Il Museo del Tesoro

Nel Museo del Tesoro di San Pietro sono conservati i preziosi oggetti che, segno di particolare devozione nei confronti del Principe degli Apostoli, sono stati donati alla Basilica Vaticana da pontefici, prelati, sovrani e singoli fedeli. Custode solerte e attento del Tesoro di San Pietro, da sempre, è il Capitolo vaticano, la cui sollecitudine ha permesso che questa “religiosa ricchezza” sia giunta fino a noi: essa è segno tangibile della pietà e dell’amore che i fedeli nutrono verso l’apostolo Pietro, e in lui verso la madre Chiesa.

La tradizione attribuisce a Costantino (306-337) la nascita del Tesoro di San Pietro: l’imperatore cristiano, infatti, oltre ad aver voluto la costruzione dell’edificio basilicale in onore dell’Apostolo, desiderò impreziosirne la sepoltura con una donazione di arredi liturgici di grande valore. A conferma di questa premura e amore dei fedeli nei confronti dell’apostolo Pietro, le fonti storiche ci danno notizia di numerose altre elargizioni fatte in suo onore. Tuttavia, nel corso dei secoli, il Tesoro ha vissuto anche momenti estremamente difficili: con la sua accresciuta fama e grandezza, infatti, fu vittima anche di numerose spoliazioni e saccheggi. I primi in ordine cronologico dovettero essere quelli perpetrati ad opera dei Visigoti di Alarico (410) e dei Vandali di Genserico (455), cui seguirono – solo per ricordare alcuni episodi – le scorribande dei Lanzichenecchi che, nel corso del Sacco di Roma (1527), si resero responsabili della dispersione della maggior parte dei pezzi del Tesoro, alcuni dei quali, è il caso del busto reliquiario di san Luca, furono salvati fortunosamente dai canonici. Altrettanto ingenti furono i danni provocati dalle spoliazioni avvenute successivamente alla proclamazione della Repubblica Romana. In quella specifica occasione lo scempio fu talmente grande da generare un diffuso sentimento di riprovazione, sì da spingere il generale francese L.A. Berthier a condannare tanta barbarie e a restituire una minima parte delle suppellettili trafugate, che fosse sufficiente almeno allo svolgimento della liturgia in basilica.

Ma se il Tesoro di San Pietro esiste tutt’oggi ed è giunto fino a noi, seppur dopo tante difficoltà, è anche perché la devozione e l’amore nei confronti dell’Apostolo è sempre stato più forte della cupidigia dell’uomo. Infatti, i doni dei romani pontefici e dei fedeli tutti hanno rimediato agli oltraggi provocati di  volta in volta dalle ruberie varie. Come non ricordare, a puro titolo esemplificativo, i donativi fatti dai papi Simplicio (468-483) e Simmaco (498-514), o quelli di Carlo Magno (742-814) e della sua famiglia che, in occasione dell’incoronazione imperiale tenutasi in S. Pietro nel Natale dell’800, elargirono numerosi vasi, calici e patene. O ancora, la munificenza dei pellegrini giunti in gran quantità sulla tomba di Pietro in occasione del Giubileo (1300) indetto da Bonifacio VIII, il primo della storia. Desiderosi di manifestare la propria devozione nei confronti di s. Pietro, costoro contribuirono non poco ad accrescere il numero degli oggetti che facevano corona al suo sepolcro.

Fu agli inizi del Novecento che i canonici vaticani tentarono di dare al Tesoro una sistemazione di carattere museale. Prima di allora, la possibilità di ammirare i pezzi della raccolta era concessa dal Capitolo vaticano solo a coloro che ne facevano richiesta. Il primo novembre 1909 aprì i battenti quello che, in senso lato, può essere considerato il primo museo della basilica di S. Pietro. In due sale della Sagrestia vaticana, infatti, vennero esposti gli oggetti più meritevoli d’interesse da un punto di vista devozionale ed estetico. Negli anni a venire seguirono alcuni ampliamenti di questa esposizione ancora, per così dire, in nuce. Bisognò attendere, tuttavia, gli anni Settanta per vedere la nascita di quello che è l’attuale Museo del Tesoro di San Pietro. Il nuovo allestimento, approntato secondo criteri e principi museografici ben precisi, fu affidato dal Capitolo al celebre architetto Franco Minissi (1919-1996), che incentrò il proprio lavoro sul modo in cui esporre i vari pezzi e sugli ambienti che li avrebbero accolti. Costui, infatti, seguendo il principio da lui stesso definito come “protagonismo degli oggetti”, diede vita a un’esposizione del tutto innovativa per l’epoca, in cui, grazie ad un sapiente utilizzo dell’illuminazione e alla disposizione degli oggetti nelle vetrine poste al centro delle sale, riuscì a far cadere qualsiasi frapposizione tra l’oggetto e l’osservatore. Fu questo uno degli aspetti che colpì maggiormente Paolo VI allorché, il 29 dicembre 1974, inaugurò le sette sale del nuovo Museo.

Tutt’oggi il Museo del Tesoro mantiene intatto il suo fascino di spazio senza tempo, e mantiene integra la sua duplice natura di luogo di conservazione e valorizzazione storico-artistica, e di luogo dello spirito in quanto custode di preziose testimonianze di fede e devozione.