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Ingiuria, Diffamazione e Calunnia Stampa E-mail

 

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INGIURIA

Il reato di Ingiuria è previsto dall’art. 594 c.p.  il quale sanziona chiunque offenda l’onore o il decoro di una persona presente; per espressa previsione del secondo comma del reato risponde anche chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa.

Quanto alla condotta, bisogna affermare che, accanto all’offesa verbale, rileva anche quella simbolica, commessa, cioè, ricorrendo ad atti, immagini od oggetti dal significato univocamente offensivo dell’onore e del decoro altrui.

In dottrina, accanto all’ingiuria diretta si configura anche quella indiretta, consistente nell’oltraggiare una persona mediante offese rivolte a persone legategli da vincoli di parentela o amicizia, e quella riflessa, consistente in una offesa che, dopo aver colpito la persona  alla quale era diretta, colpisce anche una persona diversa.

Si è detto che l’offesa deve essere compiuta , nel reato di ingiuria, alla presenza dell’offeso; si discute su come vada intesa tale presenza.

Secondo alcuni basterebbe un mero rapporto oggettivo di presenza dell’offeso e di sua contiguità con l’offensore.

Secondo altri alla presenza in senso oggettivo dovrebbe accompagnarsi anche la possibilità di percezione dell’offesa.

Secondo la giurisprudenza prevalente, infine, alla presenza fisica deve accompagnarsi anche l’effettiva percezione dell’offesa, effettiva percezione che costituirebbe appunto il momento consumativo del reato.

Al riguardo la giurisprudenza ha ritenuto sussistente il reato di ingiuria anche nel caso in cui il soggetto passivo, non in possesso di un perfetto senso dell’udito o per distrazione o rumori interferenti, non sia riuscito a percepire l’esatta portata delle espressioni a lui rivolte, ma ne sia stato immediatamente informato da altre persone presenti.

Quanto all’elemento soggettivo, è sufficiente il solo dolo generico, e cioè la coscienza e la volontà del fatto costituito dalla pronuncia o scrittura di espressioni o del compimento di atti ingiuriosi con la consapevolezza della loro attitudine offensiva.

E’ richiesta la consapevolezza della presenza dell’offeso. Infatti l’errore sulla sua presenza,  e cioè ritenerlo assente al momento in cui si pronuncia l’offesa, esclude il dolo e quindi il reato, salva la possibilità che nel fatto possa configurarsi il diverso delitto di diffamazione, ove siano presenti più persone.

La persona che si rende colpevole  del reato in questione è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a euro 516.

DIFFAMAZIONE


Il reato di diffamazione, previsto dall’art. 595 c.p., è inserito nel capo relativo ai delitti contro l’onore e consiste nel fatto  di chi, comunicando con più persone, offende la reputazione di una persona non presente.

E’ necessaria la presenza di tre requisiti:

-         assenza dell’offeso: nella diffamazione, infatti, l’offeso non deve essere in  grado di percepire l’espressione oltraggiosa.

-         L’offesa deve riguardare l’altrui reputazione.

-         La comunicazione a più persone: e cioè la divulgazione ad almeno due persone del fatto offensivo; è necessario che le più persone percepiscano il fatto offensivo. Il delitto si consuma, appunto, con la percezione da parte delle due o più persone del fatto offensivo.

Dottrina e giurisprudenza ritengono pacificamente che la diffusione di notizie diffamatorie a mezzo internet integri, quanto meno, gli estremi del reato di cui all’art. 595 comma 3 c.p.

Ed infatti anche se l’agente immette il messaggio in rete, l’azione è, ovviamente, idonea a ledere i beni giuridici dell’onore e della reputazione.

Per quanto specificamente riguarda il reato di diffamazione, è infatti noto che esso si consuma anche se la comunicazione con più persone e/o la percezione da parte di costoro del messaggio non siano contemporanee ( alla trasmissione ) e contestuali ( tra di loro ), ben potendo i destinatari trovarsi persino a grande distanza gli uni dagli altri, ovvero dall’agente.

Inoltre nel caso  in cui l’agente crei o utilizzi uno spazio web, la comunicazione deve intendersi diretta ad un numero indeterminato di persone.

Ne deriva che la diffusione in internet di notizie oggettivamente lesive della reputazione integra una delle ipotesi aggravate di cui all’art. 595 c.p. ( comma terzo che parla di offesa recata con qualsiasi altro mezzo di pubblicità ). Anche in questo caso la particolare diffusività del mezzo usato per propagare il messaggio denigratorio rende l’agente meritevole di un più severo trattamento penale.

CALUNNIA

Il contenuto normativo dell'articolo 368 c.p. punisce “chiunque, con denunzia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all'Autorità giudiziaria o ad altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, incolpa di un reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato, è punito con la reclusione da due a sei anni.

La pena è aumentata se s'incolpa taluno di un reato per il quale la legge stabilisce la reclusione superiore nel massimo a dieci anni, o un'altra pena più grave.

La reclusione è da quattro a dodici anni, se dal fatto deriva una condanna alla reclusione superiore a cinque anni; è da sei a venti anni, se dal fatto deriva una condanna all'ergastolo.

Per quanto riguarda l’elemento psicologico, si richiede la coscienza e la volontà di incolpare di un reato una persona che si sa essere innocente.

La giurisprudenza, pressocchè unanimemente, ritiene che la falsa denuncia di smarrimento di un assegno integri il delitto di Calunnia, in quanto si simula a carico del prenditore del titolo,il quale potrebbe agevolmente risalire al titolare del conto e restituire il modulo, il reato di furto o ricettazione.

 


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