Tragedia sfiorata a Valle di Castrignano. Una stalla, attaccata alla casa in cui abita una famiglia con una bambina, è crollata ieri pomeriggio, lasciando per terra una valanga di sassi e travi. Per fortuna non c’é stato nessun ferito.
L’edificio, che fa parte di un’antica corte, era stato fortemente lesionato dal sisma del dicembre del 2008 ed era vuoto. La nevicata e il maltempo di questi giorni hanno dato il colpo di grazia.
Il terremoto di oltre sei anni fa, che aveva costretto alla chiusura il Castello di Torrechiara e danneggiato tante abitazioni, miete ancora danni, e c’é chi si chiede che fine abbiano fatto gli aiuti per gli abitanti colpiti.
«I rimborsi non sono mai arrivati, anche se abbiamo fatto le richieste - dice un vicino, Lino Barbieri, che, a sua volta, ha un edificio pericolante a rischio crollo di fianco alla propria abitazione -. Questa corte è del 1600 o anche prima. Si trova in un posto bellissimo, queste case fanno parte del paesaggio, del parco naturale del Monte Sporno, vanno valorizzate, messe a posto. Hanno preso una scossa forte con il terremoto. Poi c’é stata l’alluvione e la nevicata. Un po’ di soldi per ristrutturarle servono, ma non arrivano».
Il crollo della stalla, larga 37 metri, si è verificato alle 16 di ieri. I vigili del fuoco sono intervenuti subito, per transennare l’area, assieme ai carabinieri, poi sono arrivati i tecnici comunali.
Ad essere colpita è la famiglia di Abdul, 40 anni, conosciuto da tutti in queste parti, cittadino italiano e originario del Marocco, da una vita a Parma, dal 2006 a Valle di Castrignano, dove ha comprato la casa che soli due anni dopo è stata lesionata dal sisma.
Sua figlia di un anno era in casa, con la mamma, quando ha sentito il frastuono. «Come un terremoto» ricorda lui: la terra che trema, e i vecchi sassi della stalla alta due piani che rotolano in tutto il giardino.
«Questa è una zona bella, peccato per il terremoto o per le frane» prova a sorridere Abdul, per sdrammatizzare la paura di perdere tutto, anche le persone che ama.
«È andata bene che è arrivata di giorno e non di notte, altrimenti era davvero brutta» aggiunge, mentre sua moglie tiene in braccio la piccola, che si è addormentata, dopo il forte spavento.
Davanti a casa sua arrivano alcuni abitanti di Riano, nati e cresciuti in queste valli: «per fortuna l’é miga mòrt nisón», non è morto nessuno, ripetono in dialetto, «la stalla pendeva, ormai non era più attaccata alla casa, è andata bene così», dicono i residenti, osservando la scena come si guarda una casa che è stata bombardata.
«Lui è un bravo ragazzo, è bravo a fare tutto, - dice uno di loro, Walter Anghinetti, riferendosi ad Abdul (il suo vero nome, all’anagrafe è Abdalrahim, ma qui tutti lo chiamano così) - sa fare tutto, riparare, montare le piastrelle, aggiustare le cose».
E lui, anche se lavora nel campo dell’edilizia (sempre più in crisi), difficilmente riuscirà a mettere a posto tutto da solo. «Adesso servirà una mano» dice Anghinetti, «serviranno le mani di tutti quelli che sanno lavorare».
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