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Il prezzo della sopravvivenza | P1 – La storia di Aron Ralston

23 Nov
Il prezzo della sopravvivenza | P1 – La storia di Aron Ralston

Richard Pinzetti è un chirurgo di New York con il vizio del gioco e siccome doveva dei soldi a delle persone sbagliate si è trovato a fare il trafficante di eroina dall’Asia all’America, ma la sorte non è mai stata dalla parte del povero Pinzetti e durante un viaggio di lavoro accade una disgrazia. La sua nave affondò. Con molta fortuna riuscì a mettersi in salvo e si trovò da solo su un’isola deserta nell’Oceano Pacifico dove c’era più eroina che cibo da mangiare, il resto beh… Potete immaginare che cosa può fare un chirurgo, affamato, da solo e con tanta tanta voglia di sopravvivere.

Fino a che punto una persona vuole sopravvivere?

17 febbraio… Mi sono staccato la gamba destra all’altezza del ginocchio, ho perso molto sangue e il dolore è atroce nonostante l’eroina, ma sopravvivrò… Sapete una cosa? Durante l’operazione avevo l’acquolina in bocca, sbavavo, sbavavo dalla fame. Lo shock traumatico avrebbe ucciso un uomo meno determinato… Fino a che punto una persona vuole sopravvivere?? Beh, lasciatemi rispondere con un’altra domanda: fino a che punto, fino a che punto una persona vuole… VIVERE?!

4 giorni dopo

Mi sono tolto l’altra gamba all’altezza del ginocchio e mi sono specchiato nell’acqua oggi, ormai sono un mostro. Sono un fenomeno da baraccone. Sono una testa con un busto che si trascina nella sabbia rossa scarlatta su un isola deserta e dispersa nel nulla più assoluto. Ho fame, molta fame… Meglio farmi una sniffata che mi passa…

Alcuni giorni più tardi

Dicono che sei ciò che mangi, hahaha! Mai come in questi ultimi giorni è diventata vera questa frase, ahaahaha! Ieri mi sono tagliato i lobi delle orecchie, non sono un granché, forse dovevo lavarle prima… E oggi, beh, oggi non ho più niente da tagliare con queste mani… con queste… DITA!” Trenta minuti dopo il povero Richard Pinzetti mentre si mangiava le sue dita pensava a voce alta: “Immagina che siano patatine fritte… Immagina che siano patatine fritte!

  • L’arte di sopravvivere Stephen King.

Questo racconto per quanto intrigante e impressionante rimane un racconto e su ammissione dello stesso scrittore Stephen King, non c’è niente di più spaventoso della realtà, niente di più passionale, emozionante e incredibile della pura e cruda realtà.  Non a caso sono tante le storie che sono giunte a noi riguardanti episodi incredibili in cui la morte si era presentata sotto diverse forme a degli sventurati e quest’ultimi pur di evitarla hanno commesso delle azioni che potremo definire anche raccapriccianti. Abbiamo visto ad esempio come durante il naufragio della nave Medusa, diverse persone praticarono cannibalismo pur di non soccombere. Questo orrido episodio purtroppo non è stato l’unico che si sia verificato in mare. Una fine simile la fece la baleniera Essex. Questa terribile vicenda accaduta nel 1820 è stata la musa ispiratrice di Herman Melville quando scrisse il suo celebre romanzo Moby Dick. La baleniera Essex partì nell’agosto del 1819 dal celebre porto Nantucket nel Massachussets verso l’Oceano Pacifico del sud e aveva un unico obiettivo: dare la caccia ai mammiferi mastodontici dei mari perché il loro olio valeva molto di più del loro sangue. I cacciatori impavidi e un po’ inesperti raggiunsero le coste occidentali del Sud America nel 1820 nel periodo di accoppiamento di questi magnifici cetacei, ma quando fu l’ora di impugnare gli arpioni e le balestre passarono da predatori a prede. Infatti vennero duramente attaccati da una balena descritta dai superstiti come un mostro furioso pieno di cicatrici, solo 21 membri dell’equipaggio riuscirono a sfuggire alla furia del cetaceo salvandosi, almeno momentaneamente, su tre scialuppe diverse. Non si sanno con esattezza le motivazioni, ma invece di dirigersi nelle terre più vicine continuarono a navigare verso sud, una scelta che determinerà in modo drastico la loro fine. 78 giorni dopo vennero salvati da delle navi inglesi di passaggio… 78 giorni di paura, delirio, fame e canibalismo. Di quelle 21 persone solo 5 tornarono a Nantucket e quelli che vi tornarono raccontarono che in quei 3 mesi dovettero mangiare i cadaveri in decomposizione dei loro compagni per sopravvivere, ma non solo. Ad un certo punto iniziarono a uccidersi a vicenda per poter nutrirsi di carne fresca. Quindi in modo fortuito sceglievano chi doveva essere ucciso per dare la possibilità agli altri di tornare a casa vivi..

LA STORIA DI ARON RALSTON

Questa è una delle storie che ci possono far comprendere come l’essere umano, quando si trova in condizioni estreme e prossimo alla morte, viene smosso da una forza sovrumana e incredibile che lo spinge a commettere azioni inimmaginabili.

Tra le gelide montagne del Colorado ad Aspen nel 2003 viveva l’allora 27enne Aron Ralston, un ingegnere meccanico la cui passione per l’alpinismo l’aveva spinto a lasciare un lavoro alla Intel. Di certo Aron era una persona ambiziosa e decisa, infatti era intenzionato a diventare istruttore di alpinismo prefiggendosi come meta personale quella di scalare tutte le vette del Colorado oltre i 4.000 metri. Aron era una persona solare e da vero amante della natura il 25 di aprile decise di avventurarsi nel parco Nazionale delle Cannyonlands, nello Utah. Una volta arrivato nel parco, zaino in spalla e armato di bicicletta, decise di intraprendere un sentiero di trekking. Per comprendere bene le ragioni delle scelte di Aron bisogna fare una piccola premessa: le persone come lui hanno bisogno di stare da soli con la natura e di staccare completamente da tutto e da tutti. Ragion per cui Aron decise di non portare con se il cellulare e soprattutto non disse a nessuno, nemmeno ai familiari, la sua destinazione. Di certo questi momenti di pura solitudine sono fondamentali per poter ampliare la visione personale che si ha di se stessi e del mondo, ma si sa, al destino non manca di certo l’ironia e di li a poche ore il suo modo di vedere se stesso e di concepire la realtà sarebbero radicalmente cambiate per sempre, ma non per le ragioni da lui desiderate. Il nostro impavido protagonista proseguì per qualche chilometro in bici e una volta arrivato al Blue John Canyon lasciò le due ruote per continuare a piedi. Andava tutto come programmato e stando alle sue parole era una giornata bellissima, cosa poteva andare storto? Mai parole e pensieri furono più errati. Infatti Aron mentre si muoveva in una stretta gola del Canyon fece un movimento sbagliato e cadde giù. Durante la sua caduta una grossa roccia si staccò dalla parete e gli piombò proprio sul braccio. Mano e polso vennero schiacciati dal masso che pesava più di 80 kili. Nonostante i ripetuti tentativi non c’era verso di liberare l’arto. Il povero Aron era completamente bloccato in quello spazio ristretto e quel giorno durante il tramonto, mentre il sole calava bagnando con i suoi ultimi raggi le formazioni rocciose e accendeva le caverne di un colore rosso intenso, di sottofondo Aron a squarciagola urlava per il dolore e la disperazione, ma quelle urla nessuno le ascolterà mai. Aron cercò in tutti i modi di liberarsi da quel peso. Strattonava, tirava, sfregava, spingeva in ogni direzione possibile ma tutto fu inutile. Dentro lo zaino aveva una borraccia piena d’acqua, una videocamera e un coltellino con la quale inizialmente cercò di fare a pezzi la roccia riuscendo però solo a scalfirla. Più passavano le ore e più la roccia sembrava fondersi con il braccio e il suo braccio al resto del canyon, insomma non c’era via di uscita.

Stanco, al freddo ma ancora con la mente lucida capì che la sua unica speranza era che qualcuno, per pura casualità, lo trovasse. Quindi iniziò a razionare cibo e acqua per sopravvivere il più a lungo possibile. Ogni giorno si riprendeva con la videocamera come testimonianza di ciò che potevano essere i suoi ultimi momenti e i suoi ultimi pensieri. Nei filmati parlava con sua famiglia, ricordava la sua ex fidanzata, i suoi amici e sua sorella che stava per sposarsi. Alla fine di ogni video  con gli occhi rossi e gonfi chiedeva a chi trovasse questi filmati di portarli ai suoi familiari nel Colorado. Aron riuscì a sopravvivere per 5 lunghi e agonizzanti giorni, quando finì l’acqua bevve anche la sua stessa urina. Dopo 127 ore era ormai consapevole che nessuno sarebbe mai passato di lì e si rassegnò alla morte così tanto che intaglio sulla roccia la scritta “Aron Ralston, RIP 1975-2003” e decise di farla finita tagliandosi le vene per morire dissanguato, voleva solo porre fine a quest’ultimo orribile capitolo della sua vita. Proprio quando era pronto a tagliarsi le vene accade qualcosa… Sulla rassegnazione, sulla tristezza e su ogni pensiero negativo prevalse l’istinto di sopravvivenza e come una belva selvaggia capace di qualunque atto pur di sfuggire alla morte, all’improvviso  fece quello che la sua mente razionale non gli avrebbe mai permesso di fare: decise di tagliarsi il braccio. Capì che era quella la soluzione. L’unica rimasta. Fece i dovuti preparativi quindi ingegnosamente prese il tubo di gomma che usava per bere acqua e se lo legò attorno al braccio usandolo come laccio emostatico, prese il coltellino e a quel punto dopo un respiro profondo spinto da quella forza mistica che si trova dentro ogni creatura di questo mondo Aron iniziò a tagliarsi il braccio. Pelle, tendini, nervi, muscoli e legamenti… Spinto da continue scariche di adrenalina tagliava senza sosta ciò che non considerava più parte di se. Una volta raggiunto l’osso fece leva con tutte le sue forze sulla roccia stessa fino a spezzarlo. Probabilmente mai nessun’altra persona fu così felice di rompersi il braccio, a quel punto dovette tirare e tagliare l’ultimo pezzo di carne che lo legava a quella trappola mortale. Quando fu libero era così contento che si fece anche una foto con la videocamera. Incredulo, emozionato ma soprattutto vivo, uscì da quella voragine, ma la lotta per la sopravvivenza non era ancora finita. Uscito da quella che credeva la sua tomba di roccia, camminò per 12 chilometri fino a imbattersi con una famiglia di turisti olandesi. Insieme a loro aspettò l’elicottero che l’avrebbe portato in ospedale. Oggi Aron è così, la sua impresa e la sua lotta sono state immortalate in diversi film e libri. Senz’altro è stata una testimonianza cruda di ciò che si è in grado di fare pur di sopravvivere.

[FINE PARTE 1]

 

 
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Pubblicato da su 23 novembre 2015 in Casi macabri e misteriosi

 

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