Le teorie dell'ATTACCAMENTO

ATTACCAMENTO

L’essere umano, come gli altri esseri viventi, possiede una tendenza innata a ricercare e mantenere la vicinanza di un adulto in particolare in presenza di un pericolo, di paura o sofferenza (Bowlby, 1979).

Uno dei bisogni fondamentali del bambino è la vicinanza della figura materna che comprende e risponde ai suoi bisogni, che gli dà protezione e che lo fa sentire al sicuro; nel caso in cui non è presente la madre, ricerca un individuo diverso che preferisce ad altri, che considera più forte e più saggio e tale scelta caratterizza l'individuo per il corso della sua vita, dalla culla alla tomba.

Il termine attaccamento non ha connotazioni negative. Nelle relazioni umane si ha la ricerca del contatto con una persona specifica, così si prova dolore per la separazione da essa. In età adulta e in vecchiaia, il termine implica dipendenza o regressione, poichè la dipendenza da un'altra persona indica un comportamento inadeguato ad un individuo adulto. Una persona attaccata ad un'altra, implica un rapporto funzionale ed adeguato, assolutamente non dipendente, infatti quest'ultima è condizione necessaria per poter costruire un'autonomia individuale.

Il modo in cui gli individui rispondano ad un evento stressante è guidato dalle indicazioni date della figura d'accudimento, che soddisfa le richieste di protezione. In quanto il comportamento dell'attaccamento e le modalità con le quali vengono affrontati i pericoli e lo stress riflettono lo stile di accudimento messo in atto dalla figura di riferimento, che può essere il caregiver, già dal primo anno di vita del bambino.

LE TEORIE DELL'ATTACCAMENTO

Bowlby (1907-1990) esponente di una prestigiosa Università di Cambridge, Bowlby entra a far parte negli anni Trenta di una delle più tradizionali Società Psicoanalitiche affiliate all’International Psychoanalytical Association, quella britannica.

La società psicoanalitica britannica negli anni Quaranta è lacerata dai due opposti orientamenti, quello della teoria pulsionale e quello della teoria delle relazioni oggettuali che facevano capo, rispettivamente, ad Anna Freud e Melanie Klein, entrambe, seppure con approcci teorici e tecnici contrapposti, prevalentemente orientate sugli aspetti intrapsichici dell’esperienza infantile.

La teoria pulsionale ipotizzava che il legame che unisce il bambino alla madre è la libido.

Melanie Klein, una delle capostipiti della teoria delle relazioni oggettuali, ipotizzava l’esistenza di una relazione oggettuale primitiva all’interno della quale, oltre al massimo rilievo ancora dato al cibo, all’oralità e al seno come primo oggetto libidico, assume un significato straordinario l’istinto di morte.

Bowlby prende ben presto le distanze da questi orientamenti teorici, per lui, contrariamente alla psicoanalisi classica, la questione più importante non è la sessualità, ma la sicurezza. L’attaccamento è un fatto primario e non è derivato dall’oralità. In altre parole, non è più in primo piano la gratificazione orale ricevuta dal bambino, quanto piuttosto la "qualità" dell’accudimento, ovvero la disponibilità e la capacità di risposta materna. Inoltre basa la sua teoria dell'attaccamento sul legame primario madre e bambino e un'interpretazione dell'eziologia dei problemi mentali e della condotta rivoluzionaria non solo rispetto alle teorie del suo tempo, quali il comportamentismo e la psicoanalisi, ma anche nei confronti con quelli che sono i modelli psicologici e psichiatrici correnti.

Secondo Bowlby "le interazioni tra madre e bambino, che iniziano già durante la gravidanza e che vanno dall'abbraccio allo scambio di sguardi, alla nutrizione, alla consolazione vanno a costruire ciò che viene definito sistema d'attaccamento".

I primi studiosi di questa teoria, nella seconda metà del 1900 ritenevano che il bambino sviluppava uno stretto legame con la madre perché era proprio lei a nutrirlo, ma questa teoria fu subito smentita poiché si osservò che questo legame non si verificava per chiunque lo nutrisse.

Un altro studio fu dato da Lorenz che dimostrò che in alcune specie animali poteva svilupparsi un forte legame nei confronti di una specifica figura materna senza l'intermeditazione del cibo. Egli aveva osservato che i piccoli delle oche mostrano alla nascita una risposta di seguitazione che li porta a seguire il primo oggetto in movimento, in genere la propria madre, ma che in generale inseguivano anche gli insetti per mangiare, quindi procurandosi il cibo da sole.

Harlow, a sua volta, aveva dimostrato come, in una serie di esperimenti, i piccoli di scimmia venivano messi a confronto con una madre fantoccio, fatta di freddo metallo, chiamata "madri frigorifero", alla quale era attaccato un biberon e con un’altra madre fantoccio senza biberon, ma coperta di una stoffa morbida, spugnosa e pelosa. Le piccole scimmie mostrarono una chiara preferenza per la madre di stoffa passando fino a diciotto ore al giorno attaccate ad essa, come avrebbero fatto con le loro madri reali.

LA TEORIA DELL'ATTACCAMENTO DI BOWLBY

Alla luce di questi studi Bowlby arrivò a definire il comportamento di attaccamento come quel comportamento che si manifesta in una persona che vede in un'altra persona una figura di riferimento, in grado di soddisfare e di dare sicurezza e di rispondere nel momento del bisogno.

Bowlby postula che negli individui è presente fin dalla nascita un sistema di schemi comportamentali che ha una base innata, frutto della selezione naturale, detto sistema dell'attaccamento. La funzione biologica di questo sistema, ovvero il significato che esso aveva in origine, ai fini della sopravvivenza nell'ambiente di adattamento evoluzionistico, deve essere rintracciato nella necessità di assicurare ai piccoli la protezione da predatori e da pericoli generici. Questo comportamento di protezione viene attivato da chi si prendeva cura di loro, generalmente la madre biologica. Il sistema di attaccamento si può considerare un sistema di controllo, un sistema omeostatico, che ha lo scopo di mantenere in equilibro le condizioni esterne e interne riguardanti la sicurezza: se l'ambiente è sicuro l'individuo si sente sicuro, quando nell'ambiente è presente un pericolo il sistema si attiva e porta alla messa in atto di una serie di comportamenti quali il pianto, l'aggrapparsi, oppure seguire una figura che dia sicurezza fino a consentirgli l'accostamento o il mantenimento del contatto con il caregiver, fino a ripristinare una condizione di sicurezza.

Bowlby ipotizza tre sistemi di controllo che guidano il comportamento infantile: quello esplorativo, quello deputato alla gestione della paura e quello affiliativo. In un organismo biologico funzionante e in condizioni naturali, il sistema di attaccamento opera in modo che ci sia una coordinazione tra questi sistemi, in modo che si mantengano attivi i vari comportamenti e che tra essi si attivi un equilibrio dinamico.

L'attaccamento è visto come un costrutto organizzativo che riesce a soddisfare i bisogni relativi, il sistema comportamentale dell'individuo, quello psicofisiologico, quello affettivo-emotivo, quello cognitivo e quello comunicativo raggiungono una loro coordinazione e organizzazione funzionale.

LA RELAZIONE DI ATTACCAMENTO

L'importanza delle relazioni di attaccamento fu evidenziato da Bowlby; la relazione di attaccamento del neonato con il genitore o un altro caregiver è di fondamentale importanza dal punto di vista dell'evoluzione e garantisce l'esistenza.

La natura delle relazioni di attaccamento nella prima infanzia è caratterizzata, fin dalla sua nascita, con un certo tipo di cure che favoriscono lo sviluppo dell'attaccamento del bambino nei loro confronti; è solo nella seconda metà del 1° anno di vita che il bambino inizia a mostrare chiaramente intense reazioni emotive che riflettono l'attaccamento verso determinate persone. Il senso di attaccamento verso un ristretto numero di persone può far sì che un bambino che in precedenza stava senza problemi in compagnia di persone sconosciute ora cominci a essere più selettivo.

I bambini che nel corso del primo anno di vita hanno sperimentato una madre costantemente sensibile al loro bisogno di essere e di sentirsi protetti e "responsiva", ovvero in grado di riconoscere i loro segnali e pronta ad accorrere alle richieste di conforto e offrire affetto, sanno esprimere le loro emozioni, sia quelle positive che quelle negative, in maniera calma e sono in grado di esplorare aspetti nuovi dell'ambiente che li circonda sia in presenza che in assenza del genitore.

LA STRANGE SITUATION E LE TIPOLOGIE DELL’ATTACCAMENTO

Mary Ainsworth, una dei più stretti collaboratori di Bowlby, ha contribuito in modo rilevante alla verifica empirica della proposta teorica di Bowlby, attraverso la messa a punto di una procedura semi-sperimentale per la raccolta dei dati: la Strange Situation.

La Strange Situation, “dramma in miniatura in otto parti” per madre, bambino di un anno e sperimentatore, è una procedura di laboratorio che permette di esaminare il comportamento di attaccamento, il comportamento esplorativo e il comportamento affiliativo. Si tratta di una procedura standardizzata per le madri ed i loro piccoli che è insieme naturalistica e valutabile in modo affidabile. L'esperimento, che si dipana in otto fasi, ciascuno di tre minuti, durante il quale il bambino ha la possibilità di giocare in presenza della madre, poi in presenza di un estraneo, poi da solo e poi di riunirsi al genitore. I comportamenti prodotti in maniera spontanea, in particolar modo in assenza della madre e al momento della riunione con essa, consentono una classificazione degli individui secondo quattro tipologie di base (attaccamento sicuro, evitante, ambivalente, disorganizzato) e vengono considerati dalla Ainsworth l'esito dello stile di caregiver utilizzato dalla madre nel primo anno di vita del bambino.

  • 1º episodio. In una stanza apposita vengono fatti entrare, e successivamente lasciati soli, un genitore (caregiver) con il figlio.
  • 2º episodio. Nella stanza sono presenti dei giocattoli in un angolo, il bambino ha così la possibilità di esplorare l'ambiente ed, eventualmente, il caregiver può giocare con lui.
  • 3º episodio. Entra un estraneo che siede prima in silenzio, poi parla con il genitore e successivamente coinvolge il piccolo in qualche gioco.
  • 4º episodio. Il genitore esce lasciando il bambino con l'estraneo.
  • 5º episodio. Successivamente rientra il genitore nella stanza ed esce lo sconosciuto senza far rumore.
  • 6º episodio. In questo episodio il genitore lascia di nuovo il bambino; è da notare che questa volta lo lascia solo.
  • 7º episodio. Entra l'estraneo e, se necessario, cerca di consolare il bambino.
  • 8º episodio. Il genitore rientra nella stanza.

La classificazione del tipo di attaccamento che lega il bambino alla madre si basa sull'osservazione del comportamento esplorativo e delle reazioni emotive del bambino in presenza e in assenza della madre, nonché delle sue risposte alla riunione con essa dopo la separazione.

Sulla base di numerose osservazioni condotte con questa procedura, la Ainsworth identificò inizialmente tre principali pattern di risposta, o tipologie fondamentali di attaccamento.

Tali tipologie sono:

  1. Attaccamento sicuro (B): un bambino il cui attaccamento è sicuro, gioca con i giocattoli, mostra segni di disagio quando la madre esce dalla stanza, interrompendo il suo comportamento di gioco o di esplorazione e sollecitando in qualche modo una riunione. Quando la madre ritorna, egli viene confortato facilmente, si tranquillizza e torna a giocare. Statisticamente la metà circa dei bambini osservati si comporta in questo modo. Si tratta di bambini che hanno fatto esperienza nel primo anno di vita di una madre “sensibile e responsiva”, in grado di riconoscere e rispondere adeguatamente alle loro richieste.
  2. Attaccamento ansioso-evitante (A). Appartengono a questa categoria i bambini che in presenza e in assenza della madre il bambino sembra indifferente e tutto preso dai giochi, inoltre mostra indifferenza alla separazione e alla solitudine. In situazioni in cui madre e bambino sono distanti e poi si ritrovano, il bambino evita la vicinanza stretta con la madre, quando lei è presente, non piange, né mostra apertamente disagio, quando lascia la stanza. Quando la madre rientra, inoltre, questi bambini evitano decisamente ogni contatto con lei e durante tutta la procedura sembrano più attenti agli oggetti inanimati che agli avvenimenti interpersonali. Statisticamente, tale tipologia di bambini costituisce circa un quarto del campione globale. Questo tipo di comportamento viene interpretato come il risultato di meccanismi di difesa: il bambino si volge agli oggetti piuttosto che agli esseri umani, nasconde il suo disagio ed evita la vicinanza per tenere sotto controllo il sentimento di avere bisogno che, nelle sue previsioni, non potrà comunque essere soddisfatto adeguatamente. I bambini dopo avere subito uno stress come accade in situazioni di pericolo o paura, mettono in atto comportamenti di falsa autonomia in quanto hanno appreso a negare i loro bisogni di sicurezza e a non esprimere le emozioni legate a questi bisogni quali l'ansia, la rabbia, la tristezza.
  3. Attaccamento coercitivi-ambivalente (insicuro-resistente) (C). Questa tipologia rappresenta circa il 10% del campione totale. Si tratta di bambini che mostrano un grande disagio durante tutta la registrazione, in molti casi, addirittura, prima della separazione dalla madre, fin dal momento d’ingresso in un ambiente sconosciuto o all’entrata dell’estranea. Quando la madre rientra, dopo l’allontanamento, essi cercano di riunirsi a lei e di essere consolati, ma possono anche mostrare rabbia e passività; tendendo a piangere in modo inconsolabile, senza riuscire a riprendere l’esplorazione, riescono ad esprimere in maniera esagerata le loro emozioni, tant'è che in caso di stress sono per lo più inconsolabili ed enfatizzano i loro bisogni al fine di aumentare le probabilità di ricevere attenzione. Le basi di questo comportamento sembrano risiedere nell’esperienza d’interazione con un genitore che risponde in modo imprevedibile alle richieste del bambino e che risulta quindi potenzialmente inaffidabile nei momenti di difficoltà. In questi casi, il bambino si trova pertanto nella necessità di “estremizzare” i propri comportamenti di attaccamento ed appare quasi completamente assorbito dalla figura di attaccamento e dai luoghi circostanti ad essa.
  4. Attaccamento disorganizzato (D). Questa categoria è stata individuata partendo dalla considerazione che alcuni bambini, provenienti sia da campioni a basso che da ad alto rischio, risultavano “inclassificabili” secondo il sistema messo a punto dalla Ainsworth. Si tratta di bambini, per esempio, che durante l’assenza della madre piangono e la ricercano attivamente per poi rimanere in silenzio, evitarla ed ignorarla apertamente al momento della riunione. Altri bambini si avvicinano alla madre e quindi, dopo aver stabilito il contatto con lei, si scostano bruscamente e rimangono immobili al centro della stanza, come “congelati” (freezing). Tali patterns comportamentali, che costituiscono caratteristiche inclassificabile di comportamenti evitanti e resistenti, presentano notevoli analogie con quei comportamenti che alcuni studiosi definiscono “conflittuali”.

Il comportamento della madre è di essere incapace di offrire accudimento, di una madre maltrattante e/o trascurante di una madre con sintomi psichiatrici o che non è riuscita a risolvere un lutto, mentre il bambino esplora in assenza della madre richiesta di conforto all'estraneo, mostra un comportamento di evitamento e resistenza al contatto, si aggrappa alla madre quando piange disperato. Rimane immobile, porta la mano alla bocca, si copre gli occhi, si butta per terra, volta la testa, il bambino presenta una reazione di insicurezza di angoscia mostra di essere disorientato e tutto ciò viene riversato nei suoi bisogni di attaccamento.

I primi tre pattern, malgrado la possibilità che da essi emergano disturbi e patologie, sono considerati "organizzati", anche se solo il primo può essere considerato un legame di attaccamento sicuro. Inoltre tutte e tre le tipologie riflettono strategie adattive, ovvero strategie che hanno un senso e che hanno contribuito alla sopravvivenza di chi le metteva in atto: pressioni selettive che condizionino i bambini in modo che siano in grado di mettere in atto strategie più adeguate allo stile del caregiver di cui hanno fatto esperienza. I bambini di tipo A, attraverso il mantenimento di una moderata distanza con la madre detta optimal distance, evitano il rischio di essere rifiutati e nello stesso tempo si pongono in condizione di essere eventualmente soccorsi in caso di pericolo quando il pericolo è eccessivo.

I bambini di tipo C esagerano l'espressione dei lori bisogni, si fanno carico di mantenere vicina una madre altrimenti imprevedibile. I bambini B esprimono in maniera chiara e con fiducia i loro bisogni, nella consapevolezza di essere aiutati e confortati nel momento di necessità.

La risposta allo stress del bambino D è basata su una confusione di pensiero e di comportamento, in quanto la necessità di riunirsi con la madre è dettata da una strategie di avvicinamento e paura, di evitamento e resistenza al contatto e dalla presenza di comportamenti singoli, come rimanere immobile come congelato, stilling, assumendo espressioni facciali di paura nei suoi riguardi e notevoli stereotipie dettati da un movimento dondolare.

Inoltre esiste un attaccamento A/C evitante ed ambivalente simile all'attaccamento D, infatti molto spesso non viene considerato. Questo attaccamento presenta pattern d'interazione evitanti e pattern resistenti-ambivalenti, nella quale sono meno presenti comportamenti stereotipati e meno forme di congelamento, così da ridurre la situazione incoerenti in cui si ritrova il bambino. La risposta normale in una situazione di paura lo porterebbero ad attaccarsi alla figura di riferimento, ma considerando la madre descritta nell'attaccamento D che non permette che si verifichi, al bambino crollano le strategie che aveva trovato: ne consegue una sua incapacità di gestire la paura, perchè non riconosce nella madre una figura di riferimento.

Alcune ricerche dimostrano la sostanziale continuità fra comportamenti e atteggiamenti materni e sviluppo del bambino. Madri che hanno comportamenti sintonici verso i propri figli, che forniscono loro una costante fonte di affetto, una base sicura per l’esplorazione dell’ambiente e un punto di riferimento fermo che li aiuti ad affrontare separazioni e angosce, hanno figli ben adattati socialmente, capaci di dare valutazioni adeguate di sé e degli altri e di rispondere in modo adattivo alla separazione. Al contrario, i figli di madri che svolgono il loro ruolo in maniera carente e inadeguata, che si mostrano resistenti al contatto fisico e incapaci di far fronte ai bisogni e alle angosce del bambino, tendono a sviluppare poca fiducia in sé e negli altri, scarsa capacità di valutare in modo realistico sé stessi e le situazioni e una bassa competenza sociale, che si esprime, a seconda dei casi, con l’isolamento o con esplosioni di rabbia ingiustificata (Cassidy e Shaver, 1999).

A partire dagli ultimi studi, l’interesse principale, teorico, clinico, degli studiosi dell’attaccamento si è rivolto all’approfondimento dei processi e meccanismi che sono alla base della trasmissione madre e figlio e di caratteristiche normali e patologiche fra genitori e figli.

I MODELLI OPERATIVI INTERNI

Nel tempo le modalità con le quali si entra in relazione con le figure d’attaccamento, inizialmente la madre, si stabilizzano e tendono a generalizzarsi, formando schemi cognitivi interpersonali, che Bowlby chiama Modelli Operativi Interni (MOI). Queste rappresentazioni apprese di sé, della relazione con l’altro e delle figure d’attaccamento, s’innestano sulle componenti innate del sistema e costituiscono una caratteristica individuale che modella le relazioni interpersonali, portando alla strutturazione di uno specifico stile di attaccamento: sicuro, insicuro evitante, ansioso-ambivalente, disorganizzato.

All’interno di questo argomento, ricopre un ruolo fondamentale il costrutto di Modelli Operativi Interni -Internal Working Models-, che permette di comprendere i complessi processi attraverso cui gli schemi relazionali di attaccamento tendono sempre più a diventare patrimonio mentale del bambino stesso. Questi modelli si basano su una serie di aspettative della figura d'attaccamento, la loro disponibilità e le probabili risposte che possono dare in situazioni in cui la sicurezza sia minacciata.

In particolare Bowlby ipotizza che gli esseri umani possiedano, all’interno della loro mente, due diversi tipi di modelli del mondo circostante che consentono loro predizioni corrette e manipolazioni adeguate sull’ambiente: un modello “ambientale”, che informa sulle cose e sugli aspetti del mondo circostante, e un modello “organismico”, che riguarda l’individuo nei suoi rapporti con gli altri e con l’ambiente. In entrambi i casi, quello che l’individuo sviluppa e si porta dentro è una mappa di come vede e percepisce sé stesso, gli altri e le sue relazioni. Secondo le stesse parole di Bowlby, “Ogni individuo costruisce modelli operativi del mondo e di se stesso in esso, con l’aiuto dei quali percepisce gli avvenimenti, prevede il futuro e costruisce i suoi programmi. Nel modello operativo del mondo che ognuno si costruisce, una caratteristica chiave è la nozione che abbiamo di chi siano le figure di attaccamento, di dove possano essere trovate e di come ci si può aspettare che rispondano. Similmente, nel modello operativo di se stessi che ognuno di noi si costruisce, una caratteristica chiave è la nostra nozione di quanto accettabili o inaccettabili noi siamo agli occhi delle nostre figure di attaccamento" (Bowlby, 1973).

I modelli operativi si costruiscono nel corso dello sviluppo del bambino come frutto dell’interiorizzazione di ripetute esperienze interattive, attraverso le quali egli arriva a predire la realtà, a mettersi in relazione con essa e a costruirsi opinioni su sé e sugli altri.

Secondo la teoria di Bowlby, fin dai primi mesi di vita, il bambino impara a riconoscere le interazioni con la persona o le persone che lo accudiscono, in modo tale che, molto prima di essere in grado di esprimere significati attraverso le parole, apprende un certo numero di strategie che governano la relazione. Così egli crea un'organizzazione di emozioni e di patterns di azione che vengono a costituire il suo modello operativo interno e che lo guidano saldamente verso i due compiti essenziali dell’infanzia: rimanere a contatto con le sue figure di attaccamento e imparare a crescere servendosi di esse. I modelli operativi interni, o modelli operativi interni di sé e degli altri, indicano la capacità dell’individuo d’interiorizzare e perpetuare modelli di relazione e quindi di rappresentarli.

I modelli operativi dell’individuo si basano, quindi, sulle esperienze passate, sulle aspettative relative alla disponibilità e alle probabili risposte della figura di attaccamento ai propri bisogni e, infine, sulle anticipazioni relative al proprio comportamento e al proprio Sé in relazione con la figura di attaccamento in situazioni di sconforto.

In situazioni in cui avvertono minacciata la sicurezza personale gli individui con attaccamento sicuro si aspettano che la figura di attaccamento, e più in generale, gli altri si mostreranno sensibili alle loro richieste di aiuto, disponibili a venire in loro soccorso e capaci di dare risposte adeguate alle loro esigenze. Inoltre, svilupperanno un’immagine di sé come degni di amore, capaci di tollerare separazioni temporanee e di far fronte alle difficoltà.

Al contrario, gli individui con legami di attaccamento di tipo evitante si formeranno un modello mentale della persona di attaccamento e degli altri come assenti, rifiutanti e ostili. Parallelamente svilupperanno un’immagine di sé come persone che non sono degne di essere amate e che, in caso di necessità, non potranno che far conto su loro stessi, attivando meccanismi difensivi di negazione del loro bisogno di cura e di affetto. Le persone che hanno sviluppato un legame di attaccamento di tipo ambivalente si formeranno un modello mentale della figura di attaccamento e della realtà esterna come imprevedibile, inaffidabile, subdolamente pericolosa e ostile e, si formeranno un modello mentale di sé come vulnerabili e costantemente a rischio, incapaci di far fronte da soli alle difficoltà della vita.

Infine, gli individui con legami di attaccamento di tipo “disorganizzato” svilupperanno modelli del sé e degli altri multipli e incoerenti, tenderanno a rappresentarsi la realtà esterna come perennemente catastrofica e a vedere se stessi come persone continuamente minacciate e in pericolo e, al tempo stesso, impotenti e vulnerabili.

I modelli operativi interni costituiscono cioè degli schemi cognitivi che hanno una funzione di filtro nell’elaborazione delle informazioni che provengono dall’ambiente e che, conseguentemente, guidano il comportamento e organizzano le emozioni.

Attraverso l’attivazione di processi di attenzione, di percezione e di memoria selettiva, essi fanno sì che, fra i molti segnali che gli provengono dall’ambiente, l’individuo elabori solo quelli che risultano congruenti con i modelli operativi che egli si è formato nel corso del suo sviluppo e di cui dispone al momento. Tali modelli fanno sì, inoltre, che l'individuo organizzi i propri ricordi sulla base di questi schemi.

In altre parole, i modelli operativi interni costituiscono una rappresentazione mentale dinamica, che, una volta organizzata, opera al di fuori della coscienza con funzione di filtro, strutturando e organizzando le percezioni, le interpretazioni e i significati da attribuire alle diverse esperienze, in particolar modo alle esperienze con gli altri e alle interazioni sociali. Ed è proprio questa funzione di filtro che costituisce la precondizione della loro relativa stabilità nel corso dello sviluppo.

C’è da tener presente, tuttavia, che i modelli operativi interni non sono filtri passivi, ma contribuiscono alla continua e attiva ri-creazione individuale dei modelli di relazione nel corso dello sviluppo. In altre parole, le strategie di attaccamento che il bambino sviluppa nelle prime fasi evolutive si consolidano e si strutturano nel corso del tempo in modelli mentalizzati delle relazioni. I modelli operativi rendono quindi possibile l’organizzazione della esperienza soggettiva, affettiva e cognitiva, come del comportamento adattivo. Che non si tratti solo di schemi cognitivi lo dimostra il fatto che, come abbiamo visto, in essi sono continuamente attivi gli affetti, le fantasie e le difese, consce ed inconsce.

Alla luce del costrutto di modelli operativi interni, infatti, i diversi pattern di attaccamento insicuro possono essere interpretati anche come strategie difensive nei confronti dei sentimenti dolorosi che le precedenti interazioni con la figura di attaccamento hanno fatto sperimentare al bambino. Nell’attaccamento di tipo evitante, ad esempio, il comportamento distaccato del bambino può rappresentare un tentativo di prevenire l’esperienza dolorosa legata al rifiuto ben conosciuto della madre. Analogamente, in quello di tipo ambivalente, la strategia difensiva adottata dinanzi al timore dell’abbandono può esprimersi nell'aggrapparsi alla figura di attaccamento, spesso con una forte sottomissione, e nel mostrare rabbia e aggressività quando questa cerca un ravvicinamento.

Attraverso i complessi processi che abbiamo fin qui descritto, i modelli operativi interni regolano quindi il passaggio da una gestione diadica delle emozioni e delle strategie comportamentali ad una autonoma, dando così conto del formarsi della personalità.

Gli internal working models (IWM) regolano il passaggio da una gestione diadica delle emozioni e delle strategie comportamentali ad un autonoma, personalità e si forma in ciascun individuo; i modelli mentali fanno sì che ognuno prenda percorsi sempre più obbligati che portano a riprodurre caratteristiche nelle prime relazione e a comportarsi in maniera stabile, secondo modalità che è possibile ricondurre allo schema che ciascuno si è formato di se stesso e degli altri.

L'ACCUDIMENTO

Il modo in cui il sistema di accudimento e quello di attaccamento interagiscono è fondamentale per lo sviluppo futuro dell'individuo.

Il sistema di accudimento ci guida a fornire protezione e supporto ad altri individui che si trovano in uno stato di bisogno (Bowlby, 1982-1969).

Il sistema di accudimento si attiva quando si è in presenza di qualcuno che sperimenta sofferenza o necessita di cure e protezione perciò il sistema di accudimento è considerato complementare al sistema di attaccamento in quanto motiva le persone ad offrire aiuto, conforto e sostegno in risposta ai segnali generati dallo stato di bisogno di un’altra.

Le emozioni derivanti dall’attivazione di questo sistema sono ansia, compassione, tenerezza protettiva o colpa per il mancato accudimento. Il sistema si disattiva quando finiscono le condizioni attivate, quindi la percezione di segnali di sollievo e sicurezza da parte dell’altro.

LA RELAZIONE TRA SISTEMA DI ACCUDIMENTO E SISTEMA DI ATTACCAMENTO

Madre e bambino hanno entrambi un ruolo attivo nell’instaurare una relazione: essi sono alla costante ricerca di interazione, in particolar modo nelle prime fasi di sviluppo. Tale interazione è molto importante in quanto influenza lo sviluppo emotivo, cognitivo e quella che sarà la personalità adulta del bambino. In ogni interazione, le diverse attività della madre e del bambino devono coordinarsi tra di loro ed è quindi necessario il contributo di entrambi per la buona realizzazione.

La relazione madre-figlio è essenziale dal punto di vista evolutivo in quanto salvaguarda la sopravvivenza del bambino e la conservazione della specie umana, per strutturare un pattern di relazione sociale che potrà essere adattato nelle fasi successive dello sviluppo con l’interazione con gli altri membri della stessa specie.

Entrambe le parti nella relazione madre-figlio svolgono ruoli attivi nell’ambito della loro relazione in quanto attraverso meccanismi fisiologici che alla madre consentono di rispondere ai richiami e ai segnali del bambino.

Il bambino ha un ruolo attivo nell’instaurare una relazione, poiché possiede una predisposizione innata formare schemi di comportamento, efficaci sin dalla nascita nel promuovere vicinanza e contatto con la madre. Perciò l’attaccamento può essere considerato come una motivazione primaria del bambino, nonché un suo bisogno primario e non più una conseguenza del soddisfacimento di bisogni alimentari o fisici.

Anche la predisposizione all’accudimento da parte degli adulti nei confronti dei bambini piccoli sarebbe legata a specifici patterns di attivazione cerebrale: recenti studi hanno dimostrato la presenza di meccanismi fisiologici innati, biologicamente basati, e reciproci che si attivano in maniera automatica nella madre, che risponde ai segnali del piccolo ma anche nel bambino che richiama la sua attenzione e vicinanza.

Nei primissimi mesi, sono le madri a contribuire notevolmente a far sì che i piccoli rimangano vicini: poichè il piccolo non è in grado di aggrapparsi, esse lo sorreggono offrendo in questo modo un contatto fisico, che fornisce a sua volta calore e affetto.

Questo contatto fisico (carezze, abbracci ect.) contribuisce, sin dalla nascita, allo sviluppo di attività come la respirazione, la vigilanza, le difese immunitarie, la socievolezza e il senso di sicurezza essenziali per un regolare sviluppo sessuale oltre che per la salute mentale del piccolo. Altro effetto sul funzionamento corporeo della relazione madre-figlio, dovuto al contatto fisico, è l’aspetto di termoregolazione: una madre riesce a mantenere la temperatura corporea del suo piccolo al pari di apparecchi da riscaldamento altamente tecnologici, nel momento in cui il figlio nudo ed asciutto viene posizionato pelle a pelle sul suo petto.

Il bambino, seppur non abbia la capacità motoria di avvicinarsi alla madre odi aggrapparsi ad essa, fin dalla nascita, ha la funzione di mostrare certi segnali differenziati che inducono in modo peculiare particolari tipi di risposta da parte di chi li cura: i più evidenti sono il pianto e il sorriso. Queste due forme di comportamento, che hanno l’effetto di far avvicinare la madre al bambino, vengono raggruppate da Bowlby, nella classe dei “comportamenti di segnalazione” in cui possiamo trovare anche altri comportamenti quali il richiamo e tutti i gesti classificabili come segnali sociali. Un episodio di pianto è uno stimolo in grado di attivare il Sistema Nervoso Centrale sia del bambino che lo produce sia dell’ascoltatore, creando uno stato di attenzione reciproca.

Il pianto riesce ad attivare lo stato funzionale dei genitori, promuovendo prossimità e contatto con essi e in particolar modo con la madre, attivando il suo comportamento di accudimento e motivandola a rispondere prontamente e in maniera adeguata nutrendo il piccolo, proteggendolo o confortandolo.

La capacità materna di mettere in atto comportamenti di accudimento in risposta ai segnali del bambino promuove lo sviluppo della comunicazione: i bambini che piangono meno all’età di un anno, appunto grazie alla sensibilità delle loro madri, hanno maggiore probabilità di sviluppare altre strategie comunicative, quali ad esempio le espressioni facciali, gesti corporei e vocalizzazioni rispetto a quelli che piangono di più. Inoltre la reattività di un caregiver, svolge un ruolo importante nello sviluppo della personalità, temperamento e capacità cognitive e linguistiche del bambino.

Studi hanno evidenziato che nei padri che vedono i loro bambini in difficoltà, i livelli di testosterone si abbassano facendo risultare gli uomini, di fatto, maggiormente sensibili e pazienti: ne consegue uno stile di parenting associato ad un miglior sviluppo sociale, emotivo e cognitivo del bambino. Infatti, ridotti livelli di testosterone faciliterebbero l’accudimento dei figli da parte del padre, questo meccanismo sarebbe utile ad incrementare la risposta di accudimento del padre. Livelli di testosterone elevati, infatti, correlano con una maggiore propensione a mettere in atto comportamenti aggressivi, potenzialmente dannosi per l’incolumità fisica ma anche psicologica del bambino.

COME LO STILE DI ATTACCAMENTO INFLUENZA L’ACCUDIMENTO

L’iperattivazione o la disattivazione del sistema del'attaccamento è associata ai problemi nella regolazione di emozioni, impulsi e azioni dirette agli obiettivi e mette una persona a rischio di problemi emotivi e disadattamento (ad esempio, essere meno utili o mostrando minore cura e maggiore disagio nei vari contesti assistenziali).

Sebbene l’accudimento e l’attaccamento siano sistemi comportamentali separati, e ogni sistema influisce sul comportamento in modo univoco, i due sistemi interagiscono nel modellare il comportamento delle parti coinvolte.

Mentre esiste una tendenza naturale a fornire assistenza o dipendere dagli altri, l’interazione tra i due sistemi può far sì che le tendenze all’accudimento vengano ignorate o soppresse dall’insicurezza degli attaccamenti.

Pertanto, si ritiene che lo stile di attaccamento di una persona (sicuro o insicuro) influenzi l’interazione tra i due sistemi comportamentali e i risultati di questa interazione (ad esempio, fornendo aiuto o meno).

L’interazione tra i due sistemi è ancora più complicata poiché durante l'infanzia può influenzare lo sviluppo dello stile di attaccamento. La cura sensibile è da supporto per i caregiver primari è probabile che si traduca in un attaccamento sicuro, che può facilitare la capacità di un individuo di mettere in atto un accudimento sensibile e supportato.

L'ACCUDIMENTO SENSIBILE DI MARY AINSWORT

L'accudimento sensibile descritto da Mary Ainsworth ha una serie di caratteristiche fondamentali:

  • Consapevolezza: cioè la capacità di comprendere e interpretare anche i più nascosti segnali che il bambino mostra al genitore. Per questo la percezione non è prevenuta o distorta da parte del genitore poiché esso riesce a comprendere empaticamente il bambino, comprendendolo e immedesimandosi in lui.
  • Responsività: cioè la capacità di dare risposte appropriate e tempestive, la valutazione dell'adeguatezza e della giusta tempestività varia a seconda della risposta, della situazione e del livello di sviluppo del bambino. Inoltre con il progressivo sviluppo delle capacità del bambino di comprendere emozioni difficili, cambia la natura di una risposta tempestiva.
  • Collaborazione: cioè legata alla capacità di autonomia del bambino dei suoi desideri e le sue aspirazioni personali. L'opposto di un atteggiamento collaborativo è un accudimento invadente in cui il genitore impone i propri desideri e interferisce, di conseguenza il contatto madre-bambino è intrusivo e soffocante. Nell'atteggiamento collaborativo la madre si dimostra essere capace di rispondere ai vari segnali del bambino.
  • Accettazione: cioè la capacità di accettare da parte del genitore i sentimenti di frustrazione ed accompagnare il bambino in un accudimento che possa supportare emozioni negative o sentimenti di irritazione e superarli grazie al genitore.

Il concetto di sensibilità trova un supporto nella dimensione mentalistica che introduce il comportamento sensibile dove si possono distingue due processi: la capacità della madre di esprimere sentimenti positivi quali dolcezza, calore, incoraggiamento e accessibilità e la sua capacità di considerare il bambino un'entità mentale, un essere con intenzioni, sentimenti e desideri. Si sottolinea ancora oltre alle competenze di responsività ai segnali del bambino e di appropriatezza della risposta già rilevate, un caregiver sensibile è tale se considera il figlio un agente mentale, un essere di cui le sue esigenze devono esser soddisfatte. Infatti viene introdotto il concetto di mind-mindedness che non enfatizza solo la capacità della madre di rispondere in modo appropriato alle richieste di aiuto del bambino, ma presuppone l'abilità di coinvolgersi a livello mentale con il bambino. Inoltre la spinta mentalistica del caregiver aiuta il bambino a capire che il suo comportamento è connesso a idee e sentimenti favorendo la formazione del Sé.

L’ ACCUDIMENTO INVERTITO

L’accudimento invertito è una teoria stipulata da Bowlby che si manifesta quando il sistema di attaccamento subisce una distorsione patologica: i ruoli della madre e del figlio si invertono ed è la madre che riceve cure e protezione dal figlio.

Laccudimento invertito è comune nei casi in cui uno o entrambi i genitori vivono condizioni di sofferenza psicologica tale da ridurre la capacità di prendersi cura dei figli, come può accadere nel disturbo depressivo, nel disturbo bipolare o nella dipendenza da sostanze. In questi casi il bambino si ritrova ad essere premuroso, eccessivamente responsabile e accudente nei confronti del genitore sofferente.

L’accudimento invertito è un accudimento in cui il bambino si “genitorializza”, comprende quali sono i bisogni del genitore e realizza che andare incontro ad essi, prendendosi cura dell’altro, fornendo cure e protezione al genitore più debole è l’unico modo per essere pensato dalla figura di attaccamento. Tuttavia il costo di tale strategia si presenta sempre, nel presente o nel futuro, poiché la rabbia, la paura, la tristezza, vengono dissociate o negate in nome di uno scopo più alto, la salvezza del legame di attaccamento.

I bambini che sperimentano tale forma di accudimento sono spesso percepiti all’esterno come “mini-adulti”, molto responsabili e attenti ai bisogni dei genitori. Spesso non destano preoccupazione e apparentemente l’infanzia sembra procedere per il meglio; tuttavia, negli anni potranno manifestarsi sintomi anche gravi di ansia e depressione. La forza di questi sintomi sarà direttamente proporzionale al periodo di accudimento invertito: più breve sarà e maggiori saranno le possibilità che il bambino torni a funzionare secondo le modalità tipiche della sua età cronologica; più lungo sarà il periodo e maggiore sarà la possibilità di uno sviluppo distorto della sua personalità.

Un bambino in questa condizione può pensare che raccontare le proprie emozioni possa ferire in qualche modo i genitori, in quanto è per lui chiaro quanto essi non siano in grado di contenerle e si sente quindi costretto all’autosufficienza, all’autonomia forzata, illudendosi o costringendosi a pensare di non avere bisogno degli altri.

DISTURBI LEGATE ALL'ATTACCAMENTO

Le patologie legate ad una attaccamento insicuro sono quelle di chi utilizza come strategia inconscia o l'inibizione delle emozioni. Nelle patologie legate ad un attaccamento evitante possono essere presenti, disturbi emotivi, disturbi psicosomatici, disturbi della condotta in termini d'isolamento ed aggressività, disturbi da deficit da attenzione in termini di iperattività, disturbi alimentari. Nelle patologie relative al'attaccamento ambivalente, sono presenti disturbi della condotta in termini di comportamenti tirannici, disturbi da deficit dell'attenzione o anche può essere associato a depressione disturbi ossessivi, ansia, problemi psicosomatici.

Sono presenti in letteratura diverse categorie di “disturbo dell’attaccamento”:

  1. Distorsioni della base sicura;
  2. Disturbi di assenza di attaccamento (il bambino non mostra una preferenza per un adulto che lo accudisce);
  3. Disturbo reattivo dell’attaccamento (DSM IV),
  4. Disturbo da attaccamento interrotto (rottura dell’attaccamento).

Distorsioni della base sicura che si dividono in:

  1. disturbo dell’attaccamento con comportamenti che mettono in pericolo il bambino (il comportamento di esplorazione dalla ricerca di vicinanza della figura di attaccamento. Il bambino può mostrare una serie di comportamenti pericolosi in presenza del caregiver, per esempio: buttarsi nel traffico);
  2. disturbo dell’attaccamento con esplorazione inibita e ricorso eccessivo alla vicinanza;
  3. disturbo dell’attaccamento con vigilanza e compiacenza eccessive;
  4. disturbo dell’attaccamento con inversione di ruolo (eccessiva preoccupazione per il benessere emotivo del caregiver)

Disturbi da assenza di attaccamento si dividono in:

  1. assenza di attaccamento con ritiro emozionale (grande inibizione dei comportamenti di ricerca di conforto, manifestazione degli affetti, ricerca di aiuto, cooperazione);
  2. assenza di attaccamento con socievolezza indiscriminata (il bambino cerca interazioni sociali con persone estranee senza la discriminazione e la reticenza proprie dei bambini in questa fascia d’età)

Disturbo reattivo dell’attaccamento

La quale caratteristica fondamentale nel bambino è una modalità di relazione sociale, notevolmente disturbata e inadeguata rispetto al livello di sviluppo, che si manifesta in quasi tutti i contesti, inizia prima dei 5 anni ed è associata ad un accudimento patologico del caregiver verso il piccolo.

Ci sono due tipi di sintomatologia clinica.

  1. Nel tipo "inibito", il bambino è persistentemente incapace di dare inizio alla maggior parte delle interazioni sociali e di rispondere ad esse in maniera adeguata al suo livello di sviluppo. Il bambino mostra modalità di risposta eccessivamente inibite, o altamente ambivalenti (per es., attenzione fredda, resistenza alle tenerezze o un misto di approccio ed evitamento).
  2. Nel tipo "disinibito", vi è una modalità di attaccamento diffuso. Il bambino mostra socievolezza indiscriminata o una mancanza di selettività nella scelta dei personaggi di attaccamento. L’anomalia non è motivata esclusivamente da un ritardo di sviluppo (per es., nel Ritardo Mentale) e non soddisfa i criteri del Disturbo Pervasivo dello Sviluppo.

Per definizione, la condizione è associata ad un accudimento grossolanamente patologico che può assumere la forma di persistente trascuratezza nei confronti dei bisogni emotivi fondamentali del bambino di benessere, stimolazione, e affetto; persistente trascuratezza nei confronti dei bisogni fisici fondamentali del bambino; ripetuti cambiamenti della persona che principalmente si prende cura del bambino, che impediscono la formazione di legami stabili (per es., frequenti cambiamenti dei genitori adottivi). Si presume che l’accudimento patologico sia responsabile della modalità di relazione sociale disturbata.

Disturbo da attaccamento interrotto (rottura dell’attaccamento)

Nel bambino si presenta come effetto della traumatica separazione dalla figura di attaccamento (madre o caregivers), di frequenti episodi di separazione o dell’impatto psicologico del lutto a seguito della morte del caregiver.

Il bambino che presenta il disturbo da attaccamento interrotto manifesta un modello comportamentale insicuro-disorganizzato, ovvero altamente disfunzionale rispetto all’obiettivo del legame di attaccamento che è quello di garantire la vicinanza e la protezione della madre e/o del caregiver. Tale modello comportamentale patologico del bambino è riscontrabile nell’interazione con le figure di attaccamento, in concomitanza di situazioni di vita stressanti o di separazioni. Il bambino, in tali contesti, manifesta comportamenti che esprimono una grande confusione e contraddizioni interne rispetto al rapporto col caregiver: es. guardare altrove mentre la madre lo prende in braccio o mentre lui stesso cerca di raggiungerla, agitazione, rigidità. Il disturbo da attaccamento interrotto nel bambino esprime un disturbo globale del sentimento di sicurezza e protezione del medesimo e si sviluppa all’interno di relazioni gravemente disfunzionali, in cui risulta alterata la funzione primaria del sistema dell’attaccamento: che il bambino possa sperimentare un senso di sicurezza interno.

TEST RELATIVI ALLA MISURAZIONE DELL'ATTACCAMENTO

I test relativi sullo studio dell'attaccamento verranno analizzati nel capitolo 4, cercando di focalizzarsi in particolare con il SAT. Il Separation Anxiety Test è un test semi-proiettivo, indirizzato a bambini e adolescenti, che si propone di misurare le caratteristiche di personalità e i possibili risvolti psicopatologici relativi a eventuali separazioni dalle figure di attaccamento, ovvero coloro che garantiscono al bambino, e in generale al soggetto, la protezione e la cura. Solitamente le principali figure di attaccamento in età infantile sono considerate i genitori.

 

Tratto da www.neuropsicomotricista.it  + Titolo dell'articolo + Nome dell'autore (Scritto da...) + eventuale bibliografia utilizzata