Belle Ferronnière



SCHEDA TECNICA

  • titolo dell'opera: ritratto di dama
  • attribuzione: LDV
  • età di Leonardo: 39 anni
  • committente: sconosciuto
  • supporto utilizzato: tavola
  • dimensioni: cm 63 x 45
  • tecnica: olio
  • datazione: 1490 - 1495
  • stato di conservazione: buono
  • interventi di restauro: non pervenuto
  • opera portata a termine: si
  • attualmente si trova: Parigi, museo del Louvre


 

Secondo gli ultimi accurati esami e verifiche sul quadro, sembrerebbe che nel passato non si sia mai intervenuto con un vero e proprio restauro, anche perchè non vi sono tracce di erosione del legno o particolari incurie legate ai colori.  


1788 

Sembra che in questa data il quadro sia presente all'interno dell'elenco scritto facente parte l'inventario delle opere e dei quadri del re. Questo elenco, stilato con grande precisione da  Durameau, che inserisce il proprio nome sul retro del dipinto indicandone che lui si occupò della catalogazione, riporta però una dicitura forse sbagliata: ferronnière. Perché Ferronière? Perché  nell’inventario di Durameau, non si sa esattamente se da lui o da altri archivisti da lui diretti, viene scambiata molto probabilmente per una amante del re Francesco I. 


1797

Si ha notizia che viene posizionata nella sala grande del museo dell'Louvre di Parigi. Circa la necessità di un restauro, è solo a partire dalla prima decade del 2000 che la preoccupazione per l’ingiallimento della vernice ossidata ha condotto alla decisione di sottoporre La belle ferronnière a una serie di indagini di laboratorio finalizzate a rimuovere la “patina” che la insidiava e ad effettuare un alleggerimento calibrato e non invasivo della vernice, con ripristino dei colori naturali della carnagione.

Il problema che ha incontrato il restauro, oltre al programma di routine, è consistito nel risolvere l’effetto di un riflesso rosso caldo sulla guancia, che risultava troppo acceso nell’alchimia cromatica dell’opera (per quanto in passato considerato con interesse da molti critici). 

Bisogna ricordare che gli esami del 2014-15, hanno evidenziato trattarsi di una lieve abrasione corretta, non si era potuto stabilire con certezza se tale riflesso rosso nella sua accesa evidenza fosse dovuto ad una scelta autoriale originale. Pur valutandolo un guasto del tempo, la commissione internazionale formata appositamente per il restauro del dipinto, ha convenuto sull’opportunità di un ritocco non invasivo, che attenuasse appena la preparazione rossa con un’ombra correttiva più fredda. Inoltre si è mirato a restituire al nero dello sfondo l’effetto di profondità.

Gli esami di laboratorio hanno rivelato pochi pentimenti, circoscritti al busto, relativi alla decorazione dell’abito e al collier sul dècolleté. Soprattutto si è riscontrato che Leonardo ha corretto la posizione della donna ruotando leggermente il busto più a sinistra rispetto allo spettatore e la testa più frontalmente, orientando lo sguardo maggiormente a sinistra, per conferire all’espressione un effetto di ambiguità.


Esame riflettografico

La riflettografia infrarossa (IR) è comunemente utilizzata per  indagare attraverso i raggi infrarossi eventuali tracce di disegni preparatori o restauri successivi. È una tecnica assolutamente non invasiva, che non danneggia in alcun modo l'opera e consente di avere una panoramica dettagliata di come sia nata la tela. L'esame effettuato porta alla luce poche cose e tra queste, malgrado la ripetizione dell'esame in diverse prove, non viene stabilito con certezza nessun pentimento di Leonardo, cioè un disegno a carboncino o matita sul quale avrebbe dipinto, piuttosto ci si sofferma anche sullo studio approfondito, attraverso ingrandimento, di alcuni dettagli presenti nell'opera, come ad esempio la pietra che la donna porta sulla fronte.


1900

Molti artisti e critici dell'arte dopo aver valutato l'opera sono propensi a pensare che molto probabilmente sia stata eseguita non da Leonardo, piuttosto dal Boltraffio. Questa teoria indica lo stile e l'utilizzo sovramontato delle linee, il contorno sfumato dei lineamenti e il gioco di luci che illuminano il viso della dama, con lo stile e le caratteristiche proprio del Boltraffio, sollevando di fatto una serie interminabile di quesiti. Tra coloro che affermano questo vi sono illustri esperti come Scheffer che affermerà di non aver dubbi circa l'attribuzione a Boltraffio, seguire Ramuz che ne riconosce l'utilizzo dei pigmenti, poi ancora Suida che ritiene non solo che sia di Boltraffio, ma che Leonardo avrebbe probabilmente utilizzato una tecnica dello spolvero meno lucida ed incisiva.


1919, secondo intervento

Si interviene sulla pulitura dell'opera.


1921

Sir Charles John Holmes, esperto d'arte e 1° direttore della National Gallery di Londra, decide di pubblicare sul Burlington Magazine, rivista fondata nel 1903 da un gruppo di storici dell'arte tra i quali Roger Fry, Bernard Berenson e Herbert Horne, The Burlington Magazine. Il loro scopo era quello di coprire tutti gli aspetti delle belle arti e delle arti decorative, di combinare una rigorosa dottrina con una visione critica. Le sue considerazioni circa lo stile pittorico, l'analisi dei pigmenti, la distribuzione delle ombreggiature con la tecnica dello sfumato e l'utilizzo dei carichi cromatici arrivando ad escludere che l'opera sia stata fatta dal Boltraffio, riconoscendone in modo assoluto la mano di Leonardo da Vinci.

Sir Charles John Holmes


1952

Alcuni studi sulla tela effettuati da diversi studiosi e tecnici chiamati alla National Gallery, sono concordi nell'affermare le convinzioni di Hiolmes circ al'attribuzione e dopo diverse settimane di lavoro, pubblicano il loro resoconto che sembra metter fine alle teorie sulla sua attribuzione: la belle Ferronìere è opera di Leonardo.



Storia dell'opera
Secondo gli ultimi studi, Leonardo da Vinci avrebbe dipinto l'opera nel suo soggiorno milanese intorno al 1493 e nello stesso periodo sono da attribuirsi anche altre due tra le quali la
 la dama con l'ermellino e il ritratto di musico.


Chi è la donna ritratta da Leonardo?


Negli anni si è cercato di rispondere a  questa domanda cercando di approfondire la documentazione dell'epoca, come ad esempio le lettere e le testimonianze relative a biografie di artisti del periodo.  Proviamo a vedere tutte le possibili attribuzioni:


1) Lucrezia Crivelli


Alcuni studiosi hanno identificato questo quadro come il ritratto di Lucrezia Crivelli, una cortigiana alla corte del duca di Milano. Ritengono essere legata alla corte di Ludovico il Moro, in quanto divenne amante del duca già prima del 1497, anno in cui ella diede al duca anche un figlio illegittimo, Giovanni Paolo, divenuto poi marchese di Caravaggio. Lucrezia Crivelli fu cacciata dalla moglie di Ludovico il Moro dalla corte in quanto sospettata di tramare contro il suo matrimoni proprio con il duca. Si sa che la Crivelli, donna più giovane di Isabella d'Este, era nota per la sua straordinaria e luminosa bellezza e che Ludovico il moro abbia cercato per molto tempo di trovare.     

Secondo lo studioso e critico Federico Zeri l’elegante dama ritratta è probabilmente Lucrezia Crivelli subentrata a Cecilia Gallerani, come amante di Ludovico il Moro anche se le teorie sulla sua identità sono molteplici. 

Secondo alcuni studi di datazione e in particolare alcuni scritti trovati su fogli del Codice Atlantico, Leonardo avrebbe citato:


Pinxit Leonardus, amavit Maurus

(Leonardo la dipinse, il Moro l’amò).


In realtà questa citazione non è assolutamente riconducibili a Leonardo per una serie di motivi: 


  1. Lo stile della scrittura è troppo rotondeggiante;
  2. Le lettere che lo compongono non rispecchiano lo stile di Leonardo;
  3. La distanza degli spazi e dei caratteri non è simile allo stile di Leonardo.

Dopo una serie di analisi e di valutazioni e avendo consultato alcuni grafologi, si è arrivati all'attribuzione dello scritto ad un poeta della corte di Ludovico il Moro e, molto probabilmente, venne scritto solo dopo la partenza di Leonardo da Vinci da Milano per dirigersi prima a Mantova alla corte dei Gonzaga e successivamente a Venezia. 
 

Fig.2: Ritratto di Lucrezia Crivelli, 1495/97 – att. a Leonardo da A. Venturi
(Catalogue Exhibition Speyer, The Speyer Lady, Nathalie Guttmann, 1997) 


Presenta fisionomia molto diversa sia nel tratto che nella profondità cromatica dalla Belle Ferronnière. La differenza di età tra i due ritratti è notevole (questo ritratto rappresenta una donna più matura e comunque di età indicativa tra i 30 e i 38 anni).

 

I misteri dell'attribuzione del ritratto
La sua esposizione presso l’Historisches Museum, non lascia certo indifferenti gli studiosi di Leonardo che, attraverso fotografie e studi sul dipinto, formulano alcune teorie interessanti: tra queste possiamo citare. 



Adolfo Venturi

Grande conoscitore dell'arte è stato il fondatore e direttore della rivista L'Arte, successa all'Archivio storico dell'arte rivista che Venturi diresse, dal 1888 al 1898, con Domenico Gnoli. 

Fu socio corrispondente dell'Reale Accademia di Scienze Lettere e Arti di Modena; socio corrispondente dell'Accademia delle Scienze di Torino; membro della Società romana di storia patria; socio corrispondente dell'Accademia dei Lincei; socio nazionale; socio corrispondente dell'Accademia Pontaniana di Napoli. 

Nel 1924 fu nominato Senatore del Regno.

fonte: centro archivistico della scuola normale superiore.

Che attribuisce senza ombra di dubbio l'opera a Leonardo da Vinci.

1868

Anna Brownell Jameson in “Lionardo da Vinci”, vi riconosce Lucrezia Crivelli, ben prima del citato Scheffer.  


1898

Di diverso avviso sono Adolf Rosenberg, tedesco critico teatrale e storico dell'arte. Rosenberg è nato come figlio di un mercante prussiano a Bydgoszcz e ha frequentato la scuola secondaria a Berlino e Colonia. Ha studiato classici e archeologia all'Università di Berlino. Dopo aver completato il suo dottorato sulle Furie, intraprese viaggi di studio in posti in Germania, Austria, Italia, Francia, Belgio e Paesi Bassi. Divenne uno scrittore prolifico per le arti ed è meglio conosciuto per le sue biografie illustrate e cataloghi su Rubens, Rembrandt e altri artisti.

Attribuzione: non si tratterebbe della Crivelli.


1967

Angela Ottino Della Chiesa nel suo “The Complete Paintings of Leonardo da Vinci”,, e autrice di 130 opere in 664 pubblicazioni in 4 lingue e 5.176 collezioni di biblioteche.

Attribuzione: vi riconosce Lucrezia Crivelli.


Martin Kemp

Attribuzione: Lucrezia Crivelli dipinta da Leonardo nel 1497.


1995

Presso l’Historisches Museum di Speyer, in Germania, Museo detto "Palatinato" costruito dall'architetto Gabriel von Seidl (1848-1913), l'edificio fu inaugurato e ampliato nel 1990 da un'estensione. Proprio in queste sale viene esposto per la prima volta il ritratto della Crivelli, di proprietà dei discendenti diretta della famiglia Crivelli che lo indicano come originale conservato e tramandato nei secoli presso le residenze della famiglia.  



2) Cecilia Gallerani


Nel 1492 Cecilia ha  19 anni si è trasferita con al sua famiglia a Milano. Di lei sappiamo che fu contessa e amante di Ludovico il Moro, al quale diede un figlio di nome Cesare. E' quasi certo che Leonardo conoscesse Cecilia Gallerani, conosciuta proprio alla corte del Duca di Milano. Ritratta magari in un'età più avanzata rispetto alle fattezze giovanili del ritratto di Cracovia. 


Potrebbe trattarsi davvero di Cecilia Gallerani? 

Si presume che vi sia un secondo ritratto che Leonardo avrebbe eseguito e datato 1499. Gli studiosi affermano che che bisogna fare riferimento allo scambio epistolare tra Isabella d'Este e la Gallerani.


26 aprile 1498 lettera a Isabella d'Este

Cecilia Gallerani scrive  a Isabella d'Este ringraziandola della sua amicizia e descrivendo i momenti cupi e le sommosse milanesi, augurandosi di incontrarla da lì a breve. Parla anche di un ritratto che a lei piace molto, ritratto eseguito intorno al 1490 a Milano che ritrae la sua figura di donna.


29 aprile 1498 lettera alla Gallerani

Isabella d'Este tranquillizza la Gallerani e scrive di "quel ritratto" che la stessa Isabella d'Este avrebbe visto a Milano, l'anno precedente al 1490, ritratto che sarebbe della stessa Cecilia Gallerani, eseguito direttamente da Leonardo qualche anno prima (Cecilia era solo una ragazzina). Isabella parla dell'importanza di rivedere quel ritratto in quanto rimase assai colpita dalla sua lucentezza e dal tratto femmineo cosi ben definito. In questo caso  si parlerebbe di due ritratti: uno del 1490 e l'altro di qualche anno prima. In realtà si pensa ad una confusione di date proprio di Isabella piuttosto che di una copia prodotta da Leonardo da Vinci. Non vi sono a questo punto dati attendibili che possano identificare con assoluta certezza che si tratti di un ritratto della Gallerani.




3) Beatrice d'Este


Figlia preferita di Ercole I d'Este e di Eleonora d'Aragona e sorella minore di Isabella d'Este e Alfonso d'Este. Nel 1491 divenne, duchessa di Milano nel 1494 e moglie di Ludovico Sforza. Beatrice essendo la sorella minore di Isabella d'Este, era solita frequentare la corte di palazzo e partecipare alle numerose cerimonie e feste organizzate dal duca; spesso aveva il compito di occuparsi di prendere contatti con artisti e poeti e organizzare, insieme alla sorella, le feste all'interno del Castello Sforzesco.



4) Isabella d'Este


Isabella d'Este (Ferrara, 17 maggio 1474 – Mantova, 13 febbraio 1539) fu una delle donne più autorevoli del Rinascimento e del mondo culturale italiano del suo tempo. Fu mecenate delle arti, nonché leader della moda, il cui innovativo stile di vestire venne copiato da donne in tutta Italia e alla corte francese. Isabella d'Este aveva una forte ammirazione nei confronti di Leonardo del quale appoggiava ogni iniziativa e, in talune circostanze, entrava in attrito col marito Ludovico il Moro, in quanto chiedeva per Leonardo più spazio all'interno della corte. 



5) Elisabetta Gonzaga


Duchessa di Urbino (Mantova, 9 febbraio 1471 – Ferrara, 28 gennaio 1526),  sorella di Francesco II Gonzaga, è stata una  donna acculturata e amante delle arti musicali e pittoriche, fu la figlia di  Federico I Gonzaga, marchese di Mantova, e di Margherita di Baviera. Conobbe Leonardo durante i suoi brevi viaggi a Milano ed ebbe modo, ma questa notizia non è confermata, di vedere Leonardo al lavoro presso il refettorio della chiesa di Santa Maria delle Grazie intento a dipingere quello che verrà considerato il suo grande fallimento pittorico: il cenacolo  o l'ultima cena. Sembrerebbe che la stessa Elisabetta abbia chiesto di accedere al refettorio proprio a Isabella d'Este e che le stesse siano andate a visionarlo in assenza di Leonardo che, geloso del suo lavoro, per un certo periodo abbia vietato l'accesso anche ai Duchi milanesi chiedendo ai monaci di appoggiarlo in questa scelta; il loro appoggio durò poche settimane.


Una identificazione “quasi” univoca: il rosso si addice alle amanti del Moro


Non si sa né quando né come il ritratto sia stato acquistato da Francesco I di Francia. 


1642 

Padre Dan, il superiore del convento trinitario che St. Louis ha fondato nel 1259 nel suo castello di Fontainebleau in “Trésor des Merveilles de Fontainebleau”, si riferisce alla modella del ritratto come a una “Duchessa di Mantova”. Gli studi e i giudizi successivi hanno confermato trattarsi di ritratto milanese. 

 

La caduta di Ludovico il Moro Duca di Milano

Dopo la caduta di Ludovico il Moro da parte dei francesi supportati dai cittadini milanesi, Moro, vi fu un vero e proprio fuggi-fuggi generale da parte di molti della borghesia cittadina che appoggiavano in precedenza il Duca. Tra queste vi erano sicuramente Cecilia Gallerani e Lucrezia Crivelli, che da sempre fecero parte della corte di Ludovico. Non sapendo più dove fuggire,  al pari di altre famiglie di nobili milanesi, fu proprio Isabella d'Este signora di Mantova ad offrire loro ospitalità presso la corte dei Gonzaga.

Le teorie che ci rimandano  questo periodo sono almeno due:


1^ ipotesi:

Che durante la fuga da Milano, abbia trovato ospitalità preso i Gonzaga di Mantova e più precisamente su accettazione di Isabella d'Este con la quale da tempo manteneva un rapporto epistolare. E' probabile che Cecilia Gallerani abbia portato con se tra le sue poche cose, il ritratto che proprio Leonardo da Vinci gli aveva fatto. Sembrerebbe che negli anni successivi quello stesso ritratto sia stato chiamato “Ritratto di una Duchessa di Mantova” in quanto fu ceduto proprio dalla Gallerani ad alcuni mercanti che furono convinti ad acquistarlo scambiandolo per un ritratto di una delle duchesse facenti parte la corte dei Gonzaga.


2^ ipotesi:

E' probabile che Leonardo, lasciato Milano dopo la fuga di Ludovico il Moro verso la Germania,  si diresse verso Venezia e, invitato dai Gonzaga decise di fare una tappa intermedia a Mantova. Proprio quando si trovava ospite nel 1499 presso Isabella d'Este, abbia deciso di ritrarla stessa Isabella d'Este.  Isabella d'Este, donna intelligente e stimata, sapeva perfettamente che Cecilia e Lucrezia erano state in passato entrambe amanti del duca di Milano, Ludovico il Moro. 


Quale teoria è la più convincente?


Ogni teoria ha la sua logica in quanto è stata prodotta tenendo conto dei dati cronologici, delle frequentazioni di Leonardo e delle sue conoscenze, delle possibili dinamiche sviluppatesi in quel preciso periodo storico, ma la certezza assoluta che si tratti di una donna piuttosto che un altra, diventa davvero complicato.

Perché si chiama la Belle ferronnìere?

E' la denominazione con cui il dipinto è universalmente noto e cioè "la belle épouse du vieux marchand de fers "( la bella moglie di un mercante di ferrivecchi), ma anche  "la belle épouse du marchand de matériel" ( la bella sposa del mercante di ferramenta).

Questa descrizione è  dovuta a un errore di catalogazione del tardo XVIII secolo: "Ferronnière" si riferisce infatti al nastro o catenella con gioiello che le cinge la fronte, ornamento tipico dell'epoca  che prese il nome da Madame Ferron, donna dotata di grande fascino che per anni fu legata come amante di Francesco I , diventato re di Francia dal 1515 alla sua morte. Francesco I era il figlio prediletto di Carlo di Valois-Angoulême (1459 - 1º gennaio 1496)  e di Luisa di Savoia (11 settembre 1476 - 22 settembre 1531) e fu il primo della dinastia regale dei Valois-Angoulême, che si estinguerà con la morte del nipote Enrico III, avvenuta nel 1589.
Secondo studi accreditati però, sembrerebbe che Madame Ferron nulla abbia a che vedere con l'identificazione del quadro ne tanto meno, con il riferimento al suo cognome.

 

Descrizione generale

Nel ritratto si nota una donna in età giovanile posta non frontalmente allo spettatore, ma di lato a mezzo busto creando quella che si chiama "doppia torsione". La doppia torsione avviene quando l'immagine non è dipinta sullo stesso asse perpendicolare ma il busto e il viso assumono posizioni diverse, cosi come lo sguardo, che a differenza del corpo, punta dritto nello sguardo di chi osserva. Sembra essere illuminata frontalmente lasciando sullo sfondo il buio totale che non fa scorgere nessun dettaglio, quasi a far concentrare chi guarda esclusivamente sulla sua figura.  

Davanti alla dama è disegnato un muretto o forse un più probabile piccolo parapetto dove la dama sembra accostarsi senza poggiarsi. 

 

2015, il parapetto: una rottura  degli schemi pittorici?

Il dettaglio in primo piano del parapetto ove sembra accingersi la dama dipinta da Leonardo è sempre stato "un dettaglio misterioso" per gli studiosi dell'opera, in quanto sembra essere del tutto diverso, nei particolari descrittivi che addirittura nell'impostazione, dal contesto del quadro stesso. In effetti osservandolo si nota una striscia di colore orizzontale, poco particolareggiata e disegnata in modo quasi elementare, addirittura attribuibile ai suoi allievi di bottega incaricati di lavorare alla rifinitura. 

Possibile che sia andata davvero cosi?

Esiste una "luce diversa" sotto la quale si deve analizzare l'opera e cioè quella di una visione di Leonardo di "rottura" con il ritratto stesso, di un disegno del parapetto che nulla a che vedere con il ritratto stesso, messo li di fronte allo spettatore che sembra "privato" del dettaglio a fronte di uno spazio cromatico orizzontale che sembra quasi "tagliare" e rompere con il contesto stesso che rappresenta armonia e mistero. Leonardo ha voluto stupire?

 

2015, maggio - il parapetto è un incompiuto

Il museo dell'Louvre decide di pubblicare i risultati effettuati presso  il politecnico di Parigi circa l'esame del parapetto presente sull'opera risultati degli esami svolti hanno evidenziato che il parapetto non è stato finito, in quanto risultano mancanti quelli che si considerano i "processi Leonardiani". 

In particolare l'esame del parapetto fa emergere che non sia stata usata nessuna tecnica per lo studio delle profondità e della tridimensionalità, e questo produce la mancanza di zone d'ombra, confermando però che l'opera sia stata effettivamente eseguita da Leonardo e non dai suoi allievi di bottega.

A questa conclusione quindi si aggiunge la domanda: Leonardo ha volutamente creare l'imperfezione? Come ben sappiamo Leonardo analizzava con studi prospettici ogni suo disegno e che mai avrebbe deciso di percorrere una linearità nel disegno e tanto meno nella pittura che non fosse stata in grado di creare suggestione, cosa che in questo caso non è avvenuta. Probabilmente Leonardo non ha volutamente cercato "la perfezione" nel parapetto, ma ha voluto crearla dolo nel dipinto del ritratto.


Il piccolo gioiello sulla fronte

Analizzando l'opera si può notare che la donna ritratta  indossa sulla fronte  una cordina composta da filamenti di metallo o cuoio  formando una fine catena con maglie sottili - o un filo tessile - con al centro un piccolo gioiello chiamato "Gerla". Questo piccolo gioiello all'epoca rinascimentale, oltre che ad avere il compito di identificare il livello nobile e la provenienza da una famiglia benestante, aveva anche un più mero utilizzo, cioè quello di mantenere l'acconciatura in posizione evitando che i capelli potessero muoversi con il vento. Normalmente  la Gerla era composta da un singola gemma, spesso un rubino, lavorata finemente e posta al centro della fronte. 

Il volto

E' disegnato in modo intenso e profondo, dove il suo sguardo sembra fissare l'osservatore senza far tradire nessuna emozione.  La dama ricerca gli occhi di chi la osserva e lo fa silenziosamente ma in modo quasi instancabile. 

Si può notare nell'opera che fissando intensamente  lo sguardo della dama si ha come l'impressione che accenni ad un sorriso, sorriso che si fa sempre più marcato più lo sguardo  rimane fisso nei suoi occhi. Il suo sguardo fisso e algido, sembra scrutare lo sguardo cdi chi la osserva, quasi a sfidarlo nel mantenere lo sguardo senza tradire nessuna forma di emozione. I suoi occhi sembrano scrutarci dentro l'anima e più la osserviamo più la sua immobilità corporea diventa una forma quasi statuaria che lascia cadere l'importanza del corpo, facendoci concentrare solo su quei straordinari occhi marrone chiaro.
In quest'opera Leonardo usa la tecnica dello sfumato cosi come con la Gioconda e  la relazione tra questi due dipinti è davvero sorprendente.

Con una felice definizione Carlo Pedretti  (Il ritratto, Giunti, Firenze, 1998, p.32), nel sottolinearne lo straordinario valore, definisce l’opera “ingannevolmente arcaica”, soffermandosi su fondamentali aspetti del ritratto in Leonardo quali i “moti mentali” e la rappresentazione dell’occhio come “finestra dell’anima”.

La Belle Ferronnière  può essere vista come proiezione (incarnazione) di pur diversi ma complementari caratteri di donne, portatrici delle miserie e delle grandezze di archetipi quali Anna Karenina o Madame Bovary... Figure obsolescenti, capaci di evocare alla riflessione contemporanea inquietanti pensieri sul loro destino, sull’amore e sul potere.

Nella profondità del contrasto alchemico rosso/nero la statuaria figura femminile pare quasi emergere dal buio. Un’ombra infuocata (poi attenuata dal restauro) le segnava la guancia, in passato interpretata come il riflesso dell’abito, in seguito, da alcuni critici decifrata come originale elemento caratterizzante personalità e storia della donna nel contesto dell’opera. 


L'abito indossato

La dama  indossa un prezioso abito rosso che fa emergere in bella vista un giovane décolleté finemente ricamato nei più piccoli dettagli. E' portato con sobria eleganza a contatto con la pelle, portato normalmente piuttosto lungo era composto da tessuti assai pregiati per l'epoca e in questo ritratto si riconosce la trama del tessuto che è molto simile ai tessuti del nord Europa, probabilmente tessuti di Reims, di Cambrai, tessuto di bisso di puro lino, molto leggero e fresco, costituito da una  trama leggermente rada. 

Nell'antichità il tessuto di bisso oltre che dal cotone veniva estratto dai filamenti di un mollusco e veniva fatto essiccare e lavorato con delicatezza a creare trame e intrecci per abiti di personalità importanti già dai  babilonesi fino a giungere alla larga diffusione all'epoca dell'impero romano.   

Nel Rinascimento era spesso utilizzato come tessuto di ricamo per far emergere le trasparenze e le forme femminili che creavano particolari giochi, detti "sbuffi" della camicia che emergeva sulle spalle dei corpetti. 


La donna del dipinto, vista la preziosa stoffa arricciata sulle spalle, indossa una  “Camisia una tele cambraie cum manicis latis usque ad terramI” cioè una camicia di tela di Cambrai con grandi maniche lunghe ovvero una camicia confezionata con un tessuto molto fine, trasparente e leggero di mano morbida, realizzato in puro lino a filati sottili.


L’abito indossato

Unitamente a un precedente collier, appare uno dei pochi elementi a cui sono state apportate piccole varianti rispetto al disegno originario che appare in riflettografia. I motivi delle variazioni sull'abito potrebbero essere dovuti a una decisione del Pittore o a una scelta della committenza in corso d’opera, ma in base alla ricostruzione suggerita nel corso di questa esposizione, potrebbero essere dovuti una temporanea sospensione del lavoro, con successiva ripresa dello stesso in un periodo successivo (al riguardo si rinvia alla parte “Una identificazione “quasi” univoca...”, nella quale la variante sull'abito viene riferita a risvolti biografici delle due probabili modelle)

Va comunque considerato chele variazioni apportate all'abito non assumono per questo ritratto un significato rilevante come nel caso della Gioconda, ove Pascal Cotte nel 2015 ha comunicato di aver scoperto l’esistenza del ritratto sottostante di una donna dipinta in precedenza. In tal caso infatti la questione comporta conseguenze cruciali, poiché nella Gioconda – stando alle conclusioni di Cotte - non cambia solo l’abito (pur permanendo i vinci sforzeschi anche sulla scollatura della prima versione sottostante), ma – soprattutto - è la fisionomia della modella che risulta essere stata trasformata fino a renderla irriconoscibile. La belle ferronnière per parte sua invece conserva i tratti del volto che vediamo in ogni fase di lavorazione del quadro e le modifiche apportate all'abito sono alquanto parziali.

Basti notare che - diversamente dai ricami sullo scollo della Gioconda, identificati come vinci sforzeschi - nel caso del Ritratto di dama in questione i motivi ricamati sulla scollatura non hanno nulla a che vedere con le decorazioni in voga presso la corte di Milano né con gli emblemi sforzeschi, ma sono individuabili come ricorrenti nelle mode adottate nelle varie corti della penisola. Cosicché non è dato circoscrivere ad una specifica corte quel prezioso ricamo “generico”, che intreccia motivi geometrici e arabeschi vegetali, stante il suo carattere puramente ornamentale. Tuttavia i nastri annodati riconducono alla moda milanese imposta da Beatrice d’Este. 

Così pure il coazzone, di uso tradizionale (come comprova la Madonna del coazzone di Pietro Antonio Solari, del 1479) era molto in voga a corte dopo l’arrivo di Beatrice, ma di per sé non costituisce indizio certo, poiché risulta che già verso il 1494 l’uso si era esteso alle nobildonne di varie corti della penisola.



Il collo 

Si nota una collana beige e blu, composta da piccoli cilindri in onice o avorio, dove all'interno scorreva il filo che la inanellava. Il collo viene avvolto per tre volte dalla collana per poi farla cadere a goccia sul décolleté dove al vertice viene fissato con un  nodo leggero un tessuto ricamato lungo sino al ventre. 


Bibliografia

- "Léonard de Vinci: restaurer une œuvre unique", entretien avec Sébastien Allard et Vincent Delieuvin dans Grande Galerie, le journal du Louvre no 2, juin-août 2015, p. 68-73.

- Vincent Delieuvin, "Les secrets de la Belle Ferronnière", dans Grande Galerie, le journal du Louvre no 2, juin-août 2015, p. 74-75.



 

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