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      Come prosegue la "rivoluzione"

      dicembre 12, 2013


      Firenze poche ore fa. Via.

      Quando nel novembre del 2012 Emilio Fede presentò il suo movimento politico a Milano la sua orazione si concludeva con un’immagine suggestiva: due ragazzi, un poliziotto e un contestatore, tolgono i rispettivi caschi e si riscoprono giovanissimi, uguali, per poi stringersi in un lungo abbraccio. Nessuno dei 50 presenti all’evento poteva immaginare che il sogno umido Fede avrebbe trovato soluzione nei primi giorni della rivoluzione del 9 dicembre, incrociandosi coi desideri delle migliori case del Fascio del Paese.

      Il tema del sostegno—o quantomeno della non ostilità delle forze dell’ordine ai cortei del 9 dicembre—è stato uno dei più dibattuti, contrastati e derisi di queste ore. E se uno degli agenti della Mobile a capo scoperto parla di rischio “disobbedienza civile” dilagante tra le file della polizia, su Facebook e per le strade, larga parte dei manifestanti ha continuato a intestarsi le simpatie delle forze dell’ordine.

       
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      Simpatie spesso ricambiate da cortesie amichevoli e brioche.

      È il quarto giorno di agitazione, e quello che era iniziato come un blocco farsa per rianimare le più tristi rotatorie autostradali italiane è diventato un pericoloso tilt sociale e politico (descritto da Alfano in termini di rischio di "deriva ribellistica").

      A Torino, forse la città più coinvolta, il bilancio è finora di sei arresti, esplosioni di bombe carta e qualche presidio ancora attivo, a contorno di contro manifestazioni #noaiforconi e iniziative a denuncia delle minacce per l’abbassamento delle saracinesche già segnalate da un comunicato dell’ANPI Piemonte del 6 dicembre.

      Oltre a varie testimonianze, l’adesione “spontanea” dei commercianti trova una delle sue conferme in video come questo, dove giovani manifestanti in gita scolastica autogestita al centro commerciale cittadino Le Gru cantano adorabilmente “Noi vogliamo questa chiusura”.

      A Milano, dopo il ritrovo sotto la sede di Equitalia e il corteo non autorizzato in centro, da martedì sera alcuni rivoluzionari si sono spostati a Piazzale Loreto, dove nell’arco di una giornata si sono avvicendati—in ordine sparso—Leone di Lernia

      e le cinghie degli ultras dell’Ajax, arrivati a Milano per la partita di Champions contro il Milan.

      Strade e presidi autostradali continuano ad essere popolati senza alcuna apparente logica geografica, con l'ultima notizia circa lo sgombero del blocco alla frontiera con la Francia. Alla reattiva piazza di Cerignola e allo sforzo propagandistico delle prime bufale online collegate alla Rivoluzione (come quella dell’abbassamento dei prezzi del carburante come primo risultato del blocco) fanno da contraltare scenari lunari e suggestivi come quelli di Padova


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      e Monselice, nonché le declamazioni millenaristiche dei Forconi su Facebook.

       
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      Intanto nel pomeriggio di mercoledì è arrivata la notizia dell’ottenuta fiducia del Governo Letta, offrendo ai manifestanti il motivo per accrescere la rabbia e disinibire la loro creatività. 

       
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      Alla votazione della fiducia sarebbe dovuta infatti corrispondere l’occupazione delle piazze “del Potere”. Per ora, nonostante gli appelli più disparati, non ci sono prove di un esodo di massa verso Roma. 

      La capitale comunque non è immune alla Rivoluzione, anche se da più parti si è invitato a convogliare i cortei presso il presidio già esistente di Piazza dei Partigiani. 

       
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      A scongiurare l’occupazione delle aree non autorizzate è l’organo mediatico permanente della Rivoluzione, gestito via hangout dagli amministratori della pagina Facebook turbocomplottista LoSai?. Su questa si apprende che il giorno prima, in una talk della tv pubblica, il collegamento da un presidio sarebbe stato interrotto per mandare in onda un servizio sul rapporto tra Silvio Berlusconi e il Cane Dudù.

      A sua volta, uno dei pochi referenti eletti dei mezzi di comunicazione mainstream, Lo Zoo di 105, continua ad appoggiare platealmente la protesta, postando addirittura un video nel quale si ammonisce il mondo dal ruolo della Germania in questa “Terza Guerra Mondiale” combattuta con le armi della finanza.


      Live from Pankow.

      Il resto dei media tradizionali, come preso alla sprovvista, continua a vedere soltanto i Forconi dietro l’organizzazione della protesta, quando non gli autotrasportatori (per la verità non rappresentati sindacalmente da nessuna delle sigle del coordinamento 9 dicembre) o addirittura “opposti estremismi” in un tragico e pericoloso tango del male. 

      A interessare maggiormente sembrano essere le quote rosa, le auto dei capirivolta e l’inevitabile “ironia della rete.”

      In realtà, come si accennava qui, a coordinare ufficialmente l’intera mobilitazione è la trimurti Calvani-Chiavegato-Ferro, a rappresentanza del Comitato Riuniti Agricoltori e Dignità Sociale, di LIFE Veneto e indipendentismo spurio e dei Forconi siciliani.

      Il primo, in particolare, è quello che finora di più si è speso a nome dell’intera protesta. Di passaggio a Genova ha annunciato che l’“Assedio di Roma” è rimandato alla prossima settimana”, previa segnalazione degli infiltratati come chiesto dalle forze dell’ordine.

      In un lungo Tour della Rivolta con tappa a Torino, Calvani è stato accolto da centinaia di persone, di fronte alle quali si è moderatamente scagliato contro i politici “assassini” e ha agitato da un palco lo spauracchio del “colpo di stato”. 

      Queste parole non sono così diverse da quelle con cui aveva infiammato i forconi laziali a gennaio del 2012, quando accanto ad Antonio Pappalardoex presidente di Dignità Sociale ed ex generale dei Carabinieri collegato tra le altre cose a un’inchiesta sulla massoneria deviata—giurava di riconoscersi solo nelle forze dell’ordine. Quelle stesse forze che, 12 anni prima, stavano alla base del documento pappalardiano costato al generale la presidenza del COCER, e che, come Carabinieri, avrebbero potuto abbandonare “il ruolo istituzionale” per contribuire alla "fondazione di un nuovo tipo di Stato e di una nuova Europa, che i partiti politici così come sono strutturati, e comunque lontani dai problemi dei cittadini, non riescono più a garantire.” 

      Ma le idee migliori a Calvani non vengono solo “nella cella frigorifera della mia azienda, tra amici”: notizie del 2009 ne indicano il coinvolgimento nella fondazione di Lega Nord Lazio ad Aprila, e foto e video in compagnia di Gabriele Baldarelli (definito uno degli amministratori dei gruppi Facebook) lo avvicinano quantomeno al gruppo filomeridionalista che aveva inscenato la protesta della crocifissione nel 2012 e che non molto tempo fa ha presenziato a Catania, coi Forconi, al coordinamento della Rivoluzione del 9. 

      È come se esistesse un filo rosso fatto di movimentismo antisistema strutturato a livello interregionale, che dalla Sicilia arriva al Veneto di Chiavegato col suo carico di supereroi variamente scolarizzati e dotati ognuno di poteri specifici: “nostalgia per il Regno delle due Sicilie”, “Agro Pontino a trazione agricola” e “Veneto Stato.”

      La tesi di Calvani, quella della democratica instaurazione di un regime militare transitorio, trova seguito in ulteriori testimonianze, come quella del Travis Bickle in mimetica (erroneamente definito “Forcone” e “Coordinatore” da L’Unità).

      La matrice ideologica della protesta, per quanto ancora dibattuta e riferita più ai coordinatori che non agli esecutori dei blocchi, sembra trovare maggiore chiarezza nel ripetuto sostegno di Forza Nuova, di formazioni parlamentari come quella di Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, 

      e di Casapound.

      In un’azione che avrebbe commosso Goebbels, a Savona alcuni manifestanti hanno chiesto ai proprietari di una libreria di chiudere il locale e bruciare i libri, scatenando uno dei primi accenni di resistenza popolare alla rivolta popolare.

      Planando sopra boschi di braccia tese, quindi, la Rivoluzione Italiana sta pian piano trovando facile consenso tra chi, anche inconsapevole della sua ambiguità, cerca una risposta semplice, verosimilmente efficace, diversa da quella offerta dalla politica, dal sindacalismo, e dai movimenti classici, e sembra farsi largo anche tra i tanti giovani che stanno occupando le strade malgrado il pesantissimo endorsement di Fausto Leali.

       
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      Nelle puntate precedenti:

      Il 9 dicembre inizia la rivoluzione italiana

      La rivoluzione dei punti esclamativi

       

      Tag: rivoluzione 9 dicembre, Calvani, presídio, blocco, LoSai, ferro, chiavegato

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