08/09/2009

iL CARNIERE - THE GAME BAG . ITA/1996 (parte 4)

Gian Luigi Rondi

Il Tempo

Il cinema italiano e la guerra nella ex Iugoslavia. È il primo caso: lo affronta Maurizio Zaccaro, allievo di Olmi, collaboratore di Pupi Avati, sostenuto da un testo cui, insieme con lui, hanno posto mano Marco Bechis, Gigi Riva, Umberto Contarello e Laura Fremdor. Un testo che all’inizio, con abile senso dello spettacolo, sembra proporre solo una partita di caccia organizzata da un gruppo di italiani in una zona boscosa che potrebbe essere la Bosnia. Presto, però, con dei contrattempi: la guida che doveva attenderli non si fa trovare, una sua figlia che si è incaricata di sostituirla è ansiosa e piena di paure; fino a dei colpi di fucile che feriscono uno del gruppo, con una rapida corsa alla volta della città più vicina dove, di colpo, le atmosfere cambiano: folla negli ospedali, si spara dai tetti, carri armati nelle strade, militari di cui non si capiscono le intenzioni, in un disordine, anzi, in un caos sempre crescente. La guerra civile. E in mezzo quegli italiani che non si raccapezzano più, ignari di chi siano gli amici ed i nemici; con quella iugoslava al fianco, anche lei poco chiara non solo nelle intenzioni ma nei sentimenti politici che la guidano e, ormai, con un solo desiderio, quello di scappare da quell’inferno e di portare a casa la pelle. Prima che ci riescano, però, Zaccaro contempla insieme con loro, e da vicino, quella bolgia: seguendo sì i casi dei tre mancati cacciatori e di un giornalista italiano incontrato per caso, ma analizzando – quasi come un documento – tutto quanto si sta verificando attorno; i cecchini, lo stupore di chi non capisce cosa stia succedendo, l’incertezza, sofferta da tutti, sulle parti politiche ed etniche in lotta. Fino ad arrivare ad un ritratto corale di una guerra che ancora non è una guerra in cui gli amici e i nemici si confondono e in cui, a farsi sempre più in primo piano, dopo lo sgomento iniziale, è la paura; anticamera di quegli orrori cui il film accenna soltanto ma che dopo, lo sappiamo tutti, non dovevano tardare ad esplodere. Una rappresentazione secca e risentita (cui nuocciono soltanto, da un punto di vista narrativo, un prologo ed un epilogo di sapore troppo scopertamente letterario), delle immagini torve e bluastre – di Blasco Giurato – tenute rigorosamente nelle cifre più realistiche, con la possibilità di emozionare senza cedere né alla retorica né alla documentazione distante è distaccata. Altrettanto felici gli interpreti, soprattutto Massimo Ghini e Antonio Catania, con tensioni e risentimenti vividi ma dosati. La iugoslava che li accompagna è l’attrice bulgara Paraskeva Djukelova. Il giornalista è Leo Gullotta: con il suo severo impegno, riscatta un po’ il facile espediente del prologo e dell’epilogo.

66ma MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA - "IL PICCOLO" - GIOVEDI' 10 SETTEMBRE, ORE 11.00. SALA GRANDE

 

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”IL PICCOLO” 
Regista Maurizio Zaccaro. Documentario di 78 minuti. Produzione Casanova Entertainment in collaborazione con Rai Cinema. Anno 2009. Distribuzione internazionale Rai Trade.

RICORDANDO TULLIO

«Che cosa possiamo fare noi gente di teatro? Alla mortificazione di non poter opporre, in momenti simili, un qualsiasi gesto utile, di fronte alla dolorosa impotenza del teatro, o più ampiamente dell’arte, di fronte alla violenza e alla follia, l’artista può solo sforzarsi di continuare a fare bene il proprio lavoro». Questa riflessione di Strehler, scritta in occasione della strage di Piazza Fontana ha dato il via all’idea di questo film sul Piccolo Teatro di Milano la cui storia si completa con le vicende della città che lo ospita. Tutto ha inizio con la ristrutturazione del teatro di via Rovello. Un cantiere multietnico. Un’atmosfera da set di Tarkovskji. Nella vecchia sala aleggiano i fantasmi. E se fosse un racconto gotico? Si dice sempre che il teatro è pieno di ectoplasmi, ma lì, tra i buchi di Fontana, sono visibili e ci portano memorie straordinarie. Un refolo d’aria scuote il cellophane sul palco, un raggio di sole sembra renderlo incandescente. Sta di fatto che su quel telo, affiorano strane ombre in movimento. E’ Marcello Moretti quell’Arlecchino? E quello con la bicicletta non è forse l’acquaiolo del Sezuan? E gli altri alle sue spalle, chi sono? Il cellophane non ci permette di capire, ma le ombre si muovono, danzano, recitano, volano perfino…E’ l’inizio di una magia, di uno svelarsi del mistero teatrale che ci porterà avanti e indietro nel tempo.

 

Con: Giuseppe Battiston, Franco Branciaroli, Leo Gullotta, Toni Servillo, Dario Fo, Franco Graziosi, Andrea Jonasson, Tullio Kezich, Giulia Lazzarini, Mariangela Melato, Luca Ronconi, Paolo Rossi, Serena Sinigaglia, Ferruccio Soleri. Voci narranti: Adriano Giannini, Aurora Cancian e Giovanni Testori.

 

Saranno presenti in sala:

Valentina Cortese, Andrea Jonasson, Ferruccio Soleri, Paolo Rossi, Toni Servillo, Giuseppe Battiston, Sergio Escobar, Maurizio Scaparro, tutti i collaboratori del piccolo Teatro città di Milano - Teatro d'Europa e una delegazione di studenti della "Scuola del Piccolo"


 

 

06/09/2009

IL CARNIERE - THE GAME BAG . ITA/1996 (parte 3)

 

Roberto Rombi

La Repubblica

Le città devastate, i cecchini, le popolazioni in fuga, le distruzioni incomprensibili. Sono le immagini che, attraverso la televisione, ci hanno accompagnato nella prima metà di questo decennio. E dopodomani esce nelle sale il primo film italiano ambientato nella ex Jugoslavia, Il carniere, che prodotto da Giovanni Di Clemente, è diretto da Maurizio Zaccaro. Il film nasce da un fatto di cronaca, l' episodio di tre cacciatori italiani sorpresi dalla guerra all' inizio del conflitto. Da un soggetto di Gigi Riva e Marco Bechis si sviluppa la sceneggiatura alla quale partecipano Umberto Contarello e Maurizio Zaccaro. "Italiani e europei non avevano capito il senso della tragedia che stava per sconvolgere intere popolazioni" spiega il regista "ma la cosa tremenda di questa guerra è che le stesse vittime non riuscivano a trovarne le ragioni, a definirne i contorni. All' inizio c' erano spari ma non c' erano eserciti". I tre cacciatori italiani sono presto coinvolti nel dramma che ha sconvolto i Balcani. Cercano l' uomo che aveva l' incarico di far loro da guida nella partita di caccia ma non riescono a trovarlo. Sarà la figlia della guida a accompagnarli in un viaggio che della vacanza perde presto tutte le attrattive. Allegri, un po' cialtroni, non si accorgono subito della reticenza che li circonda né dell' aria di minaccia che si fa sempre più pesante. Quando uno di loro viene ferito a una gamba vengono scaraventati in una realtà impensabile: una città martoriata dove per loro l' unico rifugio è un albergo affollato di profughi e bersagliato dai cecchini. Massimo Ghini, Antonio Catania e Roberto Zibetti sono gli interpreti insieme all' attrice bulgara Paraskeva Djukelova (gran parte delle riprese sono state realizzate in Bulgaria). Leo Gullotta ha il ruolo di un giornalista sportivo intrappolato dagli avvenimenti nella città dove aveva seguito una squadra di atleti. E' lui a ricordare la vicenda.

Una voce fuori campo tiene le fila del succedersi dei fatti che avvengono intorno agli italiani. "Ho scelto volutamente di allontanarmi da un punto di vista oggettivo, diverso dalla cronaca televisiva o dalla ricostruzione storica" dice Maurizio Zaccaro "Era necessario per rendere il senso di indefinibilità, di mancanza di comprensione riguardo a quello che stava succedendo. La voce fuori campo è una specie di filtro, serve a prendere le distanze dagli eventi sia in senso temporale che come punto di vista". Il personaggio interpretato da Leo Gullotta, il giornalista, "è capitato lì per caso come i tre cacciatori, ma rispetto a loro ha più coscienza dei fatti. Tutto si svolge però in un arco temporale molto stretto, quasi in tempo reale. La cosa difficile da immaginarsi è la velocità e la facilità con cui il dramma precipitava. Un incalzare di situazioni terribili che non dà il tempo ai protagonisti di ragionare, di tentare un' analisi". Intrecciarsi di etnie, antichi rancori mai dimenticati, contrasti culturali e religiosi accumulati nei secoli. "Soprattutto all' inizio il senso della guerra nella ex Jugoslavia non lo si è mai capito fino in fondo". E per questo Zaccaro situa la vicenda di Il carniere in un anno indefinito, forse il 1991, in una zona non specificata, contesa da serbi e croati, e la osserva con gli occhi di chi ci è capitato per caso.

 

IL CARNIERE - THE GAME BAG . ITA/1996 (parte 2)

Lietta Tornabuoni

La Stampa

Una delle guerre contemporanee limitate, feroci, caotiche, incomprensibili, capaci di riportare l'uomo a una condizione arcaica, è raccontata molto bene da Maurizio Zaccaro ne Il carniere, attraverso la storia di tre cacciatori italiani riferita dal giornalista sportivo Leo Gullotta casualmente presente. Nell'autunno 1991 gli amici Massimo Ghini, Antonio Catania, Roberto Zibetti (fratello di Ghini) vanno come altre volte in Bosnia a sparare ai cervi, e si ritrovano nella guerra. Chi era andato per uccidere rischia d'essere ucciso, chi voleva cacciare animali vede la caccia all'uomo, chi portava il carniere conosce il carnaio, chi era arrivato da turista benestante sperimenta il destino dei profughi senza casa, senza cibo, senza illuminazione né riscaldamento, senza notizie, senza possibilità di capire cosa accada né come finirà. Riusciranno a fuggire, a tornare in Italia: con una consapevolezza nuova della precarietà attuale, della perenne minaccia, della fragilità del loro benessere di privilegiati. Apparizioni eloquenti: i cartelli stradali, le frecce direzionali, le indicazioni per i viaggiatori sono simbolicamente scomparsi, annullati da pennellate bianche; dall'alto, metodicamente, con esattezza e calma, un cecchino spara uccidendo persone a caso, approfittando della guerra per esercitarsi nel tiro, sua specialità olimpionica; la grande bellezza intatta dei paesaggi e dei boschi nasconde insidie, morte. È molto ben narrata la gradualità con cui i cacciatori italiani s'accorgono dell'assedio bellico, la loro incredulità nel constatare che le armi consuete (razionalità, soldi, cultura) non servono a nulla, la loro confusione moltiplicata dall'ignoranza della lingua, eppure la naturalezza con cui, come guidati da una memoria genetica, s'adattano ai disagi, al sonno irrequieto dei fuggiaschi, alla promiscuità, alle cure mediche primitive. Con la fotografia bella di Blasco Giurato, la disavventura diventa una intensa metafora morale: su un tema cruciale del presente Zaccaro ha fatto un film riuscito, serio, senza indulgenze alla facilità ma appassionante, intelligente. E gli attori l'hanno recitato bene: Massimo Ghini in particolare dà una delle sue interpretazioni migliori, efficace, misurata, interiore.

IL CARNIERE - THE GAME BAG . ITA/1996 (parte 1)

 

Tullio Kezich

Il Corriere della Sera

A proposito di Il carniere di Maurizio Zaccaro sarei tentato di definirlo un film kafkiano, ma mi trattengo per due buoni motivi: il primo è che l’aggettivo è tanto logoro da svilire una grande esperienza culturale al livello del supermarket; il secondo è che i fatti evocati sullo schermo non sono letteratura, sono ahimè veri o per lo meno terribilmente verosimili. Tre italiani vanno a caccia nella ex Jugoslavia del 93 e la guerra civile gli scoppia tra i piedi, trasformandoli in ostaggi della follia. La metafora della caccia applicata a una situazione di violenza non è nuova, basti ricordare due classici:
A caça (1963) del portoghese Manoel de Oliveira e La caccia (1966) dello spagnolo Carlos Saura. Qui l’impegno dei cinque sceneggiatori che firmano il copione (ma fra loro i soggettisti sono due soltanto, Marco Bechis e Gigi Riva) è stato soprattutto quello di graduare il passaggio dalla normalità all’inferno.
C’è una cornice, forse superflua per quanto affidata a un attore sempre significativo, in cui il giornalista Leo Gullotta racconta come una cronaca di basket gli si trasformò fra le mani nella cronaca di un massacro. Lo steward Massimo Ghini, suo fratello Roberto Zibetti e il pilota Antonio Catania arrivando in macchina nei pressi della riserva Iskar non badano a certi segni premonitori di guai, come le indicazioni stradali cancellate. Hanno avvertito qualche tensione nel paese, ma si dicono: «Se usiamo la testa, non ci succede niente». E invece non trovano il guardacaccia che hanno prenotato (sapremo poi che milita nella guerriglia), solo sua figlia Paraskeva Djukelova accetta controvoglia di accompagnarli. Sennonché sul luogo dell’appostamento cominciano a fischiare pallottole e il pilota se ne becca una nella gamba. Fuga verso una città che assomiglia alla tormentata Sarajevo vista tante volte alla tv, ricovero in un albergo-torre bersagliatissimo dai cecchini e trasformato in un girone infernale superaffollato per invasione di profughi.
Molto fedelmente ricostruita in Bulgaria (scenografia di Paola Comencini, costumi di Laura Costantini), la situazione spietata-mente evidenziata nell’inquietante e magistrale fotografia di Blasco Giurato (andrebbe ricordato nella stagione dei premi) oscilla fra l’iperrealismo e la metafora. Si scopre poco a poco che la ragazza Paraskeva (intensa attrice bulgara, che in teatro ha brillato in
Kätchen von Heilbronn di Kleist e qui recita in italiano) appartiene in realtà all’etica degli assedianti, quindi si trova in particolare stato di pericolo, e lo sviluppo del suo dramma personale inserito nell’affresco catastrofico porta a uno sbocco da tragedia greca. I tre nostri connazionali (perfetti Ghini, Catania e Zibetti per credibilità, ingenuità e pragmatiche capacità di recupero) sono spettatori sbalorditi e incolpevoli che in ogni momento potrebbero trasformarsi in vittime. La musica di Pino Donaggio rinforza il succedersi dei momenti di suspense, forse con un tantino di invadenza.
Proprio la musica dà la misura di un eccesso nel registro melodrammatico che qua e là rischia di contraddire l’assunto rigoroso. Se l’ottimo Zaccaro si fosse ispirato a
Paisà più che ai modelli americani, avrebbe realizzato un film memorabile; ma Il carniere resta ugualmente uno spettacolo suggestivo e forte, la conferma di un giovane talento della scuola olmiana dal quale ormai ci possiamo aspettare il meglio.

02/09/2009

THE FORGETTER, directed by Maurizio Zaccaro

 

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At the end of the WWI, an asylum patient claims to be a war veteran who has forgotten everything, including his name. The man’s photo is published in national papers, and the public follows the case closely, rejoicing when Giulia Cannella makes positive identification of her beloved husband Giulio. But then Rosa Bruneri identifies the man as her husband Mario. The Italian Supreme Court rules that the man is Mario Bruneri, though this decision does not keep him from spending the rest of his life as Giulio Cannella, living alongside Giulia and the couple’s three children in Brazil.
ENGLISH TRAILER ALL'INDIRIZZO: http://www.raitrade.it/presentSectionFile.do?sectionFile=1371&language=it

30/08/2009

UN FILM SUL PICCOLO A DIFESA DI TUTTO IL TEATRO ITALIANO

 

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LE RAGAZZE DELLO SWING

I misteri del Trio Lescano Thriller sulle cantanti «spie»

Perseguitate dal fascismo, poi il carcere e l' oblio Swing «Le ragazze dello swing» sarà diretto da Maurizio Zaccaro. «Con le canzonette ci sarà anche la storia segreta delle protagoniste che facevano paura al regime» Ciak In autunno le prime riprese della miniserie su Sandra, Giuditta e Ketty Leschan, ebree olandesi che trovarono la fama in Italia

 

MILANO - Basta accennare «Maramao perché sei morto»? o «Tuli Tuli, Tuli-pan», che viene subito evocata un' epoca. Sono i biglietti da visita dell' Italia di regime dal 1935 al ' 45 con quelle tre sorelline intonate che venivano dall' Olanda, ebree da parte di madre: erano Sandra, Giuditta, Ketty Leschan; Trio Vocale sorelle Lescano, la garanzia della tragica superficialità d' epoca, del delirio futurista (oggi infatti le reincarnano tre drag queen, Le sorelle Marinetti) quando si cantava «Ma le gambe» e «Il pinguino innamorato».

Ed ecco «Le ragazze dello swing», nuova fiction di Maurizio Zaccaro sul set in autunno: accanto alle canzonette ci sarà la storia segreta di queste tre ragazze adorate dal pubblico, tollerate dal regime, infine per le leggi razziali castigate, anche se un documento ora scoperto in una casa d' aste proverebbe che il duce, ammiratore, abbia concesso loro la cittadinanza italiana d' accordo col re.

Nel 1943, con l' accusa di spionaggio, le sorelle vennero arrestate e condotte a Genova, nel carcere Marassi dove, per la loro conoscenza del tedesco, furono costrette a fare da interpreti negli interrogatori ai partigiani. Furono avvistate in una pensioncina a Saint Vincent fino al ' 44, poi, finita la guerra, la più giovane delle sorelle, Ketty lasciò il trio. Le altre due partirono per il Sudamerica dove continuarono a cantare fino al 1952. Poi di loro non si è saputo più nulla. «L' idea del film che ho scritto con Laura Ippoliti,  nasce dalle chiacchiere appassionanti col mio amico scrittore milanese Gabriele Eschenazi che da tempo sta scrivendo un libro sul Trio Lescano e con cui abbiamo sviluppato questa parabola artistica e politica». Ma è difficile ritrovare le fonti, le voci, i dischi, i documenti, i testimoni. «Ci sono nella storia colpi di scena, come l' arresto delle Lescano durante un concerto al teatro Grattacielo di Genova, da lì condotte al Marassi. È un racconto pieno di buchi neri ma riempito col cinema: una vita che è una sceneggiatura.

Oggi rimangono solo alcune delle molte canzoni incise, una manciata di foto, qualche film d' epoca come un documentario olandese. Perciò ci siamo sentiti più liberi, non solo di documentare la storia di quelle tre, ma di evocarle e farle rivivere, rispettando le sorprese del cinema, non di quella fiction che spiega tutto e subito, detta "Vedi e getta"». Prodotto da Susanna Bolchi per Rai e dalla Casanova di Barbareschi, il film diventa un cruciverba amarcord per chi ha lunga memoria, ma anche un thriller politico in cui le sorelline furono perfino accusate di lanciare, spie degli anglo americani, messaggi in codice proprio cantando «Tuli-pan». «Infatti noi rispettiamo anche questa leggenda, c' è nel film l' interrogatorio.

Quello che è certo è che dal ' 39 al ' 43 il governo era allarmato dalle Canzoni della Fronda, pronte a essere interpretate dal pubblico in chiave ironica con riferimenti non casuali al regime. "Maramao" fu tra le prima ad avere guai (si disse che era una parodia della vicenda di Galeazzo Ciano, ndr.). Poi "Pippo non lo sa" con riferimenti ai gerarchi, "Crapa pelada" dei Cetra e "Tulip time", brano pop americano, che rese sospette le Lescano». Che infatti da allora, dopo la scoperta dell' ascendenza ebraica, non vissero più nel mondo dorato di microfoni (nel ' 38 guadagnavano mille lire al giorno, altro che al mese) e furono spedite all' inferno. Per le nuove Lescano l' autore cerca da mesi ragazze non italiane e brave canterine, se possibile somiglianti all' originale. «Ripenso a quel che diceva Bresson al momento di scegliere il cast: non mi importa ciò che gli attori mi mostrano ma quello che mi nascondono».

Tra poco Zaccaro andrà ad Amsterdam, dove un centinaio di ragazze prepara gorgheggi, il 26 ottobre il primo ciak: «E ringrazio i produttori di aver acquistato i diritti di ben 12 pezzi dell' epoca che le mie nuove Lescano canteranno». Una di loro, Alexandra, la maggiore, sarà sicuramente la bella ungherese Andrea Osvart, mentre la ex Emmanuelle Sylva Kristel farà mammà, Marina Massironi sarà una prostituta frequentata da Giuseppe Battiston, il cinico ma simpatico impresario, Gianni Ferreri colui che per primo le lanciò, Maurizio Marchetti il gerarca Ferrante. Nel corso della storia si incontrano personaggi noti dello swing del tempo, dal grande Kramer Gorni (nome e cognome) al maestro Pippo Barzizza, da Rabagliati a Panzeri.

Ancora una volta, dopo «Lo smemorato di Collegno», torna in flash back all' epoca di regime. «Sì all' Italia cialtrona che ho studiato in film capolavoro come Il federale e Una giornata particolare, cercando di inserire anche aspetti meno noti e tragicamente buffi, come il tentativo da parte di Starace di spostare il Capodanno dal 31 dicembre al 28 ottobre, la marcia su Roma. E le Lescano erano comunque le canterine del potere». Nel titolo c' è anche la leggerezza dello swing? «Erano ragazze come tante altre, ma straniere in un mondo chiuso e autarchico: anche se star dovevano ogni sei mesi rinnovare il permesso di soggiorno, come fanno oggi tanti immigrati. Lo swing era il loro dono e lo portarono attraverso l' Eiar, la Rai dell' epoca, nelle case e nei teatri».

Quale era la loro arma di seduzione? «Sembra strano, ma la loro origine straniera, il loro accento bizzarro che portava allegria e speranza in anni d' autarchia quando il concerto Armstrong era annunciato sui poster come una grande serata musicale con Luigi Braccioforte, sfidando ogni senso del ridicolo».

Porro Maurizio

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(28 agosto 2009) - Corriere della Sera

27/08/2009

IL PICCOLO

 

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Il teatro sbarca alla 66a Mostra del cinema di Venezia, in programma dal 2 al 12 settembre, dove verrà presentato “Il Piccolo”, documentario del regista Maurizio Zaccaro prodotto da Susanna Bolchi, Aureliano Lalli Persiani e Luca Barbareschi.

Il regista milanese mette in scena la storia del celebre teatro, inaugurato a Milano il 14 maggio 1947 da Paolo GrassiGiorgio Strehler, che lo diressero fino al 1967.
Un film che fa riflettere sull’importanza dell’attività teatrale e culturale per la vita di una città moderna come Milano, tema quanto mai attuale in tempi di drastici tagli economici allo spettacolo.

 

23/08/2009

CIAO TULLIO...

 

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ARTICOLO DI MAURIZIO PORRO - CORRIERE DELLA SERA - 18 AGOSTO 2009

"Come i suoi grandi amici e complici di una vita, Fellini e Strehler, Olmi e la Wertmuller, Avati e Suso Cecchi, anche Tullio Kezich, morto ieri mattina nella sua casa a Roma, fu un pezzo unico proprio nella varietà degli interessi, delle curiosità, delle miccie: critico da festival e da tavolo, rabdomante di talenti e studioso, amante di Ford e del cinema a cavallo ma anche della commedia sofisticata, capace di fare le 90 righe un tempo d’ordinanza sui grandi quotidiani (la “Repubblica” e “Il Corriere della Sera” dove scrisse per 20 anni), ma in grado pure di cambiare logica al prodotto culturale, quando il cinema andò in tv ed home video, inaugurando le mini recensioni (“Panorama”) facendo così antologie di 100 o 1000 film di pronto consumo. Non solo: fu scrittore (“L’uomo di sfiducia”), fu attore (lo psicologo di fabbrica del “Posto”), sceneggiatore (per Lattuada con “Venga a prendere un caffè da noi” di Chiara, per Olmi in coppia con Joseph Roth per “Leggenda del santo bevitore” Leone d’Oro a Venezia); produttore di nicchia e di popolo, dalla società XXII Dicembre, data pre natalizia di firma del notaio, al best seller Rai di “Sandokan”. E fu commediografo, direttore (“Sipario” negli anni 70), inviato sveltissimo e un conversatore ricco di gossip intelligente (fuori tempo nella società d’oggi del Bagaglino), teatrante appassionato. Fellinologo e strehlerologo, ex aequo del meglio, perché era tra i pochi che conosceva il segreto: cinema e teatro stanno in due stanze vicine, dall’una si ascolta l’altra. Ed era pure rumorista: se le proiezioni iniziavano tardi, diceva a voce alta, dal suo posto un po’ laterale in platea, “Andemo!”. Un tipo così non si plagia, non si copia, si rimpiange e basta. Tullio, che non amava le dichiarazioni d’amore specie postume, è morto sereno, annunciandolo più volte scaramantico ad amici, scherzando serioso: aveva da qualche mese un doppio ed inguaribile tumore (me lo disse un mattino di domenica, con razionalità pirandelliana) che solo l’affetto grande e costante della seconda moglie Alessandra Levantesi (sposata dopo la morte dell’adorata Lalla, madre di suo figlio), tra angoscia ed affanni, contribuì moralmente a guarire. Ha lasciato detto di non volere funerali, fiere macabre di vanità, applausi: solo la cremazione. Vado nel nulla, diceva. Tra un mese esatto, 17 settembre, avrebbe compiuto 81 anni. E l’anno scorso Trieste l’aveva omaggiato come si deve al cittadino illustre che, critico dal 2 agosto 1946 su “Radio Trieste” non aveva mai scordato la patria sveviana: anche se emigrò a Milano, la città allora aperta della Scala, del Piccolo Teatro e della borghesia illuminata, dove faceva il gagà al Donini in San Babila con Leo Wachter. Nel ‘69 seguì a Roma le sirene della Rai, diventando produttore, lavorando col triestino Giraldi della “Giacca verde”, con i Taviani di “San Michele aveva un gallo”, ma anche con l’esotico Kabir Bedi di Salgari, le cui location lo obbligarono a lunghi viaggi intercontinentali, come l’unica volta che andò a Los Angeles per l’Oscar a soffrire con l’amica Lina “nominata”. Tentò invano di mettere in cantiere la magnifica riduzione scritta con Strehler dei “Mémoires” goldoniani, la cui copia originale si è persa nei cassetti. Sono molti volumi che raccolgono i suoi pezzi, era un critico che si leggeva con piacere anche su un film mediocre, perché a volte il livello della recensione dipende non dall’oggetto ma dal soggetto che scrive. E Kezich scriveva bene, aveva il raro dono giornalistico di popolarizzare la cultura nel senso migliore, trovando la velocità giusta, come aveva fatto con le molte esperienze di teatro nei sodalizi storici. Lo Stabile di Genova ai bei tempi di Squarzina, Lionello, Albertazzi, Mauri, Buazzelli, riducendo lo Zeno di Svevo, Flaubert e il Pirandello best seller del Mattia Pascal; poi con Ardenzi e Turi Ferro, una complicità con Brancati (“Il Gallo”) che passa attraverso l’amicizia con Anna Proclemer, ma traducendo anche Neil Simon; con la Contrada di Trieste (“L’americano di San Giacomo”), con Giulio Bosetti che mise in scena le commedie scritte da Kezich-Levantesi, una dal romanzo “Un amore” di Buzzati, mentre “L’attore” di Soldati debutterà a Milano l’11 novembre prossimo. Segue il lavoro con Maccarinelli sull’amatissima materia del “Romanzo di Ferrara” di Bassani e già si parlava di riprendere “Bouvard e Pécuchet”, la ronde (non le ronde) di una cultura che si apriva sempre a nuove domande & risposte. E naturalmente il rapporto d’amore col Piccolo di Milano, dove mise in scena “W Bresci!” e mantenne con Strehler uno storico rapporto che partiva da Trieste e arrivava in via Rovello intonso di entusiasmo. Ma se c’è un nome con cui Tullio viaggiò tutta la vita fu quello di Fellini, di cui condivise 50 anni fa le gioie e le ansie della “Dolce vita” e poi il resto della carriera, compreso il Libro dei sogni postumo e junghiano, fino a diventare presidente della Fondazione di Rimini. Ora un magnifico documentario, trionfante a Locarno, suo e di Mingozzi, ricorda il farsi di quel profetico capolavoro felliniano e di quell’anno irripetibile, seguendo la trama di un libro fantastico ed omonimo, “Noi che abbiamo fatto la dolce vita” edito da Sellerio. Kezich conosceva dunque tutti i meccanismi del cinema, criticarlo era l’ultimo anello di un immenso piacere che aveva frequentato fin nei dettagli da quando fece il segretario di produzione per Zampa. Ma soprattutto quando produsse nella Milano del boom, i debutti di Olmi, Visconti (nel senso di Eriprando), Wertmuller, indi del Rossellini dell’”Età del ferro”. Ora alla Mostra di Venezia un film di Zaccaro sul Piccolo lo vede testimone, mentre parla di Strehler e di arte varia: è davvero il miglior modo di omaggiarlo. L’avrebbe gradito."

Maurizio Porro

 

 

31/07/2009

"IL PICCOLO" IN CONCORSO SEZIONE CONTROCAMPO ITALIANO - VENEZIA 66

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nota di regia

“IL PICCOLO”

commento del regista sul film

“ IL PICCOLO “  non è stato realizzato per raccontare solo la storia (pur importante e unica nel suo genere) del Piccolo Teatro di Milano, ma anche il dualismo tra lo spettacolo e la realtà, la vita e il suo doppio e quindi, in parallelo, la città che da sempre lo ospita, con tutte le sue contraddizioni e le sue aspettative, spesso frustrate, di essere una vera capitale culturale d’Europa.
Significativo, nel sottotesto di questo lavoro, è il discorso sulla qualità della cultura come ineludibile fonte di conoscenza e di reciproca tolleranza. Con i problemi che tutti conosciamo legati ai drammatici tagli del FUS ( Fondo unico per lo spettacolo), nulla credo sia più attuale di questo film dove, grazie alle riflessioni di Giorgio Strehler e Paolo Grassi (non teatri od ospedali, ma teatri ed ospedali), di Sergio Escobar e di Luca Ronconi, da oltre dieci anni alla guida del primo stabile italiano, e di tutti altri artisti che sono intervenuti portando la loro storia, la loro professionalità e la loro umanità, si avverte il come e il perché uno svelarsi sincero del mistero teatrale. Domande non molto retoriche in fondo: perché si fa teatro, perché è necessario investire denaro, fatica e a volte la vita stessa in due, tre ore di spettacolo dove gli uomini ascoltano altri uomini facendoci uscire ogni sera  meno soli da una sala. Questa, come sosteneva Nina Vinchi,  scomparsa poco tempo fa, è la vera solidarietà.
Eppure non c’è giorno che un teatro, in questo nostro provato paese, non chiuda i battenti (ormai sono già 430), che un cinema non venga trasformato in un outlet, che i concerti si facciano sempre più sporadici... e non sembra ci siano molte speranze per il futuro.
In questo scenario “IL PICCOLO” è, in poche parole, nient’altro che uno dei tanti palloncini neri che si sono alzati nella Piazza di Montecitorio, un grido di aiuto che, unito a tanti altri, forse riuscirà ad arginare l’avanzare del deserto che alla fine non è utile a nessuno.
Come si racconta nel film nella sua scena d’apertura “…La differenza tra l’oasi e il deserto, dice un antico proverbio arabo, non sta nell’acqua ma nell’uomo…”
Ma per sfidare questo imminente quanto arido futuro le idee e le risorse umane pregiate possono non bastare. Va allora creato e velocemente alimentato un circolo virtuoso che scardini i corporativismi, i clientelismi che da sempre operano ricattando la cultura. Va cercata e trovata una nuova modalità produttiva, da noi come nel resto d’Europa. E per ogni forma di spettacolo.
Non a caso Luc Besson, che da molti anni gestisce fuori dei meccanismi assistenzialistici una propria casa di produzione, ritiene che, affinché il cinema francese possa continuare a crescere, è necessario che almeno ogni mese un film francese riesca a interessare il pubblico.
Più o meno quello che avviene a Milano dove, grazie a un continuo scambio fra le realtà più significative del teatro europeo e quelle nazionali, il pubblico può costantemente trovare motivo d’interesse in quello che propone il suo “PICCOLO” storico teatro, a dispetto del misero investimento pubblico complessivo dell’Italia sulla cultura (0.3 del Pil !) da sempre il più basso fra quelli dei paesi sviluppati.
Non si sa se vera o di fantasia, gira una battuta a Montecitorio attribuita a un influente ministro: “Meglio un piatto di polenta che la cultura”. 
Eppure “IL PICCOLO” è un teatro che si mantiene solido, che presenta ogni stagione il meglio di quanto avviene nel teatro mondiale, che cerca e trova un suo pubblico giovane.
Ai volti e alle voci di tanti artisti che hanno legato la loro storia a quella del teatro di via Rovello, il compito di tenerci informati sul presente e sul passato, accendendo le emozioni della memoria con i racconti delle sue storiche attrici (da Andrea Jonasson alla Melato, alla Lazzarini), dei molti compagni di viaggio tra cui l’eccezionale Arlecchino Guinness dei primati di Soleri, oltre a Graziosi e ai testimoni come Servillo, Gullotta, Battiston e Branciaroli.
Così facendo, questo film sul PICCOLO TEATRO DELLA CITTA’ DI MILANO, TEATRO D’EUROPA può, forse, rispedire all’influente ministro la sua infelice battuta.

Maurizio Zaccaro 




30/07/2009

"IL PICCOLO" ALLA 66esima MOSTRA D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA. - CONTROCAMPO ITALIANO

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IL PICCOLO (film documentario 75') di Maurizio Zaccaro

la trama

“Che cosa possiamo fare noi gente di teatro? Alla mortificazione di non poter opporre, in momenti simili, un qualsiasi gesto utile, risanatore e chiarificatore di cui sente l'estrema urgenza, di fronte alla dolorosa impotenza del teatro, o più ampiamente dell'arte, di fronte alla violenza e alla follia, l'artista può solo sforzarsi di continuare a fare bene il proprio lavoro…”
Questa attualissima riflessione di Giorgio Strehler, scritta in occasione della strage di Piazza Fontana di cui quest’anno si celebra (impunito) il quarantennale, ha dato il via all’idea di questo film sul Piccolo Teatro di Milano dove la storia del primo fluisce e si completa con le vicende della città che lo ospita.
Con l’aiuto e il sostegno di amici attori (Servillo, Gullotta, Branciaroli, Battiston)  che si passano il testimone nel ruolo non di narratore quanto di “mediatore” del racconto, tutto ha inizio con la ristrutturazione, tutt’ora in corso, della storica sala da 500 posti di via Rovello. Visitandola, fra i colpi ritmati di martello e il rumore ipnotico della betoniera, parlando con tecnici e operai, siamo in un grande cantiere multietnico dove si sta “fabbricando” il futuro del Piccolo Teatro di Milano, Teatro Europa.
Il mediatore osserva il lavoro che sta riportando alla luce affreschi e decorazioni d’epoca da troppo tempo nascosti alla vista da scellerate mani di intonaco. Cellophane imbrattati di calce calano come diafani sipari dalle pareti del chiostro e lasciano intravedere quello che c’è oltre: sagome confuse di operai al lavoro, le colonne, i capitelli, cunicoli oscuri, catene penzolanti…                                                                                         Un’atmosfera da set di Tarkoskji…e, visto il luogo, non potrebbe essere altrimenti. Nella sala di via Rovello aleggiano i fantasmi. E se fosse un racconto gotico? Si dice sempre che il teatro è pieno di ectoplasmi, ma lì, tra i buchi di Fontana, sono visibili e ci portano come una garanzia di memorie straordinarie. Il teatro è l’effimero ma almeno il gusto di rievocarlo finché anche la memoria non si disperde, le date non s’accavallano ed allora si stampa la leggenda, come diceva John Ford. Un refolo d’aria scuote il cellophane sul palco, un raggio di sole (o di altra luce?) sembra renderlo d’un tratto incandescente…sta di fatto che su quel telo, agli occhi del mediatore (o alla sua immaginazione?), affiorano strane ombre in movimento. Ombre mute a cui il tempo sembra aver sottratto il colore e soprattutto distorto ogni suono…Il mediatore si avvicina al telo… dalla loro, le ombre fanno altrettanto…fantasmi sempre più nitidi… E’ o non è Marcello Moretti quell’Arlecchino al di là del telo? E quello con la bicicletta non è forse l’acquaiolo dell’anima buona del Sezuan? E gli altri alle sue spalle, chi sono? Il cellophane non ci permette di capire…eppure le ombre si muovono, danzano, recitano, volano perfino…E’ l’inizio di una magia, di uno svelarsi del mistero teatrale che, senza una vera trama da seguire, ci porterà avanti e indietro nel tempo all’inseguimento di una storia unica nel suo genere, la storia di una magnifica utopia che è diventata realtà e che si sta proiettando nel futuro con la forza dirompente e unica di un giovane virgulto, nonostante ormai abbia più di sessant’anni. Un futuro dove tutto sembra ripetersi ma, come dice Barrow, tutto ricomincia secondo un ordine sempre differente, come le infinite stanze dell’albergo di Hilbert, in Infinities, pronte ad accogliere infiniti ospiti. “Infinities – ha detto Sergio Escobar – ha dimostrato che in questo nostro mondo frammentato esistono possibilità formidabili di stabilire ponti fra i saperi. Perché la forma contemporanea della cultura è la contaminazione, che è poi una metafora di come può essere organizzata una città dove la complessità è una forma mentale, un luogo di opportunità condivise”
Questo è in sostanza “IL PICCOLO” e il mediatore, vagando per una Milano livida e piovosa, lo sa. Metropoli viva e vivace di giorno, morta e desolata di notte. Una città non “più da bere”, dove non sono bastati i vasi di piante e i ritocchi all’arredo dell’Ottagono della Galleria Vittorio Emanuele.  Non sono bastati gli orari prolungati di bar, caffé, ristoranti e librerie. «Alla sera, dopo le 21, tutto il centro è pressoché deserto. E di notte, dopo le 23, è terra di nessuno», segnalano i commercianti. In questo deserto echeggiano le indimenticabili parole, recitate con la sua autentica voce, di Giovanni Testori:

“Città…città questa?  Città ancora? Città, sì, città…culla, tavola, letto, bara, eppure sempre cara madre nostra civile… di madre nostra corporale… oh, ti saluto… Vale, sì, vale esser figli tuoi, anche qui ed ora, città sconfitta, città infetta, città malata, città dilaniata, città derelitta! Città ospedale, a te ritorna e riede parola antica e disusata… sempre… sì, sempre riede chi ti ha amata… fuggono i potenti ma i pastori e chi per affetto innegato, impettato dei valori… dentro di te qui resta… città crisma, città sigillo, città gesta… dove riposeremo un giorno le nostre stanche testa… città porta… adoperasi e accetta il solo modo per essere te stessa… e sciogliere restando in te… il  tuo nodo…”

Camminando in solitudine lungo Corso Vittorio Emanuele il “mediatore” assiste all’ultima, bizzarra visione di questo suo viaggio alle sorgenti della cultura milanese: una dopo l’altra le insegne luminose delle sale cinematografiche che affollavano il Corso  tornano a risplendere come un tempo, a richiamare spettatori, vite, anime verso i loro magici schermi. Ma è solo un attimo, un sogno. La realtà è molto meno poetica, anzi tetra.

Una sola luce resta ancora accesa nella notte: l’insegna del “PICCOLO”.

 

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25/07/2009

L'ARTICOLO 2 (1994) - RITROVATO IL TRAILER CINEMATOGRAFICO DELLA MIKADO DISTRIBUZIONE



07/07/2009

DOVE COMINCIA LA NOTTE - WHERE THE NIGHT BEGINS (ITA/USA 1990)

UN UOMO PERBENE - A RESPECTABLE MAN (ITA 1999)

DOVE COMINCIA LA NOTTE - WHERE THE NIGHT BEGINS (ITA/USA 1990)

UN DONO SEMPLICE (USA/ITA 2000)

08/05/2009

TERRA MADRE - NELLE SALE DALL'8 MAGGIO 2009

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Terra Madre
Atti cinematografici del convegno dello Slow Food



“Terra madre”, anzi matrigna. Ma solo quando è esausta, sfruttata al di là di ogni lecita aspettativa da un manipolo di grandi imprese “il cui scopo è nel profitto”. Parola di Ermanno Olmi. Trent’anni dopo L’albero degli zoccoli, il regista Leone d’oro alla carriera ha girato un film corale, politico e preveggente, molto poco ideologico. Dove, come dice lui, molte energie si sono felicemente concentrate: sono in gran parte le stesse che danno vita all’omonimo forum biennale patrocinato da Slow Food – 7000 delegati (contadini, allevatori, pescatori e produttori artigianali della filiera agroalimentare) da 153 nazioni, convenuti a Torino per l’edizione 2008. Con un grande obiettivo comune: la difesa dalla biodiversità. Complici nell’impresa (78 minuti di grande tensione ideale ed emotiva), gli amici cineasti Piavoli e Zaccaro. E tutti quegli studenti che hanno osato creare un orto nella propria scuola, dal Colorado alla Lombardia.

Terra Madre regia Ermanno Olmi

28/03/2009

LO SMEMORATO DI COLLEGNO - DOMENICA 29 E LUNEDI' 30 MARZO - ORE 21,15 - RAIUNO

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LO SMEMORATO DI COLLEGNO  –  NOTA DI REGIA

“Mi chiamo Matteo Caccia, ho 33 anni e vivo a Milano. Non so se qualcuno si ricorda di me. Io no.” Recentemente i quotidiani hanno dedicato intere pagine alla storia dello “smemorato della radio” che dopo aver perso la memoria si racconta ogni giorno ai microfoni di Radio2: una sorta diario in cui Caccia ricostruisce i pezzi della sua vita. La  trasmissione si chiama “Amnesia” e gode attualmente di un successo insperato, al punto tale che molte voci, anche autorevoli, insinuano che “lo smemorato della radio” non sia per nulla “smemorato” ma solo un abile attore, al servizio di un’abile trasmissione. Interpellati, molti medici sostengono che l’amnesia retrograda globale (quella di cui Caccia dice di soffrire) può essere causata solo da un forte trauma fisico o psichico. Caccia invece dice di aver perso la memoria comodamente seduto in un teatro, durante un concerto. E’ quindi Caccia un “simulatore” ? Analogie, similitudini quasi incredibili di oggi, con l’enigma psichiatrico per eccellenza di ieri: quello dello “smemorato di Collegno”  il cui referto medico, stilato nel 1926, parla appunto di amnesia retrograda globale. Come allora, ecco ripetersi il ruolo giocato dai media e, a sua volta, la capacità di una vicenda tanto enigmatica da trasformarsi subito in letteratura: il caso dello ”smemorato di Collegno” ispirò scrittori come Pirandello e Sciascia, mentre il caso dello “smemorato della radio” diventerà presto un libro per i tipi della Mondadori. E i giornali, oggi come allora, ricevono lettere di donne che, nel vedere la fotografia pubblicata scrivono: “Che emozione amatissimo Matteo quando ho visto la tua foto su Repubblica. Ero in tram e una signora accanto a me sfogliava il giornale, io sbirciavo ed ad un certo punto ti ho riconosciuto nella fotografia…allora non sei fuggito da me, ti è invece successa una cosa terribile:la perdita della memoria…”  Finzione radiofonica? Libera ispirazione dal più famoso caso dello “smemorato di Collegno”?  Chissà, ma intanto Radio2 ha aperto perfino un sito web dove il pubblico può trovare ulteriori approfondimenti sul caso. Lisa Roscioni, autrice di un affascinante saggio edito da Einaudi sullo “smemorato di Collegno”, da cui è stato tratto il nostro lavoro, sottolinea a proposito del caso l’assalto della stampa (allora non c’erano i “media”), degli intellettuali, dei politici e del grande pubblico:  tutti catturati dall’intrigante trama in cui due mogli si contendevano lo stesso uomo e marito. Una trama da film, appunto, in cui il lutto nazionale per la Grande Guerra fa da sfondo. “Un’illusione purissima” come amava dire il Generale Diaz: quella per cui ogni donna poteva immaginare che il corpo del Milite Ignoto (che nel 1921 attraversò l’Italia su un treno speciale) appartenesse al proprio marito o figlio disperso, e altrettanto nell’enigmatico svelarsi di uno “smemorato” o, come si usava dire fra il popolo, di uno “scemo di guerra” che poteva, nel caso, lenire il dolore per la scomparsa del primo sostituendolo in quanto “doppio”. Corsi e ricorsi della storia e della letteratura dunque, che da Omero a Plauto, in Wilde come in Kafka,  ripropone il tema diabolico del “doppio”  così come lo “smemorato della radio” gioca oggi, diabolicamente, la sua partita con il pubblico: “Facciamo così:
io vi racconto tutti i giorni ciò che scopro per la prima volta,
ma dal momento che molti di voi mi scrivono che invidiano la mia situazione, che gli piacerebbe provare a dimenticare tutto o parte di quello che hanno vissuto,
giochiamo al gioco della memoria salvata.
Scrivetemi non tanto quello che vorreste dimenticare ma quello che vorreste ricordare.
Se tutto fosse cancellato quali sono i resti di memoria che manterreste?” Né più né meno quello che avrebbe detto lo “smemorato di Collegno” se, all’epoca, avesse avuto a disposizione un microfono. Dal 1926 ad oggi sono passati ben 83 anni. In tutto questo tempo il grande enigma ha conservato intatto il suo fascino e, magari anche grazie a questo film per la tv (quando aboliremo il termine fiction?) lo conserverà ancora per molto tempo a venire perché, in fin dei conti, è pur sempre una grande storia italiana. Forse Matteo Caccia la potrà raccontare in onda, ad Amnesia, e allora per lui sarà come trovarsi davanti ad uno specchio, con il suo doppio: “Mi chiamo Giulio Canella, ho 46 anni e vivo a Verona. Non so se qualcuno si ricorda di me. Io no.”

23/03/2009

LO SMEMORATO DI COLLEGNO - DOMENICA 29 E LUNEDI' 30 MARZO - ORE 21,15 - RAIUNO

 



Ciao, mancano ormai una manciata di giorni alla messa in onda dello SMEMORATO. Se hai tempo e voglia puoi mandare il seguente messaggio ai tuoi amici. Grazie.

LO SMEMORATO DI COLLEGNO.

UN GRANDE ENIGMA PSICHIATRICO, UNA VITA CHE RIAFFIORA DAL NULLA, UNA GRANDE STORIA ITALIANA NELLA CORNICE FRA LE DUE GUERRE.

DOMENICA 29
LUNEDì 30 MARZO -
ORE 21,20 - RAIUNO

16/03/2009

LO SMEMORATO DI COLLEGNO

Per conoscere lo smemorato di Collegno, una mostra

smemoratoS’intitola “L’uomo che smarrì se stesso“, l’indagine sullo smemorato di Collegno.

Sarà inaugurata il 13 marzo alle ore 18.00 presso il Museo della Città in Piazza Cavalieri della S.S. Annunziata n. 7.

  • Giorni ed orari: dal martedì al venerdì 15.00 - 18.00 - lunedì e martedì chiuso
  • informazioni: Ufficio Servizi Culturali - tel. 0114015222 / 0114015223 /0114015224

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14/03/2009

LO SMEMORATO DI COLLEGNO - TRAILER RAIUNO

Per chi vuole saperne di piu' esiste anche un gruppo su facebook : http://www.facebook.com/group.php?gid=46826427851&ref=mf

e una pagina su myspace: http://www.myspace.com/losmemoratodicollegno

 

LO SMEMORATO DI COLLEGNO - TRAILER RAIUNO

Per chi crede che in TV ci possa essere qualcosa di più intelligente dei REALITY SHOW...per chi crede che "certa" FICTION, a volte, possa essere più cinematografica e coinvolgente di un "incerto" CINEMA italiano...

13/03/2009

LO SMEMORATO DI COLLEGNO

PROMO DEL FILM LO SMEMORATO DI COLLEGNO -IN ONDA SU RAIUNO DOMENICA 29 E LUNEDI' 30 MARZO 2009

19/02/2009

LO SMEMORATO DI COLLEGNO

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Lo smemorato, si potrebbe dire,
ha troppa memoria da ricordare
che è nel contempo una memoria
da cancellare: ne costruisce quindi
una artificiale, alla quale
non solo finisce in qualche modo
per credere ma sulla quale si modella.

UN FRAMMENTO DELLA COLONNA SONORA ORIGINALE DEL FILM COMPOSTA DA ANDREA GUERRA


podcast


LO SMEMORATO DI COLLEGNO - RAIUNO - 29/30 MARZO 2009

12/02/2009

LO SMEMORATO DI COLLEGNO

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"LO SMEMORATO DI COLLEGNO - STORIA DI UN'IDENTITA' CONTESA"
SONO STATE ANNUNCIATE OGGI LE DATE DELLA MESSA IN ONDA.
PRIMA PUNTATA DOMENICA 29 MARZO . SECONDA PUNTATA LUNEDI' 30 MARZO 2009. RAIUNO.

TERRA MADRE - IL TRAILER

06/02/2009

LO SMEMORATO DI COLLEGNO . LA MESSA IN ONDA SI AVVICINA

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Sta per andare in onda "LO SMEMORATO DI COLLEGNO" grande storia italiana di un'identità contesa. Un uomo che torna dal passato. Due donne che lo reclamano come marito. Una terza come amante. Chi di loro e alla fine avrà ragione?

Fra non molto comunicheremo la data esatta della messa in onda. Il problema è che sicuramente RaiUNO lo metterà in rotta di collisione con IL GRANDE FRATELLO. E lo scontro sarà durissimo....

23/01/2009

TERRA MADRE - MOTHER LAND Unico film italiano al Festival di Berlino il 6 e il 12 febbraio



Vandana Shiva. Discorso d'apertura (in inglese con sottotitoli in italiano) a Terra Madre 2008. Torino. La terza edizione di Terra Madre si è svolta a Torino dal 23 al 27 ottobre 2008. L’incontro mondiale della rete di Terra Madre ha riunito per quattro giorni comunità del cibo, cuochi, docenti e giovani provenienti da tutto il mondo impegnati a lavorare per promuovere una produzione alimentare locale, sostenibile e rispettosa dei metodi ereditati e consolidati nel tempo.
Tra i protagonisti dell’evento, Vandana Shiva, Vicepresidente di Slow Food Internazionale e presidente dell’associazione Navdanya.

22/01/2009

COMUNICATO STAMPA - TERRA MADRE

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Comunicati stampa
TERRA MADRE DI ERMANNO OLMI ALLA BERLINALE SPECIAL

Prima mondiale al Festival di Berlino 2009 per il nuovo lavoro di Ermanno Olmi, Terra Madre, in programma quale Evento Speciale venerdì 6 febbraio al Cinema Paris.
Un maestro del cinema mondiale propone il proprio punto di vista sul grande tema del cibo e sulle implicazioni economiche, ecologiche, sociali a esso correlate.
Ermanno Olmi costruisce un documentario, un film d’inchiesta limpidamente autoriale, che fa i conti con il destino del pianeta. Una poetica riconoscibile e riconducibile a tutta la sua opera precedente ma sorprendente per la sua unicità formale nel panorama del genere documentario.

Prodotto da Cineteca di Bologna e ITC Movie, e realizzato con il sostegno del Ministero per i Beni Culturali-Direzione Generale per il Cinema, Terra Madre è il risultato di un lavoro fortemente ispirato dalla rete di comunità del cibo creata nel 2004.

Ideato nel 2006 dalla complicità tra Carlo Petrini ed Ermanno Olmi, favorita dalla comune amicizia di Luciana Castellina, il lavoro ha trovato un comune sentimento verso le genti contadine affluite al raduno mondiale di Torino. A quel raduno del 2006 - con il supporto del movimento Slow Food, della Cineteca di Bologna e della Film Commission Torino Piemonte - sono cominciate le riprese e con esse il percorso di approfondimento continuato da Ermanno Olmi fino all’autunno del 2008, con il nuovo meeting di Terra Madre, organizzato nel capoluogo piemontese con il supporto di Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Cooperazione Italiana allo Sviluppo - Ministero Affari Esteri, Regione Piemonte, Città di Torino.
«Solo la sensibilità di Ermanno Olmi – afferma Carlo Petrini - poteva interpretare l’alto valore etico e morale di questa straordinaria assise che è Terra Madre. Una rete planetaria fatta di uomini, pensieri, lavoro e culture presente in 153 Paesi del mondo, che va seminando e coltivando le giuste idee di difesa della biodiversità, rispetto dell’ambiente e dignità del cibo, per un futuro di pace e di armonia con la Natura».

Terra Madre è nato dall’osservazione dei partecipanti al Forum, dal pedinamento di alcuni di essi nei loro Paesi d’origine e intreccia storie e suggestioni autoriali, confermando le premesse da cui era sorto, essere un film politico e preveggente.

«Al Forum di Terra Madre ho riconosciuto i contadini come li ricordavo nelle nostre campagne, al tempo della mia infanzia», dichiara Ermanno Olmi. «I volti dei contadini si somigliano in ogni angolo del mondo. Sono volti su cui si riconoscono le medesime tracce di vita, così come le fisionomie dei paesaggi con i campi arati, le colture, i pascoli. Oggi quel mondo dei contadini è assediato dalle grandi imprese il cui scopo è nel profitto. Anche il contadino vuole guadagnare, ma il suo attaccamento alla terra è anche un atto d’amore ed è in questo sentimento solidale che si genera il rispetto della Natura».

Il documentario Terra Madre sarà proiettato, sempre a Berlino, il 12 febbraio, anche nell’ambito della sezione Kulinarisches Kino.

Slow Food, Cineteca di Bologna, ITC Movie srl presentano Terra Madre, un film documentario di Ermanno Olmi con il contributo di Franco Piavoli e Mario Piavoli e di Maurizio Zaccaro.
Laboratorio post produzione immagine L’Immagine Ritrovata – Bologna.

Info: Ufficio Stampa Cineteca di Bologna
Patrizia Minghetti tel. + 39 333 3289428
Ufficio Stampa Slow Food
Paola Nano + 39 329 8321285

Bologna-Torino, 21 gennaio 2009

TERRA MADRE - MOTHER LAND al Festival di Berlino il 6 e il 12 febbraio




TERRA MADRE -DISCORSO DI APERTURA DI CARLO PETRINI, PRESIDENTE DI SLOWFOOD A TERRA MADRE 2008, TORINO

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TERRA MADRE - MOTHER LAND al Festival di Berlino il 6 e il 12 febbraio

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Prima mondiale al Festival di Berlino '09 per il nuovo lavoro di Ermanno Olmi, Terra Madre, in programma quale Evento Speciale venerdì 6 febbraio al Cinema Paris. Il documentario sarà proiettato, sempre a Berlino, il 12 febbraio, anche nellambito della sezione Kulinarisches Kino.

Olmi costruisce, con il contributo di Franco e Mario Piavoli e di Maurizio Zaccaro, un documentario che fa i conti con il destino del pianeta, proponendo il proprio punto di vista sul grande tema del cibo e sulle implicazioni economiche, ecologiche, sociali a esso correlate.

Prodotto da Cineteca di Bologna e ITC Movie, e realizzato con il sostegno del Ministero per i Beni Culturali-Direzione Generale per il Cinema, Terra Madre è il risultato di un lavoro fortemente ispirato dalla rete di comunità del cibo creata nel 2004.

Ideato nel 2006 dalla complicità tra Carlo Petrini ed Olmi, favorita dalla comune amicizia di Luciana Castellina, il lavoro ha trovato un comune sentimento verso le genti contadine affluite al raduno mondiale di Torino. A quel raduno del 2006 - con il supporto del movimento Slow Food, della Cineteca di Bologna e della Film Commission Torino Piemonte - sono cominciate le riprese e con esse il percorso di approfondimento continuato da Olmi fino allautunno del 2008, con il nuovo meeting di Terra Madre.

"Solo la sensibilità di Olmi - afferma Petrini - poteva interpretare lalto valore etico e morale di questa straordinaria assise che è Terra Madre. Una rete planetaria fatta di uomini, pensieri, lavoro e culture presente in 153 Paesi del mondo, che va seminando e coltivando le giuste idee di difesa della biodiversità, rispetto dellambiente e dignità del cibo, per un futuro di pace e di armonia con la Natura".

Terra Madre è nato dallosservazione dei partecipanti al Forum, dal pedinamento di alcuni di essi nei loro Paesi dorigine. "Al Forum di Terra Madre ho riconosciuto i contadini come li ricordavo nelle nostre campagne, al tempo della mia infanzia - dichiara Olmi - I volti dei contadini si somigliano in ogni angolo del mondo. Sono volti su cui si riconoscono le medesime tracce di vita, così come le fisionomie dei paesaggi con i campi arati, le colture, i pascoli. Oggi quel mondo dei contadini è assediato dalle grandi imprese il cui scopo è nel profitto. Anche il contadino vuole guadagnare, ma il suo attaccamento alla terra è anche un atto damore ed è in questo sentimento solidale che si genera il rispetto della Natura".

03/01/2009

IL BELL'ANTONIO - TEMA N° 6 -



A tutti gli amici di questo blog, come miglior augurio per il 2009, ecco uno straordinario pezzo scritto da Giovanni Sollima per lo sceneggiato "Il bell'Antonio" ed eseguito dall'ORCHESTRA GIOVANILE MEDITERRANEA di Palermo.

24/09/2008

MAURIZIO ZACCARO. ISTANTANEA DAL SET. TORINO, SETTEMBRE 2008

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13/09/2008

'O PROFESSORE - PUNTATA DEL 3.09.2008

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O' professore
Puntata del 3.9.2008: Pietro lascia i ragazzi con una licenza in tasca e un esempio da seguire
pubblicato: giovedì 04 settembre 2008 da lim3 in: Riassunti Commenti del giorno dopo Canale 5 Sergio Castellitto


O’ professore non lascia ma raddoppia, portando qualcosa di struggente, di duro e di poetico in questa seconda e ultima puntata dal sapore vero. Si inizia con una visita di Pietro Filodomini (Sergio Castellitto) con la sua classe al castello aragonese, con tanto di spiegazioni storiche, artistiche e culturali… ma i ragazzi sognano soprattutto un tuffo in mare e alla fine si riversano di corsa in spiaggia. Pietro si accosta alla moglie Manuela (Luisa Ranieri) raccontando di avere desiderato di sentire ognuno dei ragazzi raccontargli una storia, e lei gli risponde che qualcosa di dirgli lo ha lei… ma bisogna vedere se gli piacerà: Anna (Martina Russo) è incinta. Di Tonino o’ Faticatore. Ma lo ha lasciato perchè non sa se le piace o no.

Sulla spiaggia Gennaro (Raffaele Vassallo), che ha capito di essere omosessuale, vede Nino (Umberto Nesi) scambiare gesti di affetto con una delle ragazze… e il sentimento che prova per l’amico inizia a fare male… mentre Teresa (Ada Febbraio) viene lanciata in mare da uno degli amici, e si arrabbia con il fratello che non la difende.

Siamo al processo per l’omicidio dello spacciatore di cui è accusato Alberto (Antonio Catania), e Pietro racconta il suo punto di vista, le sue emozioni quando l’eroina distruggeva le vite e tra ragazzi si era deciso di fare uno striscione. Ma Alberto era andato oltre, voleva dargli una lezione, bruciargli il pub. Lui non aveva detto niente, se n’era lavato le mani, come sottolinea pesantemente il giudice. Alla fine dell’udienza Pietro torna in classe e trova i ragazzi intenti a criticare un libro, con Luisa che legge, e Davidello (Gennaro Mirto), che conta i soldi che ha guadagnato. Pietro perde la pazienza e vedendo quel denaro sporco lo caccia dalla classe, tirandogli dietro lo zaino. non è un eroe, prova a cambiare le cose e quando non gli riesce si incazza.

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Manuela a casa vuole parlare di figli. Vuole capire perchè lui non li ha voluti, perchè si è sempre nascosto dietro la scusa dell’età. “Tu non vuoi figli per quello che è successo quella notte.” “Anche. Tutti questi anni ho vissuto con la paura di un mandato di cattura che bussasse alla porta, e non volevo lasciare un figlio senza padre.”

Pietro non vuole ancora un figlio, non lo avrà mai, ma per lui restano figli suoi i 36 ragazzi con cui lotta ogni giorno. Ed allora va a parlare a Davidello, gli dice che invece dei soldi del Pescecane (Peppe Lanzetta) dovrebbe provare il conservatorio, i sogni… o semplicemente farsi due conti sulla partita doppia tra quello che gli dà la vita con il boss, e quello che gli toglie.


Seguono le lezioni… nel laboratorio, nella sala computer, al museo imparando Canova (”E chi è mo chisto?”) e l’arte neoclassica. Ma c’è anche la vita che incombe. Pietro va a parlare con il ragazzo di Anna e scopre che lei l’ha mollato, perchè lui ha definito quello che lei ha scritto “Troppo intrugliato”. “Ha detto che era meglio se la tradivo… ma la creatura che porta è pure roba mia!”
E a proposito di parole, resta in mente la lezione di Don Milani: Ogni parola che non imparare oggi è un calcio in culo che prendete domani. Ma Anna quel figlio non lo vuole. Lo vuole dare in adozione appena nato.

E poi c’è il problema di Nino, che i pugni ha imparato a darli talmente bene che lo hanno iniziato a pagare perchè li desse sempre più forti. E Nino la passione per la violenza proprio non ce l’ha, su quei ring improvvisati e criminali eviterebbe così volentieri di mettere piede, ma deve pensare ai fratellini, a Teresa, alle responsabilità che per un ragazzino come lui non dovrebbero mai esistere così pressanti. Pietro lo convince a lasciare perdere, a chiamarlo se proveranno di nuovo a contattarlo… ma Nino resisterà?

Ed arriva il colpo più duro anche per Davidello, che scopre per caso la madre uscire in atteggiamenti inequivocabili da mantenuta dalla casa del Pescecane. Così piccolo, sulla moto più grande di lui, prima crolla in lacrime trattenute, poi se ne scappa lontano ad urlare il suo dolore. Il giorno dopo Gennaro recita davanti alla classe, su input di Pietro che gli sostiene ogni verso, “I vulisse trovà pace”. E un momento magico di poesia interrompe la violenza e la rabbia… ma è un momento.

Alberto è stato riceverato, la malattia non gli lascia molto tempo, e Pietro andandolo a trovare scopre che nemmeno l’antico amico ebbe figli. Hanno espiato quella colpa non cercata in trent’anni di solitudine e in una rinuncia così dolorosa… ma non è ancora finita.

Pietro dice che lui di figli ne ha avuti 36 solo quest’anno. E uscito dall’ospedale lo aspetta Gennaro con la faccia spaccata. Cercava “uno come lui”, dietro alla stazione. Ha trovato un fracco di legnate, invece di qualcuno con cui condividere la solitudine. E adesso il problema è il padre, poliziotto. “Se non mi hanno ammazzato loro mi ammazza lui”. Ed è PIetro ad accompagnarlo, a spiegare al genitore che Gennaro ” Va con gli uomini.” “Non ci posso credere. Proprio a me. Mi vergogno, non lo capisco. Gli manca la madre.”" Le donne capiscono cose che noi non sappiamo. Come si fa?”" Si fa la cosa più difficile del mondo: Padre e madre assieme. ”

Per un padre che cerca di capire ce n’è uno che non c’è più… e la cui mancanza sta per colpire Davide. Compra una pistola, la mostra a Nino, segue la madre che è andata dal Pescecane e quando li trova lo minaccia. Ma Davide non è un assassino, è solo un ragazzino disperato. Il Pescecane lo disarma in un momento, urlandogli il suo disprezzo. Davide fugge via in motorino, veloce, con le lacrime che gli rigano il volto e la delusione disperata nei polmoni. E poi spunta un pullman e la sua vita si infrange sulle sue ruote.

I ragazzi si trovano ad affrontare una morte assurda, più crudele della vita che ha giocato con Davide, e ricordano la fzonos zeon, l’invidia degli dei che stanno sull’olimpo a non fare niente, ma appena alzi la testa ti schiacciamo. “Abbiamo colpa per come siamo nati, dove siamo nati, che genitori abbiamo avuto?… La vita è solo culo. La scuola non serve a niente.”

Pietro non regge a quelle accuse e chiede ai ragazzi che lo seguano un’ultima volta, li porta in tribunale e rettifica la sua deposizione: “La notte in cui Pasquale morì c’era Alberto e c’ero io. Avevamo preparato assieme le bottiglie incendiarie.Gli dei si sono fatti beffa di noi, forse, ma non è solo questo, la responsabilità non è mai del cielo ma nostra. Quelli sono i miei studenti. In classe forse oggi gli parlerei di Platone, del mito della caverna. Quando sei lì in un angolo le ombre che vedi le prendi per verità assolute. Ma poi sono arrivati loro, e mi hanno tirato fuori dal buio.” E’ quello il messaggio che vuole lasciare: si può cambiare. Nonostante i fallimenti.

E allora le cose iniziano a cambiare: Anna partorisce, Pietro le porta il bambino che non dovrebbe nemmeno vedere e le fa far visita da Tonino o Faticatore. Ed il bambino resta con loro. “E’ maschio, è bello, è caldo. “” E tu sei nella stessa posizione di centinaia di madonne che i pittori hanno dipinto in 7 secoli di arte”

Siamo agli esami: mentre la giustizia fa i suo corso contro Pietro, per un omicidio di 30 anni prima, i temi chiedono di scrivere una lettera a una persona cara, compito difficile per chi non ha più nessuno al mondo, e allora scrive a sè stesso, i problemi di matematica si risolvono con il teorema di pitagora scritto sulla mano di Pietro che gira per l’aula e l’inglese si risolve a espressioni facciali.
Ma Nino ha la battaglia più difficile in una sera. E Pietro lo scopre, tenta in ogni modo di dissuadere il Pescecane, che gli mette a confronto il sistemarsi per una vita o prendere la licenza per fare cose? Persone… ma è inutile spiegarlo a chi vive sulle vite altrui. E allora Pietro rintraccia Nino e gli dice che c’è solo una scelta. Deve perdere. Come Lancillotto per amore di ginevra. Ma lui deve perdere per avere un futuro al di fuori di quello schifo. E nonostante i colpi che arrivano crudeli, nonostante abbia perso per tutta la vita… Nino capisce e perde.

I ragazzi sono agli scrutini, tutti ce la fanno, aiutati in un modo o nell’altro, tranne Anna. Pietro saluta tra amore e lacrime Manuela, la notte prima dell’arrivo della polizia, e ammette di avere paura. Della solitudine, della lontananza, di essere dimenticato. E lei sorridendo nella tristezza gli predice che anche in carcere troverà qualcuno a cui insegnare, a cui far fare, un giorno, gli stessi esami che i suoi piccoli hanno passato.

Arriva la polizia, i festeggiamenti per le promozioni dei ragazzi si interrompono, Pietro dice addio ad ognuno, ordina a Nino di vincere gli interregionali di pugilato, e fa capire ad Anna che la vera promozione per lei è il bimbo che ha in braccio.

Perchè tutti i ragazzi hanno perso qualcosa, un anno di scuola, un futuro da pugile ricco e criminale, padri e madri che hanno deciso di non essere tali. Ma hanno guadagnato un’altra chance, e la vera vittoria è quella, non il 9 in condotta o i 500 euro sporchi di droga. Ed anche Pietro, allora, deve pagare per quello che ha fatto 30 anni fa, ma oggi, con i suoi ragazzi ha vinto.

La puntata si chiude con le righe di Anna, che parla di una Napoli del 3447: “Quello che aveva dato ai ragazzi era il coraggio di lottare contro l’armata vesuviana del passato, il suo tempo preferito era il futuro, d’ora in poi sarebbe stato anche il loro. Sarà.”

'O PROFESSORE . PUNTATA DELL'1-09-2008

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O' Professore.
Puntata dell' 1-09-2008.
Uno strepitoso Castellitto alle prese con i ragazzi difficili di Napoli
pubblicato: martedì 02 settembre 2008 da Marina in: Riassunti Canale 5

Ve lo ricordate Dangerous Minds, con la martellante gangsta’s paradise cantata da Coolio? Ecco, spostate la location a Napoli, toglieteci il martellante Coolio e al posto di una strepitosa Michelle Pfeiffer metteteci uno strepitoso Sergio Castellitto che ha come suo opposto uno strepitoso Peppe Lanzetta e un gruppo di 36 adolescenti nel pieno del disagio materiale e morale che però tentano non solo di sopravvivere, ma anche di farcela e di provare a credere negli altri e non solo nelle loro tribù.

Questa la ricetta facile facile di O’ professore, la mini fiction su Canale 5 andata in onda ieri sera e che ha svelato un lato delle storie di Napoli che non rientra nei soliti cliché. Anche se a pesare sulla decisione di mandarla in palinsesto in questo periodo deve aver giocato non poco il successo di Gomorra al cinema, che evidentemente tratta di una Napoli deviata e irriconoscibile, ma forse fin troppo dentro gli stereotipi. Da napoletana devo ammettere che il regista Maurizio Zaccaro, ha saputo cogliere i colori e le luci di Napoli e del quartiere Sanità, la location, e non ho visto, finalmente, né il Vesuvio, il sole, il mare e il cielo blu (tanto per parafrasare “ Nui simmo do sud” cantata da Pietra Montecorvino che qui ha la parte di Antonia, la prof. di matematica).

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Riassunto della prima parte. La storia si svolge nella scuola G.B. Maiello, una scuola di frontiera che accoglie tutti quei ragazzi che non sono stati accettati da nessuna altra istituzione. Gli insegnanti che vi lavorano si occupano di dipersione scolastica. Pietro Filodomini (Sergio Castellitto), come ogni mattina, dopo aver salutato la moglie Manuela (Luisa Ranieri) esce di casa per andare proprio alla Maiello dove tenta di insegnare letteratura italiana. Saluta per strada il pasticciere il giornalaio e un gruppo di ragazzi il che fa comprendere che è ben radicato nel suo quartiere e che è conosciuto e ben voluto da tutti.

Arrivato alla Maiello scopre che la prof Caetani si è avventurata da sola nella ex-zona industriale per andare a recuperare una delle sue alunne, Maria (Carmela Cuccurullo) che si trova sulla strada costretta a prostituirsi. E infatti la Caetani, una veneta trapiantata a Napoli da trent’anni rientra con la ragazza che consegna alla prof. Manuela che la porta a casa propria.

Il tempo di spiegare a Pietro cosa è successo a Maria che immediatamente decidono di farla partire per Rimini. Alla scuola la professoressa Caetani è raggiunta da due brutti ceffi, di cui uno è il protettore di Maria, che la pestano a sangue per aver fatto lo sgarro. La donna è ritrovata in una pozza di sangue da Pietro che chiama i soccorsi.

Ricoverata in ospedale la Caetano confessa a Pietro di voler lasciare tutto e di volersi ritirare nel suo paese d’origine in Veneto. E pertanto dice a Pietro che ha già nominato lui al Provveditorato come suo successore. Pietro non sa se piangere o ridere. Infatti il lavoro che lo attende alla Maiello è piuttosto duro: mettere in piedi una classe di 36 ragazzi. Ne mancano sei all’appello più uno da trovare poiché non compare neanche nell’elenco che gli ha lasciato in eredità la professoressa Caetani.

Così Pietro e Manuela iniziano a rintracciare i fratelli Teresa (Ada Febbraio) e Nino (Umberto Nesi) che, dopo che il padre li ha abbandonati e la madre è andata via per seguire un cantante neo-melodico, accudiscono da soli ai quattro fratellini più piccoli. Pietro strappa loro la promessa che faranno come Castore e Polluce (e chi so? domanda Nino?) si alterneranno uno alla volta a scuola.

E poi la volta di Lena (Rossella Verde), che ha deciso di non parlare, e anche se apprtiene ad una famiglia benestante si ritrova con gli altri alla Maiello. Pietro riesce a rintracciare Gennaro (Raffaele Vassallo) il cui hobby è rubare le torte al povero pasticciere Peppiniello e che ha anche la fissa di tenere gli occhiali da sole per farsi ” i fatti suoi”. E poi la volta di Anna (Martina Mirto) che accetta di frequentare la scuola a patto che o’Professore l’aiuti a diventare una scrittrice. E Pietro riesce a portare in classe anche Nicola (Gianluca Di Gennaro).

Ne manca ancora uno e a Pietro viene in mente il piccolo Davidello Palumbo (Gennaro Mirto), figlio di un pregiudicato che lui conosceva bene e che stimava per la sua voglia di riscattarsi. L’uomo è morto a causa della setticemia contratta in carcere. Si era ferito per poetr strappare qualche giorno di malattia e vedere moglie (Donatella Finocchiaro) e figlio.

Ma il ragazzino lavora per o’Pescecane (Peppe Lanzetta) il boss del quartiere. E allora Pietro si arma di coraggio e va da o’Pescecane per chiedergli di lasciar stare per un po’ di tempo Davidello e gli racconta anche della storia della professoressa Caetani. O’Pescecane, insolitamete erudito, lo paragona a Virgilio quando scriveva versi per Augusto, definendolo sostanzialmente un leccapiedi. Ma Davidello il giorno dopo è a scuola da Pietro, perché “Qualcuno che stimo me lo ha chiesto”. E da che era scuro di capelli si presenta in versione biondo platinata o “biondo Marylin” come dice Pietro.

Arriva in classe Teresa piangendo e dicendo che gli assistenti sociali le hanno portato via i fratellini. La classe aggredisce Pietro credendo che sia stato lui a denunciare la cosa ai servizi civili. Ma Pietro li raduna tutti e li porta all’assessorato alle politiche della famiglia e con il funzionario riescono ad avere 24 ore di tempo per riportare la madre a riprendersi i figli.

Il problema ora è trovare la madre di Teresa e Nino che vive con il cantante neo-melodico di cui è gelosissima. Riescono a rintracciarla in una mega villa strafatta di cocaina e Teresa l’aggredisce e la costringe a tornare a casa per farle riavere i suoi fratellini. La donna resiste qualche giorno a fare la madre di famiglia ma poi scappa di nuovo sotto gli occhi dei figli.

A irrompere sulla scena come un fulmine a ciel sereno è una vecchia conoscenza di Pietro, il suo amico di infanzia Alberto La Manna ( Antonio Catania) che rivela all’amico di essere in punto di morte e di volersi mettere a posto con la giustizia degli uomini confessando l’omicidio commesso 30 anni prima ai danni dello spacciatore Lionello. Ma assicura Pietro che non farà il suo nome.

Pietro dopo qualche giorno racconda alla moglie dell’episodio di quando ragazzi lui e Alberto lanciarono tre molotov nel locale “Il sombrero” gestito da Lionello dove avveniva anche lo spaccio di eroina. Ignorando però che lo spacciatore stesse dormendo li. Dell’omicidio non fu accusato nessuno.Pietro però non intende lasciare solo Alberto in questa sua scelta e decide di intervenire con la sua versione dei fatti. Ed infatti sarà chiamato a deporre come testimone.

O’Pescecane va a cercare a scuola Pietro e gli dice che della faccenda della professoressa Caetano lui non gli ha detto tutto. Gli ha omesso di dire, cioè, che i due avevano aggredito la donna poiché questa gli aveva sottratto la “merce” cioé Maria. E dunque per punirlo richiama a se Davidello che l’indomani non si presenta più a scuola. Tra Gennaro e Lena nasce una storia e i due si baciano e li vede Nino che inizia ad essere geloso. Ma Pietro ha per lui una sorpresa, dopo che lo ha visto tirare pugni al cantante neo-melodico, ha deciso di presentarlo ad una scuola per pugili.

10/09/2008

'O PROFESSORE 2



O’ professore

QUESTA FICTION è STATA COMMOVENTE, EDUCATIVA, INTERESSANTE, ESTREMAENTE REALISTICA! PER UNA VOLTA LA TELEVISIONE HA TRASMESSO QUALCOSA DI UTILE E NON SOLO, MA ANCHE QUALCOSA CHE DIA VALORI VERI, VALORI GIUSTI! VOGLIAMO LA CONTINUAZIONE! FORZA PROFESSO’!
Commento di Giuliè Settembre 4, 2008

Si è vero una fiction veramente bella interessante;sono rimasta affascinata…kolpita…ma anche un pò dispiaciuta per kom è finita..purtroppo è la realtà di napoli !!!L’elemento fondamentale sono gli attori o meglio i giovani priotagonisti semplici e allo stesso tempo reali. sarebbe bello vedere il kontinuo di questa fiction,con qualche lieto-fine in più!!….complimenti a Davidello.
Commento di antonella : Settembre 4, 2008

Oddio che film stupendo aspetto con ansia il seguito!!!mi piace da morire davidello de O’ PROFESSORE con quegli occhi!!!non è che qualcuno può darmi il suo contatto di msn?se ce l’ha inviatemelo per la posta elettronica del mio contatto!!
Commento di greta — Settembre 2, 2008

Ottima fiction, anche se in stile “Cesaroni”, nel senso che forse è stata un pò alleggerita, ma ce ne renderemo meglio conto nel seguito…
Commento di Paolo Esposito — Settembre 2, 2008

anke a me piace quel film e anke davidello..Ma quel’è il suo vero nome ???xk senza il nome nn posso trovare sue foto!Ciao
Commento di Maria — Settembre 2, 2008

E se potete anke io vorrei il suo contatto..!!!cmq il suo nome è gennaro..vi prego scrivetelo qui il suo contatto…ciao baci..!!
Commento di maria — Settembre 2, 2008

Bellissima fiction, commossa fino alle lacrime.
Ma possibile che nemmeno quando viene fatto qualcosa di interessante e importante in tv, riuscite a evitare i commenti idioti??
Di tutto quello che avete visto, vi ricordate solo Davidello e volete il suo contatto -.-
Commento di Giulia — Settembre 3, 2008

Cmq pensa ai fatti tuoi..!!!! peccato ke sia morto nel film..xò il film è bellissimo,ma Davidello nn doveva proprio morire!!!…
Commento di Maria — Settembre 4, 2008

troppo bello come film… commossa fino le lacrime… davidello non doveva morire mi è dispiaciuto molto ma aspetto la continuazione del film… baci…
Commento di melania — Settembre 4, 2008

è stupendo quel film!!!! davvero magnifico!!! non vedo l’ora di vederne il seguito!!!!
Commento di Antonina — Settembre 4, 2008

TUTTI VOGLIAMO 'O PROFESSORE 2 , FORZA MEDIASET. MA DAVIDELLO E' MORTO, CHE SI FA? UFFA
Commento di chiara — Settembre 5, 2008

snz parole un film stupendoooo, niente paura scommetti che lo fanno risorgere? ci propineranno la storia dell'infanzia di Davidello in 'O professore 2, c'è da giurarci...
Commento di Margherita — Settembre 9, 2008

viva l’italia e la retorica….che ci vuoi fà…per questo prima o poi arrivera' pure 'O professore 2, niente paura!
Commento di Emanuele - settembre 9, 2008

Io l'ho già registrato e visto almeno 4 volte. A quando 'O professore 2?
Commento di Paolo - Settembre 9, 2008

sisi d’accordo con voi…davvero una fiction stupenda!! Si, ci vuole il seguito, Filodomini che esce di prigione, torna a scuola etc etc. FORZAAAAA!
Commento di Marc - Settembre 9, 2008

07/09/2008

E' ADA FEBBRAIO LA RIVELAZIONE DI 'O PROFESSORE

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E' Ada Febbraio la rivelazione de 'O professore
di Ferdinando Carcavallo

Quasi mai scrivo un post sulla televisione e men che mai lusinghiero relativamente ad un prodotto delle reti Mediaset. Non si tratta di un pregiudizio e a dimostrazione di ciò eccomi a manifestare pubblicamente il mio entusiasmo per quello che ho visto ieri sera su Canale 5. Spinto dalla presenza di Sergio Castellitto, attore eccelso anche se televisivamente sfruttato solo per mediocri biopic (Padre Pio, Ferrari, Coppi), mi sono apprestato alla visione della prima puntata de "'O professore" con la solita diffidenza, pronto a indignarmi per la presunta piattezza delle sceneggiatura e della retorica con la quale ancora una volta sarebbe stata rappresentata la mia città.
Tutt'altro. La fiction promette molto bene sotto diversi punti di vista, soprattutto per la cura dimostrata dal regista Maurizio Zaccaro nella direzione degli attori. Una recitazione moderna e mai artefatta con momenti di realismo tali da lasciare imbarazzati (in senso buono) soprattutto chi conosce dal vero il contesto sociale rappresentato. Oltre alle lodi dovute per Castellitto e al riconoscimento della professionalità di Luisa Ranieri, occorre spendere una parola particolare su una giovane promessa. Si tratta di Ada Febbraio, una ragazza napoletana di 17 anni che interpreta il ruolo difficile di Teresa. Fisicamente simile a Juliette Lewis, Ada Febbraio ha già lavorato nella fiction "Un posto al sole estate", dove però non le è stata data l'occasione di esprimere al meglio quella grinta e quel colore che ne "'O professore" non passano inosservate.

Molto indovinate anche le parti di Pietra Montecorvino (quasi irriconoscibile in look da prof) e di Rosaria de Cicco, per la quale arriva un riscatto atteso dopo l'abbandono di Ozpetek e il delirio del solito "Posto al sole".

'O PROFESSORE: UN UOMO PERBENE

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'O PROFESSORE
Pietro Filodomini è insegnante di italiano presso la “Maiello”, una scuola "speciale", un avamposto culturale nel cuore depresso e disperato di Napoli. Con l'aiuto di un corpo insegnante al femminile, Pietro recupera all'educazione scolastica di ben trentasei adolescenti abbandonati dalle famiglie e dalle istituzioni. Determinato e ostinato, 'o professore recupera porta a porta i suoi studenti, riscattandoli dalla prostituzione, dalla microcriminalità e dal reclutamento camorrista in cui si adopera “il Pescecane”, un arrogante malavitoso. Dal passato di Pietro riemerge però un episodio di violenza che lo costringe a testimoniare una verità dolorosa davanti alla legge e ai suoi ragazzi. La confessione e la presa di coscienza del professore diventano un’importante esperienza pedagogica che trasformerà radicalmente la loro giovane esistenza.

I personaggi dei film di Zaccaro sono quasi sempre "uomini perbene", normali e soli a causa del loro irrinunciabile bisogno di giustizia. Pietro Filodomini non fa eccezione; è un educatore in trincea che coordina un progetto educativo contro la dispersione scolastica e coltiva un sogno: portare trentasei ragazzi "abbandonati" nel ventre di Napoli alla licenza media. Lontano dall'essere un giustiziere, il professore napoletano non risponde ai metodi camorristi e alle provocazioni dei suoi studenti con spranghe e coltelli. Lo scontro fisico e frontale e il dispiegamento di violenza della "scuola" hollywoodiana vengono mutuati dalla disponibilità all'ascolto, dalle idee e dalle indicazioni di vita. Il film focalizza pertanto la sua attenzione sulla drammatica dimensione della gioventù partenopea, mettendo in scena tutta la fatica di essere adolescenti in una città che non vuole (o non può?) disfarsi della spazzatura materiale e morale che ingombra i suoi vicoli e impedisce l'espressione personale dei suoi figli.

Napoli diventa nella trasposizione televisiva di Zaccaro un autentico laboratorio sociale, un luogo in cui discutere sulle forme della conoscenza (operando una decisa critica verso un "sapere" mafioso costituito), un luogo privilegiato in cui si confrontano la cultura umanistica e la sottocultura camorrista, una città in cui si sperimentano relazioni importanti, docente-discente, e altre rispetto a quelle malavitose profondamente radicate nei costumi locali. L'educazione è il processo che permette di "tirare fuori" la conoscenza dall'individuo e la coscienza dell'individuo. Il professore del titolo è il compromesso tra struttura e istinto, tra lentezza burocratica e dinamismo criminale. Ma l'equilibrio non sembra essere una soluzione praticabile nella realtà partenopea. In questo punto preciso Zaccaro porta la sua opera da un piano sociale a quello politico. Sceglie così e di nuovo di raccontare una storia "contro", corrente col suo cinema e la sua visione del mondo e della vita. Tratto dal romanzo di Paola Tavella, "Gli ultimi della classe", 'O Professore evita la retorica del buon maestro, macchiando col peccato l'immacolato "libro cuore" di Pietro Filodomini. Sergio Castellitto interpreta l'ordinario eroismo di un professore. Gli otto protagonisti esordiscono efficacemente sul piccolo schermo, educati dall'autore allo spettacolo del mondo, invitati a "cogliere l'attimo" e a viverlo poeticamente.

E' stato un onore per me vedere un attore di serie A come Sergio Castellitto interpretare il lavoro che molti dei professori delle così dette "zone rosse di Napoli" svolgono ogni giorno. Far vedere a tutti napoletani la realtà che non si vuole accettare o meglio che preferiamo non accettare vista però nel contesto giovanile credo che sia stato di forte impatto. Ma io mi chiedo per quanto tempo ancora la gente potrà far finta che c'è del marcio nella loro città? In questi giorni chiedevo ai miei amici valutazioni su questo Telefilm e 3 su 5 credeva che forse per esigenze televisive avessero un po' "gonfiato" la realtà dei fatti.

Certo. Questo è il nostro alibi da sempre: "Come esageri mica è così grave". Si, perchè quando entri in una scuola e parlando con delle maestre loro ti raccontano che la sorellina di un alunna a soli 15 anni si prostituisce perchè la mamma così vuole si può far finta di niente. Oppure vedi bambini, che già a scuola vengono solo perchè alle mamme fa comodo depositarli lì , uscire in anticipo perchè devono andare dal padre in carcere poi arrivati a scuola minacciano dicendo che se la maestra lo sgrida di nuovo manda la madre.

Tra le tante storie che mia madre spesso mi racconta sulle giornate trascorse ad insegnare nelle zone di Barra, Ponticelli, Scampia e altre, ci fu una che mi colpì; durante l'intervallo mia madre si ferma a parlare con i suoi alunni e un bambino, che era tra i più vivaci, quando mia mamma gli chiede della famiglia le dice:"professo’ io ho tre padri. Il mio nu nè buon' stà n'galera, il papà del secondo fratello mio ha lasciato mamma tempo fa e il papà che ho ora è quello che ci cresce". E chi le immaginava tutte queste cose io fin da piccola ho sempre avuto un solo padre e una sola madre!!! Bambini che vivono con le nonne perchè o tutti e due i genitori sono in galera o nel peggiore dei casi uno e morto e l'altro è in galera. Forse se non avessimo sempre girato la faccia questi bambini ora non vivrebbero una vita che non hanno scelto. Forse se avessimo fatto qualcosa di veramente concreto per cambiare la melma che ci fa sprofondare giorno dopo giorno ora Napoli non sarebbe lo scherno del Nord. Quasi quasi direi che la gente spera che l'ancora di salvataggio per Napoli piombi così all'improvviso dal cielo. Allora avanti napoletani mettiamoci tutti con il naso all'aria e aspettiamo "il miracolo" che ci salvi forse questa illusione si avvera. Nel frattempo uso il tempo verbale che il professore Filodomini preferiva: Napoli sarà...

Autore/i articolo
Redattore giornale d'istituto - alboscuole
Irene DELLA VOLPE

05:54 Scritto da : bnbh | Link permanente | Commenti (1) | Segnala | OKNOtizie

06/09/2008

'O PROFESSORE LASCIATO SOLO

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'O professore lasciato da solo
NORMA RANGERI - il manifesto

I ragazzi di strada del rione Sanità, a Napoli, hanno il destino segnato, sono, come dice il titolo di un libro di Paola Tavella "Gli ultimi della classe", prede dei clan, vittime dell abbandono familiare, protagonisti della dispersione scolastica. Dal libro gli sceneggiatori Rulli e Petraglia hanno tratto la fiction in due puntate O'Professore (Canale5, lunedì e mercoledì), con Sergio Castellitto e Luisa Ranieri, e un brillante cast di giovani attori. A parte alcuni punti fermi come la giacca del professore (di velluto marrone, probabilmente la stessa del Tirabassi interprete di "I liceali"), il film diretto da Maurizio Zaccaro apriva su uno sfondo sociale drammaticamente veritiero, scandendo una vena narrativa ap- passionata. Per rappresentare la ferocia di un sistema (la malavita organizzata) che non trova ostacoli ma autostrade, nella sorda burocrazia dell' istituzione pubblica.
Sulle fragili spalle di ogni ragazzo il peso di tragedie senza speranza, se non quella di una scuola- rifugio animata da un gruppo di insegnanti decisi a salvarli. Innanzitutto con l esempio: Castellitto è o professore che tiene il timone senza paura, affrontando il boss del quartiere affamato di manovalanza fresca, è colui che passa più tempo nei vicoli che in classe, quello che tenta di declinare i verbi storpiati dalle strofe dei musicarelli napoletani («sarei una pazza se non ci verrei»), che recita poesie di Eduardo, ammonisce citando don Milani («ogni parola che non imparate oggi è un calcio nel culo domani»), e scodella la metafora del mito della caverna di Platone. Un Castellitto attento a non lasciarsi prendere la mano dal ruolo scivoloso del- l eroe.
A volte può succedere che le buone intenzioni siano lastricate di eccessive dosi di retorica: alla ragazza che ha appena partorito e non sa dove sbattere la testa, il professore recita «sei nella stessa posizione di tante madonne dipinte nei secoli». E quando arrivano i carabinieri per arrestarlo (perché o professore in gioventù ha anche tirato le molotov e ucciso, per disgrazia, lo spacciatore), la scena è plateale con finale strappalacrime. Ma si rimedia con l' ironia delle battute («ho il nonno tetraplegico», «non è italiano?»). La fiction era comunque una di quelle produzioni che escono dalla routine del melò per affrontare temi di dibattito pubblico. Di particolare attualità, specialmente in questi giorni, con i grembiulini, il 5 in condotta e il ritorno al maestro unico sulle prime pagine dei giornali. Non sarebbe stato insignificante organizzare una serata a tema, ospitare la ministra Gelmini per un franco confronto tra la pedagogia del film e la sua ottocentesca politica scolastica. Invece a Matrix, il talk show che seguiva, c era il ministro Brunetta con i suoi fannulloni da redimere.
nrangeri@ilmanifesto.it

'O PROFESSORE . ALDO GRASSO E IL DIBATTITO

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O' Professore non sveglia il dibattito
Piero Angela Spartaco superato da O' Professore. Ultime battute per l' estivo «Superquark» di Piero Angela, che ricostruisce la figura storica di Spartaco. Per Raiuno 2.993.000 spettatori, 14,9% di share. Vincitori e vintiSergio Castellitto ' O Professore batte il gladiatore Spartaco. Vince la serata tv la seconda puntata della fiction scolastica interpretata da Sergio Castellitto. Per Canale 5 gli spettatori sono 4.775.000, 24,1% di share. *** M i immaginavo che l' uscita in chiaro di «O' Professore», miniserie in due puntate scritta da Rulli & Petraglia e diretta da Maurizio Zaccaro, suscitasse un mare di discussioni (Canale 5, lunedì e mercoledì, ore 21,10). L' avevo recensita quando era andata in onda sul digitale terrestre (Joi) attento più alle componenti di linguaggio che non ai risvolti sociali. Immaginavo appunto che la riproposta sulla tv generalista facesse da volano a una serie di problemi di cui la fiction parla: il progetto Chance, un esperimento fatto a Napoli per recuperare ragazzi perduti o espulsi dalla scuola normale e portarli almeno alla licenza media, il Sud e la scuola, la dispersione scolastica. In un momento in cui il ministro dell' Istruzione Mariastella Gelmini ha reintrodotto gli esami di ammissione a settembre per chi deve recuperare crediti (e lo spostamento in avanti dell' inizio dell' anno scolastico), la bocciatura con il 7 in condotta, le divise scolastiche e 33 ore all' anno di educazione civica, questa fiction era l' ideale per aprire un dibattito sulle difficoltà dell' istruzione o sulla scuola come avamposto per combattere, attraverso la cultura umanistica, le sottoculture mafiose profondamente radicate nei costumi locali. Chissà, forse i dibattiti seri non nascono mai da occasioni concrete. Così dell' istruzione nel Sud d' Italia rimangono due «luoghi comuni»: da una parte la scuola di frontiera raffigurata da Maurizio Zaccaro, con una particolare attenzione alla drammaticità della situazione, agli insegnanti missionari (come quello interpretato da Sergio Castellitto), al recupero degli studenti; dall' altra, invece, la scuola facile, dove persino dal profondo Nord scendono a fare gli esami perché le selezioni sono più facili, o è più facile taroccarle. Anche questa parte meriterebbe una fiction.

Grasso Aldo

Pagina 69
(5 settembre 2008) - Corriere della Sera

05/09/2008

'O PROFESSORE - CON LE PAROLE RIDI, CON GLI OCCHI NO

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L'eroico professore in .... O' PROFESSORE
Un'Opinione di viola78 su O' Professore (M. Zaccaro - Italia 2007) (4 Settembre 2008)
La valutazione :

Regia ottima
Attori geniali
Sceneggiatura ottima
Colonna Sonora perfetta

Canale 5 ha proposto in tv per due sere (lunedì 01 settembre e mercoledì 03 settembre) un film dal titolo O' Professore interpretato da un bravissimo Sergio Castellitto (che interpreta la parte del Professore Pietro Filodomini, insegnante di italiano) con la partecipazione di Luisa Ranieri (attrice napoletana) e di Gianni Ferri (attore napoletano, interprete anche di Distretto di Polizia).
Il regista de O' Professore è Maurizio Zaccaro che, con questo film, ha voluto raccontare una storia sociale e politica per esporre Napoli.
O' Professore è tratto da un romanzo di Paola Tavella Gli ultimi della classe

Il film è stato girato interamente a Napoli, nella zona di Scampia luogo depresso e disperato di Napoli, dove il Professor Pietro Filodomini, uomo ostinato e determinato, va di casa in casa a recuperare i ragazzi affinché questi lascino alle loro spalle storie di prostituzione, microcriminalità e camorra. Pietro, anche con l'aiuto di un corpo insegnanti tutto al femminile, riesce, con la sua determinazione, a portare alla licenza media 36 ragazzi.
Pietro Filodomini, alias Sergio Castellitto, è un educatore che non risponde ai metodi della camorra ed alle provocazioni dei suoi studenti che si presentano con spranghe e coltelli.

Zaccaro con il suo film vuole evidenziare la drammatica realtà della gioventù partenopea mettendo in scena la fatica di essere adolescenti in una città che non vuole, o non può, cancellare e disfarsi sia della spazzatura materiale che morale che invade i vicoli di Napoli, e tutto ciò impedisce l'espressione dei suoi figli: noi napoletani.
Con questo film la città di Napoli diventa un vero e proprio laboratorio sociale, un luogo dove si confrontano faccia a faccia la cultura umanistica e la sottocultura camorristica.

Il regista ha scelto diversi ragazzi (alle prime armi come attori) per interpretare gli alunni di Pietro Filodomini, tra cui otto sono i protagonisti tra i quali c'è un ragazzo molto caro al Professore: Davidello, che purtroppo vive una vita molto turbolenta. A causa della camorra ha perso il padre e proprio colui che ha tolto il genitore a Davidello, lo recluta nella sua banda di camorra. Un giorno però non potendone più e dopo aver visto la mamma uscire da quella fastosa villa e andare il giorno seguente da quello detto il Pescecane, il ragazzo si direge lì e lo minaccia con una pistola che però gli viene tolta dal camorrista, che lo invita in maniera molto brusca ad andarsene. Così Davidello sale in sella al suo scooter e parte a tutta velocità fino a terminare la sua folle corsa contro un pullman schiantandosi al suolo e perdendo la vita.

Una frase di Davidello: con le parole ridi, ma con gli occhi no

Il film oltre che drammatico, in certi casi è anche divertente. Ricordo una frase detta da un alunno al suo professore Pietro Filodomini, in un momento di gelosia del ragazzo che vede un suo compagno di classe che bacia una loro compagna, della quale lui aveva fatto un pensierino
il piccolo dialogo

Professore: "come si dice al rione tuo uno geloso, invidioso?"
Alunno: "m'mmrius professò"
Professore: "bravo … mmrius"
Alunno: "ma vaf….. professò"

Mie osservazioni
Il film mi è piaciuto molto. L'interprete, Sergio Castellitto, ha indossato bene le vesti del professore Filodomini, che con la sua determinazione ed eroismo è riuscito a portare sulla giusta via ragazzi che ormai erano lasciati a se stessi, ragazzi che forse, senza l'aiuto dell'eroico professore, avrebbero intrapreso brutte e sbagliate strade.

A me il ruolo da lui interpretato mi è piaciuto tanto e mi congratulo con il regista che ha scelto per questa parte un attore davvero magnifico capace di vestire i panni di qualunque personaggio lui interpreta (da ricordare anche il film Padre Pio, un'interpretazione davvero da Oscar)

'O PROFESSORE - UNA FICTION SENZA DIFETTI

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Stefania Carini per Europa

"O' professore riesce a ritrarre senza troppo sentimentalismo la vita di ragazzi senza speranza e tratteggia con cura il personaggio del professore grazie anche alla bravura di Castellitto, sempre convincente e misurato. Certo, O' professore è didascalico e a Castellitto sono delegate lunghe battute sulla dispersione scolastica e la difficile situazione dei ragazzi 'fratelli di giovani tossici e figli di madri zoccole'. Ma O' professore si distanzia dal solito prodotto italiano, quello che non ci è mai piaciuto e che ormai è vituperato da tutti. O' professore infatti non ha difetti (sceneggiatura raffazzonata, attori improbabili, regia senza valore, storia senza anima) di tanta nostra tv".

GIANLUCA DI GENNARO AI FANS

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"ciao ragazzi... volevo ringraziare tutti per i complimenti,gentilissimi..un bacio a tutte le ragazze in linea.ciao e grazie ancora.
Gianluca Di Gennaro"

04/09/2008

'O PROFESSORE , UN ESEMPIO DI GRANDISSIMO VALORE SOCIALE

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Giancarlo Scheri: ''O' Professore, un esempio di grandissimo valore sociale''
News del 04.09.2008 ore 12:00

Grande successo per il film TV ‘O Professore, in onda in prima serata su Canale 5 (la prima parte lunedì 1 settembre e la seconda parte ieri sera 3 settembre), che ha ottenuto complessivamente un ascolto medio di 4.636.838 telespettatori ed una share del 23% sul target 15-64, con una concentrazione di ascolto tra le fasce più giovani, ossia quelle comprese tra i 16 ed i 35 anni.
Il pubblico da casa ha accolto con grande entusiasmo le vicende di Pietro (Sergio Castellitto), appassionato maestro di italiano, che cerca di riportare a scuola un gruppo di ragazzi difficili dei quartieri poveri di Napoli, toccando picchi di ascolto di oltre 5.500.000 di individui e più del 34% di share commerciale.
Ne abbiamo parlato con Giancarlo Scheri, direttore fiction di Mediaset: ''I risultati ottenuti sono l’ulteriore conferma dell’elevata qualità della fiction Mediaset che con ‘O Professore tocca uno dei momenti più intensi della nuova stagione. Un cast d’eccezione che, oltre al grande Sergio Castellitto, vede una splendida Luisa Ranieri ed una toccante Donatella Finocchiaro per una magistrale regia, quella di Maurizio Zaccaro, che ha saputo selezionare tra oltre 3000 ragazzi di Napoli un gruppo di nuovi volti, unici e straordinari.
Il nostro ringraziamento va, pertanto a tutto il cast, al regista ed ai produttori Grundy Italia e Alien Produzioni per aver realizzato, ancora una volta, un film di grandissimo valore sociale e di rara poesia.''

2 PAROLE CON PEPPE LANZETTA: 'O PESCECANE

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«Il cinema mi vuole così, spiega lo scrittore-attore Peppe Lanzetta, io sognavo di fare il prete, il cardinale, ma forse il mio viso cupo invoglia i registi a darmi ruoli da infame. Stavolta mi tocca ‘O pescecane, che ha una tresca con la madre di Davidiello. Tra le cose che mi eccitano di più c’è l’organizzazione di incontri clandestini di boxe coreana. Quello che mi attrae del mio ruolo ne “Il Professore”, aggiunge, è la profondità con la quale è descritto il carattere del boss. Vivo queste situazioni come momento artistico. Una volta si diceva “It’only rock’n’roll”. Così mi tocca dire’lt’s only fiction”. Essendo figlio di questa immensa città non mi va a genio che mentre al Madre ci sia un piano dedicato a Kounellis o Baselitz e nel vicolo accanto puoi pigliare una pistolettata alla nuca. E non mi piace la borghesia che allontana l’argomento dicendo degli altri ceti un “fin quando si scannano tra di loro” . Napoli la vivo tanto. E avverto un. pesante smarrimento della gente, una mutazione antropologica».

‘O PROFESSORE, SECONDA ED ULTIMA PUNTATA: UNO SPRECO MANDARLA FUORI GARANZIA?

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Di EL BARTO

In barba ad ogni qualsiasi riflessione circa la fine dell’estate relativamente anche al mezzo televisivo, pensiero secondo cui per quanto riguarda le reti generaliste sia visibile il fatto che stiano per iniziare a carburare ed assimilare nuove energie per affrontare al meglio la nuova stagione televisiva, c’è chi parte in quarta e snocciola, apparentemente senza criterio, i suoi prodotti, i suoi pezzi forti. Parliamo di Canale5 che in questo inizio settimana tutto fiction, per la quale ha dedicato ben cinque prime serate su sette, ha mandato e continuerà a mandare in onda dei prodotti che, per quelli già trasmessi, stanno riscuotendo un buon successo. Uno di questi è, come già ampiamente descritto nel post di critica conseguente la fine della prima puntata, è ‘O professore, la fiction prodotta da Grundy Italia ed interpretata da Sergio Castellitto. Il giudizio su questa miniserie, dopo la visione della seconda ed ultima puntata, rimane inalterato, se non migliorato in positività.

Quelle che erano le caratteristiche e i punti di qualità ritrovati nella prima parte sono, parallelamente, rinvenibili nella seconda, nella quale, però, cresce e si sviluppa la costante emozione. Se, infatti, nella puntata di lunedì era stata preferita la nuda rappresentazione e messa in scena della tematica basale su cui poggia lo snodarsi delle oltre tre ore di girato, ossia quella della dispersione scolastica, nella seconda c’è un’evoluzione della stessa che si intreccia, oltre che ovviamente alle vicende di ogni singolo alunno, anche all’immancabile storia personale del protagonista, il professor Pietro Filodomini. Era, però, impensabile che l’azione eroica di quest’ultimo rivoltasse uno dei più drammatici scenari del napoletano, e proprio per questo alcune singolarità del gruppo classe continuano per una propria strada che svia quanto deciso insieme al professore. È, ad esempio, il caso di Davidello, il ribelle del gruppo, orfano di padre, che vive alla mercé del, come potremmo dire riferendoci al passato, signorotto del paese, quello che ai nostri giorni altro non è che il boss della metropoli. Una mentalità chiusa ma recalcitrante. La fine del ragazzo è cosa nota. Schiantatosi sulla facciata laterale di un autobus perde la vita, tra la finta ed ipocrita disperazione di chi ha assistito alla scena e le lacrime del professore Castellitto, che segue i suoi 36 figli in maniera fedele, paterna.

Un tale esempio di evoluzione del concept primario della fiction però non è invasivo, non intacca la sua vulnerabilità ma, anzi, è normale prosecuzione del trattamento della stessa e come tale, fortunatamente, è visto ed è reso. Il lieto fine è doveroso, seppur non completo. Arrivati all’esame finale, tra le varie intemperie e le disparate mancanze riguardanti gli alunni, c’è chi non lo passa. Ed è il caso di Anna, una delle protagoniste della miniserie per il suo commuovente presente, raffigurazione televisiva dell'effigie della ragazza madre. Non ammessa è la dicitura affissa al quadro esposto in bacheca, e a poco basta il romanzo sulla Napoli futuristica. Le sue parole fanno da base all’ultimo atto della fiction, quello in cui il passato del prof. Pietro è tale da sovvertire ogni qualsiasi buona azione commessa successivamente, è tale che riaffiora prepotentemente nel suo oramai consueto. Mandato d’arresto, su cui sono versate le lacrime di chiunque abbia avuto a che fare con lui.

Ebbene, anche in questo caso, l’evidente emozione che ha vestito chi ha visto la fiction non era fuori luogo, ma è vissuta come testimonianza di quanto presa abbia fatto il protagonista sul pubblico che ne ammira l’eroicità, ne contempla la bontà, ne apprezza l’incredibile umanità. L’immagine risultante del partenopeo è pari al mettersi in ginocchio, è claudicante, è mortificata. Ma reale. La denuncia, il mettere in evidenza ciò che è stato, ciò che è, e probabilmente ciò che, si spera in sempre minor parte, sarà, è stato impeccabile, senza sbavature. La bravura di Castellitto e dei ragazzi hanno fatto il resto. Una fiction ben realizzata, ben girata, ben interpretata che, però, meritava un altro destino. La data di messa in onda ha infatti depotenzializzato le capacità intrinseche della miniserie, e per il suo tema che è il classico che riunisce la massa, è motivo di riflessione. Perché il 1° ed il 3 settembre e non più avanti, a garanzia avviata? Uno spreco, quindi. Un ipotetico fiore all’occhiello, però.

EL BARTO

'O PROFESSORE VINCE ANCHE LA SECONDA SERATA TELEVISIVA

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Ascolti Tv di mercoledì 3 settembre 2008:

La serata è stata vinta nettamente dalla seconda puntata della miniserie di Canale 5 ‘O Professore, che guadagnando qualche migliaio chiude in bellezza a quattro milioni ottocentomila telespettatori con uno splendido share del 24,11%, staccando cosi di dieci punti tutti i concorrenti.

22:04 Scritto da : bnbh | Link permanente | Commenti (0) | Segnala | OKNOtizie

STANNO ARRIVANDO TANTI MESSAGGI DAI GIOVANI FANS PER I PROTAGONISTI DI 'O PROFESSORE. NE ABBIAMO SELEZIONATI 7 FRA I PIU' BELLI. GRAZIE RAGAZZI, IL VOSTRO AFFETTO E' DAVVERO UNICO!.

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fede ha scritto:
"ciao raga...ank'io cm voi ho visto il film 'o professore e sn rimasta colpita xke nn credevo che avrei pianto così tanto...ebbene si ho pianto fino alla fine del film...vbb cmq volevo fare i miei komplimenti a tt il cast ma soprattutto a gianluca di gennaro,gennaro mirto,umberto nesi e ada febbraio...davvero raga siete stati bravissimi ad interpretare la parte di ragazzi che sn in diffikoltà...vbb poi oltre tt i raga so tropp frisk e ada è bravissimissimissima...davvero komplimenti a tt...kissssssssssssssss..."

alessandra ha scritto:
"oddio davidello sei stupendo... mannaggia a te mi hai fatto piangere quando hai fatto finta di morire xo ti prg fatti sentire se tieni msn un bacione azzekkus dalla tua fans numero 1"

lulla483 ha scritto:
"zauuuuuuu raga...siete bravissimiiiiiiiiii...vi adoro davvero...
siete gli unici raga di 1 fiction ke mi hanno davvero emozionato...
io le altre fiction nn le guardo,perche' cmq credo ke nn insegnino nnt,cmq nn giudico
viato ke nn le suguo...qst 2 puntate mi hanno davvero insegnato tantissime cose...
spero ke ci sarà il seguel:):):)..ke karini ke siete...ma quindi voi avete davvero 17 anni?se ho capito bn?bhe cmq davvero bravi,anke mlt bravo castellito,ad avere 1 prof così!!!
kiss a tutti...

lbutterfly ha scritto:
"sono una ragazza di 22anni e studio scienze della comunicazione a napoli e ho seguito cm tutti o professore...film ben fatto storia forte cast ottimo mi ha colpito...ma..nn vorrei cadere nel banale...nonostante la mia età...trovo gianluca di gennaro sexy da morire oltre ke una promessa cm attore...."

marty ha scritto:
"ciaooooo...ieri è stata l'ultima puntata.....:'( .....ke agoniaaaaaaaa......mi è piaciuta tantiximo qst puntata.....mi sn commossa alla fine.....hihi.....martina russo sei stat bravissima....mi è piaciuta molto l'ultima parte in kui scrivevi al futuro......complimenti davvero !!!complimenti anke a tt i ragazzi siete bravissimi.....speriamo ke ci sia un seguito.....ciaooooooo p.s ada e martina siete fantastikeeeeee....vi adorooooo...:)"

secondigliano95 ha scritto:
"ciao volevo dire che avete molto talento..e tutti noi voremmo avere un professore come nella fiction nel quale potremmo confidarci..che ci aiuterebbe in qualsiasi momento..specialmente qui a secondigliano..che la maggior parte la famiglia non accudisce i proprio figli e li lascia vivendo per strada e cosi si "incrociano" in strade dove nessuno li aiuta..io oggi sono semplicemente fortunata ad avere una famiglia cosi..anche se non mi compra il motorino o a volte le scarpette che desidero(ma nn mi hanno mai fatta mancare nulla) ma almeno mi danno quello che gli altri non danno ai proprio figli l'amore..e a me questo serve,questo mi rende importante..non mi rende importante o motorin..e scarpett per forz original..ma a me conta di quello che mi trasmettono i miei genitori oppure se ritorno a casa con qualche guaio conbinato cercano di farmi capire che quella cosa se la faccio e peggio x me..con loro ho imparato a sognare..con loro ho imparato a vivere la vita amandomi con gli altri..con loro ho imparato che la scuola non serve solo per studiare (si anke x qll) ma anke a condividere con ki ne ha bisogno..con chi e sfortunato..x questo oggi ringrazio i miei professori de miro,starace,avallone..ecc..e la mia famiglia e amici che non mi fanno mancare "nulla"..complimenti per il fiml avete molto talento e da qst film ho kpt tt queste kose.
simona ha scritto:
"è stato bellissimo o professore!!!!!una storia troppo bella ma ci dv stare un continuo uffa!!!!!

graia ha scritto:
"ciao ada anche tu 6 stata fenomenale!!! uno 6 davvero simpaticissima 2 hai interpretato il ruolo alla grande!! davvero 6 stata magnifika!! ho letto che nn hai studiato recitazione prima ma x come hai recitato sembravi non so una ke km minimo studiava da 30 anni x la tua bravura... se ti va aggiungimi zazzy95@live.it .. mi piacerbbe parlare con un attrice bravixx come te... baci grazia"

'O PROFESSORE - VIDEOCOMMENTO DI ALDO GRASSO

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SE VOLETE VEDERE IL VIDEO DI ALDO GRASSO: http://video.corriere.it?vxSiteId=404a0ad6-6216-4e10-abfe-f4f6959487fd&vxChannel;=Appuntamenti&vxClipId;=2524_78c73ed6-79b1-11dd-9aa0-00144f02aabc&vxBitrate;=300

Francesca - Giovedì, 04 Settembre 2008

O' Professore... non me lo aspettavo. Ho seguito con interesse la mini serie in 2 puntate con protagonista Sergio Castellitto, rivalutendo l'attore che non mi era mai apparso così simpatico...complimenti poi a tutti i 36 alunni che per 2 sere sono entrati in casa mia con le loro vite...sono contenta che Mediaset lo abbia trasmesso in questi giorni, prima dell'inizio della scuola dando così l'opportunità a, spero, molti di seguirlo.

carlo candio - Giovedì, 04 Settembre 2008

"o'professore" : una fiction da applausi

gent. prof.Grasso,

proprio ieri Le scrivevo inorridito per la messa in onda su Mediaset di "Medici miei" e di "Il sangue e la rosa",poi mi sono imbattuto nell'ultima ora di "o'professore". Ma che grande emozione! Ottima recitazione del cast intero, regia a tratti "americana", sceneggiatura e dialoghi all'altezza della situazione, forse una colonna sonora un pò tronfia e non adeguata.

Domando:

1)E' vero che questo sceneggiato di qualità ha avuto difficoltà di programmazione?

2)Non era questa una bella occasione di approfondimento sui mille risvolti sociali e culturali che la fiction affrontava?

3)Non è questa opera televisiva un esempio di riscossa autorale e interpretativa?

4)...e allora perchè insistere con comici che non fanno ridere, sceneggiatori che non sanno scrivere, attori inespressivi (eufemismo!)

5)Ma il nostro cervello dobbiamo proprio mandarlo all'ammasso tra botole e pacchi?

6)la situazione manageriale della tivù italiane è proprio "Irredimibile"?

7)e ultima domanda:MA PERCHE'CONTINUA LA SOTTILE VIOLENZA DELLA PRIMA SERATA ALLE 21,30?

BASTA! FACCIAMO QUALCOSA!

pino - Giovedì, 04 Settembre 2008

la moglie del professore
Prof. ho seguito la sua recensione in video sulla fiction "'O Professore". Perfetta. Ma mi tolga una curiosità. Lei ha affermato che Luisa Ranieri è troppo bella per essere la moglie di un professore. Cos'è che le fa pensare che i professori non possano avere mogli belle? Mi sembra che lei si tiri un po' la zappa sui piedi. Preciso che non sono un professore ma immagino la contrarietà dei professori che abbiano visto la sua recensione.
Risposta di Aldo Grasso - Giovedì, 04 Settembre 2008

Ho detto che è troppo bella per immolarsi alla dispersione scolastica.


Anonimo MTV - Giovedì, 04 Settembre 2008

'O Professore e altri
Ieri Pippo si lamentava,con ragione, dell'ennesima messa in onda di un telefilm di Montalbano, visto e rivisto, come io mi lamentavo della cinquantacinquesima proiezione di Pretty Women e giustamente si chiedeva perché in prima serata non venivano trasmessi film, belli ed interessanti, messi invece in onda in ore antelucane!

Qualcuno ce lo può spiegare? Comunque sempre meglio rivedersi un Montalbano d.o.c.che una boiata qualsiasi.
Ieri scrivevo dei messaggi di amore e tolleranza mandati da don Matteo (tra l'altro Terence Hill deve essere un buono proprio di suo)come Montalbano invia messaggi di giustizia civica e laica.
La mini serie 'O Professore si inserisce in questo filone: seppur con qualche forzatura,coloritura eccessiva, prevedibilità,il film con Castellitto ha saputo offrirci uno spaccato di una certa società che purtroppo esiste veramente e di come alcune persone,qui insegnanti, cerchino con grande fatica e pochi mezzi di opporvisi!
Sono messaggi importanti, modelli a cui riferirsi,che andrebbero raddoppiati per tentare di arginare la dilagante volgarità televisiva e non,la pochezza di certi programmi e il vuoto di idee e valori, che mi pare stia intaccando alla base la nostra società come una carie maligna.
Nel loro piccolo anche i telefilm possono aiutare!



20:27 Scritto da : bnbh | Link permanente | Commenti (0) | Segnala | OKNOtizie