Il Summit dell’Hotel delle Palme, quando mafia italiana e americana fecero “pace”

L' Hotel delle Palme a Palermo nel '50 (WikiMafia)

C’è una scena nel celebre film “Il Padrino” in cui i capi-famiglia mafiosi si ritrovano per discutere del mercato della droga. Seduti attorno a un tavolo, i boss decidono di mettere da parte i propri rancori che li dividono per trovare un accordo su a chi, come e dove venderla, gettando così una base per la “pace” tra cosche rivali. Don Vito Corleone riesce così a ristabilire l’equilibrio, scovando così anche i suoi nemici più pericolosi che hanno preso parte a quel summit: il periodo storico è tra la fine degli anni ‘40 e l’inizio dei ‘50, quando le autorità statunitensi iniziavano a ricevere segnali sempre più allarmanti sulle reti di spaccio.

Quella che è una ricostruzione cinematografica può essere comparata con ciò che realmente avvenne diversi anni più tardi, questa volta in Italia: tra il 12 e il 16 ottobre 1957, infatti, i capi di Cosa Nostra siciliana e quella americana si incontrarono a Palermo, in quello che è passato alla storia come il Summit del Grand Hotel et des Palmes, o Summit dell’Hotel delle Palme. Oggetto della discussione era appunto il ricucire i rapporti tra le due organizzazioni, divise dall’Oceano Atlantico e da percorsi diversi intrapresi fin dalla prima metà del secolo: l’anello di congiunzione era quindi il traffico di eroina, che partiva dal sud della Francia per arrivare via mare negli USA.

A quanto riporta WikiMafia, i rapporti tra italiani e americani non erano buoni, soprattutto per la scelta dei “mercati” in cui i secondi avevano deciso di puntare: “I mafiosi americani guardavano ai mafiosi siciliani dall’alto verso il basso e l’interruzione dei rapporti vi era stata in seguito alla decisione dei primi di entrare in traffici come lo sfruttamento della prostituzione, il prestito ad usura a membri dell’organizzazione e il fatto che ammettevano il divorzio, tutte cose contrarie ai valori originari di Cosa Nostra”. Ma i soldi provenienti da attività come il traffico di droga erano molto appetibili per le famiglie siciliane, già impegnate nel contrabbando di tabacchi nel Mediterraneo e nella speculazione edilizia in Sicilia: potevano quindi contare su una propria rete già presente.

La stessa Italia del boom economico era un mercato che faceva gola ai boss d’oltreoceano. I segnali per un riavvicinamento c’erano tutti allora, aiutati dal “prestigio” dei siciliani don Calò Vizzini e Giuseppe Genco Russo molto sentito anche negli States, come ha ricordato Gabriello Montemagno sulla Repubblica di Palermo nel 2007. Le cause dell’interesse dei mafiosi “nostrani” verso la droga erano anche date dall’acutizzarsi degli scontri tra famiglie, che negli anni ‘50 contò 211 vittime e il cui culmine arriverà solo a inizio anni ‘60, con la prima guerra di mafia. La regolazione di conti interna apriva così a nuove “frontiere” per la malavita, a discapito dei principi che fino ad allora avevano guidato le scelte dei capi siciliani.

Lucky Luciano, all'anagrafe Salvatore Lucania (Lercara Friddi, 24 novembre 1897 – Napoli, 26 gennaio 1962), criminale italiano legato alla mafia italo-americana nota come Cosa Nostra americana, ritratto in un momento di relax all'Hotel Excelsior di Roma, 11/06/1948 (ph Remo Nassi/ Wikipedia)
Lucky Luciano, all’anagrafe Salvatore Lucania, ritratto in un momento di relax all’Hotel Excelsior di Roma, 11/06/1948. Prenderà parte anche lui al Summit dell’Hotel delle Palme (ph Remo Nassi/ Wikipedia)

Per la mafia americana, l’aggangio italiano in Europa era essenziale anche per i rapporti stretti che Cosa Nostra intratteneva con la politica: i suoi interlocutori privileggiati erano infatti i democristiani Salvo Lima, assessore palermitano ai Lavori pubblici, e Vito Ciancimino, futuri Sindaco della città e con delega alle Aziende municipalizzate: furono loro a rendere possibile il “Sacco di Palermo”, ossia la speculazione edilizia destinata ad ampliare le dimensioni urbane a scapito di qualsiasi elemento che si presentasse come ostacolo. Questo aiutò diverse famiglie ad arricchirsi ulteriormente, come i fratelli Angelo e Salvatore La Barbera che investivano contemporaneamente in droga.

Una base nel Mediterraneo si rivelò utile anche in seguito al colpo di Stato di Fidel Castro a Cuba nel ‘59, fino ad allora base offshore di Cosa Nostra per il traffico di stupefacenti. A quel summit di ottobre parteciparono Joe Bananas con i suoi due vicecapi Camillo Galante e Giovanni Bonventre e il suo consigliere Francesco Garofalo; Joseph Palermo della Famiglia Lucchese di New York; Santo Sorge, esponente del Sindacato di Cosa Nostra e incaricato dei rapporti con i siciliani; Vito Di Vitale e John Di Bella della Famiglia Genovese; Vito Vitale della Famiglia di John Priziola di Detroit; il famosissimo Lucky Luciano; Giuseppe Genco Russo, capomafia succeduto a Calogero Vizzini nel controllo della Sicilia centrale, e Gaspare Magaddino, capo della mafia di Castellammare del Golfo, legato all’omonima famiglia di Buffalo.

Le vie odierne della droga/ Limes
Le vie odierne della droga/ Limes

A quel tavolo prese parte anche Tommaso Buscetta, il futuro “boss dei due mondi” che, nel libro-intervista “La Mafia ha vinto – intervista con Tommaso Buscetta” (1999) di Saverio Lodato, ricorda che furono gli americani a consigliare la creazione di una Commissione provinciale per coordinare le famiglie siciliane. Questa non fu però in grado di impedire, pochi anni dopo, lo scoppio della già citata prima guerra di mafia, frutto anche della volontà di sovvertire le gerarchie precedenti e divincolarsi da un potere centrale fino ad allora non conosciuto nella mafia dell’Isola.

Ciò che venne deciso in Italia doveva essere “ratificato” sui monti Appalachin, nello Stato di New York, appena un mese dopo: il 14 novembre 1957, infatti, sessantatré boss si diedero appuntamento alla villa di Joseph Barbara. La riunione però “fu interrotta sul più bello dall’arrivo della polizia. – ha scritto Montemagno – Alcuni dei 63 partecipanti riuscirono a fuggire, la maggior parte venne arrestata. Ma la Suprema Corte assolse tutti perché non si riuscì a dimostrare che essi si fossero riuniti per cospirare contro l’ordine e la giustizia”. Una retata realizzata anche con l’aiuto della Squadra mobile di Palermo, che aveva pedinato i gagster già nel meeting precedente: un lavoro che avrebbe continuato a fare anche nei decenni successivi, venendo però ostacolata da quello Stato che, in teoria, doveva essere totalmente dalla sua parte.

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Studente classe '95 della Triennale al SID, udinese, arbitro di calcio. Amo leggere, ascoltare, il teatro. Cerco storie che parlino di persone e di frontiere dietro casa. Un futuro prossimo remoto nel giornalismo, collaboro con il Messaggero Veneto e Mangiatori di cervello. Se poi mi avanza tempo salverò il mondo, ma con calma.

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