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Leone XIII nell’intimità (articolo del 19/3/1899)

La Domenica del Corriere, domenica 19 marzo 1899

La malattia grave e pur brevissima – due termini ormai non più in contraddizione – che tenne nel mese scorso sospesi gli animi dei cattolici di tutto il mondo, ha svegliato nel pubblico una viva curiosità di conoscere le abitudini ed il metodo di vita dell’illustre vegliardo. Tre vari scritti giuntici in proposito pubblichiamo il seguente pervenutoci da Roma come quello di uno che conoscendo davvicino il Vaticano, ha modo di essere esattamente informato intorno alle consuetudini di Leone XIII.

«… Tra le gravi e assidue cure dell’alto suo ufficio e nonostante l’età avviata ormai alla novantina. Sua Santità continua ancora assiduamente lo studio delle lingue latine nelle quali è pensatore profondo quanto poeta elegantissimo, tant’è vero che tutte le Encicliche, per merito suo, hanno sempre un sapore di puro classicismo ed un non comune pregio letterario.
Il tempo dedicato a questi studi Leone XIII lo sottrae al riposo più presto che alle faccende di Stato, le quali, fra i ricevimenti e l’esame delle principali questioni di politica interna od internazionale, lo tengono occupato – insieme a suoi collaboratori – ogni giorno, e tutto il giorno.
Quanto al metodo di vita non potrebbe essere più semplice: –Sua Santità dorme pochissimo, come in genere i vecchi. È parco di cibi e ama passeggiate in giardino. Non fuma; soltanto prende tabacco, ma mai in presenza di estranei; tuttavia la celata abitudine è tradita da qualche granellino di tabacco che cade sulla candida veste pastorale.
Oltre le passeggiate, nel mite autunno romano è suo grande diletto l’uccellare alla roccolo, fatto appositamente piantare nei giardini del Vaticano; ma presi gli uccelletti che cadono nelle reti ed accarezzatili, il Santo padre stesso li ridona a libertà.
Altrettanto fa delle tortore che gli vengono offerte, come simbolo, nelle funzioni di beatificazione e di santificazione.
Questa tendenza denota una grande sensibilità e bontà d’animo; ma talvolta il Papa va soggetto a qualche lieve irritazione, della quale però si corregge subito.
Modestissimo il suo regime di nutrizione: qualche tazzina di brodo ristretto, molti tuorli d’uova con un po’ di marsala, un’ala di pollo al mattino, appena un mezzo petto alla sera. In tutto il giorno due dita di vino di Bordeaux, del più vecchio del più generoso fornitogli dai conventi locali.
Sobrio di cibo e di vino, forse anzi a cagione di ciò, egli è passato da un anno all’altro della sua lunga vita sano di corpo come molti giovani desidererebbero, lucidissimo di mente come in pochissimi vegliardi è dato constatare, nonostante il lungo ed intenso lavoro, le grandi responsabilità ed una tendenza di famiglia alle malattie cerebrali specialmente gli ultimi anni della tradizionale longevità.
La memoria di Leone XIII è veramente fenomenale; non solo ricorda tutti i più piccoli incidenti della sua vita giovanile e di adolescenza, ama ogni lettura fatta si è di recente che nel suo più lontano passato.
Non è molto che un personaggio conversando col Papa gli disse di avere una controversia con un suo amico a proposito del verso di Dante:
«Perché tu veggi li così com’io »
si discuteva se caso si trovasse nell’Inferno o nel Purgatorio.
Il Papa che è un dantista appassionato, ricordò supplito il verso così poco noto. – Ne nell’una cantica, né nell’altra – rispose – ma nel Paradiso, canto settimo, se ben ricordo, e verso la fine del canto. – Ed è alzatosi per assicurarsene, montò egli stesso i gradini di una scaletta della biblioteca, tolse da uno scaffale una delle tante rare edizioni della divina commedia che egli possiede, e, sfogliando rapidamente il libro trovò il verso. Curiosamente intricato con grande ammirazione del visitatore.

Leoni XIII è molto attaccato la vita.
– Ho ancora bisogno di quattro anni, egli diceva un team amente, per compiere il mio programma. Chissà se Dio vorrà che io viva tanto?
A quale programma egli alludesse io non so; auguriamoci che Leone XIII, superata quest’ultima crisi, possa vivere tutto il tempo necessario perché abbia a mostrare il mondo qual è lo scopo cui mira.
Ma sia l’aspirazione ad un nobile meta, sia naturale istinto alla conservazione, sta nel fatto che Leone XIII tiene molto alla vita.
Un monaco aveva predetto (si sa che nel Vaticano corrono sempre, è un po’ ci si crede, pregiudizi anche irriverenti sulla vita dei Papi) che Leone XIII sarebbe morto, non so per quale il ricorso di danze e di avvenimenti cabalistici, nel 20º anno di suo Pontificato.
Leone XIII ha visto con grande gioia passare, già da oltre un anno, una data che si annunciava per lui fatale.
E così il Papa, lettore assiduo di giornali, si cruccia che nel suo stato di salute corrono spesso notizie fantastiche od esagerate, e si meraviglia che tutti non lo reputino robusto come egli infatti si sente.
–Eppure, egli esclama spesso, quanti ne ho visto precedermi nel Regno Eterno, di quelli che forse reputavano io dovessi premorire!–

Sua grande letizia è di conversare con uomini più longevi di lui, dei quali si informa con interesse vivissimo delle abitudini di vita, quasi traendone l’auspicio di ancora più lunga esistenza. Per ciò ogni anno riceve con cordialità squisita e comm. Pacelli, padre del giornalista e centenario dall’anno scorso, e si rasserena nell’udire come quest’altro uomo di prodigiosa longevità, passi da ottant’anni le ore della giornale della sera avanti il Caffè della Pace di Roma.
Leone XIII tiene anche alle manifestazioni esteriori, per mostrare che è robusto. La sua tarda età lo costringe a servirsi, nel passeggio, di un bastone dal pomo d’oro, sul quale appoggia il corpo del lato destro; ma quando nei giardini vasti e silenziosi del Vaticano, dove ogni si avanza lento come una bianca e diafana apparizione, scorge da lungi –il Papa non fa uso di occhiali nemmeno per una lettura godendo di  eccellente vista –una persona estranea alla famiglia Pontificia, gli fa ogni sforzo per camminare senza aiuto del bastone, che fa passare con disinvoltura da una mano all’altra.
E quando dopo lunghe ore di funzioni si può constatare che egli ha sopportato l’afa degli ambienti affollatissimi, le noie delle funzioni, il peso non indifferente dei Paramenti pontificali senza danno della salute o senso di stanchezza apparente, allora Leone XIII prova un’intensa e non dissimulata gioia.
Soltanto trascura un po’ la sua salute quando nella insonnie della sua tarda età forma nella sua mente un distico latino. Egli allora scende dal letto –fra le cui coltri si corica non completamente spogliato, ma abbigliate di calze, mutande e camicia di finissima flanella bianca – si accosta al tavolo, senza rumore per non risvegliare il fidato cameriere Pio Centra che dorme in anticamera, ed al fioco lume della lampada da notte scrive versi che ha pensato. E talvolta si indugia ad aggiungere altri che gli sgorgano dalla lucida mente.
Così lo colgono talvolta quei raffreddori che poi, se giungono in dominio del pubblico, sono scambiati e descritti per reali malattie.
E più ancora nel passato egli andava soggetto a questi incomodi quasi cercati, perché il Papa non voleva saperne di stufe ne di caloriferi del suo appartamento; egli voleva soltanto il braciere, il braciere ciociaro, in mezzo alla camera. Ora però da qualche anno si è persuaso della irragionevolezza di questa pretesa, e si è adattato, specialmente per merito del dottor Lapponi, vero angelo tutelare dell’illustre vecchio, ed altri sistemi più igienici di riscaldamento.
Anzi da qualche tempo un soffio di modernità è penetrato nel Vaticano, e poca dietro, in nome del Papa, fu benedetto l’impianto che già fornisce luce elettrica a parte –e fra breve alla totalità – degli edifici vaticani.
Qualche anno fa il Papa erasi mostrato contrario a questa innovazione, che sarà una garanzia di più per la conservazione dei grandi tesori d’arte racchiusi in Vaticano.
E speriamo che Sua Santità possa vivere ancora tanto per vedere e benedire più meravigliosi progressi della scienza dell’industria ».

Rino