Cacopardo, la difesa di Camilleri:
"Omonimia del tutto casuale"

Approda in tribunale la causa intentata dal romanziere residente a Parma contro il padre del commissario Montalbano. Domenico Cacopardo si è sentito diffamato ne "Il nipote del Negus" e ne ha chiesto il ritiro dalle librerie. Sellerio e l'autore respingono ogni accusa. Il giudice deciderà nei prossimi giorni

di MARIA CHIARA PERRI
Cacopardo contro Camilleri, la guerra dei romanzieri siciliani è approdata nelle aule di giustizia (LEGGI).  Una guerra in cui i rivali non si risparmiano strali grondanti d'ironia neppure sulle carte bollate. Da una parte, l'ex magistrato Domenico Cacopardo, noto scrittore residente a Parma, che si è sentito diffamato da una frase de “Il nipote del Negus” di Andrea Camilleri tanto da chiedere al Tribunale la sospensione della pubblicazioni (il libro è già alla nona edizione) e il ritiro di ogni copia dall'edicola. Dall'altra l'acclamato e prolifico “papà” del commissario Montalbano. Questa mattina il giudice Massimiliano Razzano del foro di Parma è stato chiamato a dirimere la controversia. In udienza Domenico Cacopardo ha esposto le proprie ragioni personalmente, assistito dall'avvocato Giovanni Franchi, mentre Camilleri e l'editore Sellerio hanno presentato le proprie memorie difensive. Oltre a sostenere l'incompetenza del tribunale di Parma nella causa, ritendendo che il giudizio spetti alle sezioni specializzate in diritto d'autore, hanno richiesto che il ricorso sia rigettato in toto perché infondato in fatto e in diritto.

Di certo la questione è sottile e ruota intorno a un cognome: Cacopardo. Quello che il magistrato parmigiano d'adozione, Domenico, condivide con Aristide, controllore ferroviario che “(...) è fissato di
essere un grande scrittore e consuma il suo stipendio pubblicando romanzi a sue spese”. Ma mentre Domenico è uno scrittore in carne ed ossa, Aristide esiste solo ne “Il nipote del Negus”, precisamente a pagina 88. E' un personaggio marginale partorito dalla fantasia dell'autore siciliano, che secondo il rivale gli avrebbe appioppato quel cognome con l'intento di deriderlo, tantopiù che Cacopardo è stato definito dalla stampa l'anti-Camilleri. 

Le parti trascinate in giudizio concordano su un punto: Aristide Cacopardo è un nome assegnato in modo assolutamente casuale a uno dei tanti personaggi del libro, che non è in alcun modo confondibile con l'autore Domenico Cacopardo. “Nel romanzo di Camilleri si sono contati almeno 50 personaggi, fra i quali il direttore della Regia Scuola Mineraria Carmelo Porrino, il Capo di Gabinetto Corrado Perciavalle, il prefetto Felice Matarazzo, il direttore del Convitto Mattia Siniscalco...” si legge nel ricorso di Sellerio, che prosegue con una lunga lista dei soggetti che popolano la Vigata camilleriana per poi concludere “Per ognuno di questi, fatalmente, esistono nella vita reale una o più persone corrispondenti, persone con il medesimo cognome e il medesimo mestiere, dello stesso aspetto o della medesima provenienza. (...) E chissà quanti minatori di nome “Pignataro”, quanti generali di nome “De Bono”, quanti cassieri di nome “Musumeci”. Chissà quanti ingegner Muller!”.

Così, basta digitare il comune cognome siciliano “Cacopardo” sulle Pagine bianche per trovare oltre 250 omonimi, di cui cinque Domenico, mentre anche la più nota libreria online, Ibs, interpellata su quel cognome restituirà una manciata di autori. Non solo: circa l'80% dei cognomi dei personaggi del romanzo compaiono su Ibs, sono omonimi di scrittori più o meno noti. “Tutti vittime di Camilleri che ne ha usurpato il nome?”. In Italia si pubblicano 160 libri al giorno, diecimila all'anno, frutto di altrettanti scrittori. Come potrebbe Camilleri controllare le omonimie di ogni suo singolo personaggio nella vita reale? L'Aristide camilleriano, proseguono le memorie difensive del romanziere e dell'editore, non ha poi davvero niente a che vedere con Domenico Cacopardo: uno è un controllore ferroviario vissuto in epoca fascista, l'altro è un magistrato in pensione nostro contemporaneo. Ma, soprattutto, il personaggio di fantasia pubblica le proprie velleità letterarie a proprie spese. Lo scrittore reale, invece, vanta da anni pubblicazioni con grandi editori italiani. Non si capisce perché il lettore, anche quello più malizioso, dovrebbe sovrapporli.

L'ex consigliere di Stato mostra un'attenta sensibilità a vili critiche “occulte”? Oppure tradisce “una mania di persecuzione che non ha ragione di esistere - si legge nella memoria di Sellerio - ma che deriva evidentemente da un'avversione che è invece lo stesso ricorrente (...) ad avere nei confronti di Camilleri”? Mentre i difensori del padre di Montalbano fanno notare, senza giri di parole, che qualunque sia l'esito del procedimento il ricorrente beneficerà di un notevole volano pubblicitario per il susseguirsi di notizie di stampa. Ora la palla passa al giudice, che depositerà la decisione nei prossimi giorni.

(16 novembre 2010) © Riproduzione riservata