credo, e non temo di esagerare o di essere smentito, che non si sia mai visto un pugile pigliarle così sistematicamente in maniera così rassegnata e inerte.  
 
Ma come è possibile che sia stato proprio un combattente considerato pressochè unanimemente «The Greatest» ed a tutt' oggi ancora in cima alle classifiche all times (pound per pound incluse), e quindi dotato di tutte le caratteristiche per non ritrovarsi in siffatta non invidiabile ed alquanto estremistica posizione, a supplirci l' anteprima mondiale ed il prototipo a tutt' oggi insuperato di un modello tanto infelice? Si può essere unici ed irripetibili nella maestria come nell' infamia?  
Questa cosa non ha senso.  
 
Ma davvero non ne ha? Quando il nonsenso si fa troppo clamoroso, ci ritroviamo in una situazione indiziaria analoga a quella descritta da Conan Doyle: escludete l'impossibile, e tutto il resto, per quanto improbabile, deve essere la verità. Contraddizioni troppo stridenti, così come le troppe bugie, instradano involontariamente sulle tracce del vero.  
 
Un pestaggio brutale a quella maniera, sconvolgente in alcune sue fasi, sopportato senza emettere un fiato, senza una schivata, senza una reazione, senza uno sguardo rabbioso mentre fulmineggiavano i colpi nemici.  
Il match fu così anomalo che sconvolse anche Cus D' Amato e il quattordicenne Mike Tyson che era con lui, e sconvolse l'angolo stesso di Ali. Angelo Dundee era disperato e sbigottito dal comportamento di Ali, che pure egli conosceva bene. Ali stava facendo qualcosa di indecifrabile ed inusitato finanche per coloro che lo conoscevano meglio di tutti gli altri, tanto inusitato da indurre l'angolo a compromettersi in un lancio della spugna che non aveva riscontri nemmeno analogici nella carriera di Ali. Ali ha affrontato sempre tutti, sempre fino in fondo: e dunque non gli fai questo grave sgarbo se non sei sicuro che la sua condotta sia realmente ed assolutamente aberrante.  
 
Ali se ne stava semplicemente lì, con una sobrietà francescana, e si faceva picchiare. Le concussioni ogni tanto lo costringevano a dei sussulti che non avevano nulla del soprassalto dell' orgoglio ferito o del tentativo di mettere all' opera una qualche controperizia pugilistica, bensì sembravano rispondere unicamente, meccanicisticamente e anzi quasi pavlovianamente, agli automatismi irriflessivi delle semplici leggi della fisica: se ti arriva un tram addosso, tendi a piegarti, ed il dolore ti induce a tentare di sottrarti sia che tu sia volente sia che tu sia nolente, ed a strapparti un tentativo di sfuggire così come il vomito suscita conati impulsivi.  
 
Ali senza un lamento. Ali senza ribellione.  
Talora un jab di risposta che era così inefficace ed insignificante che nemmeno un principiante al suo primo giorno al sacco potrebbe portarne uno così.  
Ali stava lì, a quel modo: ogni tanto muoveva le braccia in gesti la cui improduttività pugilistica sfidava ogni ipotesi di intenzionalità. Incomprensibilmente, misteriosamente - e anzi direi quasi misteriosoficamente, perchè la condotta di Ali ebbe un qualcosa di esoterico esibendo una imperscrutabilità che pur tuttavia sembrava rilasciare oscure allusioni, poichè lasciava intravedere la sussistenza di una qualche filigrana interpretativa. Tuttavia, qualunque fosse il messaggio criptato, doveva essere talmente inquietante che per pudore non poteva mostrarsi in piena luce ed annunciarsi.  
Che accidenti stava facendo Ali? Tutto appariva ingiustificabile.  
 
Larry Holmes dichiarò "L' ho battuto facilmente perché, essendo stato il suo sparring, lo conoscevo tanto bene da poter prevedere le sue mosse. Fine della storia". Ma non è vero, non spiega nulla, perchè allora se è per questo il discorso è necessariamente un discorso mutualmente reciproco: anche Ali conosceva tutti i movimenti i trucchi e le mosse di Holmes; eppure non ha vinto. E quindi la affermazione di Holmes non racconta la storia, non la risolve affatto, e perciò nemmeno può decretarne la convincente fine.  
 
C'è qualcosa di profondamente sibillino nell' atteggiamento di Ali. La salute, certo: egli sapeva già di avere il Parkinson, ed era un segreto di pulcinella nell' ambiente, e combatteva contro il parere del suo (ormai) ex-medico. Ma anche quella spiegazione non soddisfa del tutto: la passività di Ali fu talmente eclatante da trascendere le spiegazioni. Le sue condizioni mediche delle quali era stato da poco avvisato non erano (ancora) tali da confinarlo nella inamovibilità, come dimostrò inequivocabilmente il suo successivo e ultimo incontro, quello con Trevor Berbick.  
Perchè dunque con Berbick perse ma muovendosi in maniera pugilisticamente ben sensata, ma poco prima con Holmes no?  
 
Ma allora, se la malatia di Ali ancora non aveva pregiudicato la sua motilità fino a renderlo inidoneo a un match, perchè Ali si comportò in quella maniera pugilisticamente enigmatica quella notte fatale davanti a Larry Holmes? Larry Holmes, un avversario che egli aveva già ripetutamente gestito in innumerevoli sessioni di sparring.  
 
Ali sembrava una falena ubriaca, e non una farfalla, su quel ring. Ondeggiava apatico e incassava di tutto.  
E non andava giù. Si sarebbe fatto pestare a quel modo fino alla quindicesima, si capiva benissimo. Fermo alle corde, in piedi, silenzioso: una scena emotivamente toccante nella sua inspiegabilità, quasi fosse una specie di vittima sacrificale - agnus Dei, qui tollit peccata mundi.  
 
E poi ecco che ritorna come una risacca ebbra la magia della sua stella: una delle foto pugilistiche più riuscite, emblematiche e famose di tutti i tempi viene proprio da quel massacro dove di colpi Ali non ne portò praticamente nessuno, e di quelli che portò ancor meno andarono a segno.  
E' questa qui, con quella luce abbagliante di sfondo, lievemente soprannaturale nella inquadratura che ne è venuta fuori quasi fosse un dischiudersi della consacrazione o attenzione divina deum de deo, lumen de lumine, con quel preavviso incantato dell' impatto imminente fra due colpi concomitanti e avversi, congelati e immortalati in un istante che sembra farsi subito leggenda istantanea. L'immagine diventa subito il presagio iconografico dell' ultimo "round", l' epitome universale e titanica dell' ultimo gong: Io penso che Ali, sapendo di essere malato, volesse morire sul ring.  
 
Perchè il ring su cui era stato Re incontrastato, era tutto per Ali. Tutto.  
Se un pugile di questa levatura sa che deve morire, secondo voi dove preferirebbe morire? Non aveva forse Ali scritto in un suo componimento quanto segue?
«ad altro destino voglio esser sottoposto,  
assassinatemi sul posto. (...)  
 
Meglio morire di una morte violenta  
che dar retta a quanto lo Zio Sam inventa,  
che vivere una bugia per un pizzico di pace spenta.  
 
Meglio sapermi fedele al mio vero  
morire esigendo che le cose sian per davvero  
perchè morendo giovane io mi avvero.  
 
Meglio farlo adesso che di rimessa,  
che vivere una vita dalla paura della morte oppressa -  
la prossima alba non mi interessa.»
E Holmes era un amico, qualcuno con cui vi era stata una consuetudine diuturna decennale stagionatasi in innnumerevoli sessioni di sparring, e non un semplice sfidante o titolare. Meglio dunque designare un amico per incaricarlo inconsapevolmente di occuparsi di queste faccenduole un poco delicate, piuttosto che affidarsi ad uno sconosciuto: ad un Trevor Berbick qualsiasi, per esempio. E questo renderebbe ben ragione della diversità di comportamento nei due match, match che distano appena un anno l'uno dall' altro, anno durante il quale Ali avrebbe dovuto peggiorare fisicamente e invece registrò una performance con Berbick del tutto diversa da quella propostaci con Holmes.  
 
E questa spiegazione, che balena improvvisa come un sinistro fascio di luce che sciabola nelle tenebre e le rischiara con il nitore corrusco della tregenda, benchè non costituisca affatto una spiegazione certa, tuttavia ci spiegherebbe soddisfacentemente, a differenza della delucidazione accampata da Holmes, la altrimenti inspiegabile storia di quell' inspiegabile match.  
La motivazione data da Holmes appare ottusa e anche un tantinello spocchiosa: Larry Holmes potrebbe non avere mai compreso nulla di quel che stava veramente succedendo nel mentre che pensava succedesse per merito suo - e dunque gli si addice davvero molto bene in quel contesto una delle più strazianti poesie di Edgar Lee Masters, intitolata "Pauline Barrett":
«Quasi la larva di una donna dopo il coltello del chirurgo  
e quasi un anno per strisciare verso la forza  
fino a che, all' alba del nostro decimo anniversario,  
mi tornò il mio antico sembiante.  
Passeggiammo insieme in quella foresta  
lungo un sentiero silente che sapeva di erba e di muschio.  
Ma io non potevo guardarti negli occhi,  
e tu non potevi guardare nei miei,  
così grande era il nostro dolore: tu il primo grigio nei tuoi capelli  
e io solo la larva di me stessa.  
Di cosa parlammo? di cielo e di pioggia  
qualsiasi cosa, pur di nascondere i nostri sentimenti.  
E poi, il tuo dono di rose di selva  
poste sul tavolo per rallegrare di grazia la nostra cena.  
Povero caro, con quanto coraggio lottasti  
per immaginare e rivedere il ricordo di un sogno.  
E poi il mio spirito si depresse con il sopravanzare della notte,  
e tu mi lasciasti sola per un po' nella mia stanza,  
come facevi quando ero una sposa, povero caro.  
E io mi guardai nello specchio e qualcosa mi disse:  
meglio morire del tutto, quando si è morti a metà -  
inutile ingannare la vita, e truffare l'amore.  
E così lo feci, guadandomi nello specchio.  
Povero caro, hai mai compreso?»
E tu, Larry Holmes, hai mai compreso?  
Se fossi stato Larry a un certo punto, vista la situazione, mi sarei fermato avrei guardato Ali e se lui non avesse reagito gli avrei chiesto: allora Ali cosa vogliamo fare, vogliamo combattere o no? E se non avesse risposto mi sarei girato, sarei andato al mio angolo e molto semplicemente, sapendo che dovevo se non tutto senz' altro assai proprio a quell' uomo, avrei detto: "Tagliami i guantoni, questa cosa non ha senso. Se vuole tenersi il titolo per abbandono che se lo tenga. Ma tanto non penso che lo difenderà, rimarrà vacante e fra pochi mesi io me lo riprenderò".  
 
Quel che sorprende non è che Ali abbia perso: aveva già perso altre volte, e quindi ci siamo abituati.  
Peraltro, nessuno si sorpende della successiva sconfitta di Ali con Berbick: il suo contegno (di gran cuore, si potrebbe aggiungere) in quella occasione fu pugilisticamente ben leggibile e non presentava alcunchè di particolarmente inconsueto.  
 
Ma quella sconfitta con Holmes sì, quella invece ci sconcerta: perchè Ali sembra fare di tutto per sprofondare nel baratro di quell' insuccesso pugilistico abbandonandovisi quasi con trasporto, e palesemente senza remore, lasciandosi andare quasi con lascivia ad un pestaggio senza requie che sembrava inequivocabilmente avviarsi ben al di là della semplice sconfitta, come infine comprese assai bene anche l'angolo di Ali quando un esagitato Angelo Dundee gettò la spugna facendo fuoco e fiamme contro l' arbitro che voleva invece far proseguire: «Sono io il secondo, e dico che questa faccenda finisce qui!», gridò - e pertanto Ali non accennò mai a volere interrompere, poichè se così fosse stato il secondo non avrebbe dovuto imporsi: Ali avrebbe proseguito quell' incontro oramai insensato perchè, evidentemente, per lui un senso prezioso ce lo aveva eccome. Davanti a così tanti segni convergenti, serve davvero chiedersi quale?  
Angelo Dundee vide proprio la sagoma della morte arrivare, o non getti la spugna fra i piedi di un campione dei campioni oltraggiandone il preclaro coraggio.  
E Ali? Ali, che quei pugni ce li prendeva e non si limitava a guardarli, forse lui non la vide?  
Ma quando si sedeva all' angolo Ali non strepitava, non scongiurava, non ammoniva, non avvisava, non avvertiva: Ali taceva.  
Davanti a così tante impronte convergenti, serve davvero chiedersi perchè, o dove vanno?  
 
Nè ha senso sospettare il "rope-a-dope": nell' incontro con Foreman Ali non si faceva solo picchiare per sfiancare l'avversario ma ogni minuto fuoriusciva dalle corde con furiose, furibonde e spettacolari combinazioni al viso di Foreman che erano di una velocità di una precisione e di una determinazione e costanza impressionanti. Era tutt'altro che passivo in quella circostanza: era reattivissmo.  
 
Dunque quell' incontro con Holmes intonava in realtà un vero e proprio de profundis, ed è per questa cifra sottaciuta epperò oscuramente presentita che il match ci turba con quel senso di inguardabile pena e sembra segretamente interrogarci con la sua inesplicabilità da Sfinge.  
 
Retrospettivamente, il senso degli stupefacentemente modici jabs portati all' inizio da Ali, più qualche destro sfuso quanto un paio di calzini spaiati, ed il mantenimento di una flebile guardia durante quelle selvaggie combinazioni di Holmes, sembra essere quello del depistaggio dal vero proponimento: l'arbitro avrebbe decretato il «no contest» se Ali si fosse fatto picchiare mantenendo sfacciatamente basse le mani o se non avesse mai accennato la benchè minima reazione per quanto futile, e se questo fosse accaduto inutile dire che il "no contest" avrebbe vanificato il successo dell' inconfessabile progetto, l' esito auspicato di quella agonia preannunciata.  
Ora torna. Ora la radura si rischiara, e il segnale si fa leggibile una volta tolto il rumore di fondo.  
 
E questo spiegherebbe anche perchè Ali non ci ha mai voluto ragguagliare in merito al suo atteggiamento: non si divulgano simili volontà, ma te le devi portare per forza di cose nella tomba. Se le riveli prima, nessuno si presterà al tuo gioco; e se le riveli dopo cosa vorresti fare, annunciare in mondovisione che hai tentato il suicidio rendendo omicida il tuo collega?  
O forse dovremmo andare a porgli una domanda così confidenziale, aspettandoci una risposta razionale riguardo all' indicibile? Una cosa così o la fai o la capisci, ma non la dici e non la chiedi.  
 
E spiegherebbe quel senso di pudore che proviamo ogni qual volta rivediamo la apparente impudicizia di quel pestaggio. Nessun pugile si fa fare una cosa come questa senza nemmeno abbozzare reazioni forsennate: magari fallimentari, ma almeno ci provi! Può darsi che Ali non sia salito sul ring esplicitamente con questo disegno sacrificale a mente: è possibile che tale intenzione non si fosse ancora consolidata ma si fosse, presumibilmente per quanto anche inevitabilmente, solo affacciata occasionalmente alle sue riflessioni fuori dal ring quale opportunità che rientrava nelle sue disponibilità, in quanto exitus confacente ad un vero paladino e pretoriano.  
Può darsi, cioè, che i contorni di questo proposito prometeico siano passati dalle avvisaglie alla deliberazione consapevole e definitiva, maturando tutta la loro fisionomia solo nel corso del combattimento medesimo.  
 
In tutti i casi rimane assai plausibile che nel dialogo intimo della sua coscienza, contemplando la propria identità e ricapitolando la propria biografia costellata di ring e di scontri epici, la sua vita gli sia apparsa giunta al termine non solo per via di una infausta diagnosi medica, ma anche perchè per un uomo che aveva incarnato il pugilato per antonomasia così a lungo e così quintessenzialmente e per folle così oceaniche, il crepuscolo pugilistico irretisce facilmente, ed anzi forse fatalmente, nella conclusione che tale tramonto professionale potesse e probabilmente anzi dovesse coincidere con l' immolazione della vita biologica stessa - ed a ragione maggiore visto che le prognosi cliniche gli appalesavano il futuro di quella sua vita biologica come caduco, penoso, ed effimero.  
 
E d'altra parte a che ti serviranno tutti i milioni di dollari di quella borsa, se la malattia ti impedirà di goderteli?  
Sì, forse Ali ad un certo punto ha pensato di coronare la sua carriera utilizzando il ring come la migliore pira funebre del grande, e anzi grandissimo, boxeur senza più strade e futuro fuori di quel ring.  
A volte, due più due fa davvero quattro.  
 
Nella riflessione di Ali in quei giorni e in quei frangenti, probabilmente il cadere sul ring non era solo un atto dovuto, data la sua vita trascorsa fra quelle corde e data la sua statura di campione dalle dimensioni leggendarie: era soprattutto un atto d'amore.  
 
Su quel ring, davanti ai colpi di Larry Holmes, Ali si stava slanciando nella morte a lui professionalmente più consona ad occhi chiaramente aperti. Lo sapeva. Non poteva non saperlo, tanto più con una esperienza sconfinata come la sua. E, forse, lo voleva - o per un po' lo ha voluto, fosse anche solo per l' epifania di quei 40 minuti di carneficina e macelleria.  
 
Sarebbe terribile, certo: perche la grandezza di Ali qui arriverebbe ad attingere alla fonte della drammaturgia classica - alla antica Grecia di Sofocle e di Euripide, e si slancerebbe per alcuni minuti entro i foschi e monumentali nimbi dei personaggi shakespeariani: un Re Lear del ring.  
 
Non sappiamo, ma il sospetto c'è: perchè se così fosse, allora improvvisamente tutto di quel match, anche i dettagli, quadrerebbe pacificandosi alfine appagato senza troppe incertezze e senza residui.  
 
Che avventura, che storia! Parafrasando il titolo di una opera di D'annunzio, quel cui abbiamo assistito potrebbe essere stato niente di meno che proprio questo: cento e cento e cento e cento pagine del libro segreto di Muhammad Ali tentato di morire.  
 
Come disse George Foreman parlando di Ali: "This is a real one, here", cioè "questo qui, è roba seria".  
E le persone serie, a volte, fanno cose molto serie.  
Muhammad Ali: che campione - che... «roba»!

Joe Bugner Su Ali

Il migliore nell' insieme: Muhammad Ali, che è stato il più grande di tutti i tempi secondo me. Ciò che lo rendeva speciale era il suo essere fenomenale dentro e fuori del ring. Ali poteva vendere qualsiasi match a chiunque, e così faceva il marketing dei suoi stessi combattimenti e da questo punto di vista era il sogno di ogni promoter.  
Mi ricordo entrambi i combattimenti come fosse ieri. Avevo studiato questa leggenda per anni, prima di fronteggiarla. Non era il campione quando ci incontrammo la prima volta, a Las Vegas nel 1973, tutti e due eravamo a caccia del titolo mondiale all' epoca.  
Lo conoscevo dal 1969, quando facevamo sparring assieme, e al momento in cui ci combattei avevo fatto 48 match da professionista ed ero considerato un peso massimo completamente maturato. Tuttavia, avevo anche 22 anni appena, ed eccomi qui con Ali davanti a me, che sapeva amministrare e dominare un combattimento a suo capriccio.  
Provai in tutte le maniere ad avere la meglio su di lui, ma non serviva proprio a niente andare all' attacco di brutto perchè ti prendeva il tempo con facilità. A dire il vero combattei come un poveraccio disperato, e Ali invece mi prendeva il tempo boxando in maniera intelligente.  
Non ero nè così intelligente nè così veloce come lui.  
 
Il miglior pugile: Muhammad Ali. Sono orgoglioso che molta gente a Las Vegas ha pensato che il nostro primo match fosse meno sbilanciato di quanto dicevano i giudici, ma non c'è dubbio che lo ha vinto Ali.  
In termini di velocità stava sempre sulla palla e tecnicamente era semplicemente sbalorditivo. Provai a imbarcarmi in una guerra di jab con lui, ma una volta che eri dalla parte sbagliata del suo jab poteva piazzarti tutte quelle combinazioni, saltavano fuori come dal nulla, lasciando il pubblico, e gli avversari, sbalorditi.  
 
La migliore difesa: ancora Muhammad Ali. Un mucchio di persone mi chiedono come mai non riuscivo a centrarlo mentre teneva le mani basse e io ho sempre spiegato che se mi andava bene si teneva almeno a due metri da me quando stava a mani basse. Ali portava i pugni mentre le sue gambe erano ancora in movimento, in fase di avvicinamento, e questo è un dono.  
Joe Frazier schivava oscillando sul tronco davvero molto bene, ma con Joe ero in grado di trovare il bersaglio e se devo essere brutalmente sincero io credo che vinsi quel match anche se di poco. Harry Gibbs (l' artbitro del match Frazier-Bugner e solo giudice) mi aveva assegnato la vittoria su Henry Cooper, due anni prima, e i media britannici se la presero con me in maniera orrenda. Secondo me non volle riassegnarmi la decisione contro Frazier per timore di subire lo stesso trattamento.  
 
Il più veloce: Muhammad Ali. Era un trentenne in entrambi i nostri combattimenti e ancora conservava quella velocità ammirevole nelle mani, e inoltre mi conosceva davvero bene. E anche, Ali sapeva leggerti dentro e questo non faceva che rendere più temibile la velocità che aveva. Quando stavo per colpirlo Ali sembrava sapere che stavo per farlo, e reagiva in un battibaleno. Per esempio nel primo combattimento lo acchiappai con un bel destro e lui mi disse "Caspita, bel pugno ragazzo bianco. Dai perchè non ci provi ancora!"  
Ora, io avevo solo 22 anni, il che significa che fui stupido abbastanza da riprovarci davvero e lui mi centrò con quattro pugni belli sodi alla mascella. Le sue reazioni, la velocità, il tempismo, erano brillanti.  
 
I piedi migliori: Muhammad Ali. Ho capito, sto diventando noioso (ride) ma su questo non c'è storia. Ali danzava negli ultimi round dei nostri combattimenti e dovete ricordarvi che la mia pressione fu furiosa nel secondo match. Questo ti fa capire che non è che era semplicemente ben allenato, era stra-allenato e i suoi piedi erano una tale meraviglia.  
Ali mi rispettava un sacco e sapeva che potevo causare problemi quando uno meno se lo aspettava. Questo è per me motivo di orgoglio perchè lui era, secondo me, il più grande atleta al mondo all' epoca e se non ti preparavi bene contro di lui, ti riduceva a uno spezzatino.  
 
Il miglior jab: Muhammad Ali. Sono stato fortunato a imparare così tanto da lui nel 1969 e praticare con lui per un periodo di quattro anni prima di affrontarci. Sono stato a scuola dal migliore e il suo jab era la cosa che più di tutte desideravo imparare e imitare.  
Questo mi diede qualcosa che ho potuto usare nei nostri combattimenti.  
 
Il più intelligente: Muhammad Ali. Astuzia dappertutto, nel ring e fuori, era incredibile. Prima del nostro match mi chiese di fargli un occhiolino se vedevo un giornalista avvicinarsi, e suppongo che avrei dovuto essere più prudente perchè gli feci quell' occhiolino e lui saltò su dalla sedia e gridò "Mi hai chiamato negro? Mi ha chiamato negro!" Ero inebetito, un ragazzo all' epoca, e non sapevo come replicare.  
Pochi secondi dopo venne da me e mi disse "Allora Joe Bugner, che te ne pare sono andato bene?" Gli dissi che mi aveva fatto passare per un razzista e mi rispose "Era quella l'idea. Joe Bugner, abbiamo appena venduto altri biglietti!"  
Era al limite con i suoi scherzi ma c'era sempre una logica nelle sue uscite folleggianti.  
 
fonte: http://ringtv.craveonline.com/news/330445-best-ive-faced-joe-bugner

Richard Dunn Su Ali

Fu una notte spettacolare, una delle migliori della mia vita. E' stata una bella esperienza, è stato emozionante, è stato eccitante. La sola cosa storta è che ho perso, ma chi se ne importa. Non è che ero salito sul ring pensando di perdere anche se un qualche vago timore in fondo ai miei pensieri c'era. Ma sono salito con tutte le intenzioni di vincere il match.  
 
Andò tutto bene per tre round e pensai che stavo andando bene, ma subito dopo iniziò a precipitare tutto!  
 
Sono un guardia destra per cui credo che gli ci vollero un round o due per trovare la misura ma una volta che la trovò, mi fece semplicemente a pezzi. Nonostante questo, sono soddisfatto, è stato tanto tempo fa ma ancora lo ricordo come fosse oggi.  
 
Ali dopo il combattimento mi disse che ero migliore di George Foreman ma era sicuramente una delle sue frasi smodate. Era un buon pugile questo Ali, il migliore che io abbia mai visto e senza dubbio il migliore contro cui ho combattuto e, ripensandoci, non avevo uno sputo di possibilità di vincere - eravamo a due livelli di classe diversa. La mia possibilità migliore, quella su cui contavo, era di acchiapparlo con un colpo fortunato o in un attimo di distrazione. Ma ha avuto sempre il comando della situazione nonostante le provassi tutte, era un pugile troppo migliore di me.  
 
Aveva classe, era brillante e lo adoravo. E ancora oggi lo adoro.  
 
fonte: http://www.boxingnewsonline.net/latest/feature/on-this-day-richard-dunn-explains-what-it-s-like-sharing-a-ring-with-muhammad-ali
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