L’impressionismo, l’espressionismo, la scuola del montaggio sovietico non esauriscono il vasto panorama di innovazione e sperimentazione del cinema europeo degli anni Venti. Alle possibilità espressive del nuovo mezzo guardano con interesse artisti come il cubista Fernand Léger, il dadaista Duchamp, il surrealista Dalì e molti altri che nel corso di questi anni integreranno il proprio percorso artistico con originali produzioni cinematografiche. Le avanguardie del cinema astratto, del cinema cubista, dadaista e surrealista ebbero vita breve, ma lasciarono segni tuttora tangibili nella storia del cinema.

Giacomo Balla: Auto in corsa (1913)

Giacomo Balla: Auto in corsa (1913)

Il primo e più antico movimento d’avanguardia cinematografica fu quello del cinema futurista. Gli autori del Manifesto della cinematografia futurista, sostenendo che il cinema fosse “per natura” arte futurista, furono i primi a riconoscere il nuovo media come linguaggio artistico e ad ipotizzarne uno sviluppo slegato dalla pura narratività. I futuristi, però, non produssero mai opere di significativo valore, i pochi film realizzati sono andati persi. La Thaïs o Perfido intrigo (1917) di Anton Giulio Bragaglia è l’unico valido esempio di cinema futurista che ci sia pervenuto. Tuttavia le loro idee, dapprima ritenute esagerate e finanche strampalate, vennero in seguito accolte da diversi registi e gettarono le basi su si svilupparono le avanguardie e i movimenti degli anni Venti.

Manifesto della cinematografia futurista

L’astrattismo nacque, invece, dalla scelta degli artisti di negare la rappresentazione della realtà per esaltare i propri sentimenti attraverso forme, linee e colori. Padre dell’astrattismo è considerato il pittore russo Vassilij Kandinskij che fu anche direttore della rivista  Der blaue Reiter (Il cavaliere azzurro). Ben presto le idee dell’astrattismo si riversarono nel cinema.

Wassily Kandinskij: Primo Acquerello Astratto (1910)

Il cinema astratto nacque in Germania e si sviluppò negli negli stessi anni dell’espressionismo e del kammerspiel. Gli autori tentarono di creare un cinema di forme pure, svincolato dalla rappresentazione del reale, dove alla narrazione si sostituiva il ritmico avvicendarsi di figure geometriche. Rhytmus 21 (1921) di Hans Richter fu il film che diede inizio al movimento.

Utilizzando forme elementari Richter riesce a focalizzare la sua ricerca sugli elementi essenziali del cinema: movimento, tempo e luce e ad enfatizzare le relazioni tra questi. Egli crea così un ritmo visivo che è la base e l’essenza di quest’opera e delle successive: Rythmus 23 | ►| (1923), Rythmus 25 (1925). L’artista svedese Viking Eggeling aveva affiancato il collega Hans Richter in questa ricerca. Ma la loro collaborazione si trasformò ben presto in competizione. Rotti i rapporti con Richter, Eggeling realizzerà, nel 1923, Sinfonia Diagonale, altra opera fondamentale del cinema astratto.

Ispirandosi alle teorie di Hans Richter, anche  Walter Ruttmann scelse dei titoli generici per i suoi cortometraggi astratti intitolando le sue opere Lichtspiel Opus I | ►|, Lichtspiel Opus II | ►|,  Ruttmann Opus III | ►|, Ruttmann Opus IV | ►| (1921-1925) sottolineando la loro impersonalità, fatta di sole luci in movimento.

Con questo suo particolare stile collaborò, con Lotte Reiniger, per il lungometraggio animato  Le avventure del principe Achmed (1926). Ruttmann lavorò soprattutto per creare un cinema di pure immagini in stretto rapporto ritmico col sonoro. Proseguirà in questa sua ricerca anche quando abbandonerà il cinema astratto per realizzare documentari, come Berlino – Sinfonia per una grande città (1926) o Melodia del Mondo (1929), ispirandosi alle opere coeve di Dziga Vertov.

A metà strada tra il cinema astratto e il cinema dadaista, si colloca invece la curiosa opera di Marcel Duchamp Anémic Cinéma (1926). Il film non ha trama, è composto da una serie di dischi ottici rotanti. I dischi in movimento sono in tutto diciannove, dieci composti da figure geometriche e nove decorati con frasi senza senso. Duchamp chiamava questi dischi rotorilievi.

Anémic Cinéma fu realizzato con la collaborazione del pittore e fotografo Man Ray che nel 1923 aveva realizzato Retour à la raison. In questo breve filmato Man Ray si serve della tecnica della rayografia da lui stesso inventata che consiste nell’esporre oggetti a contatto con del materiale sensibile, di solito della carta fotografica o della pellicola. Si ottengono così delle immagini fotografiche senza fare uso di una fotocamera o di una cinepresa.

Il cubismo, inteso come movimento di scomposizione delle forme, si trasmise presto al cinema. Il pittore e cineasta Fernand Léger girò nel 1924 il film Ballet mécanique. Come nel cinema astratto anche qui si abbandonava qualsiasi narrazione, in favore di una “danza” libera di corpi e oggetti, interessata solo al ritmo. Come la pittura si andava liberando dal vincolo del modello e della riproduzione degli oggetti reali, così il cinema si andava liberando dall’obbligo di raccontare una storia. Immagini ripetute ritmicamente, rallentate, accelerate, non trovano se non nel ritmo del montaggio il loro legame.

Il dadaismo, come movimento artistico, era nato nel 1916 a Zurigo ad opera di Tristan Tzara e presto si era diffuso in Francia. Nel dadaismo confluivano idee anarchiche, nichiliste, sarcastiche, era la ricerca di una libertà assoluta che liberava la produzione artistica da qualsiasi deferenza verso il passato o anche qualsiasi significato o scopo estetico. L’incontro fra dadaismo e cinema produsse alcuni capolavori, come il film di René Clair Entr’acte (Intervallo, 1924), nato proprio come intervallo cinematografico tra i due tempi di un balletto. Si tratta di un film di sole immagini, che non vogliono riprodurre alcuna storia sensata, le scene si compongono e si scompongono creando una sorta di balletto visivo, all’insegna della gioia di vivere e di guardare.

Satie, Picabia, Clair e Biorlin nella scena introduttiva del cortometraggio dadaista Etr’act realizzato da René Clair nel 1924.

L’assoluta libertà creativa, la dissacrazione ad ogni costo portarono il dada verso una fase di stallo e vuoto creativo, il movimento si sciolse spontaneamente verso il 1923. Dalle ceneri del dadaismo prese forma il surrealismo. Andrè Breton, fondatore del movimento, fu particolarmente influenzato dalla lettura de L’Interpretazione dei sogni di Sigmund Freud.

Il Primo Manifesto Surrealista del 1924, definì così il surrealismo:

Automatismo psichico puro, attraverso il quale ci si propone di esprimere, con le parole o la scrittura o in altro modo, il reale funzionamento del pensiero. Comando del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica e morale.(1)André Breton, Manifeste du surréalisme, 1924

Il mondo dell’inconscio, l’impalpabile materia dei sogni andavano così a colmare il vuoto costruito dal dadaismo. Il regista  Luis Buñuel e l’artista spagnolo Salvador Dalì realizzarono insieme, nel 1928, Un Chien andalou il film simbolo del movimento. Questo delirio onirico definito dai suoi autori come null’altro che “un’istigazione all’omicidio”, si presta ad un’infinità di letture in particolare se lo si analizza attraverso gli strumenti della psicanalisi. Sotto il profilo linguistico, Un Chien andalou presenta una sostanziale differenza con i film prodotti dalle altre avanguardie degli anni Venti il cui fine era l’abbattimento di ogni codice e convenzione narrativa. Al contrario il surrealismo cerca piuttosto di costruire una nuova forma di narrazione. In Un Chien andalou possono essere rintracciate tutte le più tradizionali forme del montaggio narrativo, non più utilizzate per chiarire i rapporti spaziotemporali tra le varie scene, ma al contrario per confondere, disorientare, far smarrire lo spettatore.

La coppia Buñuel-Dalì produrrà un secondo film nel 1930: L’âge d’or. A differenza del primo è qui possibile distinguere una sottile trama narrativa costituita dalla passione di due giovani ostacolata dalle istituzioni borghesi quali la chiesa, l’esercito e lo stato. L’attacco violento che il film scagliava verso queste, il suo tono dissacrante, fece sì che L’âge d’or venisse vietato in Francia poco tempo dopo la sua uscita.

Sull’onda dell’entusiasmo provocata da Un Chien andalou, la regista francese Germaine Dulac produsse il mediometraggio La Coquille et le Clergyman (1928) su sceneggiatura di Antonin Artaud. Ascrivibile al surrealismo è anche il primo film di Jean Cocteau Le Sang d’un poète (1930) | ►|, finanziato dal visconte Charles de Noailles, lo stesso mecenate che aveva già supportato la produzione di L’âge d’or. Echi surrealisti attraversano anche l’opera del promettente regista Jean Vigo e sono particolarmente avvertibili nel suo capolavoro L’Atalante realizzato nel 1934. Vigo morì nello stesso anno, a soli ventinove anni, la sua morte segnò la fine del cinema surrealista. Forse fu proprio per il suo non totale rifiuto di un principio narrativo, che lo contraddistingue dalle altre avanguardie degli anni Venti, il motivo per cui il cinema surrealista si rivelò, tra queste, la più feconda e destinata ad avere un’influenza ben più profonda e duratura, basti ricordare autori come Federico Fellini o Alejandro Jodorowsky.

Riferimenti bibliografici e sitografia

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Il cinema astratto: testi e documenti , a cura di Gianni Rondolino, Tirrenia-stampatori , Torino 1977.

Il cinema d’avanguardia 1910-1930 , a cura di Paolo Bertetto, Marsilio, Venezia 1983.

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Gianni Rondolino, Walther Ruttmann, in www.treccani.it

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Gianni Rondolino, Dadaismo, in www.treccani.it

Gianni Rondolino, Surrealismo, in www.treccani.it

Dominique Païni, Ballet mécanique , in www.treccani.it

Massimo Galimberti,Man Ray , in www.treccani.it

Edoardo Bruno, Luis Buñuel, in www.treccani.it

Miguel Marìas, Un chien andalou, in www.treccani.it

Note

Note
1 André Breton, Manifeste du surréalisme, 1924