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Introduzione
Prima di descrivere
la chiesa barocca di Sant'Ivo alla Sapienza, vorrei fare
una breve sintesi di ciò che fu il periodo Barocco in Italia.
Il Barocco sorse a
Roma nel secolo XVII e fu caratterizzato da una diversità sconosciuta fino
ad allora: il termine “Barocco” fu usato inizialmente come una parola dispregiativa per
descrivere, da un certo punto di vista, uno stile d’arte e di architettura
che si diversificava dalla norma classica. Vi sono ancora delle polemiche riguardo
l’origine di questo termine etimologico che forse proviene dal portoghese
“barocco” usato per descrivere delle perle di forme irregolari, ma è chiaro che
esso si riferì a certi aspetti dell’Arte italiana del XVII secolo, che in
relazione al classicismo, sembrarono bizzarre, grottesche e irregolari.
Sta di fatto che questo termine servì come ombrello sotto cui si raggrupparono
una grande varietà di stili internazionali che fiorirono in Europa intorno
al 1600 sino alla fine del XVII secolo. Esso includeva non soltanto
suddivisioni cronologiche quali basso e alto Barocco, ma anche la variante
francese riferita quale Barocco classico o classicismo Barocco, e ad un
nuovo stile chiamato “Rococò", che nacque in Francia intorno al 1700, in
parte in opposizione allo stile Barocco che lo precedette. La
storia dell’architettura Barocca, come quella del Rinascimento, si
identifica con la storia di diverse personalità artistiche, soprattutto
italiane, tra le quali un ruolo importantissimo fu assegnato a Francesco
Borromini, dal cui genio scaturì la concezione di Sant'Ivo.
Francesco Castelli, nacque a
Bissone,
vicino a Lugano,
in Svizzera,
il 25 settembre 1599 e morì a
Roma il
3 agosto 1667. Era
figlio di Giovanni Domenico, scalpellino, e di Anastasia Garovo. Iniziata la
carriera di intagliatore di pietre o scalpellino, si trasferì ancora giovane
a Milano per
studiare architettura
e acquisire un apprendimento tecnico-artigianale nel cantiere del Duomo.
Quando arrivò a Roma,
nel 1619,
cambiò il proprio nome da Castelli a Borromini ed iniziò a lavorare per Carlo Maderno,
suo zio, nella
Basilica di San Pietro. Quando Maderno morì, il Borromini si unì al
gruppo di Gian
Lorenzo Bernini, col quale completò il lavoro di Palazzo Barberini,
del quale ideò lo scalone elicoidale.
Nel 1634 il Borromini ottenne il suo primo lavoro personale, la costruzione
della chiesa di San Carlino alle Quattro Fontane e dell'annesso convento e nel
1642, il Borromini,
per incarico del Papa Urbano VIII Barberini, iniziò quello che è
generalmente considerato il suo principale capolavoro (Opus magna), la
chiesa di Sant'Ivo in Roma.
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1 - Vista frontale di
Sant'Ivo alla Sapienza |
La
chiesa di Sant'Ivo e il Palazzo della Sapienza
Non si
può certo dire che questa chiesa sia sconosciuta. Chiunque passa su corso
Rinascimento nei giorni feriali la vede, in fondo al cortile del palazzo
della Sapienza, cuore barocco dell'edificio cinquecentesco, e il suo
originale campanile a spirale svetta alto nel cielo di Roma, e si riconosce
al primo colpo d'occhio tra cupole, obelischi e campanili.
Quella di Sant'Ivo è sicuramente una delle
cupole più belle di Roma: altre, siano esse immense o poderose non reggono
il confronto per eleganza e originalità. Viene avvistata immediatamente
dagli scorci panoramici sulla città non passando mai inosservata e
suscitando sempre la curiosità di chi non la conosce bene, seppure si trovi
nel pieno centro cittadino a due passi da piazza Navona e da Palazzo Madama,
sede del Senato della Repubblica. Su Corso Rinascimento si apre l’entrata al
cortile del cinquecentesco palazzo della Sapienza iniziato su progetto di
Guidetto Guidetti e di Pirro Ligorio nel 1562 e terminato nei primi anni del
Seicento. Era posta qui l’antica sede dello Studium Urbis, l’Università di
Roma fondata da papa Bonifacio VIII nel 1303.
Quando
l’Università fu trasferita nella moderna Città Universitaria nel 1935, qui
si insediò l’Archivio di Stato di Roma che conserva tutti i documenti
riguardanti la città per l’intero arco della vita dello Stato Pontificio,
dal IX secolo al 1870.
La
chiesa era quindi la cappella dell’antica università romana; la sua
costruzione deriva dall'iniziativa di Urbano VIII,
che chiese al Borromini di completare il palazzo della Sapienza, sede
dell'Università, con una chiesa dedicata a Sant'Ivo, protettore degli
avvocati. Dopo aver terminato il completamento del palazzo, Borromini mise
mano al tempio nel 1643, ma ci vollero altri diciassette anni per vedere
ultimata l'opera. Nel 1660 papa Alessandro VII Chigi consacra ufficialmente
l'edificio, uno straordinario esempio di originalità architettonica, frutto
dell'innata capacità di Borromini nella creazione di nuovi modelli
decorativi, dove si combinano suggestioni e memorie, archetipi e simboli di
provenienza diversa.
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2 -
Incisione
della facciata esterna e del palazzo della Sapienza di G. B. Falda |
Le
condizioni esistenti nel complesso dell'intervento urbanistico richiesero
una struttura centralizzata, inserita alla fine di un lunghissimo cortile
esistente. (vedi All.3)
Il
Borromini non fu soddisfatto di adottare tradizionali metodi di
progettazione quali l’ottagono o la croce greca ma, invece, inventò uno dei
più originali organismi nella intera storia di strutture architettoniche. Sant'Ivo, in verità, ci fa ricordare le sue parole piene d’orgoglio: "Non mi
sarei messo à questa professione al fine d'esser solo copista".
Lo
straordinario disegno della piccola chiesa fu quello di una stella composta
da due triangoli equilateri, intersecandosi a 180 gradi rispetto all’asse
principale longitudinale dell’edificio, che fu leggermente più lungo che
largo, con una piccola navata centrale. La pianta stellare derivò dalla
stilizzazione dell’ape, emblema della famiglia Barberini, (vedi All.4 e 5)
È necessario far notare che le sei pareti della chiesa così formatasi
furono concepite come alternate figure geometriche, concave e convesse,
(vedi All. 6 e 7) con colonne o travature verticali che si diramano
dalle fondazioni fino alla lanterna, sulla sommità della cupola.
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3 -Pianta
della Chiesa e cortile dell'Università della Sapienza (copia del
disegno di Borromini conservato nel Graphische Sammlung Albertina di
Vienna |
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4- Pianta della chiesa con
evidenza dei due triangoli equilateri e i dodici angoli di 30 gradi
al centro della chiesa ed il cerchio centrale che delimita le pareti
concave e convesse.
5- Pianta della chiesa
con l'evidenziazione dei due triangoli equilateri e le pareti
concave e convesse. |
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6 -
Pianta della chiesa con
evidenza delle pareti concave e convesse e la cupola centrale.
7 - Pianta della chiesa
con evidenza delle pareti concave e convesse, la cupola, la lanterna
e i corridoi dell'università ai lati della chiesa. |
La
pianta di Sant'Ivo fu sviluppata intorno ad un esagono, e comprese
un’alternativa di un abside e recessioni con uno sfondo convesso. La forma
complessa che ne risultò, comunque, fu unificata con un’articolazione di una
parete continua e trabeazioni inghirlandate. Le sei punte dell’esagono
furono caratterizzate quali i principali elementi strutturali, avendo doppi
pilastri, mentre l’abside e le recessioni contenevano singoli pilastri. E,
infatti, questi angoli con nervature si innalzarono verticalmente in modo
tale da sopportare il peso della lanterna, mentre le nervature formarono una
larga cornice intorno alle finestre della cupola. Di conseguenza, noi
incontriamo i principi della differenziazione e trasformazione entro una
integrata totalità. L’invenzione basilare di Sant'Ivo, comunque, fu l’idea
di ottenere una continuità verticale della complessa forma della pianta del
pianoterra, senza interruzioni fino alla cupola. La cupola, quindi, perse la
caratteristica tradizionale di una forma familiare o di una chiusura
statica. Sembra, piuttosto, che si vada attraverso un costante processo di
espansione e contrazione; un processo che gradualmente finì col fermarsi
verso il cerchio sotto la lanterna, (vedi All. 8, 9 e 10).
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8-
Elevazione e sezione della cupola e
della lanterna (copia del disegno di Borromini conservato nel Graphische Sammlung Albertina di
Vienna)
9- Sezione della chiesa con
evidenza delle pareti concave e convesse e la cupola centrale
10 - Assonometrico della chiesa (da
copia di un disegno di Portoghesi del 1967) |
L’interno della
lanterna, comunque, ebbe delle facciate convesse, e le trasformazioni
verticali introdotte nella chiesa di San Carlino alle Quattro Fontane
divennero parte di una forma continua. In verità, Sant'Ivo è uno dei più
unificati spazi totali nella storia dell’architettura malgrado la sua ricca
e inconsueta forma, (vedi All. da 11 a 19).
I sei
angoli strutturali appaiono nel tamburo come un gruppo di pilastri, mentre
hanno fra loro il carattere di membrane che possono espandersi, contrastando
con l’esedra concava al di sotto della lampada. Le facce concave della
lanterna formano un altro contrasto con la cupola sottostante e la spirale
finisce incredibilmente la composizione verticale. Più di qualunque altro
lavoro, Sant'Ivo deve aver ispirato i contemporanei del Borromini di
considerarlo un architetto “gotico”. La chiesa è principalmente un organismo
centralizzato, ma essendo basato sul triangolo e l’esagono piuttosto che il
quadrato o il cerchio, ha, non di meno, un carattere dinamico che non si trova
mai in strutture tradizionali centralizzate dove una “faccia” corrisponde
esattamente alla facciata opposta. La chiesa di Sant'Ivo, inoltre, contiene una
forma leggermente longitudinale dall’esedra di fronte all’ingresso fino
all’altare, una direzione che originariamente il Borromini volle accentuare
per mezzo di uno scherma aperto di colonne al di là dell’altare, colonne che
formarono una parte di uno spazio circolare che interpenetrò l’abside
principale. Poiché questa fu una soluzione originale e assolutamente speciale,
Sant'Ivo non trovò nessun seguace diretto, e, perciò, non esiste nessun altro
edificio al mondo che esprima più brillantemente le intenzioni basilari
dell’architettura barocca.
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11-12-13 - Cupola vista dal basso,
con evidenza delle pareti concave e convesse |
Il
Borromini, invece, inventò un metodo particolare per gestire lo spazio. Con
questo metodo, egli fu capace di risolvere i compiti più svariati e difficili,
creando edifici che furono particolari e generali allo stesso tempo.
Fondamentalmente il suo metodo fu fondato sul principio della continuità,
indipendenza e variazione. I suoi spazi, di conseguenza, ebbero un carattere
di dinamismo determinato dall’ interazione delle forze interiori ed esteriori,
e le pareti furono il luogo o la zona critica in cui queste forze si
scontrarono. È molto più importante accentuare questo punto per far
comprendere che le varie forze dei suoi progetti ebbero implicazioni
psicologiche. La relazione del cambiamento fra l’interno e l’esterno dei suoi
disegni architettonici, infatti, reppresentarono processi psichici, cosi come
la fusione e la trasformazione delle tradizionali forme antromorfologiche (per
esempio gli ordini classici) fecero disgregare le statiche, psicologiche
categorie del passato. Questo è quello che il Bernini pensò quando egli chiamò
i lavori del Borromini “chimerici”. Il Borromini, nella sua meravigliosa
architettura, dimostrò un desiderio o un piacere grandissimo non soltanto per
l’unità spaziale, ma anche per una dimensione temporale. Il Borromini fece
diventare lo spazio medesimo un evento vivo e pulsante, esprimendo la
condizione dell’ essere umano nel mondo, contrariamente al Bernini che fece
apparire lo spazio come un palcoscenico per eventi drammatici, espressi
attraverso la scultura.
Il
Borromini fece diventare lo spazio il principale e concreto elemento del suo
disegno architettonico. Il contributo del Borromini allo stile barocco non
si fermò allo sviluppo di nuovi tipi di architettura: il concetto di tipi
architettonici fissi o prestabiliti non poté sinceramente soddisfare il
desiderio dello stile barocco per una immediata partecipazione in un contenuto
particolare, ovvero il desiderio di creare estensibili organismi viventi.
La
facciata della chiesa fu una larga concavità,
sotto i lobi della cupola che sorreggono una singola, bellissima lanterna
attorniata da sei finestre, tale che essa fu descritta come:”avendo quasi un esoticismo orientale”.
Le
finestre, attorniate da doppie colonne ioniche e cornicioni completamente
decorati, costruiti sopra una semplice e larga trave che riproduce le
intricate forme della pianta al piano terra, illuminano perfettamente il
singolo, piccolo spazio interno.
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14a - Interni |
Al di là
della trabeazione giace il piccolo cerchio della base della lanterna e, unendo
questi elementi perimetrali si trovano i raggi delle travature sottostanti,
formati dagli angoli delle pareti della cupola che si estendono verso l’alto,
continuando l’impulso impartito dai colossali pilastri curvi, provenendo dalle
fondazioni sottostanti fino alla cupola. Le ingegnose superfici mobili e quasi
vive dell’edificio del Borromini, le forme flessibili, e l’intricata geometria
ebbero delle conseguenze grandissime nonché un incredibile impatto nel futuro
dell’architettura , cosi come la ebbe la fluidità spaziale e la luminosità
dell’ interno di questa chiesa. L’architettura del Borromini fu leggera,
brillante, aperta, cosa che era in vivido contrasto con le pesanti, chiuse
forme degli edifici romani di quel periodo e che ricordavano la monumentale
natura degli edifici antichi.
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14-15 -
Facciata |
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16-
Tamburo e lanterna; 17- tamburo, 18-
lanterna; 19- croce |
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20 -
Incisione
della facciata esterna e del palazzo della Sapienza di G. Vasi -1747 |
La
facciata, compresa nel cortile circondato da due piani di arcate, è
inquadrata da lesene con finestre ad arco a tutto sesto. La cupola con alto
tamburo convesso polilobato diviso da paraste corinzie in cima si conclude
con una lanterna con capitello a spirale. Il prospetto interno della chiesa,
distribuita su pianta centrale nella forma dell'ape araldica, simbolo di
Papa Urbano VII Barberini, che si fonde con la croce greca, si basa sul
rapporto concavo-convesso tra le pareti.
La
facciata della chiesa segue lo stesso modello o lo stesso disegno del
bellissimo cortile disegnato da Giacomo della Porta, mentre la cupola è
incredibilmente innovatrice, innanzi tutto per la forma esagonale del suo alto
tamburo. Le linee verticali delle colonne del tamburo continuano attraverso la
copertura piramidale della chiesa per raggiungere le sei paia di colonne della
lanterna che si trova alla sommità di una spirale che si disse rappresentasse
la Torre di Babele, mentre altri dicono che rappresentasse il pungiglione di
un’ ape. Nell’interno della chiesa le faccie dell’esagono sono di forme
differenti: tre sono concave mentre le altre tre sono convesse, ma la
differenza finisce alla sommità della cupola. L’uso dello stucco decorativo ed
in particolare le teste degli Angeli fu lavoro tipico del Borromini.
Nella
parte interna del cortile e nella chiesa si trovano gli stemmi dei papi che,
uno dopo l’altro, contribuirono alle decorazioni e alla costruzione del
presente edificio. Il Dragone di Gregorio XIII, il Leone , le pere, le
Montagne e la Stella di Sisto V, l’Aquila e il Dragone di Paolo V, l’Ape di
Urbano VIII. La Colomba con l’albero di ulivo di Innocenzo X si trovano alla
sommità della lunga spirale, sopra la lanterna.
Alessandro VII fece mettere il suo stemma sulla facciata della chiesa, ma esso
fu fatto rimuovere (forse perchè egli pensò che questo sarebbe accaduto nel
futuro) e fu usato come elemento decorativo. Da notare che le sei montagne si
trovano dentro e fuori la chiesa, e perfino le piccole colonne furono decorate
con stelle e ghiande.
All'interno il fluire concavo e convesso delle pareti viene interrotto da
angoli vivi e segmenti rettilinei. La cupola, innestata direttamente sui muri
perimetrali, segue il ritmo delle sporgenze e rientranze del setto murario, in
modo da accelerare dinamicamente la sensazione di elevazione verticale della
cupola. All'esterno la cupola è coperta da un tamburo convesso e si conclude
su un'alta lanterna con un coronamento a spirale, forse derivato dalla torre
di Babele, tutti elementi ripresi nella costruzione del tiburio e del
campanile della chiesa di Sant'Andrea delle Fratte.
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25, 26 e 27 -
Particolari del cortile |
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28, 29, 30 e 31 -
Particolari del palazzo |
Conclusioni
L'architettura
del Borromini nacque dal contrasto fra convenzione e libertà artistica, con
sfumature di attitudini etiche risultanti dal suo impegno sociale e storico.
Egli accettò la tradizione architettonica come un utile esperienza del
passato, ma non necessariamente come una fonte di regole rigide ed
immutabili. In altre parole, come il Bernini disse del Borromini, egli è un
“buon eretico”.
Il
Borromini fu il tipico prodotto della cultura barocca, e la sua posizione ed
importanza seguì molto da vicino gli alti e bassi di quello stile. Qualunque
fosse o ancora sia la popolarità del “Borrominismo”, esso rappresenterà per
sempre una organica continuità di superfici curve, disegni immaginativi ed
originali di lavori in laterizi, e un numero straordinario di dettagli
architettonici.
Ancora
oggi non è facile classificare l’architettura del Borromini, contemporaneo del
Bernini, che non fu meno importante per lo sviluppo e la diffusione dello
stile barocco, ma il cui temperamento e la cui carriera furono molto
differenti. Ed è ancora più difficile capire la sua personalità. Egli era un
genio emotivo, instabile e piuttosto riservato. E i suoi progetti furono
complessi fino alla stravaganza.
Egli era
un recluso e un neurotico. Nell'estate del 1667, il Borromini, che soffriva di
disturbi nervosi e di depressioni, terminò tragicamente la sua vita e la sua
formidabile carriera con il suicidio, prima di portare a termine la cappella
Falconieri (la cappella principale) nella chiesa di San Giovanni dei
Fiorentini, dove è stato sepolto
La
trasformazione del Borromini degli spazi architettonici in attive piuttosto
che passive entità, divenne una delle più salienti caratteristiche del disegno
architettonico del tardo XVII e XVIII secolo: la creazione in una entità nuova
dell’esistente edificio rinascimentale dell’Università della Sapienza e della
chiesa in stile barocco di Sant'Ivo ne costituiscono uno degli esempi più
rilevanti.
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