Giuseppe Pinelli


La storia di Giuseppe (Pino) Pinelli comincia a Milano, nel popolare quartiere di Porta Ticinese, dove nasce il 21 ottobre 1928 da Alfredo e Rosa Malacarne. Le condizioni economiche della famiglia non gli permettono di continuare gli studi che interrompe dopo le elementari e comincia a lavorare prima come garzone e poi come magazziniere. Tuttavia la conclusione degli «studi ufficiali» non lo allontana dai libri e dagli interessi culturali: Legge. Legge molto. Un’abitudine che non perderà mai. Legge centinaia di volumi divenendo appassionato autodidatta.
Nel 1944 sedicenne partecipa alla Resistenza giovane staffetta partigiana nella formazione socialista «Franco» (delle Brigate «Matteotti»), collaborando con un gruppo di partigiani anarchici che costituiscono il suo primo tramite all’anarchismo. Dopo la fine della guerra Pino continua a rimanere convinto ed attivo, partecipando con entusiasmo alla crescita del movimento anarchico a Milano.
Nel 1954 vince un concorso ed entra nelle ferrovie come manovratore. L’anno successivo sposa Licia Rognini (nata a Senigallia anche lei nel 1928, figlia di un falegname anarchico), incontrata nel 1952 a un corso di esperanto al circolo filologico milanese. L’esperanto è una lingua che Pino già conosce e vorrebbe insegnare e che Licia vorrebbe imparare. Entrambi hanno una grande curiosità verso la vita, amore per la lettura, disponibilità verso la gente, verso le idee e esperienze nuove. Dopo il matrimonio «la loro piccola casa diventa un porto di mare, aperta a tutti, frequentata da studenti, che si fanno battere a macchina da Licia le tesi di laurea, da compagni anarchici e no […]»(1). Nascono due bambine, Silvia e Claudia, a un anno di distanza l’una dall’altra.
Nei primi anni Sessanta alcuni giovani poco più che ventenni creano il gruppo Gioventù libertaria; nel 1965 Pino aderisce al gruppo e con i suoi trentacinque anni è il più vecchio ma non è un problema; condivide l'esperienza con grande entusiasmo rappresentando un punto di contatto fra i nuovi arrivati all'anarchismo e i vecchi militanti. E quando, sempre nel 1965, dopo una decina di anni senza sede anarchica a Milano, se ne apre una in viale Murillo, Pino è tra i promotori del Circolo Sacco e Vanzetti, circolo che, nel 1968, si trasferisce in piazzale Lugano 31 prendendo il nome di Circolo anarchico Ponte della Ghisolfa. È il sovrappasso stradale dal quale si vedono i binari della stazione di Porta Garibaldi dove lavora Pinelli.
Al nuovo Circolo si succedono cicli di conferenze e assemblee dei primi comitati di base unitari (CUB), che segnano la prima ondata di sindacalismo di azione diretta, al di fuori delle organizzazioni sindacali ufficiali. "Pino" è tra i promotori della (ri)costruzione della sezione dell'Unione Sindacale Italiana (USI), l'organizzazione di ispirazione sindacalista-rivoluzionaria e libertaria.
In questa atmosfera ricca di stimoli e slanci, Pinelli si impegna con grande generosità e capacità promuovendo diverse iniziative e creando occasioni di confronto fra lavoratori e studenti. Nel novembre del 1966, da attivo militante anarchico, sostiene Gennaro De Miranda, Umberto Tiboni, Gunilla Hunger, Tella e altri ragazzi del giro dei cosiddetti capelloni nella stampa delle prime copie della rivista «Mondo Beat». Negli anni tra il 1968 e il 1969 l’impegno politico di Pino nel movimento anarchico e nel sindacato cresce sempre di più.
Poi giunge il dicembre del 1969, con la «strage di Stato» di piazza Fontana, la montatura contro Valpreda e altri anarchici, il fermo «per accertamenti» di Pinelli, la sua uccisione. Pinelli è innocente e risulterà poi estraneo alla strage.
Il 12 dicembre 1969 scoppia una bomba nella Banca Nazionale dell’Agricoltura in Piazza Fontana: 17 morti e 88 feriti. È il primo, terribile, atto della “strategia della tensione”. Parte immediatamente la caccia agli anarchici e anche Pino viene fermato dalla polizia, invitato dal commissario Calabresi a seguirlo in questura con il suo motorino.
Nella notte tra il 15 e il 16 dicembre Pinelli muore, precipitando, durante un interrogatorio, da una finestra della questura di Milano. Il suo stato di fermo, durato tre giorni, si è protratto ben oltre i termini legali, ma nessuno verrà mai chiamato a rispondere neanche di questo. La famiglia viene avvisata da alcuni giornalisti; nella notte arrivano a casa Pinelli Camilla Cederna, Corrado Stajano, Giampaolo Pansa; e quando Licia chiama in questura per sapere perché non è stata avvisata si sente rispondere: «non avevamo tempo».
Il 20 dicembre 1969 si svolgono i funerali di Giuseppe Pinelli, al cimitero di Musocco, a cui partecipano la famiglia, i compagni anarchici e alcuni intellettuali come Franco Fortini, Vittorio Sereni, Marco Forti e Giovanni Raboni. Successivamente, il corpo di Pinelli sarà traslato nel cimitero di Turigliano, vicino a Carrara, e sulla lapide verrà apposta anche una poesia di Edgar Lee Masters, Carl Hamblin tratta dall'Antologia di Spoon River.
Al dolore per la sua morte, si aggiungono le dichiarazioni infamanti che vengono immediatamente riversate su Pino, accusato dal questore di Milano di essersi suicidato a dimostrazione della sua colpevolezza. I giornali parlano di «alibi caduto», di slancio felino al grido «è la fine dell’anarchia».
La immediata e forte campagna di contro-informazione, che coinvolge oltre agli anarchici anche parte della sinistra extra-parlamentare e parlamentare, fa sì che larghi settori dell'opinione pubblica non prendono mai sul serio le versioni ufficiali (tra loro per altro contraddittorie) del «suicidio» (polizia) e successivamente del «malore attivo» (magistratura).
Licia Pinelli, con pochi amici, trova la forza e il coraggio di ribellarsi alle verità ufficiali e con dignità inizia la sua battaglia per sapere non solo la verità sulla morte del marito, ma per difenderne la memoria così crudelmente distorta. E chiede Giustizia. Il 27 dicembre 1969, insieme alla madre di Pinelli, denuncia il questore Guida per diffamazione; il 24 giugno 1971 denuncia il Commissario Calabresi e tutti i presenti in questura per omicidio volontario, sequestro di persona, violenza privata e abuso di autorità. L’istruttoria viene affidata al giudice istruttore Gerardo D’Ambrosio che il 27 ottobre 1975 l’archivierà escludendo sia il suicidio che l’omicidio: motivando la morte come un «malore attivo», proscioglie tutti gli indiziati. Secondo D’Ambrosio, Pinelli, stremato dai tre giorni passati in questura, non avendo consumato pasti regolari, avendo dormito poco, fumato moltissimo ed essendo stato interrogato già diverse volte, in un ambiente saturo di fumo «apre il balcone, si avvicina alla ringhiera per respirare una boccata d’aria fresca, un’improvvisa vertigine, un atto di difesa in direzione sbagliata, il corpo ruota sulla ringhiera e precipita nel vuoto».
Nel 2006 il Comune di Milano sostituisce la targa dedicata a Pinelli «ucciso innocente nei locali della questura di Milano» con un’altra che recita «innocente morto tragicamente». Ora in Piazza Fontana vi sono entrambe le targhe, la prima riposizionata dagli anarchici.
A 40 anni da quella notte tra il 15 e 16 dicembre, Licia Pinelli viene invitata al Quirinale e il 9 maggio 2009, alla presenza dei familiari delle vittime, ascolta le parole del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, pronunciate in occasione della Giornata della Memoria, e che parlano di Giuseppe Pinelli come la 18° vittima di Piazza Fontana. Francesca Dendena, presidente dell’associazione delle vittime di piazza Fontana, menziona Pino nel suo discorso. Le parti offese di quella storia si incontrano per la prima volta riunite dalla verità storica condivisa, alla quale non corrisponde alcuna verità né condanna giudiziale.
La tragica morte di Pino ha dato luogo a vari libri e ispirato vari artisti, dal premio Nobel (1997) Dario Fo, con la sua opera teatrale Morte accidentale di un anarchico (ma in realtà il riferimento quasi esplicito che viene fatto è per Andrea Salsedo, per motivi di censura), al pittore Enrico Baj, con i suoi Funerali dell'anarchico Pinelli.
Nel 1970 il "Comitato cineasti contro la repressione" raccoglie numerosi materiali per la realizzazione di un lungometraggio sulla vicenda di Giuseppe Pinelli. Il film, Documenti su Giuseppe Pinelli è composto da due parti: la prima, diretta da Elio Petri, intitolata Ipotesi su Giuseppe Pinelli o Tre ipotesi sulla morte di Giuseppe Pinelli, e la seconda, diretta da Nelo Risi, intitolata Giuseppe Pinelli.
Sono state composte diverse canzoni su Pinelli, come diverse versioni de La ballata del Pinelli o Ballata dell'anarchico Pinelli, scritta sia dal cantautore pisano Pino Masi sia da G. Barozzi, F. Lazzarini, U. Zavanella la sera stessa dei funerali e successivamente rielaborata e ampliata da Joe Fallisi. Nel febbraio 1970, il cantastorie Franco Trincale compone un Lamento per la morte di Giuseppe Pinelli; Riccardo Mannerini, poeta anarchico e paroliere (collaboratore di De André) scrive su questo tema il testo Ballata per un ferroviere. Sempre del 1970 è Povero Pinelli, sulla musica di Povero Matteotti, scritta da Luisa Ronchini con una strofa aggiunta da Giovanna Marini, per il Canzoniere Popolare Veneto. E poi Vasco Rossi, Modena City Ramblers, Banda Bassotti. Nel 2012 esce il film Romanzo di una strage di Marco Tullio Giordana.
note
1. Claudia Pinelli, http://www.enciclopediadelledonne.it/biografie/licia-pinelli/

Bibliografia
Eduardo M. Di Giovanni, Marco Ligini, Edgardo Pellegrini. La strage di Stato. Controinchiesta. Odradek, Roma 2006 (Samonà e Savelli, 1970)
Camilla Cederna, Pinelli. Una finestra sulla strage, Il Saggiatore, Milano 2004 (Feltrinelli, 1971)
Adriano Sofri, Il malore attivo dell'anarchico Pinelli, Sellerio, Palermo 1996
Amedeo Bertolo, Camilla Cederna, Pier Carlo Masini, Corrado Stajano, Pinelli, la diciassettesima vittima, prefazione di Luciano Lanza, con un’intervista di Lorenzo Pezzica a Cesare Vurchio, BFS edizioni, Pisa 2006
Corrado Stajano, Pier Carlo Masini, Amedeo Bertolo, Pinelli. La diciassettesima vittima, BFS edizioni, Pisa 2007
Adriano Sofri, La notte che Pinelli, Sellerio, Palermo 2009
Licia Pinelli, Piero Scaramucci, Una storia quasi soltanto mia, Feltrinelli, Milano 2009