Le corporazioni delle arti e dei mestieri, nate in età comunale, erano gelosissime della propria arte, e pronte a vere e porprie battaglie giuridiche per tutelare la posizione raggiunta nell'ambito della società del tempo.
Fu nel XIV sec. che venne registrata la più antica tra le corporazioni dei pastai, sorta a Firenze nel 1337, per riunire i produttori di pasta e fornai. Ma fu dopo la metà del '500 che i maestri di pasta secca, trapiantati ormai in tutta Italia, cominceranno diffusamente a riunirsi in sodalizi di mestiere.
L’arte dei “Vermicellari” nacque a Napoli nel 1571; nel 1574 i produttori genovesi di “fidei” (pasta lunga e filiforme) diedero vita insieme ai formaggiai alla corporazione dei “Fidelari”; è invece del 1605 la costituzione della “Maestranza dei Vermicellari” di Palermo.
Infine fu nel 1642 che a Roma si registrò la nascita della “Arte e Università dei Vermicellari”, a seguito della bolla di papa Urbano VIII (1641), che tentava di regolare il commercio della pasta, imponendo una distanza minima di 24 metri tra un negozio e l'altro.
Le corporazioni dei pastai avevano anche l'attenzione alla qualità del prodotto e alle possibili frodi. Scorrendo i documenti conservati negli archivi storici, si può capire l'importanza attribuita alla filiera della pasta. A metà del '500, nel regno di Napoli venne emesso un bando relativo alla fabbricazione della pasta, nel quale si obbligava i vermicellari a produrre "roba di pasta di semola assoluta, di tutta perfezione e bontà". Questi concetti vennero ripresi nel '600, promulgando leggi nelle quali si ripeteva più volte il divieto di utilizzare farine miste, e sanzionando i trasgressori con severe pene corporali o addirittura con la chiusura della bottega.
Perciò, possiamo desumere che già a quell'epoca era ben chiaro che la migliore pasta "asciutta", da contrapporre alla pasta consumata "in brodo", fosse quella di semola prodotta dal grano duro.
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