Il Vietnam di Ennio Iacobucci

Il fotografo di guerra che sfiorò il premio Pulitzer

Ennio Iacobucci in VietnamPESCARA – Era nato a Morrea, secondo Stefano Zaina, titolare dell’Antica Osteria Zahrtmann di Civita d’Antino. Le biografie ufficiali dicono che Ennio Iacobucci, il primo fotografo di guerra italiano, era nato a San Vincenzo Valle Roveto. Una vita breve e avventurosa, una continua ricerca della propria dimensione esistenziale, un’esistenza vissuta sempre sul filo del rischio e dell’adrenalina, attraversando tutte le fasi della guerra del Vietnam da protagonista e testimone, come se avesse interpretato da protagonista tutti i film del “genere Vietnam” da “Apocalypse now” a “Urla del silenzio”.  Solo che la sua non è stata fiction ma vita vissuta che l’ha segnato profondamente.

Ennio Iacobucci - VietnamA fine giugno scorso è venuta meno uno degli otto abitanti della frazione di Morino,  Morrea appunto, per la celebrazione funebre si è rispolverata un’antica tradizione di questo lembo d’Abruzzo: le zampogne e le ciaramelle. Ennio Iacobucci, dopo un’infanzia e un’adolescenza poverissime, è scappato da questo mondo arcaico verso Roma, il sogno di molti giovani abruzzesi; la città che stava scoprendo gli agi del boom economico e della dolce vita non aveva ancora spento le sue luci sulle speranze di un futuro migliore. Cominciò dal basso, Ennio, facendo il lustrascarpe alla fine degli anni Cinquanta dal mitico Cannolicchio in via Basento, un altro rovetano che aveva trovato il suo posto al sole e che non lesinò una mano al conterraneo.

Da lustrascarpe a sfiorare il premio Pulitzer. L’aveva candidato il New York Times: nel 1975 era stato l’unico occidentale a testimoniare con i suoi scatti l’ingresso dei khmer rossi a Phnom Penh. All’interno di questa parabola esistenziale il tormento e l’estasi di un creativo che non riuscì mai a staccarsi dalla lunga esperienza a Saigon.

Ennio Iacobucci - VietnamDi questo e molto altro parlano Bernardo Valli, inviato di Repubblica, e Vittorio Morelli, inviato dell’Agi, nel bel catalogo intitolato “Vietnam, fotografie di guerra di Ennio Iacobucci 1968-1975” che ha accompagnato la mostra del 2008 voluta _ insieme alla pubblicazione _ dal comune di Roma.

«Campava vendendo le sue fotografie giorno per giorno e le immagini doveva andarle a cercare», ricorda Bernardo Valli, che aveva conosciuto il fotografo rovetano a Singapore, a casa di Tiziano Terzani. «Ennio era un uomo semplice. Aveva un certo gusto per il rischio e in quella guerra aveva trovato un ritmo di vita che gli si confaceva». Per amore dello scoop giornalistico rischiò parecchie volte la pelle. La vittoria vietcong a Qang Tri, a ridosso della zona smilitarizzata, la dette per telefono nonostante le difficoltà di comunicazione dell’epoca, nonostante gli americani avessero vietato la diffusione della notizia. Fu inseguito nella giungla da un graduato intenzionato a sparargli, trovò una moto abbandonata e riparò rocambolescamente a Saigon dopo aver attraversato le linee.

Ennio Iacobucci - VietnamFu il giornalista australiano Derek Wilson a regalargli una vecchia Praktica con la quale iniziò la carriera di inviato di guerra, seguendo la guerra dei Sei Giorni in Israele e sulla penisola del Sinai sulle tracce di Moshe Dayan, il generale israeliano che sbaragliò l’esercito egiziano in un batter d’occhio. Insieme a Wilson e Oriana Fallaci ebbe il suo “battesimo” nella sporca guerra nel sud-est asiatico. A Cholon, sotto il tiro dei cecchini, da una momento all’altro impallinati nonosante la macchina porti scritta a caratteri cubitali “stampa”. Si rammaricherà a lungo con la Fallaci e l’amico Derek per aver manifestato terrore in maniera smodata per la situazione che stavano vivendo. Una reazione inspiegabile se si guarda al resto della sua esperienza nel sud-est asiatico. Era il vero portatore di notizie ai giornalisti in attea di notizie davanti a un bicchiere all’hotel Continental.

«La pace quella vera è la sua vera nemica _ prosegue l’inviato di Repubblica _ tornato in Italia dalla Cambogia si lascia andare e dopo poco, deluso soprattutto dai colleghi che gli chiudono tutte le porte si toglie la vita come la collega americana Sarah Web».

«Inquietudine, tormento e un sorriso fragile», sono questi i tratti distintivi di Iacobucci per Vittorio Morelli. «A 28 anni è già in Vietnam. Timido, introverso, parla inglese, francese e un italiano strano, intercalato da misteriose espressioni dialettali abruzzesi”.

Ennio Iacobucci - VietnamLa famiglia è poverissima, a un anno lo affida a un istituto religioso, fa le elementari  e impara a far il pastore. A 15 anni torna in famiglia.

Nella Roma delle Olimpiadi incontra Wilson, inviato della Reuters, dopo aver fatto il lustrascarpe _ come detto _ si ricicla come fattorino nell’agenzia dove lavora l’amico. Per 18 mesi fa il corrispondente del Daily Telegraph dal Belgio. Nel 1962 è a Londra sempre con Wilson dove trova un contratto di addetto alle pulizie in un ostello della gioventù. Nel frattempo studia l’inglese. Nel 1963 è a Parigi sempre con Wilson che lavora per France Press ed Ennio improvvisa autista dell’ambasciata australiana. Nel 1967 l’esperienza di guerra in Israele, poi trova un lavoro a Messina dove lo va a ripescare Derek e l’anno dopo è già a Saigon. Con la capitale dell’allora Vietnam del Sud è subito colpo di fulmine. La definisce: «il più straordinario di contraddizioni che mai sia apparso sulla terra. Il mercato nero, le prostitute, i cinema e i locali notturni, l’entusiasmo della gente verso gli occidentali.  Tutto a uso e consumo del soldato americano in vena di spese pazze».

Collabora come fotografo con Associated Press, United Press International per 15 dollari a foto. Collabora anche con il settimanale Time e con alcuni giornali locali. Con i primi soldi guadagnati si compra tre Nikon.

Ennio Iacobucci - Vietnam«Ho sempre un certo imbarazzo quando chiedo notizie di Ennio, se mi dicessero che è morto, mi meraviglierei. Ma quando mi dicono che è vivo, mi meraviglio ancora di più. E’ difficile vivere a Saigon», diceva Wilson in quei giorni.

C’è un luogo dove Ennio trova per un po’ una parvenza di pace interiore. E’ tra i Montagnards, gli abitanti degli altipiani, altrimenti conosciuti anche come Degar. Hanno combattuto la guerra d’Indocina accanto ai colonizzatori francesci contro il generale Giap e Ho Chi Min. Vivono i luoghi evocati da Francis Ford Coppola in “Apocalypse Now”. Si fa accogliere e ben volere da una tribù, accetta il loro modus vivendi, si sottopone al loro rito iniziatico, un braccialetto di rame suggella quell’unione.

Sempre secondo Vittorio Morelli, Iacobucci è affascinato dal culti dei monaci Cao Dai, basato sulla preghiera, il culto degli antenati, la non violenza e il vegetarianesimo.

La voglia d’avventura e conoscenza lo porta in Cambogia quando il presidente Usa, Richard Nixon (il protagonista in negativo del caso Watergate) allarga la guerra fino al confine con il Laos per tagliare i rifornimenti ai vietcong (i vietnamiti filocomunisti anti-Usa e regime di Saigon) che arrivano nel Vietnam del Sud attraverso la “pista di Ho Chi Min”.

Sposa Giselle, ragazza della ricca borghesi di Saigon: la madre è presidente di una società per la distribuzione di pellicole cinematografiche. E’ all’apice del successo, le sue foto se le contendono le maggiori testate internazionali, è ricco grazie al suo lavoro, ha trovato finalmente le proprie radici, ha sposato una donna bellissima. Si dà finalmente una calmata: i suoi scatti cominciano a raccontare la quotidianità e non le battaglie. Ma non resiste a partecipare all’invasione del Laos. L’elicottero che trasporta Larry Barrows del settimanale Life viene abbattuto, Ennio assiste alla tragedia dal finestrino di un altro elicottero. Il rapporto con la moglie va in crisi, né l’aiuta il viaggio in Italia che fa con Giselle. La donna rimane inorridita dalle umili origini del marito quando tornano dai parenti di Ennio.

La moglie si trasferisce a Parigi, Ennio torna a seguite la guerra in sud-est asiatico, che si fa sempre più cruenta e sfavorevole agli americani.

Dopo lo scoop di Quang Tri è costretto a nascondersi a casa di amici, rischia di pedere il museo di guerra che ha in casa. Quando le acque si calmano cerca di salvare il rapporto con Giselle, gli apre un negozio da estetista e va a Hong Kong a comprargli i prodotti. I bei giorni con Giselle sono finti, altra crisi. Nel 1973 fotografa gli ultimi americani che lasciano Saigon. Non ha finito con la sporca guerra, fotografa il dopoguerra. E’ impressionato dal gran numero di bambini abbandonati negli orfanotrofi. Molti altri vivono sul marciapide a vendere gionali o a fare i lustrascarpe. Ennio ci si rivede, forse. Giselle lo abbandona, lui minaccia di uccidere tutti poi riparte per l’Italia. Di lì a poco torna a Saigon per conto del settimanale Oggi. Rivede Giselle ma tutto è finito, la donna tenta il suicidio ingerendo barbiturici. Di nuovo in Italia, qui Marcello Alessandri inviato Rai lo porta con sé in Israele a documentare la crisi palestinese.

Giselle si trasferisce definitivamente a Parigi, Ennio torna in Vietnam.

Il 17 aprile 1975 è l’unico fotografo italiano a documentare l’ingresso dei khmer rossi a Phnom Pen.

Ennio Iacobucci - VietnamTiene un breve diario di guerra di quei giorni, racconta il massacro dei cambogiani, quelle atrocità furono al centro del film “Urla del silenzio” che vinse l’oscar..

Il 30 aprile cade Saigon e il regime fantoccio di Van Thieu. Ennio torna definitivamente in Italia e «ha un crollo psicofisico _ ricorda Morelli _ stenta a riprendere la normale attività. A 35 anni si sente troppo vecchio per ricominciare. Ogni giorno è più scontroso e chiuso, si sente tradito dopo la chiusura della storia con Giselle e si considera pugnalato alle spalle dai colleghi. Ha perso la sua curiosità morbosa, il perfezionismo ossessivo».

Si impicca  il 7 gennaio 1977 nella cantina di casa a Roma con in mano un ritratto di Giselle.

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