ANTI AGING

L’industria biotech della longevità è pronta

di Roberto Manzocco

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(Adobe Stock)


3' di lettura

Quando, vent’anni fa, alcuni personaggi “di frangia”, come il genetista Usa Michael West e il biogerontologo inglese Aubrey De Grey, cominciarono a parlare della possibilità di invertire il processo di invecchiamento tramite apposite terapie, tali affermazioni vennero accolte con un forte scetticismo, che ancora permane in buona parte della comunità scientifica. Ciononostante, questa nuova frontiera della medicina è una scommessa su cui stanno puntando sia i massimi nomi della biogerontologia sia gli investitori. L’idea è che non solo l’inversione del processo d’invecchiamento viene considerata possibile, ma anche che - come dice lo stesso De Grey - «l’industria biotech dell’anti-aging potrebbe essere destinata nel giro di alcuni anni a diventare il settore più grande di sempre, tale da superare il giro d’affari delle compagnie Big Tech».

È questo il messaggio centrale emerso da “Ending age-related diseases. Bringing rejuvenation technology and investors together”, evento tenutosi di recente a New York e curato dalla Leaf (Life extension advocacy foundation), Ong che mira appunto a promuovere l’idea che l’invecchiamento finirà col diventare un processo malleabile. La logica sottostante è chiara: se è vero che le società occidentali stanno per essere colpite da uno “tsunami d'argento” (il rapido invecchiamento medio della popolazione, che sottoporrà a una pressione insostenibile i servizi sanitari) allora la soluzione starebbe nello sviluppo di terapie non per questa o quella malattia (cancro, Alzheimer e così via, tutte patologie che si manifestano perlopiù a una certa età), ma per il loro comune denominatore, ossia il processo di invecchiamento in sé.

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Per essere più chiari, secondo l’investitore tedesco Michael Greve, Ceo della Forever Healthy Foundation, «entro trent’anni il processo d’invecchiamento verrà posto sotto pieno controllo medico». In altre parole, saremo in grado di tirare indietro il nostro orologio biologico e vivere molti decenni in più in perfetta salute, rimandando invecchiamento e pensionamento a data da destinarsi (con tutte le consequenze del caso, non ultima una possibile esplosione demografica). Si tratterebbe quindi di aggiungere anni o decenni alla nostra aspettiva di vita, ma anche di rendere più vitali ed energiche le persone in età avanzata. Già, ma come? Il modello che Aubrey De Grey va predicando da diversi anni consiste sostanzialmente nell’aggirare il metabolismo umano invece di affrontarlo direttamente. Il che vuol dire: invece di modificare l'organismo umano in modo da renderlo più durevole, lo ripariamo in modo regolare. De Grey enumera sette categorie generali di danni causati dal processo d'invecchiamento: spazzatura intra-cellulare (sostanze di scarto che si accumulano all'interno delle cellule); spazzatura extra-cellulare (l’opposto), mutazioni nel Dna del nucleo (che causano il cancro); mutazioni nel codice genetico dei mitocontri (le “centrali elettriche” delle nostre cellule) che ne impediscono il funzionamento; perdita di cellule in certi organi (come il cervello); senescenza cellulare (certe cellule non muoiono, ma entrano in uno stato di semi-vita e producono sostanze tossiche); cross-link proteici (proteine che si incollano l’una all'altra, irrigidendo i tessuti in cui si trovano). Per ogni tipo di danno De Grey ha ideato una strategia generale (speculativa) di rimozione del danno; tutte assieme, queste strategie dovrebbero portare a una serie di terapie (ancora da inventare) in grado di riparare e quindi ringiovanire l’organismo.

E il modello di De Grey si sta diffondendo. Per esempio, nel 2017 Kim Chaekyu e il suo team (Johns Hopkins University) sono riusciti a rimuovere con un apposito farmaco le cellule senescenti di alcuni topi di mezz'età, migliorando in modo notevole l’artrite di cui gli animali soffrivano, in pratica ringiovanendoli; e si tratta solo di uno dei diversi studi in questo ambito. «L’invecchiamento è un aspetto del metabolismo umano, e come tale poco compreso – dice De Grey – L’idea quindi di modificare direttamente il funzionamento del nostro organismo in modo da ringiovanirlo è fallimentare». Da qui, il paradigma di tipo “ingegneristico” proposto da De Grey: «meglio studiare i tipi di danni provocati da tale processo e sviluppare terapie in grado di ripararli in modo sistematico e regolare. Come dire: non ricostruiamo un’automobile da cima a fondo, in modo da farla durare di più, piuttosto limitiamoci a effettuare qualche riparazione qua e là, all’occorrenza e regolarmente». Solo il tempo ci dirà se l’approccio del controverso studioso ha senso ed è fattibile, e se quello che vogliamo è veramente un mondo senza vecchiaia.

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