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Brown, Josh. "Testimonianze Di Una Precoce Toscanizzazione Nelle Lettere Commerciali del Mercante Milanese Francesco Tanso (?-1398), Archivio Datini, Prato." Forum Italicum. State University of New York at Stony Brook, Center for Italian Studies. 2015. HighBeam Research. 18 Aug. 2018 <https://www.highbeam.com>.
Brown, Josh. "Testimonianze Di Una Precoce Toscanizzazione Nelle Lettere Commerciali del Mercante Milanese Francesco Tanso (?-1398), Archivio Datini, Prato." Forum Italicum. 2015. HighBeam Research. (August 18, 2018). https://www.highbeam.com/doc/1G1-437059133.html
Brown, Josh. "Testimonianze Di Una Precoce Toscanizzazione Nelle Lettere Commerciali del Mercante Milanese Francesco Tanso (?-1398), Archivio Datini, Prato." Forum Italicum. State University of New York at Stony Brook, Center for Italian Studies. 2015. Retrieved August 18, 2018 from HighBeam Research: https://www.highbeam.com/doc/1G1-437059133.html
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Abstract
La conoscenza del toscano durante il Trecento e il Quattrocento aweniva non solo attraverso la lettura delle Tre Corone e tramite la circolazione di poeti, notai, podesta, giudici e ambasciatori, ma anche a causa della mobilite geografica dei mercanti, i quali, nelle loro frequenti comunicazioni, mettevano in contatto volgari diversi. Questo articolo vuole dimostrare che un simile processo di toscanizzazione aweniva, gia un mezzo secolo prima, in un corpus di lettere scritte durante il Trecento. A prima vista, infatti, le lettere commerciali mandate da Milano dal mercante Francesco Tanso (?-1398) agli impiegati del "mercante di Prato", Francesco Datini, sembrano mostrare un notevole grado di toscanizzazione ben prima della celebre teorizzazione del Bembo e al di fuori dell'ambito letterario.
Parole chiave
dialetti gallo-italici, lingue romanze, mercanti, toscanizzazione
Introduzione
Il termine "toscanizzazione" viene qui definito in senso ampio, cioe per indicare la presenza di elementi linguistici toscani negli scritti prodotti al di fuori della Toscana. (1) Nella storia linguistica della Lombardia, l'inizio di questo processo e attestato in testi letterari verso la fine del Trecento; in testi non-letterari, le prime attestazioni vengono fatte risalire al Quattrocento, molto prima della codificazione del toscano fatta dal Bembo (Vitale, 1953: 36; 1988). (2) La conoscenza del toscano durante il Trecento e il Quattrocento avveniva non solo attraverso la lettura delle Tre Corone e tramite la circolazione di poeti, notai, podesta, giudici e ambasciatori, ma anche a causa della mobilita geografica dei mercanti, i quali, nelle loro frequenti comunicazioni, mettevano in contatto volgari diversi. Questo articolo vuole dimostrare che un simile processo di toscanizzazione avveniva, gia un mezzo secolo prima, in un corpus di lettere scritte durante il Trecento. A prima vista, infatti, le lettere commerciali mandate da Milano dal mercante Francesco Tanso agli impiegati del "mercante di Prato", Francesco Datini, sembrano mostrare un notevole grado di toscanizzazione.
Prima di affrontare il corpus epistolare di Francesco Tanso, fornisco un breve resoconto storico-linguistico della Lombardia nel Trecento e nel Quattrocento e della presenza del toscano in questa regione. L'ultima parte dell'articolo esamina degli elementi toscanizzati nell'ortografia e nella morfologia delle lettere del Tanso.
La situazione linguistica in Lombardia dal Trecento al Quattrocento (3)
La situazione linguistica in Lombardia all'inizio del Trecento era molto frammentata. Ogni comune aveva infatti la propria scripta municipale locale. Nei due secoli successivi, la veloce espansione di centri di potere con nuove strutture politiche, corne corti e cancellerie, porte alla formazione di una varieta linguistica "panlombarda", oppure a cio che e stato definite "koine letteraria" o "semi-letteraria" (Vitale, 1953: 36). La questione intorno alla caratterizzazione della koine settentrionale risale almeno al Mussafia, il quale la defini un parlare non privo di coltura, con non poche reminiscenze latine, con gran numero di quelle eleganze che non erano ne toscane ne provenzali ne francesi esclusivamente, ma proprie di tutti gli idiomi neolatini, che nel medioevo pervennero a letterario sviluppo (Mussafia, 1983: 229). (4) Bongrani e Morgana (1992: 96) parlano di una moltitudine di koinai, definendole "strumenti dotati di una validite e di una diffusione piu ampie di quelle possedute dagli antichi volgari municipali". (5) A causa della carenza di documenti lombardi del Trecento, e in particolare di area milanese, questi autori mettono in evidenza la difficolta nel tracciare la storia di centri individuali, sottolineando tuttavia le testimonianze disponibili di Mantova, Milano e Cremona. (6) D'altro canto, l'approccio di Stella (1994) e quello di esaminare i principali documenti dei maggiori centri lombardi, quali Cremona, Mantova, Milano, Brescia, Bergamo e Pavia. I tratti piu marcati in senso locale sono stati progressivamente abbandonati durante il Trecento e il Quattrocento in favore di forme linguistiche comuni all'intera Lombardia. Vitale (1953: 36) spiega che la koine stessa era una lingua frammentata, con una profonda variazione interna, e che tendeva a formare "conguagliamenti latineggianti e letterari" acquisendo una natura sovraprovinciale. (7) Tratti piu precoci della koine pan-lombarda si possono individuare nelle gride gonzaghesche di Mantova, datate 1374. Comparando la lingua delle gride a quella di Vivaldo Belcalzer (notaio mantovano dell'inizio del Trecento), Bongrani e Morgana (1994: 117-118) identificano alcuni tratti tipici della koine che si andava evolvendo nelle gride: ad esempio il ripristino di vocali finali, l'uso dell'articolo definitivo maschile "li", l'uso di "li" per l'articolo definitivo femminile e l'uso di -i corne desinenza di nomi plurali femminili (insieme a -e). Nella loro descrizione di questa lingua "ufficiale" gli autori notano che, quando viene paragonata alla prosa del Belcalzer, i tratti dialettali piu cospicui, in linea di massima, non sono presenti nelle gride. Ghinassi (1965: 75) descrive il volgare del Belcalzer corne "omogeneo, regolare, senza incertezze o oscillazioni rilevanti", e ricorda corne Mantova "avesse gia cominciato a inserirsi nelle piu complesse tradizioni interregionali" (1965: 79). La varieta piu evoluta della koine lombarda appare pero nel tardo Quattrocento, quando la lingua diviene "neutrale" in senso diatopico e difficile da ascrivere a una singola area geografica sulla base di fattori linguistici (Bongrani e Morgana, 1992: 92). (8) Benche la maggior parte degli studi pongano l'enfasi sui concetti di varieta intrinseca e di mancanza di coesione, descrivendo questi concetti corne tratti tipici dell'intero nord, i risultati che Maraschio ottiene da un corpus eterogeneo di diari e lettere di astrologi, dottori e ingegneri del duca di Mantova, presentano un livello notevole di omogeneita linguistica. (9) Riferendosi specificamente aile koinai della cancelleria italiana, Ghinassi (1976a: 14) osserva che "corne si siano formate queste koine, quali ne siano stati i punti di partenza, quali le vie percorse e gli ambiti di diffusione, sono tutte questioni ancor oggi aperte e di non facile soluzione". (10) In breve, il principale processo linguistico in atto in Lombardia durante il Trecento e il Quattrocento consisteva in una evoluzione dal "municipalismo linguistico" aile "formazioni sovramunicipali" (Bongrani e Morgana 1992: 96) o a una lingua di koine. (11) In uno studio recente, Kabatek (2013: 165) ha scritto che la lingua lombarda o koine padana "e la piu ovvia continuazione delle tendenze arcaiche del volgare italico". Lui l'ha definita la "lingua letteraria supra-regionale" in cui furono scritti mold testi letterari italiani.
La toscanizzazione
Vitale (1953: 16-17) ha rivelato che il primo documento in volgare nella cancelleria milanese risale a 1426 e che l'uso del latino in testi cancellereschi continue a diminuire durante il Quattrocento. Nel secondo Quattrocento il volgare acquisi "il predominio assoluto" (p. 17). Vitale (1953: 41) osserva che, per quanto riguarda la cancelleria milanese, l'influenza del toscano letterario awenne tardi e che, con lo svolgersi del tempo, esso fu imposto con sempre maggiore sicurezza sulla lingua ibrida della cancelleria. Il toscano "combatte" contro la forte resistenza di elementi locali, istintivi nelle coscienze degli scrittori. Stella (1994: 199) suggerisce che, come data simbolica, "il termine a quo di non ritorno verso Firenze" si puo datare al luglio 1489, quando Ludovico il Moro chiese al Landino di tradurre in fiorentino i Commentari sulle gesta di Francesco Sforza, sprezzando gli umanisti lombardi. Nei circoli letterari la conoscenza del toscano in Lombardia durante il tardo Trecento e il Quattrocento sembra estesa. Bongrani e Morgana (1992: 98) osservano che dalla seconda meta del Trecento "il toscano entra stabilmente, insieme col latino e col volgare locale e regionale, nella formazione di quella lingua poetica composita e ibrida che avra fortuna nelle corti di Lombardia", e citano gli studi di Rajna e Migliorini sulla canzone "Prima che 'l ferro" di Antonio da Ferrara, il quale e stato presente a Milano nel Trecento. (12) Stussi (1993: 13-14) ha rilevato che, per i testi letterari, "soprattutto al nome di Dante e legata la prima espansione del toscano a Ferrara, Milano, Padova, Treviso e in minor misura a Venezia", e che, "nonostante la indubbia espansione del toscano, tuttavia in nessuna regione si ha uno scrupoloso e generale adeguamento" (p. 14). Infatti, "e molto forte per tutto il Trecento la concorrenza di tradizioni linguistiche locali" (p. 14). Secondo Stussi "il toscaneggiare e conseguenza della dififusione di modelli poetici per lo piu lirici" mentre, al di sotto del livello letterario, una estensione dell'uso del volgare avveniva sia negli statuti che nella corrispondenza mercantile (p. 13). (13) Ghinassi ha sottolineato che la dififusione del toscano non ha assunto l'aspetto di una irruzione in vacuum o di una sostituzione radicale, priva di residui, di un nuovo sistema ai vecchi sistemi locali, ma piuttosto quello di una penetrazione sviluppatasi in maniera lenta e graduale attraverso varie fasi di incontri a meta strada o di compromessi tra il sistema in espansione e i sistemi che lo fronteggiavano (Ghinassi, 1976b: 86)A proposito dell'uso dell'infinito in un copista della Vita di Sant'Alessio di Bonvesin de la Riva nel tardo Trecento, Wilhelm (2006: 20) nota che "confluiscono qui spinte diverse e in parte contrastanti, provenienti dal dialetto e dal latino, dalla incipiente koine regionale e in parte gia dal toscano letterario". (14) Ghinassi (1976a: 17) osserva che la letteratura toscana comincia "a fare le sue prime apparizioni" a Mantova all'inizio del Quattrocento. Riferendosi alla presenza di libri toscani nelfinventario gonzaghesco del 1407, Ghinassi (1976a: 17) descrive queste apparizioni corne "dapprima timide e mescolate a elementi indigeni, poi via via piu franche e disinvolte". Bruttini ricorda la distinzione importante (ma non assoluta) tra l'uso del toscano in testi letterari e non letterari durante il Trecento: "i motivi per cui si impose il volgare fiorentino sono divers! e non solo quelli di carattere letterario quali gli scritti di Dante, Petrarca e Boccaccio. E da ritenersi che nel tardo Medioevo e nel Rinascimento il toscano dovesse essere la lingua franca commerciale" (p. 4, citato in Sosnowski, 2006: 18). Inventari di libri stampati dimostrano la grande richiesta di opere in toscano in questo periodo e ci sono prove che aristocratici milanesi avessero copie di opere del Dante, del Petrarca e del Boccaccio. (15) In un recente studio sulla trasmissione manoscritta nel processo di dififusione del toscano nella sfera letteraria, Barbato (2013: 27) ha potuto richiamare l'appello di Folena, il quale gia nel 1956 scriveva che "la tradizione extra-toscana di volgarizzamenti e di prose prima del Boccaccio meriterebbe uno studio linguistico attento e approfondito" (Folena, 1956: xxvii).
Per testi non letterari, gli studi di Vitale sono tra i pochi che considerano la toscanizzazione in Lombardia. Per quanto riguarda Milano, Morgana (2012: 30) ha recentemente precisato che "manca una documentazione in volgare che consenta di seguire l'eventuale infiltrazione di modelli linguistici toscani nel corso del Trecento e nei primi decenni del Quattrocento". Commentando Vitale, Sgrilli (1988: 450-451) constata che "solo nel Quattrocento il toscano si insinuera anche nelle scritture di uso pratico", con riferimento specifico alla Lombardia. (16) Brown (2013) ha identificato un processo di koineizzazione sulla base di un corpus di lettere mercantili la cui lingua mostra la presenza della koine, insieme a dementi toscani e/o toscanizzati e latineggianti. Inoltre, Bruni (1989: 17-18) ha sottolineato come il movimento religioso dei Disciplinati abbia contribuito a diffondere "una parlata sopraregionale di base toscana" in Piemonte. Lui descrive la lingua delle lettere di Stefana Quinzani e Laura Mignani di Brescia corne "una koine piu o meno spiccatamente settentrionale". Per Mantova, Borgogno (1968: 36) ha osservato la presenza di Ludovico degli Uberti, un fiorentino al servizio di Francesco Gonzaga, la cui lingua e "singolarmente mista di dementi toscani e di dementi settentrionali". (17)
Testimonianze di una piu precoce datazione della toscanizzazione in volgare lombardo non letterario possono trovarsi nelle lettere commerciali mandate da Milano tra il 1380 e il 1407 a mercanti toscani al servizio della compagnia Datini. (18) Queste lettere sono antecedenti, di un periodo di tempo significative, alla prima data registrata per l'uso del toscano nelle storie del volgare in Lombardia.
Francesco di Marco Datini (c. 1335-1410), il "mercante di Prato", si trasferi ad Avignone all'eta di 15 anni e comincio presto a commerciare in prodotti molto eterogenei, (19) stabilendo fondachi a Prato, Avignone, Firenze, Pisa, Genova, Barcellona, Valenza e nelle isole Baleari. (20) Durante il ritorno a Prato da Avignone, nel dicembre 1382, si fermo una settimana a Milano per raccogliere provviste per il resto del viaggio e per stabilire rapporti di scambio con altri mercanti. (21) Il socio principale che il Datini acquisi fu la famiglia Pescina; tuttavia, il Datini e i suoi soci corrisposero in modo diretto con almeno altri quattro mercanti di Milano o di zone limitrofe, oltre che dei maggior centri di scambio in tutta la Lombardia. (22)
In totale, nell'Archivio Datini esistono 810 lettere da Milano. Di queste, 526 sono state scritte dai soci e dai fattori del Datini, i quali erano tutti toscani e viaggiavano a Milano per faccende commerciali e per incontrarsi con i loro corrispondenti milanesi; dal punto di vista linguistico, queste 526 lettere sono tutte in toscano. Delle altre 284 lettere, 84 sono cosi suddivise: 70 sono scritte da altri toscani o da mercanti di famiglie toscane o da mercanti le cui provenienze non ho potuto accertare; 9 documenti non sono lettere; 4 sono in latino; 1 e stata spedita da un mercante anonimo. …
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