Le mani dell'ndrangheta sull'Umbria: 27 arresti, sequestrati beni per 10 milioni

Le mani dell'ndrangheta sull'Umbria: 27 arresti, sequestrati beni per 10 milioni

Operazione della polizia di Stato, coordinata dalle Dda di Catanzaro e Reggio Calabria, contro alcune storiche cosche che si erano infiltrate nel tessuto economico umbro

Le cosche della 'Ndrangheta hanno messo le mani sull'Umbria, infiltrando "in modo significativo" il sistema economico della regione. E' quanto emerge da un'indagine della polizia, durata diversi mesi, che ha portato questa mattina all'operazione "Infectio", con decine di arresti e sequestri per diversi milioni sia in Calabria che in Umbria. L'inchiesta dello Sco della Polizia con le squadre mobili di Perugia, Catanzaro e Reggio Calabria, coordinate dalle Dda di Catanzaro e Reggio, riguarda diversi presunti appartenenti alle cosche Trapasso, Mannolo e Zofreo di San Leonardo di Cutro e i Commisso di Siderno. Dagli accertamenti e dalle intercettazioni è emerso che le famiglie di 'ndrangheta non solo continuavano ad operare nei territori storicamente controllati ma erano riuscite a infiltrare il tessuto economico umbro.

I dettagli dell'operazione sono stati resi noti in conferenza stampa dal procuratore di catanzaro Nicola Gratteri, dal procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri e dal capo della Direzione centrale anticrimine (Dac) della Polizia Francesco Messina. Sono stati 27 i provvedimenti restrittivi, di cui 23 emessi dal gip di Catanzaro nei confronti degli appartenenti alle cosche (20 in carcere e 3 ai domiciliari) ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e occultamento di armi clandestine, minacce, violenza privata, associazione a delinquere finalizzata alla consumazione di una serie di reati di natura contabile o economico-finanziaria strumentali alla realizzazione sistematica di frodi in danno del sistema bancario. Sequestrati beni per un valore di circa 10 milioni di euro.

Nello specifico, l´indagine, approfondendo quanto emerso già nell´operazione "Malapianta" dello scorso maggio, ha rivelato la perdurante operatività delle cosche di 'ndrangheta Mannolo, Zoffreo e Trapasso di San Leonardo di Cutro (Crotone) e la loro proiezione in territorio umbro, dove, attraverso stabili collegamenti con la casa madre avevano impiantato un lucroso traffico di stupefacenti, anche con la complicità di trafficanti albanesi, minato, attraverso attività estorsive, la libera concorrenza nella esecuzione di lavori edili, nonché attivandosi a favore di soggetti candidati alle elezioni amministrative locali.

Inoltre, il sodalizio criminale, al quale viene contestata anche la detenzione di armi, aveva inquinato il tessuto economico attraverso la predisposizione di società, spesso intestate a prestanome o soggetti inesistenti, in grado di offrire prodotti illeciti (in primis fatture per operazione inesistenti) a favore di compiacenti imprenditori: business, quest´ultimo, che ha visto il coinvolgimento anche di soggetti contigui alla ndragheta vibonese e che ha consentito al sodalizio di lucrare cospicui guadagni attraverso sofisticate truffe in danno di diversi istituti di credito e complesse operazioni di riciclaggio del denaro di provenienza delittuosa. Contestualmente alla esecuzione delle misure cautelari personali, si è proceduto, pertanto, al sequestro di numerose società aventi sede in Umbria, Lazio e Lombardia attraverso le quali l´organizzazione criminale realizzava i citati reati economico finanziari.

Al contempo, con l´operazione, denominata "Core business", la procura distrettuale di Reggio Calabria ha dato esecuzione a un´ordinanza di applicazione della custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Reggio Calabria nei confronti di 4 soggetti ritenuti responsabili di associazione mafiosa in quanto esponenti di vertice ed appartenenti alla cosca di 'ndrangheta Commisso di Siderno (Reggio Calabria). Tra essi figura lo storico leader 'U Quagghia', scarcerato nello scorso mese di gennaio 2019. Le indagini hanno consentito di accertare la perdurante attività del sodalizio e sono state avviate a partite dal 2015, allorquando il leader, dopo un lungo periodo di detenzione, si stabilì a Perugia, località "Casa del Diavolo", per scontare la misura della detenzione domiciliare, che gli permise di riallacciare i contatti con altri esponenti di spicco della cosca.Tra i destinatari del provvedimento cautelare del gip di Reggio Calabria, con un ruolo di spicco, anche il figlio 36enne dello storico leader, già coinvolto nell´operazione "Crimine", nel corso della quale era stato individuato come 'capo giovani'.

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Carlo Verdelli ABBONATI A REPUBBLICA
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