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Il Pavonazzo. Ravasi o dell’agnosticismo

in Archivio/Articoli 2011 da

   IL PAVONAZZO

 

Parliamo del cardinale Gianfranco Ravasi. La domanda ai cattolici più accorti è spesso sorta spontanea  vedendolo discettare in tv di vangeli come fossero una materia qualsiasi: ma crede davvero in quel che dice? E soprattutto: cosa dice? Ancora: ha mai con le sue stitiche e frigide analisi mediatiche (non diciamo convertito) reso ragione della sua fede a qualcuno? Lui, l’uomo che all’indomani del suo imporporamento concedeva interviste dove si vantava del “successo”, dell’essere “famoso ormai”, avanzando di già illusorie prenotazioni della cattedra di San Ambrogio prima e di San Pietro poi? E ancora: qual è la sua fede, se ne ha una? A giudicare da quel che afferma nelle sue “analisi” sui Vangeli, di fede ne dimostra solo una, anzi due: agnostica e sulle magnifiche sorti e progressive della sua “carriera”

di Daniele Sottosanti

QUELLI CHE OPINANO SULLE SCRITTURE…

Mica quando qualcuno dice che è un “modernista” il neo-cardinale Ravasi vuol fare del tradizionalismo un tanto a chilo; a dirla tutta non vuol fare neppure una battuta: cerca di fare cronaca, chiamando le cose col suo nome.

Dirà a suo tempo Pio X: “Da questo voi vedete quanto siano fuor di strada quei cattolici, che, in onore alla critica storica e filosofica e allo spirito di discussione che ha tutto invaso, mettono innanzi anche la questione religiosa, insinuando l’idea, che collo studio e colla investigazione noi dobbiamo formarci una coscienza religiosa conforme ai tempi, o come dicono, moderna.” (San Pio X, Discorso agli studenti della Federazione Universitaria Cattolica, in udienza dopo il II congresso tenuto a Roma il 10 maggio 1909)

Tutti i cattolici, ma anche gli acattolici, hanno avuto modo di conoscere mons. Gianfranco Ravasi, forse leggendo qualche suo libro o articolo su alcune riviste tipo Jesus o Famiglia Cristiana, più probabilmente ascoltandolo in tv. Chiunque ha avuto modo di sentir parlare di lui, soprattutto a opera di gente che col cattolicesimo nulla c’entra e del quale nulla sa, e di sicuro avrà sentito dire che costui è un grande esegeta, un grande biblista, un corifeo dell’esegesi cattolica. Qualcosa non torna. Proviamo brevemente qui a dimostrare invece che non è nulla di tutto ciò, che semmai, a volerlo giudicare dal punto di vista dell’ortodossia cattolica, è l’esatto contrario di un grande esegeta ed apologeta “cattolico”. In questo, qualcuno dice, è compagno di merende del cardinale alla cui cattedra lo si vorrebbe far succedere, Carlo Maria Martini, le cui altezze spirituali e culturali però sono di molto superiori alle sue. Un classico “modernista”, praticamente.

Anzitutto bisogna chiarire delle cose. Il Ravasi, come tutti i novatores, per quanto riguarda l’esegesi applica ai testi biblici due metodi, i cosiddetti “storia delle forme” e “storia della redazione”. Entrambi questi metodi si originano da quel protestantesimo razionalista e filo-agnostico il cui fine era ed è tutt’ora la negazione dei dogmi cattolici quali la totale storicità dei Vangeli e non solo ciò che concerne la fede, e l’inerranza biblica; metodi già condannati dal Magistero infallibile della Chiesa, ma che entrambi sono oggi ugualmente racchiusi in quello che comunemente viene definito metodo storico-critico, peraltro già smontato [e già ampiamente demitizzato e messo in ridicolo dal vero lavoro apologetico di Vittorio Messori] dall’opera esegetica di mons. Piolanti.

A fondamento della vera esegesi cattolica ci sono tre verità che a nessun cattolico è concesso negare: 1) L’ispirazione divina delle Sacre Scritture; 2) la loro inerranza assoluta; 3) la Chiesa unica depositaria e interprete delle Scritture.

Leone XIII, parlando sull’ispirazione divina delle Scritture, nella Providentissumus Deus, dice: “La Chiesa li ritiene come sacri e canonici, non per il motivo che, composti dal solo ingegno umano, siano poi stati approvati dalla sua autorità, e neppure per il semplice fatto che contengono la rivelazione senza errore, ma perché, essendo stati scritti sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, hanno Dio per autore. Perciò non ha qui valore il dire che lo Spirito Santo abbia preso degli uomini come strumenti per scrivere, come se qualche errore sia potuto sfuggire non certamente all’autore principale, ma agli scrittori ispirati. Infatti egli stesso così li stimolò e li mosse a scrivere con la sua virtù soprannaturale, così li assisté mentre scrivevano, di modo che tutte quelle cose e quelle sole che egli voleva, le concepissero rettamente con la mente, e avessero la volontà di scrivere fedelmente e le esprimessero in maniera atta con infallibile verità: diversamente non sarebbe egli stesso l’autore di tutta la sacra Scrittura.”

E riferendosi proprio a queste affermazioni del predecessore, Benedetto XV aggiunge: “Ora l’opinione di alcuni moderni non si preoccupa affatto di queste prescrizioni e di questi limiti; distinguendo nella Sacra Scrittura un duplice elemento, uno principale o religioso, e uno secondario o profano, essi accettano, sì, il fatto che l’ispirazione si riveli in tutte le proposizioni ed anche in tutte le parole della Bibbia, ma ne restringono e ne limitano gli effetti, a partire dall’immunità dall’errore e dall’assoluta veracità, limitata al solo elemento principale o religioso”. Secondo loro, aggiunge Benedetto, “Dio non si preoccupa e non insegna personalmente nella Scrittura se non ciò che riguarda la religione: il resto ha rapporto con le scienze profane e non ha altra utilità, per la dottrina rivelata, che quella di servire da involucro esteriore alla verità divina. Dio permette soltanto che esso vi sia, e l’abbandona alle deboli facoltà dello scrittore. Perciò non vi è nulla di strano se la Bibbia presenta, nelle questioni fisiche, storiche e in altre di simile argomento, passaggi piuttosto frequenti che non è possibile conciliare con gli attuali progressi delle scienze”.

Papa Benedetto, nel suo documento Spiritus Paraclitus, sulla inenarranza della Scrittura, precisa: “Alcuni sostengono che queste opinioni erronee non sono affatto in contrasto con le prescrizioni del Nostro Predecessore, avendo egli dichiarato che in materia di fenomeni naturali, l’autore sacro ha parlato secondo le apparenze esteriori, suscettibili quindi d’inganno. Quanto questa affermazione sia temeraria e menzognera, lo provano manifestamente le stesse parole del Pontefice.” Conclude il papa teologo: “Deve considerarsi il vero senso della sacra scrittura, quello ritenuto e che ritiene la santa madre chiesa, cui solo appartiene giudicare quale sia il vero senso e l’interpretazione autentica delle sacre scritture, e che, perciò, non è lecito a nessuno (ivi compresi gli esegeti) interpretare la sacra scrittura contro questo senso e contro l’unanime consenso dei padri”.

…GLI STESSI CHE REPUTANO INFALLIBILI LE LORO OPINIONI

COLPA DI CRISTO NON DEGLI EBREI

A questo punto, dopo aver appreso cosa la Chiesa insegna, vediamo cosa insegna il Ravasi.

Il Ravasi su Famiglia Cristiana del 1° novembre 1989, scrisse un articolo sul processo a Gesù in cui arriva alla conclusione che gli ebrei non hanno avuto alcuna responsabilità oggettiva nella condanna a morte di Cristo: su questo punto ci concentreremo dopo. Egli inizia dicendo che “lʼunica documentazione diretta disponibile è quella dei Vangeli.” E dice bene. Fino a quando non asserisce, continuando, che tale “documentazione che, storicamente parlando, non è ineccepibile, essendo di parte e con finalità più teologiche che rigorosamente storiografiche…”. Dunque per il Ravasi gli autori dei Vangeli avrebbero scritto non di un evento storico realmente accaduto, ma di una storia parziale e partigiana, di “parte”, cioè distorta, truccata, per portare acqua al proprio mulino e per inserire in codesta storia falsata elementi teologici che giustificassero la divinità di Cristo e le pretese teologiche della comunità nascente.

Cosa poi voglia dire con la menata della rigorosità storiografica è un mistero per non dire una amenità modernista, poiché qui viene escluso il fatto che stiamo parlando di scrittori del I secolo d.C. e non del XXI secolo. Gli autori dei Vangeli, due dei quali testimoni oculari (Matteo e Giovanni) e due auricolari (Luca e Marco), non hanno avuto alcuna intenzione di scrivere saggi storici, essi si limitarono a raccontare ciò che avevano visto o udito da testimoni oculari: ragion per cui nessun testo antico può vantare una tale attendibilità quanto i Vangeli. Al contrario della superstizione dell’ormai screditatissimo famigerato (e puntualmente poi smentito) metodo storico-critico-scientifico. E tuttavia sui testi profani non si fanno questioni, sul Nuovo Testamento sì!

L’algido Ravasi continua dicendo: “Bisogna tener ben distinti due ambiti: quello dei fatti storici e quello del loro significato teologico…”. Questa distinzione è arbitraria e modernistica, atta a smantellare la realtà storica dei Vangeli e di ciò che in essi leggiamo. E con essa far precipitare minimo due-tre dogmi: che a non demolirne almeno uno, non sei degno di essere “famoso”, in “carriera”, “aver successo” (per usare i termini più cari al Ravasi) e soprattutto di mantenere una cattedra in qualche università cattolica.

Mica è finita. No! Qui viene il bello: “Quindi, il processo di Gesù a livello storico-giuridico non poteva essere alla divinità in sè del Cristo, quanto piuttosto, il suo arrogarsi, in parole ed atti, la divinità”. Una frase molto contorta, il processo di Gesù si svolse ed aveva come capo di imputazione proprio il fatto che Gesù manifestò più volte l’essere Dio, altro che arrogarsi in parole ed atti la divinità, Egli era la divinità e per tale ragione fu perseguitato, imprigionato e condannato a morte dal Sinedrio.

Per il Ravasi “storicamente parlando, la condanna a morte, Gesù se lʼè voluta Lui”, almeno quanto il Ravasi stesso vorrebbe da sé la cattedra di Milano e poi quella di Roma. Incredibile! Egli scagiona gli ebrei dalla responsabilità oggettiva della morte in croce di Gesù per scaricare la colpa al solo Gesù che, storicamente parlando, doveva fare come il Ravasi, cioè mentire sulla sua natura divina quando Caifa gli domandò: “Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio”! Ma è ovvio che il Ravasi crede che tale domanda con la relativa risposta del Cristo sia una invenzione dell’evangelista che introdusse arbitrariamente nozioni teologiche per sostenere la propria tesi e condannare gli ebrei infedeli. “Si trattava di un comportamento (lʼarrogarsi la divinità) passibile di giudizio secondo il Diritto Ebraico, perché configurava il reato di bestemmia punibile con la pena di morte”, sentenzia l’avvocato…del diavolo Ravasi. Certamente: ma il problema sta nel fatto che Gesù non era un falso profeta messianico che si arrogasse una tale prerogativa: era veramente il Messia Figlio di Dio e Dio stesso, dunque gli ebrei pur avendone avuto prova della sua divinità la rigettarono e lo condannarono.

Senza dimenticare, e il Ravasi lo dimentica di proposito, che la condanna a morte di Cristo era stata già stabilita dal sinedrio ancor prima del processo: non a caso molti testimoniarono il falso pur di arrivare alla sentenza unanime della colpevolezza di Cristo, altro che ebrei innocenti. Egli dunque sentenzia che: “Resta illegittima e assurda la tesi antisemita per la quale gli Ebrei di ieri e di oggi sono in solido responsabili di quella operazione giudiziaria”. A noi, che non aspiriamo a nessuna cattedra milanese e romana, e che invece del metodo storico-critico utilizziamo il metodo della ragione e della fede, sembra assurda la sua esegesi che nega la realtà oggettiva neotestamentaria e dell’unanime consenso dei Padri.

A testimonianza delle Scrittura ci limiteremo a citare solo gli Atti degli Apostoli, libro ispirato in cui più esplicitamente e pubblicamente viene presentata la morte violenta di Cristo come il più iniquo ed orrendo delitto dei capi e del popolo ebraico. Ecco, pertanto, come parla San Pietro, nel giorno della Pentecoste: «Uomini d’Israele, ascoltate queste parole. Gesù di Nazaret, uomo accreditato da Dio presso di voi con opere, prodigi e potenti segni che Dio fece tra voi per suo mezzo, come voi stessi sapete, voi lo avete trafitto per mano d’empi, e ucciso, dopo che per determinata volontà e prescienza di Dio fu tradito; Dio l’ha risuscitato, avendo infranto i legami della morte, siccome era impossibile che ne fosse ritenuto» (At. 2, 22-24). Ed ancora: «Sappia dunque indubitatamente tutta la famiglia d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo questo stesso Gesù che voi avete crocifisso» (At. 2, 36). La stessa cosa ripete il primo Apostolo e primo Papa, dopo la guarigione dello storpio alla porta del tempio di Gerusalemme: «Israeliti, perché vi meravigliate voi di questo, e perché tenete gli occhi su noi, come se per potenza e bontà nostra avessimo fatto sì che costui cammini? Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei Padri nostri ha glorificato il suo Figlio Gesù che voi avete tradito e rinnegato davanti a Pilato, benché lui fosse risoluto di liberarlo. Ma voi rinnegaste il Santo e il Giusto e chiedeste che vi fosse graziato un assassino; e uccideste l’Autore della vita che Dio resuscitò da morte, cosa di cui noi siamo testimoni» (At. 2, 12-15). «Allora Pietro, ripieno di Spirito Santo, disse loro: «Capi del popolo e anziani, ascoltate: giacché oggi siamo interrogati sul beneficio fatto ad un uomo ammalato, per sapere in qual modo questo sia stato risanato, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele come in nome del Signor Nostro Gesù Cristo Nazareno che voi crocifiggeste e Dio risuscitò dai morti, in virtù di questo nome costui sta sano innanzi a voi. Questa è la pietra rigettata dai voi costruttori, la quale è divenuta testata d’angolo» (At. 4, 8-11).

Per quanto riguarda l’unanimità dei Padri, ci basti citare Sant’Agostino: «I giudei volevano volgere tutta l’iniquità di quel delitto in un giudice uomo; ma potevano forse ingannare il Giudice Dio? Pilato, facendo quel che fece, fu certo partecipe del male, ma, in confronto a loro, molto meno reo. Insistette per verità, come poté per liberare Gesù dalle loro mani, e con questo medesimo intendimento lo lasciò flagellare. Non per perseguitare il Signore lo flagellò, ma come per saturare il furore giudaico, sperando che a quella vista cedessero le ire, e non volessero più uccidere chi vedevano flagellato. Ma, perseverando coloro, egli si lavò le mani, dichiarandosi mondo della Sua morte. Nondimeno, lo condannò. Ora, se è reo colui che lo condannò invito, sono forse innocenti quelli che lo sforzarono perché lo condannasse? Nient’affatto! Ma egli proferì contro Gesù la sentenza e comandando che fosse crocifisso, quasi egli stesso lo uccise. E voi, o giudei, altresì lo uccideste. Come lo uccideste? Con la spada della lingua. Aguzzaste di fatto le vostre lingue, e lo uccideste gridando: «Crocifiggilo, crocifiggilo»! (Cfr. Sant’AgostinoEnarratio in psalmum 63; cfr. P. Barbette,La Passione di N. S. Gesù Cristo secondo il chirurgo, Torino 1919, pag. 229; San Giovanni Crisostomo,Hom. 82 in Mt.)

Forse che il Ravasi vuole, secondo il titolo del suo articolo (Processo a Gesù: assurda la tesi antisemita), tacciare san Pietro, san Marco, san Luca, san Matteo e tutti i Santi Padri, Dottori e Papi della Chiesa di antisemitismo? Qua ormai non è più questione antisemitismo: è questione si s(c)emitismo!

Come abbiamo potuto vedere il Ravasi nega la storicità dei Vangeli, nega la loro inerranza assoluta che comprende anche la storia profana inclusa nei vangeli, e infine nega quanto la Chiesa e l’unanimità dei Padri hanno sempre insegnato su quei brani.

LAZZARO IL MORTO CHE NON CAMMINA. E I DUE GESù DIMEZZATI.

Ma andiamo ad un altro articolo del Ravasi su Famiglia Cristiana del n. 30/1994: Il Ravasi tratta la resurrezione di Lazzaro ad opera di Cristo e lo fa rispondendo a due lettori scandalizzati dal gesuita Brendan Byrne, che affermava che la resurrezione di Lazzaro è una “gonfiatura” teologica della primitiva comunità cristiana (metodo della storia della redazione). Ovviamente il Ravasi da buon modernista non difende affatto la piena storicità del Vangelo di Giovanni, no, difende il modernista Byrne e ci illumina da buon pastore a non commettere due errori:

Sono da evitare due estremi” dice, questi: 1 “credere che Gesù risuscitò Lazzaro da morte, nel modo e nei particolari descritti da Giovanni”; 2 “credere che lʼintera storia è una pura invenzione dellʼevangelista”.

Il solito linguaggio neoterico: non bisogna credere al brano ma nello stesso tempo il brano non è pura invenzione dell’evangelista, un po’ e un po’ magari. Di grazia: o il brano è autenticamente storico e dunque verace oppure l’evangelista mente, tertium non datur! Oppure come avrebbe detto il nostro Dante: “La verità è come il bianco: o è bianco in tutto il suo splendore o è solo una tonalità di grigio, che bianco non è”.

E’ evidente che al Ravasi non gli frega nulla del dogma dell’inerranza assoluta delle Scritture che vincola ogni cattolico: ed è un Cardinale! Ora se la Scrittura non contiene alcun errore, e i Papi hanno specificato che ciò riguarda anche la storia profana inclusa nei testi, ne consegue che “tutto ciò che l’agiografo asserisce, enuncia, insinua, si deve ritenere come asserito, enunciato, insinuato dallo Spirito Santo” (Pontificia Commissione Biblica, decreto del 18 giugno 1915, si badi bene a quei tempi tale Commissione era Organo del Magistero della Chiesa e i suoi decreti erano e sono tutt’ora vincolanti).

L’uomo che aspirerebbe ad essere il Vicario di Cristo, continua : «Le parole e gli atti di Gesù sono illuminati, trasfigurati, elaborati per finalità che non sono storiografiche, ma di fede». Il Ravasi dunque conferma quanto fino ad ora abbiamo detto: egli si rifà ai metodi agnostici dei protestanti liberali quali Bultmann, Dibelius che negavano ogni possibilità di miracoli nell’ordine naturale. I Vangeli per costoro dovevano essere demitizzati, ma come fare tutto ciò? Semplice: dividere il Gesù storico, quello aggiornato che non compie alcun miracolo, dal Gesù della fede, quello ricostruito dalla comunità cristiana nascente che elaborò la figura di Cristo attribuendogli meriti, o come eufemisticamente li chiama il Ravasi “segni, che non sono suoi ma sono, chiamiamoli per nome, pure invenzioni atte a dimostrare che Gesù è il Verbo di Dio”: il Ravasi, alla buona, li chiama semplicemente parole illuminate o elaborate, negando così anche la storicità dei Vangeli poiché ciò che conta è la fede (come per i protestanti, insomma). Non importa, ovviamente, al Ravasi la condanna di San Pio X che annoverava fra gli errori da segnalare alla Santa Inquisizione l’asserzione che :”Si può ammettere che il Cristo storico sia molto inferiore al Cristo della Fede”. (San Pio X, Lamentabili sane exitu, N.29). Dunque questa proposizione modernista è stata condannata dal Supremo Magistero della Chiesa il quale infallibilmente ci insegna che non esiste alcuna distinzione tra il Gesù storico e il Gesù della fede: il Gesù della fede è il Gesù storico, il Gesù storico è il Gesù della fede, e per chi dovesse asserire il contrario sia anatema, si sarebbe detto un tempo, quando la chiesa non era ancora un opinionificio.

Sempre l’ormai latente agnostico Ravasi: “È qui che appare la diversa concezione: per noi, il miracolo è prevalentemente un prodigio; per lʼuomo della Bibbia è un segno. Ed è proprio così che Giovanni chiama i sette miracoli di Gesù da lui selezionati nel suo Vangelo. Se sono segni, è naturale che essi rimandano ad altro, ed è questo altro ciò che interessa allʼevangelista non tanto il fatto in sé”. La protervia di Ravasi è proporzionale alla quantità di parole che usa per negare un fatto elementare testimoniato dagli apostoli. Cui prodest? I segni, che REALMENTE ha compiuto Cristo e che FEDELMENTE gli evangelisti ci hanno trasmesso mediante i Vangeli, avevano il compito di far comprendere che colui il quale portava il nome di Gesù di Nazaret era Dio, mentre per il Ravasi quegli eventi non son mai accaduti, oppure son avvenuti diversamente e poi gli evangelisti ci hanno infilato il segno che per il Ravasi è una invenzione teologica della Chiesa primitiva.

Ancora Ravasi si accanisce con furia devastante sul cadavere di Lazzaro: «Sulla base di quanto detto, ci chiediamo qual è lʼevento e quale la sua funzione di segno. Lʼevento (storico) è difficile da definire, per indicare lʼirreversibilità della sua situazione. Chiara è, invece, la finalità del segno: celebrare Cristo come efficace sorgente di risurrezione e vita, alla luce appunto della sua Pasqua». Dunque per il Ravasi l’evangelista Giovanni, che ripetiamo era testimone oculare, approfitta di una malattia del Lazzaro per inventarsi di sana pianta la morte di costui, che invece era malato, e metaforica la sua risurrezione, funzionale solo a mostrare, sempre metaforicamente, che Gesù è la risurrezione e vita. Di grazia, perché doveva inventarsi tutto ciò quando lo stesso Gesù affermò di se stesso di essere la risurrezione e la vita? E quando poi, per dimostrare tali elette virtù, Cristo stesso sarebbe risorto vincendo la morte? Magari il Ravasi ci risponderà che Gesù non l’ha mai detto ma che è una frase messa in bocca a Gesù dai primi discepoli del Risorto, ammesso che egli creda che sia Risorto!

Ecco cosa avvenne realmente per il Ravasi: “Ciò che interessa allʼevangelista è non tanto il fatto in sé” ma, nel caso di Lazzaro, la guarigione insperata, ma naturale, di un moribondo,
descritto però “come già morto e sepolto”. Evidentemente per il Ravasi, che dovrebbe rappresentare Cristo, è difficile credere alla potenza divina del Figlio di Dio; egli preferisce far passare per mentitore l’apostolo Giovanni, e di conseguenza lo Spirito Santo, che avrebbe inventato di sana pianta una storiella mai esistita e avrebbe messo in bocca a Gesù delle frasi false. Eppure quando gli apostoli avvertirono Cristo che l’amico Lazzaro stava per morire e dunque di affrettarsi a guarirlo, cosa rispose Gesù?: “Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato”. Parole parole parole per Ravasi: anzi, non meglio identificati “segni”. Peggio: Egli evidentemente o mentiva o non disse mai tale frase, così come non disse mai che “Il nostro amico Lazzaro s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo”… ma che addormentato! Lazzaro era solo un po’ moribondo mica lo devi “svegliare” o in altri termini risuscitare!

Gli dissero allora i discepoli: “Signore, se s’è addormentato, guarirà”. Gesù parlava della morte di lui, essi invece pensarono che si riferisse al riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: “Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, perché voi crediate. Orsù, andiamo da lui!” Ma guarda che fantasia che ebbe Giovanni a raccontare tale storia e a mettere in bocca a Gesù che Lazzaro era morto… questi grafomani spiritati! E no! Il Ravasi ci dice che non era morto ma moribondo. Non gli importa che il Lazzaro puzzasse da quattro giorni e fosse chiuso nella tomba con tanto di bende e sudario: se il Ravasi dice che era moribondo non vorrete mica dissentire dal Cardinale e Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra! Strano non gli sia venuto lo sghiribizzo di accampare l’ipotesi storico-critica che Lazzaro puzzasse perché era uno sporcaccione.

In conclusione possiamo con certezza affermare che il suddetto cardinale a differenza di quanto si dice di lui non è affatto né un intellettuale né tanto meno un esegeta, figuriamoci cattolico, semmai è solo un nozionista agnostico che tratta la Scrittura come un semplice romanzo da cui trarne spunti letterari. Egli applica ai testi Sacri quei metodi che furono condannati dal Magistero della Chiesa, metodi che hanno come unico scopo il negare i dogmi che riguardano le Sacre Scritture: 1) L’ispirazione divina delle Sacre Scritture; 2) la loro inerranza assoluta; 3) la Chiesa unica depositaria e interprete delle Scritture.

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50 Comments

  1. ^__^ la colpa di Cristo, non degli Ebrei….
    caro Daniele, complimentandomi per il lungo articolo interessante, questa frase mi ha fatto venire in mente Chesterton che disse:
    “Può essere pericoloso, e in alcuni casi una semplificazione quasi criminale, affermare in continuazione che gli Ebrei hanno ucciso Cristo. Ma è certo che sarebbe non solo una semplificazione, ma addirittura una falsificazione, suggerire che l’unico ebreo coinvolto fosse l’ebreo che venne ucciso”…

    ^__^

    Non sta a me giudicare le scelte del Pontefice…. certo è che la fulminea carriera di Ravasi (in cinque anni si è trovato vescovo e cardinale) è incomprensibile…
    l’espressione nella foto mi appare più come un messaggio di rivincita, una saetta fulminante, a quanti non avrebbero scommesso un soldo bucato sulla sua nomina…
    Tuttavia mi viene in mente Barnaba e Paolo… non so perchè ^__^
    Barnaba è colui che aiuta Paolo ad introdursi fra i Dodici…. ma poi non si saprà mai il perchè, Barnaba e Paolo si dividono e a quanto pare non solo per le missioni diverse da fare, ma anche per questioni di incomprensioni fra i due…
    Così va avanti la Chiesa..
    ^__^

  2. Quello che mi meraviglia di piu’ e’ Ratzinger: perche’ fare del Ravasi Cardinale e Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra?

      • Purtroppo non è stato sufficiente; ha parecchio seguito, soprattutto fra i cattolici ‘evoluzionisti’ (ricordo che Ravasi sostiene l’intervento del Creatore nell’evoluzione, dando per assodata l’evoluzione stessa). E giusto ieri, un neocatecumenale mio vicino di casa ha esclamato: ‘Speriamo nell’elezione di Ravasi!’

  3. Il bello che alla fine il Vangelo di Giovanni dice chiaramente:
    “Questo è il discepolo che rende testimonianza su questi fatti e li ha scritti; e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera. “

  4. Agora acredito que Bento XVI tinha razão quando alertou que existe divisões na Igreja de Cristo!
    Vem Espirito Santo, enchei o coração da Igreja, acendei nele o fogo do vosso Amor, enviai o Vosso Espírito e tudo será criado e renovareis a face da terra.

  5. Ricordo una trasmissione tv di una decina di anni fa e anche più, ove Andreotti (si proprio quell’ANDREOTTI lì) fece una figura da gigante in confronto al Ravasi, allora non ancora cardinale.
    Si discuteva del caso Mortara e un gruppetto di ebrei ivi presenti offendeva ripetutamente la religione cattolica: di fronte al silenzio (per non dire la complicità) dell’odierno papabile, solo il senatore a vita ebbe un sussulto d’orgoglio nel difendere la Chiesa con toni che non gli ho mai visto.
    Da allora chiamo il Ravasi “monsignor Abbondio”.
    Un saluto a tutti e un complimento al Mastino per l’ottimo sito.

  6. Ravasi…. ero affascinata dalle sue prediche fino a che non gli chiesi aiuto per una situazione gravissima ancora esistente. Un altro sordo menefreghista, gli scrissi su twitter ma lui mi segnalò come importuna… un gesto di disprezzo… Vescovo o Cardinale quello che era rimane, un altro opportunista. I sacerdoti non esistono più se lo fanno Papa anch’esso ormai non rapresenta più niente. Quando non c’è pietà, non esiste Verità!!!

    • Cara signora, è quando non c’è la Verità che non esiste manco la Carità. Non il contrario. E in questa inversione logica, lei fa compagnia a Ravasi. I risultati li ha sperimentati per prima lei stessa (premesso che io non so cosa abbia chiesto a quel vanesio… la gente chiede tante cose, assurde anche)

      • Non accettate nulla come verità che sia privo di amore. E non accettate nulla come amore che sia privo di verità! L’uno senza l’altra diventa una menzogna distruttiva (Edith Stein).
        Le due versioni sono complementari e non vanno disgiunte.

    • IN PRINCIPIO ERA IL LOGOS, NON L’AGAPE

      «La celebrazione indiscreta che la Chiesa e la teologia ammodernate fanno dell’amore è una perversione del dogma trinitario, perché la nostra Fede porta che in principio, sia il Padre, che è il Verbo, e, dal Padre e dal Figlio procede lo Spirito Santo che è l’Amore. L’Amore è preceduto dal Verbo, è preceduto dalla cognizione, e non si può fare dell’Amore un assoluto; facendone un assoluto si cade nell’errore degli Orientali, che non accettano il “Filioque” del nostro Credo. Gli Orientali dicono che lo Spirito Santo procede dal Padre, ma non dal Figlio, mentre la Fede cattolica dice che l’Amore procede dal Padre e dal Figlio. Difatti, l’Amore procede dalla conoscenza; quando si dice che l’amore non procede dalla conoscenza, si fa dell’amore un valore senza precedenti, invece, c’è un amore che precede l’amore e la conoscenza. Questo del “Filioque”, che sembra un teorema di astratta teologia, è un atteggiamento formidabilmente pratico, perché il mondo è pervaso dall’idea che il valore vero è l’azione, il dinamismo (…). Tutta la nostra politica è un sistema che nega vi sia qualcosa d’anteriore all’amore, alla volontà, alla forza dell’azione. Vorrei quasi dire che al fondo del problema moderno c’è il “Filioque”, perché chi nega il “Filioque” concede il primato indiscreto e assoluto dell’amore (…). Separare l’amore, la carità dalla verità, non è poi cattolico: il fine dell’uomo, secondo il nostro catechismo, è di “conoscere e amare Dio”. Ma prima c’è il conoscere e poi l’amore. Io credo che, nella Fede cattolica, lo Spirito Santo abbia sempre “proceduto”; difatti, nell’Evangelo, è il Verbo che dice: vi manderò lo Spirito! È Il Cristo, è il Verbo, è la seconda Persona che annuncia: “Vi manderò lo Spirito Santo, il quale vi insegnerà ogni vero”. E, dopo la Risurrezione del Signore, gli Apostoli aspettano lo Spirito Santo che è stato promesso dal Cristo e che è mandato dal Cristo» (ROMANO AMERIO, “Iota Unum”)

    • La Carità è la cifra di ogni cristiano. Se non c’è Carità è perfettamente inutile parlare di Dio, delle Scritture e di tutte le altre belle cose in salsa teologica. La Fede senza le opere è vana.

  7. non è perlomeno strano,allora, che Papa Benedetto abbia scelto il Card. Ravasi per i suoi Esercizi Spirituali di quest’anno?

  8. Ravasi è vittima di un razionalismo, spesso solo speculativo, apparentemente non volto al servizio della fede ma piuttosto fine a se stesso, diciamo dedicato ad una vuota auto-gratificazione.. almeno questa è l’impressione data!
    Premesso che sono perfettamente in linea con la visione teologica impressa alla fede dagli ultimi due pontefici e, in generale, depositata nella tradizione tutta del magistero ecclesistico, vorrei sottolineare che pur non condividendo invece le storpiature apportate dal cardinal Martini, devo però almeno riconoscere a quest’ultimo, rispetto al Ravasi, il merito di aver tentato di porre comunque al servizio della fede la sua opera intellettuale, per quanto disallineata e per molti versi inaccettabile e fallimentare.. ciò che sembra mancare nelle intenzioni ostentate dal Ravasi (lungi da me dal giudicarlo, poichè, oltre al Signore, solo lui in cuor suo sa..)! Almeno, questa è l’impressione che colgo..
    Infine, rivolgendomi al curatore del sito, vorrei dire che forse è stato un pò duro con la signora Mary, la quale probabilmente non intendeva esprimere un parere teologico! D’altronde se è vero che dove non c’è Verita non può esservi Carità, non è nemmeno falso che dove manca la Carità non può esservi la Verità! Infatti, è si vero che è la Verità a generare la Carità nel cuore dell’uomo, ma è pur vero che lì dove dimora la Carità, questa è stata generata dalla Verità già in essere in quella realtà! Il probema non è dunque ontologico, come da lei discusso, ma relegato all’attualità della costatazione: per lei l’assenza di Verità, per la Signora l’assenza di Carità.

  9. Chiunque dovesse arrivare al Soglio di Pietro, fosse anche Ravasi, sono certo che opererebbe bene.. e sarà il nostro Papa, così come ora lo è Benedetto XVI

  10. Faccio un rilievo storico critico 🙂 sul testo riportato da Ester:
    “…la nostra Fede porta che in principio, sia il Padre, che è il Verbo, e, dal Padre e dal Figlio procede lo Spirito Santo che è l’Amore. ” Ohilà che dice costui che ci spiega che cos’é la “nostra Fede”?!

    Per dire che sconsiglio il pur rispettabilissimo Amerio, autore che, sicuramente contro l’intenzione, ha inaugurato i mille solipsistici e prometeici vaneggiamenti di teologhi e teologhesse a fustigar la Chiesa che ancora ammiriamo negli sbandati arcipelaghi tradizionalisti, piuttosto che legarsi al Magistero dei Pontefici unico interprete della costante Tradizione.

    Quanto a Ravasi, ringrazio il sito che ne mostra bene la patente inaffidabilità nella dottrina e così svolge un servizio utile ai cattolici. Il Papa lo tiene dentro, come fa con molti, ne promuove e responsabilizza la carriera, e ne accetta la predicazione (non male mi sembra, occorre ammeterlo), appunto perché si converta e perché guarda lontano. Ma che i due terzi del Conclave possano convergere sul suo nome, pur non mettendo limiti alla provvidenza, è ipotesi a dir poco inverosimile.

  11. Quante semplificazioni e scempiaggini in questo’articolo. Arrivare ad affermare che il metodo storico critico è screditato è veramente una boutade degna del Salone Umoristico di Bordighera. Screditato da chi? dove? quando? Ma siamo seri! Lo stesso Joseph Ratzinger, forse un pò più aduso all’esegesi e alla teologia, di quanto lo sia l’autore di questo articolo, nel primo dei suoi volumi su Gesù, scrive “Il metodo storico critico è una delle dimensioni fondamentali dell’esegesì”. In altre parole, non se ne può prescindere, a meno che…a meno che tornare indietro all’interpretazione letteralista e fondamentalista della Scrittura. Perché no? in fondo nella cosidetta “Bible belt” nordamericana va molto di moda…

    Consiglio vivamente una lettura approfondita della “Dei Verbum” e della “Gaudium et Spes”. Forse gioverebbe sapere cosa pensa oggi la Chiesa del metodo-storico critico. Oggi, non all’epoca di Gregorio Magno.

    Nella “Dei Verbum” il metodo-storico critico è pienamente accolto. Nel riconoscimento pieno dell’apporto umano degli agiografi alla scrittura della Bibbia, (essi sono considerati i “veri auctores”, anche se divinamente ispirati) la Chiesa si distanzia dal fondamentalismo anche là dove deplora “certi atteggiamenti verificatesi tra gli stessi cristiani per non avere percepito con sufficiente chiarezza la legittima autonomia della scienza” (Gaudium et Spes). Galileo Galilei docet. Inerranza della Scrittura riguardo non a Chi ha fatto il mondo ma a come è fatto?

    Ora, tornando a Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, e a ciò che ha scritto a proposito del metodo storico-critico nel suo primo volume su Gesù. Dopo averne riconosciuto l’apporto fondamentale, il Papa aggiunge, che “Esso non esaurisce il compito dell’interpretazione per chi nei testi biblici vede l’unica Sacra Scrittura e la crede ispirata da Dio”. “Non esaurisce” non significa, non vale niente. Il Papa è troppo colto e preparato per dire una simile corbelleria. Dal suo illustre predecessore Benedetto XV a oggi sono passati 91 anni. Sulla stessa “inerranza” della Scrittura, la Dei Verbum è un’altra fonte preziosa di riferimento:

    “Per ricavare l’intenzione degli agiografi, si deve tener conto fra l’altro anche dei generi letterari. La verità infatti viene diversamente proposta ed espressa in testi in vario modo storici, o profetici, o poetici, o anche in altri generi di espressione. È necessario adunque che l’interprete ricerchi il senso che l’agiografo in determinate circostanze, secondo la condizione del suo tempo e della sua cultura, per mezzo dei generi letterari allora in uso, intendeva esprimere ed ha di fatto espresso. Per comprendere infatti in maniera esatta ciò che l’autore sacro volle asserire nello scrivere, si deve far debita attenzione sia agli abituali e originali modi di sentire, di esprimersi e di raccontare vigenti ai tempi dell’agiografo, sia a quelli che nei vari luoghi erano allora in uso nei rapporti umani”.

    Tanto per fare un esempio, la legittimazione divina delle stragi e dei massacri finalizzati all’estensione di Israele, è, con le nostre categorie ermeneutiche di oggi, troppo sospetta (“Dio è con noi”) per non risultare anche umana troppo umana. Fare di Dio un sadico assasino forse è un pò troppo anche per i cultori dell’inerranza tout court…

    Caro articolista “Mastino” (nel senso che difendi la fede come un cane? ma i cani abbaiano e aggrediscono, difettano assai di preparazione scientifica adeguata…) Rifarsi alla “Ad Beatissimi Apostolorum” come l’enciclica piùa aggiornata sull’esegesi e sull’ermeneutica biblica lascia abbastanza esterrefatti. A meno che non si voglia affermare che da Benedetto XV a Benedetto XVI è stato tutto un errore!. Ma allora sarebbe nell’errore anche Benedetto XVI! Non è lui il quale sostiene la tesi così “scandalosa” di Monsignor Ravasi, che gli Ebrei, in quanto popolo, non possono essere considerati responsabili della morte di Cristo? Dove lo fa? Nel secondo libro su Gesù:

    “Chi ha insistito per la condanna a morte di Gesù? Nelle risposte dei Vangeli vi sono differenze su cui dobbiamo riflettere” (Una prassi consigliata, poiché non si fa esegesi con il machete o adottando come paradigma ermeneutico il marcionismo). Proseguiamo.

    “Secondo Giovanni, essi sono semplicemente i ‘Giudei’. Ma questa espressione, in Giovanni, non indica affatto-come il lettore moderno forse tende ad interpretare-il popolo di Israele come tale, ancor meno essa ha un carattere ‘razzista’. In definitiva, Giovanni stesso, per quanto riguarda la nazionalità, era Israelita, ugualmente come Gesù e tutti i suoi. L’intera comunità primitiva era composta da Israeliti”. Sorprendente vero? Ricordarsi che Gesù fosse Ebreo e non cristiano…e che la promessa fatta ad Abramo si compie in Gesù, senza alcun rigetto di Israele in barba all’abominio della teologia della sostituzione, poiché, come scrive l’Apostolo delle Genti, “Dio ha forse ripudiato il suo popolo? Impossibile! (RM, 11, 1); “Essi hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze” (Rm 9,4) e i “rami tagliati” restano “amati secondo l’elezione” (Rm, 11,11). Lasciamo un attimo la teologia e continuiamo con Joseph Ratzinger, uno dei maggiori teologi del Novecento, anche se, forse, il Mastino della Fides gli può insegnare qualcosa…

    “In Giovanni tale espressione (Giudei) ha un significato preciso e rigorosamente limitato: egli designa con essa l’aristocrazia del tempio. Così nel quarto Vangelo il cerchio degli accusatori che perseguono la morte di Gesù è descritto con precisione e chiaramente delimitato: si tratta, appunto dell’aristocrazia del tempio-ma anch’essa non senza eccezione, come lascia capire l’accenno a Nicodèmo”. Dunque, anche l’artistocrazia del tempio, nel condannare Gesù non era unanime, lo era a maggioranza ma non totaliter. Incredibile vero? E’ esattamente quello che scrive il Papa (tale fino al 28 febbraio, ma massimo tra i teologi oggi in circolazione)

    Essere pre-moderni, essere contro il metodo storico-critico (che evidentemente non si sa come funzioni poiché non esiste nessuno nell’ambito delle scienze bibliche che oggi non ne faccia uso), e essere antisemiti (fare riferimento a un pontefice come Benedetto XV notoriamente avverso a Israele) è certo un bel mix cattolico! Un cattolicesimo fortunatamente minoritario e lefevriano, il quale, però, come l’antropologia criminale di Lombroso non gode più di molto credito se non alla periferia estrema della Chiesa.

    Pìu studio Mastino e meno ringhi! e non si dimentichi che Gianfranco Ravasi è stato voluto da Benedetto XVI come guida degli esercizi spirituali durante la Quaresima. Forse il Papa non conosceva le opinioni del defensor fidei di questo sito. In quel caso avrebbe scelto lei.

    • Attenzione…Includere il metodo storico critico come UNO dei metodi, e non dare all’intero popolo ebraico la responsabilità per la morte di Nostro Signore, è un conto.

      Sostenere che i miracoli non siano realmente avvenuti (!!!), che Lazzaro non fosse morto (!!), che gli evangelisti abbiano scritto una “storia” truccata (!!!), e che Cristo la sua morte se la sia cercata (!!!!!), beh, è un’altra cosa.

      Occhio, nella storia della Chiesa ci sono state anche figure importantissime che hanno detto cose errate, se le vediamo non c’è niente di male a dirlo

    • Caro Nicodemo mi pare che quel che l´autore vuol dire é che il método-storico critico é screditsto come garanzia di interpretazione corretta delle scriture. Benedetto XVI é piú in generale la Chiesa, lo usa come uno strumento in piú, ma l´interpretazione corretta dei testi é quella della Chiesa é la tradizione.

    • Mi spiace ho censurato il suo commento, non in quanto delirante… quanto piuttosto perché non riconosciamo diritto di parola né di opinione in ambito cattolico ai sedevacantisti.

      • grazie della chiarezza, ma questo vostro non consentire dimostra la grande forza del vostro ragionare…complimenti! E tenetevi pure i papi ( e i cardinali ) modernisti, sui quali Cristo farà le capriole per vedevi il rispettp della Sua verità…

  12. già previsto: “Che se la dottrina e l’efficacia di chi li [i modernisti]confuta dà loro timore, ne incidono i nervi colla congiura del silenzio” (Pascendi ).

  13. brunob non sa che cos’é il modernismo, del quale pare un esponente forse inconsapevole.
    Legge la Pascendi come un rotocalco.

    • Giuseppe, sarebbe già molto se lo facessero tutti: peccato che i più non sappiano nemmeno che cosa sia la Pascendi … e poi che significa leggerla come un rotocalco? significa per qiesto non capirci niente? E leggerla come carta starccia sarebbe un leggerla da intelligenti???

  14. e poi , finisco, torno alla domanda: chi ha creato cardinale Ravasi come l’ha letta la Pascendi? A rovescio???

    • che cojoni co ste storia da tradizionalisti fissati, come se la storia della chiesa iniziasse e finisse nel decennio di pontificato di Pio X. A svejateve… e tornate al vangelo invece de sta a fa sempre polemiche acide a capocchia

  15. Ho chiesto chi ha fatto cardinale il Ravasi modernista qui sopra egregiamente illustrato….. Se la sua è una risposta, è degna davvero di un…mastino arrabbiato…Alla larga! Ma la domanda resta!

  16. “Mi spiace ho censurato il suo commento, non in quanto delirante… quanto
    piuttosto perché non riconosciamo diritto di parola né di opinione in ambito
    cattolico ai sedevacantisti” ha scritto il Mastino a non si sa chi.

    E lei pensa che la verità debba aver paura dei sedevacantisti o di chicchessia?!
    La verità ha una forza intrinseca. Se lei ne è un testimone, lasci ad ognuno dire
    le cazzate che pensa, senza censurare, e controbatta con la forza della verità!

    P. S. La domanda – pur inquietante – su chi ha fatto Ravasi cardinale è una domanda
    di fondamentale importanza, cui lei non sta rispondendo.

  17. Avete letto certi scritti di Kasper? Io a leggere da voi certe cose che diceva Ravasi ero scandalizzato, ma temo che Kasper lo superi e di troppo…

  18. Chiedo scusa al Mastino se commento vecchi articoli ma sto scoprendo
    il suo sito da poco e poco a poco (ho anche altro da fare per fortuna).
    La cosa che più mi spaventa in questi maestri dotti è che prendono sottogamba
    la loro responsabilità di pastori verso il gregge e soprattutto verso il Padrone del gregge.
    Se fossero veramente credenti dovrebbero essere terrorizzati dal trasmettere alle
    pecore falsa dottrina che potrebbe perderle.
    Se invece non fossero credenti o addirittura avversari, tutto si spiegherebbe.

  19. Nei miei commenti parlo sempre in generale e non
    possedendo l’animo del condannatore, leggerò
    dell’eventuale riabilitazione con interesse.

  20. Dopo un anno di esternazioni pontificie, cardinalizie e “fanzaghesi”, ho deciso di provare a calarmi nella mentalità dei modernisti. Ho cercato di studiare la psicologia dell’avversario, come facevano le guide scout con i pellerossa. Ne è venuto fuori un pamphlet (“Tempi nuovi…Chiesa nuova”), una piccola guida ad uso del modernista neofita, o dell’aspirante “cattolico adulto.

    Tempi nuovi…Chiesa nuova
    ( l’ a b c del cattolico adulto)

    Basta con la fissazione di una Chiesa universale, cattolica, che vuole imporre le proprie regole al mondo intero ! nessuna religione possiede la verità tutta intera, tutte ne vanno in cerca, ma nessuna la possiede. Ogni religione possiede una parte di verità, ed è in cammino verso il divino, l’assoluto.

    Bisogna andare incontro alle altre religioni, per fare il cammino insieme verso la Verità. Non esistono quindi religioni scismatiche o protestanti (contro chi?). Le diverse confessioni cristiane sono tutte religioni con pari dignità, siamo tutti fratelli in Cristo, tutti cristiani. Noi cattolici non dobbiamo imporre niente ai fratelli delle altre confessioni cristiane, non abbiamo niente da insegnare loro; camminiamo insieme, quindi, siamo un solo popolo in cammino, dialoghiamo assieme ed aiutiamoci vicendevolmente. Abbiamo molto da imparare da loro, ci possiamo arricchire vicendevolmente.

    Dobbiamo uscire dal chiuso dei nostri palazzi, delle nostre certezze, abbandonare l’ossessione dogmatica, la fissazione sui c.d. valori non negoziabili (con chi dovremo negoziarli, se siamo tutti sulla stessa barca?) ed andare incontro ai fratelli nelle periferie esistenziali del mondo, per aiutarli, confortarli, consolarli nelle avversità, curare le loro ferite (in quell’ospedale da campo che è oggi la Chiesa). Tutto ciò, però, senza voler imporre loro alcunché, senza caricarli di pesi gravosi ed inutili (confessione, pentimento, cambiamento di vita, conversione, ecc.). Questo vale in special modo per i non credenti, gli atei, gli agnostici: basta che loro seguano la loro coscienza, il loro concetto di bene e sono a posto.

    Per le religioni non cristiane, poi, è assolutamente da evitare di voler imporre loro la conversione al cristianesimo o, peggio, al cattolicesimo. Non dobbiamo imporre loro il nostro punto di vista religioso, le nostre credenze. Bisogna andare incontro a coloro che professano altre religioni (specialmente ebrei e islamici), sono nostri fratelli, andiamo ad incontrarli, nel pieno rispetto della loro fede religiosa, basta questo. In tutte le religioni c’è una parte della Verità, tutte sono in cammino verso la divinità, così come le varie confessioni cristiane.

    L’umanità e come un poliedro con molte facce: ognuna di esse è una religione, una civiltà, e tutte hanno la stessa dignità, gli stessi diritti. Coloro che le professano con cuore sincero e buona volontà ottengono la salvezza, così come noi cristiani (attenzione, non solo noi cattolici). Questo è necessario capire per mantenere la pace nel mondo, per cercarla e raggiungerla.

    Basta con l’ossessione dei precetti, dei riti (e dei merletti), dei comandamenti, delle condanne, della cosiddetta cattolicità. La Chiesa non è cattolica, Dio non è cattolico, il Papa non è cattolico. Chi crede di possedere l’intera verità e la vuole imporre agli altri sbaglia di grosso. Non dobbiamo imporre niente ai credenti in altre religioni (altro che proselitismo, conversione forzata!), né tantomeno ai fratelli delle altre confessioni cristiane, ortodosse, luterane, anglicane, ecc.. I primi non devono essere costretti a convertirsi al Cristianesimo ed i secondi a far ritorno nella c.d. Chiesa Cattolica (che tale non è, come affermato sopra). La chiesa cattolica non ha niente da insegnare a nessuno e non deve convertire nessuno, devono cacciarselo in testa quegli ossessionati dei cattolici tradizionalisti, quei tristi figuri senza pace e senza gioia (prendano esempio dalla gioia dimostrata dai vescovi danzanti a Copacabana), fissati sull’uso di una lingua morta e sepolta, che nessuno parla e intende più.

    Come dicevamo, oggi la chiesa invita tutti ad incontrarsi, ad andarsi incontro gli uni agli altri, specialmente là dove maggiore è la sofferenza, nelle periferie esistenziali del mondo. Basta l’incontro, basta l’amore. Quando due persone sono unite da un legame affettivo, da una forma d’amore, hanno diritto a tutto il nostro rispetto. Non dobbiamo criminalizzare le moderne forme di relazioni affettive tra le persone, anche se dello stesso sesso. Ciò che conta è l’amore reciproco, non il “genere”, il c.d. “gender”. Le forme di convivenza vanno tutte bene, purché siano basate sull’amore, sull’affetto reciproco, sull’aiuto vicendevole. Nessuna prevenzione quindi contro il mondo lgbt, contro gli omosessuali: dobbiamo andare loro incontro, accettarli, accoglierli, non discriminarli né criticarli. Noi non siamo migliori di loro, non abbiamo niente da insegnare a loro, non dobbiamo arrogarci il diritto di imporre loro di cambiare vita (la presunzione di essere migliori di loro è il nostro peccato). Se coltivano l’amore vicendevole e reciproco, se la loro coscienza non gli rimprovera niente, che diritto abbiamo noi di rimproverarli, di condannarli? chi siamo noi per giudicare?

    Basta con le condanne, con l’odio, con le divisioni, cerchiamo piuttosto di curare le loro ferite, di portare conforto, consolazione, assieme all’indispensabile aiuto materiale, in particolare per i nostri fratelli migranti, da accogliere a braccia aperte, senza critiche xenofobe.

    Questa è la nuova chiesa, la nuova evangelizzazione, le vera civiltà cristiana, non quella degli ossessionati dai precetti, dal formalismo, dai dogmi, dalle lingue morte. Questi ultimi vanno quindi combattuti, ostacolati, convinti del loro errato modo di pensare; bisogna impedire loro di nuocere alla pace tra le religioni, di portare divisioni tra le persone e le fedi religiose. Questa è la vera emergenza, il nuovo compito dei cristiani adulti e responsabili (alcuni risultati sono stati ottenuti: con i Francescani dell’Immacolata, con alcuni collaboratori di Radio Maria, ma tanto rimane ancora da fare).
    Basta anche con la fissa sui miracoli: resurrezione, ascensione, morti fatti risorgere, ecc.; sono solamente dei segni che i primi cristiani hanno elaborato per rafforzare la loro fede e trasmetterla ai posteri, ma non si tratta assolutamente di fatti storici, realmente accaduti; una seria esegesi biblica ci aiuta a comprenderlo.

    Infine, basta con la fissazione sulle apparizioni (specialmente mariane, come Medjugorje), sui messaggi, sulle locuzioni: al cristiano basti la Scrittura, la Parola, tutto il resto è in sovrappiù (dato che con la morte dell’ultimo discepolo, San Giovanni Evangelista, la Rivelazione è terminata per sempre), anzi, è di ostacolo, all’ecumenismo, al riavvicinamento alle altre confessioni cristiane. La lettura della Parola, l’esegesi biblica, sono l’essenza del Cristianesimo, il resto porta solo divisione e rancore, quindi va abbandonato e combattuto. Il culto delle apparizioni mariane porta solo al settarismo, alla divisione.

    Ecco delineato il profilo della Chiesa del terzo millennio. Un miscuglio di ecumenismo ideologico, sincretismo, filocomunismo, filoprotestantesimo, massoneria. Una Chiesa dove la trascendenza ha ceduto il posto all’immanenza, lo spirituale al sociale, l’al di là all’al di qua, la salvezza eterna alla pace sociale, e che pian piano è diventata niente più che una agenzia sociale umanitaria (Onlus, Ong, et similia).

  21. ” Qua ormai non è più questione antisemitismo: è questione si s(c)emitismo!”
    Povero Woody Allen, è arrivata per lui l’ora della pensione ora che c’è il Mastino. Avete capito che forza questo qui? antisemitismo, grazie alla miglior penna del tavoliere, diventa scemitismo. Finalmente svelato lo scrittore-ombra dei copioni del Bagaglino! E Bruno Volpe ha trovato un successore.

  22. se dici che stiamo in apostasia “conclamata”

    ti becchi un retrogrado ed integralista …

    sarà, ma questa appare la Chiesa oggi di Francesco

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