Napoli

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Napoli
comune
Napoli – Stemma Napoli – Bandiera
(dettagli) (dettagli)
Veduta panoramica del golfo di Napoli da Posillipo
Veduta panoramica del golfo di Napoli da Posillipo
Localizzazione
Stato Italia Italia
Regione Regione-Campania-Stemma.svg Campania
Provincia Provincia di Napoli-Stemma it.png Napoli
Amministrazione
Sindaco Luigi de Magistris (Indipendente dell'Italia dei Valori) dal 30/05/2011
Territorio
Coordinate 40°50′00″N 14°15′00″E / 40.833333°N 14.25°E40.833333; 14.25 (Napoli)Coordinate: 40°50′00″N 14°15′00″E / 40.833333°N 14.25°E40.833333; 14.25 (Napoli)
Altitudine 17 m s.l.m.
Superficie 117,27 km²
Abitanti 989 254[1] (30-04-2014)
Densità 8 435,7 ab./km²
Comuni confinanti Arzano, Casandrino, Casavatore, Casoria, Cercola, Marano di Napoli, Melito di Napoli, Mugnano di Napoli, Portici, Pozzuoli, Quarto, San Giorgio a Cremano, San Sebastiano al Vesuvio, Volla
Altre informazioni
Cod. postale da 80121 a 80147
Prefisso 081
Fuso orario UTC+1
Codice ISTAT 063049
Cod. catastale F839
Targa NA
Cl. sismica zona 2 (sismicità media)
Cl. climatica zona C, 1 034 GG[2]
Nome abitanti napoletani, partenopei
Patrono san Gennaro e santa Patrizia
Giorno festivo 19 settembre
Cartografia
Mappa di localizzazione: Italia
Napoli
Posizione del comune di Napoli nell'omonima provincia
Posizione del comune di Napoli nell'omonima provincia
Sito istituzionale
« Vedi Napoli e poi muori! »
(Antico detto popolare[N 1])

Napoli (IPA: ['napoli] ascolta[?·info]; Nàpule in napoletano, pronuncia ['nɑːpələ] oppure ['nɑːpulə]) è un comune italiano di 989 254 abitanti[1], capoluogo dell'omonima provincia e della regione Campania. Situata in posizione pressoché centrale nell'omonimo golfo, tra il Vesuvio e l'area vulcanica dei Campi Flegrei, è il terzo comune italiano per popolazione dopo Roma e Milano, nonché cuore di una delle aree metropolitane più popolose d'Europa con oltre 3 000 000 di abitanti.[N 2]

Fondata nell'VIII secolo a.C., fu tra le città egemoni della Magna Graecia,[3] grazie al rapporto privilegiato con Atene,[4] ed esercitò una notevole influenza commerciale, culturale e religiosa sulle popolazioni italiche circostanti[5] tanto da diventare il centro della filosofia epicurea in Italia. Dopo il crollo dell'Impero romano, nell'VIII secolo la città formò un ducato autonomo indipendente dall'Impero bizantino; in seguito, dal XIII secolo e per circa seicento anni, fu capitale del regno di Napoli. Divenuta capitale del Regno delle Due Sicilie sotto i Borbone, conobbe un lungo periodo di sviluppo socioeconomico culminato in una serie di primati civili e tecnologici[6][7] tra cui la costruzione della prima ferrovia in Italia.[8][9] Dopo l'annessione al Regno d'Italia soffrì di un sensibile declino[10] esteso anche a tutto il sud Italia.[11][12] Per motivi storici, artistici, politici ed ambientali è stata, dal IX secolo fino ad oggi, tra i principali centri di riferimento culturale d'Europa.[13][14][15]

Sede della Federico II, la più antica università statale d'Europa,[16] ospita altresì l'Orientale, la più antica università di studi sinologici ed orientalistici del continente[17] e la Nunziatella, una delle più antiche accademie militari al mondo, eletta patrimonio storico e culturale dei Paesi del Mediterraneo da parte dell'Assemblea parlamentare del Mediterraneo.[18] Luogo d'origine della lingua napoletana, ha esercitato ed esercita un forte ruolo in numerosi campi del sapere, della cultura e dell'immaginario collettivo a livello mondiale.

Punto focale dell'Umanesimo attraverso l'Accademia Pontaniana,[19] centro della filosofia naturalistica del rinascimento,[20] culla dell'illuminismo in Italia,[21] è stata lungamente un punto di riferimento globale per la musica classica e l'opera attraverso la scuola musicale napoletana,[22] dando tra l'altro origine all'opera buffa.[23] Città dall'imponente tradizione nel campo delle arti figurative, che affonda le proprie radici nella pittura pompeiana, ha dato luogo a movimenti architettonici e pittorici originali, quali il rinascimento[24][25] e il barocco napoletano,[26] il caravaggismo,[27] la scuola di Posillipo[28] ed il Liberty napoletano,[29] nonché ad arti minori ma di rilevanza internazionale, quali la porcellana di Capodimonte[30] ed il presepe napoletano.[31] È all'origine di una forma distintiva di teatro,[32] di una canzone di fama mondiale[33] e di una peculiare tradizione culinaria[34] che comprende alimenti che assumono il ruolo di icone globali, come la pizza napoletana.[35]

Nel 1995 il centro storico di Napoli, il più vasto d'Europa, è stato riconosciuto dall'UNESCO come patrimonio mondiale dell'umanità.[36] Nel 1997 l'apparato vulcanico Somma-Vesuvio è stato eletto dalla stessa agenzia internazionale (con il vicino Miglio d'Oro, in cui ricadono anche i quartieri napoletani di San Giovanni a Teduccio, Barra e Ponticelli) tra le riserve mondiali della biosfera.[37]

Indice

Geografia[modifica | modifica sorgente]

Napol.jpg

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« Da quanto si dica, si narri, o si dipinga, Napoli supera tutto: la riva, la baia, il golfo, il Vesuvio, la città, le vicine campagne, i castelli, le passeggiate… Io scuso tutti coloro ai quali la vista di Napoli fa perdere i sensi! »
(Johann Wolfgang von Goethe, Italienische Reise)
Origine del nome
Neapolis nomos 84000057 R.jpg
L'origine etimologica del nome della città di Napoli è molto semplice, a differenza di altri che invece hanno un etimo incerto.

Infatti, è certo che il toponimo «Napoli», qui istoriato nella forma aggettivata "Neopoliton" su uno statere con Nike e Toro androprosopo del 275 a.C., derivi dal termine greco Neapolis (Νεάπολις) che significa «città nuova». Meno chiara, tuttavia, è la radice del nome Neapolis, tradizionalmente individuata nella contrapposizione all'antica Palepolis («città vecchia»),[38] che sorgeva nell'attuale località di Pizzofalcone.

Geografia fisica[modifica | modifica sorgente]

Napoli sorge quasi al centro dell'omonimo golfo, dominato dal massiccio vulcanico Vesuvio e delimitato ad est dalla penisola sorrentina con Punta Campanella, ad ovest dai Campi Flegrei con Monte di Procida, a nord ovest-est dal versante meridionale della piana campana che si estende dal lago Patria al nolano.

La città storica è andata sviluppandosi prevalentemente sulla costa, in origine abitata dall'antico popolo degli Opici,[N 3] nome che indica la presenza sul posto di numerose cavità naturali, tuttora visibili, tra cui sono notevoli la grotta di Seiano, quella del Chiatamone[N 4] e quella di San Giovanni a Carbonara.[39] Il primo nucleo abitativo fu costituito dall'isolotto di Megaride, ove coloni greci diedero avvio al primo emporio commerciale[40] che comportò lo sviluppo della città odierna. Il territorio di Napoli è composto prevalentemente da colline (molti di questi rilievi superano i 150 metri d'altezza per giungere fino ai 452 m della collina dei Camaldoli), ma anche da isole, insenature e penisole a strapiombo sul Mar Tirreno.

Il territorio urbano, limitato a occidente dal complesso vulcanico a crateri multipli dei Campi Flegrei, ed a oriente dal Somma-Vesuvio,[41] ha una storia geologicamente complessa. Il substrato su cui poggia la città ha origine eminentemente vulcanica, ed è il prodotto di una serie di eruzioni dei due complessi. Per quanto riguarda il gruppo dei Campi Flegrei, avvenute nel tardo Pliocene o inizio Quaternario. I diversi autori distinguono tre periodi di attività, denominati Archiflegreo, ciclo antico (che portò alla formazione del caratteristico tufo giallo napoletano) e ciclo recente dei Campi Flegrei.[41]

I materiali vulcanici costituiscono l'unica fonte litogenetica dell'area, dato che anche i depositi alluvionali, o quelli provenienti da ambiente di spiaggia, non sono altro che il risultato del rimaneggiamento delle rocce eruttive. Da un punto di vista strettamente petrografico, i materiali possono essere classificati nei tre macrogruppi: lave, materiali piroclastici lapidei e materiali piroclastici sciolti. Le lave possono essere grossolanamente suddivise in lave di origine flegrea e lave di origine vesuviana; i piroclasti lapidei comprendono tufo grigio campano, piperno, tufo giallo stratificato e tufo giallo caotico; i piroclasti sciolti comprendono invece una serie di elementi di varia origine, che al di là delle distinzioni litogenetiche possono essere classificati in rimaneggiati e non rimaneggiati.[41]

Secondo la classificazione sismica nazionale, Napoli è ubicata in zona 2 (sismicità medio-alta), così come esposto nell'Ordinanza PCM n. 3274 del 20 gennaio 2003.[42]

Clima[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Clima di Napoli.

Napoli gode di un clima mediterraneo, con inverni miti e piovosi e estati calde e secche, ma comunque rinfrescate dalla brezza marina che raramente manca sul suo golfo. Il sole splende mediamente per 250 giorni l'anno.[43] La particolare conformazione morfologica del territorio del capoluogo, comunque, è tale da fare in modo che la città possieda al suo interno differenti microclimi, con la possibilità quindi di incontrare variazioni climatiche anche significative spostandosi di pochi chilometri. Ad esempio, più continentale rispetto al centro della città risulta essere la zona di Capodichino, al pari della maggior parte dei quartieri della zona nord del capoluogo, come Poggioreale o Secondigliano. Anche la zona dei Camaldoli, a causa della maggiore altitudine, si caratterizza per un clima leggermente più freddo nei mesi invernali, ed un clima meno afoso in quelli estivi. Non sono mancati però anche episodi di gelo (gli ultimi nel marzo 2005 e nel febbraio 2012).

Secondo la classificazione climatica italiana, Napoli è ubicata nella zona C.[44]

Napoli[45][46][47] Mesi Stagioni Anno
Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic Inv Pri Est Aut
T. max. mediaC) 13 13 15 18 23 26 29 30 26 22 17 14 13,3 18,7 28,3 21,7 20,5
T. min. mediaC) 4 4 6 8 12 16 18 18 15 12 8 5 4,3 8,7 17,3 11,7 10,5
Precipitazioni (mm) 104 98 86 76 50 34 24 42 80 130 162 121 323 212 100 372 1 007
Umidità relativa media (%) 75 73 71 70 70 71 70 69 73 74 76 75 74,3 70,3 70 74,3 72,3

Storia[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Storia di Napoli.

Preistoria e protostoria[modifica | modifica sorgente]

Particolare del calco di arature di età neolitica rinvenuto in via Diaz.

A Napoli, allo stato attuale delle conoscenze, le più antiche tracce di frequentazione sono quelle del Neolitico Medio tipo Serra d'Alto trovate a piazza S. Maria degli Angeli (cioè tra l'acropoli e la necropoli di Partenope, la parte interna - opposta al mare - della collina di Pizzofalcone[48][49]), ove è noto anche un interessante livello dell'Eneolitico Antico e un altro del Bronzo Antico\Medio; l'Eneolitico Medio, tipo Gaudo, è noto più all'interno di quest'ultima dai vecchi rinvenimenti di Materdei, mentre il Bronzo Antico o meglio Medio Iniziale è presente fuori dal primo nucleo urbano della città di Napoli, a piazzale Tecchio[50], che si può considerare l'inizio dell'area flegrea (e anche in altri siti minori); infine il Bronzo Finale è noto da rinvenimenti nell'area costiera del porto di Napoli[51].

Età antica[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Partenope (storia).
Il mito della fondazione
Odysseus Sirens BM E440 n2.jpg

La fondazione della città di Napoli è strettamente legata al mito della sirena Partenope.

Le sirene erano creature mitologiche proprie della tradizione greca, esseri per metà donna e metà uccelli (e non pesci, come da errata tradizione medievale). Celebre era il loro canto ammaliatore che conduceva equipaggi e navi alla deriva.

Una versione del mito narra che la sirena Partenope, vanamente innamorata dell'eroe Ulisse, si suicidò gettandosi in mare da una rupe. Il suo corpo fu trasportato dalle onde sui lidi napoletani, dove sarebbe sorta in suo onore la città di Parthenope.

Altre versioni narrano invece della fuga sull'isolotto di Megaride della sirena con un mortale greco, e della fondazione della città da parte della coppia.

Da tale mito proviene la definizione di partenopei che ancora oggi identifica i napoletani.

Castel dell'Ovo, in figura, sorge sull'isolotto di Megaride, luogo dove fu fondata il primo nucleo urbano della città, Partenope
Una colonna del Tempio dei Dioscuri di Napoli, incorporata nella facciata della Basilica di San Paolo Maggiore

Partenope nacque sulla collina di Pizzofalcone e nell'isolotto di Megaride per mano cumana, nell'VIII secolo a.C., secondo la logica di una creazione di approdi e capisaldi nel golfo (epineion).

Con l'avvento dell'aristocrazia cumana espulsa dal tiranno Aristodemo di Cuma dopo la vittoria di Aricia nel 507 a.C.[52][53], la città rinacque come Neapolis (città nuova)[54].

La "Città Nuova" seppe in breve tempo sia sostituirsi a Cuma nei commerci marittimi sia assumere il controllo sul golfo.[55] Grazie all'influenza ateniese diventò tra i più importanti porti del Mediterraneo.

Dopo aver aperto le porte alla popolazione osca dell'entroterra campano, nel 326 a.C. la città venne conquistata dai Romani, conservando tuttavia la lingua greca almeno fino al II secolo d.C. In questo periodo la città costituì il punto focale della filosofia epicurea ed il luogo e residenza del ricco patriziato romano che trascorreva qui le pause di governo.

Nel 2 d.C. Augusto la scelse come sede dei giochi Isolimpici, sul modello di Olimpia, poiché era la città più "greca d'Italia".[56][57]

Con il termine dell'età antica e l'incalzare delle invasioni barbariche, la città si chiuse nelle sue mura. Le zone un tempo mete dell'aristocrazia romana caddero preda delle razzie e dell'incuria. Nel 476 l'ultimo imperatore romano d'occidente Romolo Augusto fu imprigionato nel Castel dell'Ovo, al tempo villa romana fortificata.

Età medievale[modifica | modifica sorgente]

Il Ducato di Napoli[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Ducato di Napoli.
Il ducato autonomo di Napoli, provincia bizantina sopravvissuta fino al 1139

Nel 536 Napoli fu conquistata dai bizantini durante la guerra gotica e rimase saldamente in mano all'impero anche durante la susseguente invasione longobarda, divenendo in seguito ducato autonomo. Il primo duca, secondo la tradizione, sarebbe stato Basilio, nominato nel 660-61 dall'Imperatore bizantino Costante II,[58] anche se è probabile che egli fosse stato preceduto da altre persone con stesse mansioni, le quali erano comunque espressione delle cosiddette "famiglie magnatizie" cittadine. La vita del ducato fu caratterizzata da continue guerre, principalmente difensive, contro i potenti principati longobardi vicini e i corsari musulmani (genericamente definiti Saraceni), provenienti per lo più dal Nordafrica o dalla Sicilia, che era stata conquistata dagli Aghlabidi a partire dall'827.

In realtà l'avversione tra cristianesimo e islam trovò nel meridione italico ampi spazi di convergenza in nome della politica e dei comuni interessi commerciali. Questi ultimi determinarono di fatto una sostanziale amicizia tra Napoli ed il mondo musulmano, tanto che si verificò il disinvolto impiego da parte napoletana (ma campana in genere, dovendosi comprendere in questo discorso anche Amalfi) di mercenari, per lo più assoldati nell'insediamento del Traetto (in arabo ribāṭ). Prolungato artefice di questa politica fu il vescovo di Napoli e duca Attanasio II, a dispetto della scomunica comminatagli da papa Giovanni VIII.

Il X secolo fu caratterizzato da una politica di neutralità, che mirò a tener fuori Napoli dai giochi che si svolgevano intorno a lei. Da ciò trassero giovamento sia l'economia, che la cultura, consentendo da un lato lo sviluppo delle industrie tessili[N 5] e della lavorazione del ferro; dall'altro, un proficuo scambio di materiale letterario e storico - sia religioso sia profano, sia greco sia latino - tra la città e Costantinopoli, da cui provenne ad esempio il greco Romanzo di Alessandro.[N 6]

Lo sviluppo del movimento iconoclasta da parte di Leone III l'Isaurico, e la conseguente disputa teologica tra quest'ultimo e Papa Gregorio II, ebbe come conseguenza il passaggio formale delle diocesi dell'Italia bizantina sotto l'autorità del patriarcato di Costantinopoli. Nei fatti, tuttavia, la disposizione di Leone III rimase inapplicata, e Napoli rimase fedele all'autorità del Papa. Come ricompensa per la posizione assunta nella disputa, la città fu elevata al rango di provincia ecclesiastica intorno al 990, e Sergio II ne fu il primo arcivescovo.[59]

Il periodo normanno-svevo[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Regno di Sicilia.
Statua marmorea di Federico II di Svevia, posta all'ingresso del palazzo Reale di Napoli

Nel 1139 i normanni di Ruggero II d'Altavilla conquistarono la città, ponendo fine al ducato: Napoli entrò così a far parte del territorio del Principato di Capua, nel neonato Regno di Sicilia, con capitale Palermo; ciononostante la città conservò la sede dell'arcidiocesi e acquisì grande importanza grazie al porto, che le permise di essere l'unica città italiana facente parte della lega anseatica.[60]

Passato il Regno di Sicilia in mano sveva sotto gli Hohenstaufen, Napoli fu compresa nel giustizierato di Terra di Lavoro, continuando ad accrescere la propria importanza come centro culturale dell'area. Tale processo culminò con la fondazione, avvenuta il 5 giugno 1224 ad opera di Federico II, dell'Università di Napoli. Si tratta del più antico istituto europeo del suo genere, vi si insegnarono fin dal principio diritto, arti liberali, teologia e medicina. Essa fu concepita come scuola indipendente dal potere papale, avendo fin dall'inizio lo scopo di formare i funzionari dello Stato ed in particolare giureconsulti esperti che servissero l'imperatore nelle dispute dinastiche.

Il periodo angioino[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Regno di Napoli.

Napoli divenne parte del regno angioino in seguito alle vittorie di Carlo I d'Angiò su Manfredi di Svevia nel 1266 a Benevento; e su Corradino di Svevia a Tagliacozzo nel 1268. Sotto il regno di Carlo II d'Angiò, furono istituiti formalmente i Sedili, organi amministrativi ripartiti per aree della città. Essi traevano la propria origine dalla fratrie dell'epoca greca e dalla Magna cura Regis e sarebbero rimasti in piedi fino al XIX secolo.

In seguito alla rivolta scoppiata in Sicilia nel 1282 (Vespri siciliani, causati anche dallo spostamento della capitale da Palermo a Napoli) e il passaggio dell'isola al dominio aragonese, Napoli, divenne la capitale del Regno di Napoli e uno dei più importanti centri di potere della penisola italiana. Succede a Carlo d'Angiò il figlio Carlo II ed in seguito il nipote, Roberto d'Angiò, detto "il Saggio", che fa di Napoli un centro culturale fra i più vivaci dell'Europa e del Mediterraneo. A questo periodo risalgono i soggiorni in città di Francesco Petrarca, Simone Martini, Giotto (che vi fonderà una scuola pittorica giottesca fra le più importanti d'Italia) e di Boccaccio, che nella basilica di San Lorenzo Maggiore conoscerà Fiammetta, ovvero Maria d'Aquino ed in seguito rimpiangerà i piacevoli anni trascorsi alla corte napoletana. Succederà al re Roberto, la nipote Giovanna I di Napoli nel 1343 e poi sarà il momento dei d'Angiò di Durazzo nel 1382 con Carlo di Durazzo, Ladislao I di Napoli e Giovanna II di Napoli.

L'ultima grande impresa degli angioini napoletani fu la spedizione militare di Ladislao I di Napoli, il primo tentativo di riunificazione politica d'Italia, agli inizi del XV secolo.

Età moderna[modifica | modifica sorgente]

Il Regno aragonese Utriusque Siciliae[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Corona d'Aragona.
Alfonso il Magnanimo

Nel 1442 anche Napoli cambiò di mano, diventando una delle città più influenti del dominio aragonese. Sotto il regno di e Alfonso il Magnanimo (1442-1458), la città divenne una delle più importanti della Corona d'Aragona[61]. Nonostante alcuni episodi di insofferenza come la Congiura dei Baroni, il regno di Alfonso fu caratterizzato dall'ampliamento della città, la cui popolazione crebbe notevolmente fino a renderla la città più popolosa d'Occidente[62]. In questo periodo furono anche costruiti importanti monumenti cittadini, come l'Arco del Maschio Angioino (iniziativa che diede origine al cosiddetto Clima dell'Arco), Palazzo Filomarino, Porta Capuana, Palazzo Como.

Anche il clima culturale conobbe un notevole incremento, grazie al grande impulso dato da Alfonso alla biblioteca cittadina ed alla fondazione dell'Accademia Pontaniana. Le grandi somme profuse nella promozione della cultura diedero impulso ad un fiorire di attività, che resero Napoli protagonista dell'Umanesimo e del Rinascimento.

Il Viceregno spagnolo[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Repubblica Napoletana (1647).
Pedro Álvarez de Toledo

A partire dal 1501, in conseguenza delle Guerre d'Italia, Napoli perse la sua indipendenza. Dopo essere stata brevemente in mano francese fino al 1504, passò sotto la dominazione spagnola, e per oltre due secoli il regno fu governato da un viceré per conto di Madrid. Il lungo dominio spagnolo viene generalmente considerato dalla storiografia, specie di stampo crociano, un periodo oscuro e di regresso[63]. In effetti, esso lasciò tracce profonde sia nella lingua napoletana[64], che soprattutto nell'assetto urbanistico della città. Fu ad esempio sotto il viceré Pedro Álvarez de Toledo y Zúñiga che fu aperto il famoso asse viario omonimo, e furono costruiti i Quartieri Spagnoli.

Nel 1647 la città vide la famosa rivolta di Masaniello, partita da quella stessa Piazza Mercato in cui era stata tagliata la testa a Corradino di Svevia, e nata a causa del malgoverno spagnolo. Sei mesi dopo vi fu la nascita di un'effimera repubblica indipendente sotto la guida di Gennaro Annese e del nobile francese Enrico II di Guisa. La città fu messa sotto assedio e riconquistata dagli spagnoli, e successivi tentativi francesi di riconquistarla non ebbero buon esito.

Nel corso della guerra di successione spagnola l'Austria conquistò Napoli (1707), ma la tenne per pochi anni, fino al 1734, anno in cui il regno fu occupato da Carlo di Borbone, che vi ricostituì uno Stato indipendente che comprendeva tutto il sud Italia e la Sicilia.

Il periodo borbonico e la parentesi francese[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Regno delle Due Sicilie e Repubblica Napoletana (1799).
Ferdinando II delle Due Sicilie, metà del XIX secolo
I primati della Napoli borbonica
Coat of arms of the Kingdom of the Two Sicilies.svg

Il lungo regno dei Borbone di Napoli, e l'attenzione verso le innovazioni mostrate dai diversi sovrani di questa dinastia, hanno consentito a Napoli di conseguire una serie di primati.

Nel 1735 vi fu fondata la prima cattedra di astronomia d'Italia, e nel 1754 la prima di economia politica al mondo[65].

Nel 1782 fu effettuato a Napoli il primo intervento di profilassi anti-tubercolare in Italia[66], nel 1792 vi fu realizzato il primo Atlante marittimo del mondo[67]. Nel 1801 vi fu fondato il primo museo mineralogico del mondo.

Il 24 giugno 1818 fu varata a Napoli nei cantieri Filosa, nei pressi del Forte di Vigliena, la Ferdinando I, prima nave a vapore del Mediterraneo.[68]

Altro notissimo primato cittadino è quello dell'inaugurazione del primo tratto ferroviario in Italia, la ferrovia Napoli-Portici, a partire dalla Stazione di Napoli (Bayard), il 3 ottobre 1839.[69][70]. Napoli fu inoltre la prima città italiana, e la terza in Europa dopo Londra e Parigi, a dotarsi di un sistema di illuminazione pubblica a gas (1839)[71].

Sotto la dinastia dei Borbone di Napoli, la città rafforzò il suo ruolo divenendo, insieme a Parigi e Londra, una tra le principali capitali europee. Con la rivoluzione francese e le guerre napoleoniche, Napoli vide prima la nascita di una repubblica giacobina e poi la conseguente restaurazione borbonica. Nel 1806 fu nuovamente conquistata dalle truppe francesi condotte da Napoleone Bonaparte che affidò il regno a suo fratello Giuseppe e quindi, in seguito, a Gioacchino Murat. Nel 1815 con la definitiva sconfitta di Napoleone e il Congresso di Vienna Napoli ritornò nuovamente ai Borbone.

Nel 1860 il Regno delle Due Sicilie fu oggetto della spedizione dei Mille di Giuseppe Garibaldi e successivamente invaso dal regno di Sardegna. Napoli fu abbandonata da Francesco II di Borbone per "garantirla dalle rovine e dalla guerra ... risparmiare a questa Patria carissima gli orrori dei disordini interni e i disastri della guerra civile"[72], e fu tentata una prima difesa con la battaglia del Volturno e quindi con l'assedio di Gaeta. A seguito della sconfitta delle truppe borboniche, Napoli fu annessa al regno d'Italia e perse il proprio status di capitale. Come conseguenza, le strutture di governo statale presenti in città furono smantellate. Con l'unità anche le attività industriali andarono in rovina, furono trasferite o fortemente ridimensionate (come nel caso delle officine di Pietrarsa)[73], innescando una profonda crisi socioeconomica. Si riporta, a tal proposito, un giudizio di Gaetano Salvemini:

« Se dall'unità il Mezzogiorno è stato rovinato, Napoli è stata addirittura assassinata: ha perduto la capitale, ha finito di essere il mercato del Mezzogiorno, è caduta in una crisi che ha tolto il pane a migliaia e migliaia di persone. »
(Gaetano Salvemini, Scritti sulla questione meridionale, 1896-1955[74])

Il tesoro del Regno delle Due Sicilie, per la maggior parte custodito nel Banco omonimo,[N 7] fu utilizzato per rinsanguare i bilanci del regno di Sardegna, che era vicino al fallimento, e degli altri territori annessi, del pari indebitati. Il sistema fiscale piemontese fece aumentare vertiginosamente le tasse a carico dei napoletani; questo aumentò la crisi sociale ed industriale napoletana, mentre l'industria ed il commercio piemontese ebbero la possibilità di essere incrementati.[19]

Età contemporanea[modifica | modifica sorgente]

« Insomma, fascisti, a Napoli piove, che ci state a fare? »
(Michele Bianchi, segnale convenuto per la Marcia su Roma[N 8])

La povertà dei quartieri popolari, iconicamente descritti da Matilde Serao in Il ventre di Napoli, fu all'origine, a fine secolo XIX, di una profonda trasformazione urbanistica. A seguito dello scoppio di una grave epidemia di colera nel 1884, fu promulgata la legge per il Risanamento di Napoli. Essa diede attuazione ai numerosi ma inattuati progetti di risistemazione urbanistica della città concepiti durante il periodo borbonico. In questo periodo furono demoliti numerosi palazzi popolari, costruiti nuovi edifici borghesi detti umbertini ed aperte le arterie di via Duomo e del Rettifilo.

24 ottobre 1922, adunata delle camicie nere di Napoli, Mussolini sul palco delle autorità

Nei primi anni Venti del XX secolo, Napoli fu sede di uno dei più importanti Fasci di Combattimento italiani, ad opera in particolare di Aurelio Padovani, Raffaele Tarantini, Domenico Miranda, Luigi Ricci, Alberto Navarra, e Nicola Sansanelli. Il 24 ottobre 1922 La città fu teatro della grande adunanza di camicie Nere che fu l'atto preparatorio della Marcia su Roma. I dettagli della Marcia furono discussi e decisi dal Consiglio del partito Nazionale Fascista all'Hotel Vesuvio di via Partenope.

Nel 1926 il territorio comunale venne ampliato con l'aggregazione dei comuni limitrofi di Chiaiano ed Uniti, Pianura, Secondigliano e Soccavo[75].

Uno «scugnizzo» armato durante le Quattro Giornate di Napoli

Data la sua natura di porto strategico per le attività navali nel Mediterraneo, Napoli fu, durante la seconda guerra mondiale, la città italiana che subì il numero maggiore di bombardamenti, con circa 200 raid aerei (tra ricognizioni e bombardamenti) dal 1940 al 1944, principalmente da parte alleata, di cui ben 181 soltanto nel 1943 e con un numero di morti stimato tra le 20 e le 25 000 persone, in gran parte tra la popolazione civile.[76][77]

Dopo la resa del regno d'Italia agli Alleati, avvenuta l'8 settembre 1943, Napoli fu teatro di una storica insurrezione popolare denominata successivamente le quattro giornate di Napoli (27-30 settembre 1943). Tale movimento, guidato dalla popolazione civile, con l'apporto di militari fedeli al cosiddetto regno del Sud, riuscì a liberare la città partenopea dall'occupazione delle forze armate tedesche.

L'avvenimento, che valse alla città il conferimento della medaglia d'oro al valor militare, consentì alle forze alleate di trovare al loro arrivo, il 1º ottobre 1943, una città già libera dall'occupazione nazista, grazie al coraggio e all'eroismo dei suoi abitanti ormai esasperati ed allo stremo per i lunghi anni di guerra. Napoli fu la prima, tra le grandi città europee, ad insorgere con successo contro l'occupazione nazista.[78]

La Napoli contemporanea è tra le più grandi e popolose metropoli italiane e mediterranee, conservando ancora la sua storica vocazione di centro culturale, scientifico ed universitario di livello internazionale, oltre che di grande città d'arte e primario polo turistico.

Simboli[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Stemma di Napoli.
Logo della città di Napoli, con lo stemma rosso e oro posto in alto
« troncato d'oro e di rosso, caricato dello stemma civico, con l'iscrizione in oro «Comune di Napoli» »

Lo stemma si compone di uno scudo sannitico diviso in due parti orizzontali di uguale altezza, quella superiore colorata d'oro e l'altra di rosso («troncato d'oro e di rosso»), sormontato da una corona turrita con cinque bastioni merlati visibili, di cui solo uno, quello centrale, dotato di porta d'ingresso. Secondo un'ipotesi, già dichiarata infondata dallo storico Bartolomeo Capasso,[79] l'oro simboleggia il sole, mentre il rosso la luna.[80][N 9]

Il gonfalone riprende i due colori dello stemma, oro e rosso, che occupano rispettivamente la metà superiore e la metà inferiore dell'intero drappo («troncato»), riprendendo simmetricamente la disposizione dei colori dello scudo araldico cittadino.[81]

Onorificenze[modifica | modifica sorgente]

Napoli è tra le città decorate al valor militare per la guerra di liberazione; è stata infatti la prima città a liberarsi con le sue sole forze dall'occupazione nazi-fascista e quindi insignita della medaglia d'oro al valor militare per i sacrifici della popolazione e per le attività nella lotta partigiana durante la rivolta detta delle quattro giornate di Napoli.

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d'oro al valor militare
«Con superbo slancio patriottico sapeva ritrovare, in mezzo al lutto ed alle rovine, la forza per cacciare dal suolo partenopeo le soldatesche germaniche sfidandone la feroce disumana rappresaglia. Impegnata un'impari lotta col secolare nemico offriva alla Patria, nelle "Quattro Giornate" di fine settembre 1943, numerosi eletti figli. Col suo glorioso esempio additava a tutti gli Italiani, la via verso la libertà, la giustizia, la salvezza della Patria.[82]»
— Napoli, 27 - 30 settembre 1943, data del conferimento: 10 settembre 1944
Titolo di Città - nastrino per uniforme ordinaria Titolo di Città
«Antico diritto»
— Napoli

Ricorrenze[modifica | modifica sorgente]

  • Inaugurazione anno giudiziario, data da scegliere di volta in volta in base all'ultima settimana di gennaio;
  • San Vincenzo Ferreri (5 aprile);
  • San Gennaro (19 settembre), la chiesa cattolica e altre chiese cristiane ricordano la morte di San Gennaro;
  • Inaugurazione stagione sinfonica al teatro San Carlo (30 settembre);
  • Quattro Giornate di Napoli (1º ottobre);
  • Plebiscito di adesione al Regno d'Italia (21 ottobre);
  • Inaugurazione stagione lirica al Teatro San Carlo (18 novembre).

Monumenti e luoghi d'interesse[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Centro storico di Napoli e Monumenti di Napoli.
Flag of UNESCO.svg Bene protetto dall'UNESCO Flag of UNESCO.svg
UNESCO World Heritage Site logo.svg Patrimonio dell'umanità
Centro storico di Napoli
(EN) Historic Centre of Naples
Targa unesco na.jpg
Tipo Architettonico, artistico
Criterio C (ii) (iv)
Pericolo Non in pericolo
Riconosciuto dal 1995
Scheda UNESCO (EN) Scheda
(FR) Scheda

Napoli è una delle città a maggior densità di risorse culturali e monumenti nel mondo, che ne testimoniano l'evoluzione storico-artistica. Il centro storico, nel 1995, è stato inserito dall'UNESCO tra i patrimoni dell'umanità con la seguente motivazione:

« Si tratta di una delle più antiche città d'Europa, il cui tessuto urbano contemporaneo conserva gli elementi della sua storia ricca di avvenimenti. I tracciati delle sue strade, la ricchezza dei suoi edifici storici caratterizzanti epoche diverse conferiscono al sito un valore universale senza uguali, che ha esercitato una profonda influenza su gran parte dell'Europa e al di là dei confini di questa. »

Esso è il risultato di sovrapposizioni di stili architettonici racchiusi in circa 2 800 anni di storia, testimoniando così le varie civiltà che vi hanno soggiornato. Tutti fattori questi che gli hanno donato un valore universale senza eguali.[83] Su un territorio relativamente poco esteso sono presenti, tra gli altri, un grande numero di castelli, residenze reali, palazzi monumentali, chiese storiche e resti dell'età classica. L'eredità di questa storia millenaria si può comunque ammirare anche in tutta la città e nei suoi dintorni, che rendono la città di Napoli un museo a cielo aperto a tutti gli effetti.

L'area interessata dalla tutela comprende 14 quartieri. Avvocata, Montecalvario, San Giuseppe, Porto, Pendino, Mercato, Chiaia, San Ferdinando, Stella, San Carlo all'Arena, San Lorenzo e Vicaria e parte delle colline del Vomero e Posillipo. I quartieri San Giuseppe, Porto, Pendino, Mercato, San Lorenzo e Vicarìa, nello specifico, costituiscono il nucleo antico, corrispondente in buona parte all'area dei decumani.

Tuttavia, la scarsa valorizzazione e la mancanza di fondi per eventuali restauri, fa sì che parte di tale patrimonio, in particolare quello corrispondente al centro antico, ovvero all'area dei decumani, versi in rovina o in stato di degrado[84] (sono circa duecento[85] le chiese che solo nel centro storico hanno gravi problemi strutturali, altrettanti i palazzi; ma anche fontane, obelischi, architetture antiche, ecc.). Per superare questo problema, un accordo siglato tra regione Campania, comune e Ministero dei Beni Culturali, ha fatto sì che venissero stanziati nel giugno 2012 dall'Unione Europea 100 milioni di euro per eseguire anche[N 10] lavori di restauro dei monumenti del centro storico più a rischio.[86][87]

Architetture religiose[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Catacombe di Napoli, Chiese di Napoli, Chiostri di Napoli e Edicole sacre di Napoli.
Duomo di Santa Maria Assunta, una delle principali chiese napoletane

Le catacombe cristiane che sorsero fuori le mura rappresentano le prime testimonianze di arte, storia e architettura della Napoli cristiana e che per secoli caratterizzarono la vita socio-religiosa della città.

Chiesa di San Domenico Maggiore, voluta da Carlo II d'Angiò, è tra le chiese napoletane più interessanti dal punto di vista storico-artistico-culturale

Le varie dominazioni straniere che hanno caratterizzato la storia di Napoli, influenzarono notevolmente anche la religiosità della città, come nel caso dei regnanti angioini ed aragonesi; nei secoli successivi la città fu saldamente legata alla controriforma, sotto il dominio degli Asburgo di Spagna.[88] Le chiese di Napoli, con i relativi chiostri, sono testimonianze artistiche, storiche ed architettoniche formatesi nell'arco di diciassette secoli; ad esse, seppur in maniera indiretta, sono legate per lo più le vicende storiche della città, quindi i suoi repentini cambiamenti.

Data la cospicua presenza sul territorio e dato il prestigio degli artisti che vi hanno lavorato al loro interno, gli edifici religiosi costituiscono una parte fondamentale del patrimonio monumentale cittadino. La cattedrale è quella di Santa Maria Assunta, una delle più grandi e più importanti della città, sia dal punto di vista storico-artistico che di mero folclore locale (avviene qui infatti il rito dello scioglimento del sangue di san Gennaro).

(FR)
« Ce qui nous a paru le plus extraordinaire à Naples, c'est le nombre et la magnificence de ses églises; je puis vous dire sans exagérer que cela surpasse l'immagination »
(IT)
« La cosa che ci è sembrata più straordinaria, a Napoli, è il numero e la magnificenza delle sue chiese: posso dirvi, senza esagerare, che ciò oltrepassa l'immaginabile »
(Maximilien Misson[89])
Chiesa del Gesù Nuovo, domina la piazza omonima ed è una basilica napoletana simbolo del barocco
Chiesa dei Girolamini, uno dei complessi ecclesiastici più importanti della città

Nel XVII secolo a Napoli vi erano un centinaio di conventi e monasteri,[90] mentre circa 500 chiese nel XVIII secolo, tanto che le valse il soprannome di città dalle 500 cupole.[91]

In epoca più moderna, il periodo del risanamento, i terremoti e soprattutto i 181 bombardamenti della seconda guerra mondiale, hanno sottratto alla città partenopea più di sessanta chiese monumentali. Molte chiese proibite, dalle porte sbarrate da secoli o abbandonate senza custode, invece, continuano a possedere opere di alto valore artistico, come ad esempio la chiesa di Santa Maria della Sapienza su via Costantinopoli, quella dei Santi Severo e Sossio in largo San Marcellino o come quella dei Santi Marcellino e Festo, solo occasionalmente accessibile.[92]

Napoli continua a possedere un numero spropositato di chiese e conventi, valore che si aggira intorno al migliaio di unità,[85] il che la pone tra le città con il più alto numero di edifici di culto al mondo.[93] Se si considerano solo le chiese storiche, il numero è particolarmente elevato; esse arrivano a superare infatti le 200 unità nel solo centro antico[94] e le 350 nell'intero centro storico.[95]

Oltre le cinquecento unità, invece, sono le edicole sacre di Napoli,[96] mentre un centinaio sono i chiostri monumentali,[90] un vero e proprio elemento distintivo della città. Alcuni di questi oggi ospitano dipartimenti universitari, scolastici, ricreativi, oppure musei o addirittura istituti ospedalieri. Si pensi ai chiostri di San Pietro a Majella che ospitano l'omonimo conservatorio, oppure a due dei quattro chiostri di San Domenico Maggiore, che ospitano una palestra comunale e l'istituto scolastico Alfonso della Valle di Casanova, o ancora, il chiostro dei Santi Marcellino e Festo, nel quale hanno sede dipartimenti distaccati dell'Università Federico II ed il museo di Paleontologia.

La città possiede inoltre numerose aree cimiteriali monumentali. Il cimitero più vasto e quello storicamente ed artisticamente di maggior rilievo è il cimitero di Poggioreale, uno dei maggiori d'Europa che vede tra i punti di maggiore interesse il cosiddetto "quadrato degli uomini illustri", dove riposano alcune delle personalità che hanno dato lustro alla città. Un'altra parte importante da segnalare è quella della chiesa di Santa Maria del Pianto dalla quale si può giungere alle cappelle private di Totò, Eduardo Scarpetta ed Enrico Caruso.

Di particolar pregio è anche il cimitero delle Fontanelle (sebbene sia considerato dall'opinione comune, più una sorta di catacomba legata a rituali pagani che un normale cimitero). Realizzato in una cavità ubicata all'interno del rione Sanità, all'interno vi sono depositati migliaia di resti di ossa umane delle persone decedute a causa dell'epidemia di colera che investì Napoli nel XVII secolo.

Architetture civili[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Palazzi di Napoli e Ville di Napoli.

Nel corso della sua storia, per la sua felice posizione e il suo clima mite, Napoli è stata più volte scelta anche come luogo di villeggiatura da cui derivarono le prime costruzioni civili, rappresentate da ville imperiali.[97] Secondo gli esami storici, i primi a scoprirla sotto questo punto di vista furono i romani[97] (anche se alcune ricerche archeologiche hanno fatto intuire che vari luoghi della città furono individuati come "zone di ozio" anche dai greci); successivamente, anche tutte le altre dominazioni straniere videro in Napoli un luogo di vacanza, incrementando l'edificazione di sontuose ville entro e fuori le mura.

L'edilizia civile in epoca medievale risentì ampiamente delle numerose guerre e dell'incertezza politica del periodo, molto più dell'architettura religiosa; di fatto poco o nulla resta in città dei palazzi edificati nel periodo ducale e vescovile. Successivamente, la classe di feudatari che si andò costituendo con l'instaurarsi della monarchia e che andò a trasferirsi progressivamente in città dopo l'avvento della dinastia angioina, iniziò ad edificare dimore e palazzi nobiliari anche con l'intento di prender parte alla vita di corte.

Galleria Umberto I, creata alla fine dell'Ottocento durante il grande intervento urbanistico definito dalla storiografia attuale "risanamento"

Nel periodo dell'Umanesimo numerose furono le testimonianze di palazzi lasciate in città, in particolare da artisti catalani e, a partire dal XV secolo, più marcata fu invece l'impronta toscana caratteristica dell'edilizia civile rinascimentale, seppur riletta in chiave partenopea. Furono gli anni in cui la città con Pedro Álvarez de Toledo y Zuñiga allargò i propri confini oltre le mura ed in cui si ebbe la fioritura più cospicua di palazzi nobiliari.[98] Grazie all'espansione a ovest, che portò alla nascita dell'odierna via Toledo, fu attirata così l'attenzione di molti nobili stranieri nell'accaparramento di uno spazio lungo la nuova arteria cittadina.

La fioritura più cospicua di edifici si ebbe tuttavia nel periodo del barocco, tra il XVII e XVIII secolo, con l'edificazione di nuovi palazzi o con i rifacimenti delle facciate di quelli preesistenti. A questo periodo risalgono infatti le due residenze reali di Napoli. Ancora, sempre nel corso della metà del XVIII secolo, nell'ambito del programma di rinnovamento edilizio del nuovo re Carlo di Borbone, fu costruito uno dei più grandi edifici d'Europa, il real Albergo dei Poveri.[99]

Dopo l'unità d'Italia, sul finire del XIX secolo, si avviò il grande progetto del risanamento di Napoli, che prevedeva l'abbattimento di un cospicuo numero di palazzi fatiscenti e l'edificazione di nuovi edifici con l'intento di riqualificare l'intera area. In questo piano furono interessate tutte le strutture presenti su corso Umberto I, il rione Amedeo, il borgo Santa Lucia e la zona di Santa Brigida, dove verrà costruita la galleria Umberto I.[100] A questo periodo, ma già nel corso del Settecento, risalgono anche le edificazioni di numerose ville in stile neoclassico negli spazi non ancora congestionati della città, come a Chiaia, al Vomero oppure a Posillipo.

Nel periodo del razionalismo italiano, con la presenza di architetti venuti da fuori, si progettarono importanti edifici come il palazzo del Banco di Napoli, il nuovo palazzo delle Poste (quest'ultimo edificio si presentò come un vero e proprio manifesto dell'architettura funzionalista e razionalista della città) e diversi altri ancora.

Architetture militari[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Mura di Napoli.
Port'Alba è un'antica porta della città di Napoli, situata sul lato sinistro dell'emiciclo di piazza Dante

Sin dall'epoca greca le mura cittadine si estendevano su un tracciato quadrangolare delimitato a nord sull'odierna via Foria, a sud dal corso Umberto I, ad ovest su via San Sebastiano e ad est su via Carbonara.[5] Queste saranno poi riprese anche in epoca romana,[101] costituendo quindi il centro antico della città.

Delle sostanziali modifiche furono compiute per accogliere i profughi dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e nel 440 per offrire rifugio alle popolazioni scampate dalle invasioni barbariche.[5]

Castel Sant'Elmo, con la caratteristica forma di stella a sei punte, è posto sulla collina del Vomero dalla quale domina l'intera città
Lo scenografico Maschio Angioino, l'antico Castrum napoletano, è uno dei monumenti-simbolo più rappresentativi della città di Napoli e tra i più famosi castelli d'Italia[102]

Napoli è una città che nel corso della sua storia ha visto l'avvicendarsi di diverse dominazioni straniere. A queste successioni sono dunque legati i diversi, numerosi assedi che dovette subire, soprattutto nel periodo del ducato autonomo. In questo periodo la città si ritrovò infatti in una continua e quasi ininterrotta sequenza di guerre, prevalentemente difensive, contro i principati longobardi di Benevento, di Salerno e di Capua, nonché contro gli imperatori bizantini, i pontefici ed infine i normanni che riuscirono ad espugnarla definitivamente nel 1137. A questo periodo in particolare, risalgono i primi due castelli cittadini: uno è il Castel dell'Ovo, direttamente sul mare, costruito sulle vestigia della Villa di Licinio Lucullo, con funzione prettamente difensiva delle coste cittadine data la sua posizione pressoché centrale rispetto al golfo; l'altro è il Castel Capuano, costruito nel 1153 per volere di Guglielmo I di Sicilia e che aveva sia il compito di proteggere l'entroterra di Napoli che di fungere da residenza reale.

In epoca angioina le mura si estendevano per circa 4,5 km comprendendo un'area di circa 200 ettari in cui risiedevano circa 30 000 abitanti. Il fossato a nord fu denominato carbonarius publicus in quanto vi venivano bruciati i rifiuti,[5] quello a ovest Lavinaius in cui fluivano le acque piovane prima di gettarsi in mare. Ulteriori modifiche furono effettuate nel XIV secolo da Carlo I d'Angiò in direzione della marina fino ad includere il Castel Nuovo; e nel 1484 dagli aragonesi in direzione del Carmine fino ad includere l'omonimo castello.[103] In questa fase furono edificati altri tre castelli: il Maschio Angioino,[N 11] che assunse il ruolo di residenza reale, il Castel Sant'Elmo, che aveva una funzione di controllo della città grazie alla sua favorevole posizione in altura e che prese il posto di una precedente torre d'osservazione normanna, ed il Castello del Carmine.

Durante il vicereame spagnolo furono intrapresi nuovi lavori di murazione, specialmente ad occidente dove si abbarbicava sulla collina fino a Santa Maria Apparente.[5] Nonostante le prammatiche dei viceré che vietavano l'edilizia abusiva e nonostante il fatto che ci fossero fuori le mura numerosi villaggi, continuò comunque l'afflusso di popolazioni dalle campagne determinando quel boom demografico che raggiunge il culmine nel 1656 con oltre 300 000 abitanti.[5] Al periodo del viceregno invece, risalgono il Castello di Nisida ed il forte di Vigliena.[104] La caserma Garibaldi infine, rappresenta l'ultimo castello napoletano, sorto poco prima l'unità d'Italia.

Con lo sviluppo delle tecnologie belliche, con la liberalizzazione dell'edilizia extra moenia avvenuta grazie agli austriaci, con i nuovi programmi urbanistici di Carlo III di Spagna e con le demolizioni dei Borbone di Napoli, le mura persero via via valore fino a scomparire del tutto.

La cinta muraria originale era intervallata da una serie di torri, dapprima erette in tufo e poi in piperno e pietra lavica[5] accompagnate lungo il percorso da una serie di portali dei quali sono ancora visibili testimonianze: porta Medina (1640) nell'attuale Montesanto, porta San Gennaro (1573) nell'attuale piazza Cavour, porta Capuana di vetuste origini, port'Alba (1625) nell'attuale piazza Dante.

Urbanistica[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Storia dell'urbanistica e dell'architettura di Napoli, Piazze di Napoli, Strade di Napoli e scale di Napoli.
Via dei Tribunali, il decumano maggiore dell'urbanistica ippodamea. Nell'immagine, il porticato del palazzo Filippo d'Angiò.

Tra le strade e piazze principali della città, vi sono di certo quelle che caratterizzano l'area dei decumani di Napoli: Spaccanapoli (decumano inferiore), via dei Tribunali (decumano maggiore), via dell'Anticaglia (decumano superiore), via San Gregorio Armeno, piazza del Gesù Nuovo, piazza Bellini, piazza San Domenico Maggiore, largo Corpo di Napoli, piazza San Gaetano e diverse altre. Il motivo di ciò è che in queste strade si concentra gran parte del ricco patrimonio artistico cittadino, in quanto fino al XVI secolo era vietato costruire fuori questi confini.

La centrale piazza Plebiscito, la più nota, grande e rappresentativa di Napoli[105]

Successivamente, voluta dal viceré Pedro Álvarez de Toledo y Zúñiga che la edificò nel 1536, fu pianificata via Toledo (denominata "via Roma" durante il ventennio fascista). A Napoli, fino al XVI secolo vigeva ancora il divieto assoluto di edificare nuove strutture al di fuori della cinta muraria, pressoché delimitante l'odierna area del centro antico.[98] Con la nuova strada, vi fu dunque un immediato sentimento di accaparramento dei nuovi spazi. Grazie alla pedonalizzazione, la strada è oggi il fulcro dello shopping cittadino, oltre che del turismo. La stessa strada, sfocia infine su piazza Trieste e Trento e su piazza del Plebiscito, quest'ultima una delle più importanti d'Italia. Vi si affacciano due importanti monumenti: il palazzo Reale e la basilica di San Francesco di Paola.

Il lungomare di Napoli prende il nome di via Caracciolo, in onore dell'ammiraglio Francesco Caracciolo fatto impiccare da Orazio Nelson sulla nave Minerva (già da lui comandata) nel golfo della città, per la sua adesione alla Repubblica Napoletana. La strada in realtà è recente, risale alla fine dell'Ottocento quando sostituì l'arenile che la villa reale (con l'Unità, "villa comunale") separava dalla riviera di Chiaia. Dal 2012 è diventato anch'esso un tratto interamente pedonale.

Data la sua peculiarità morfologica, le scale di Napoli sono divenute subito uno strumento di collegamento indispensabile. Le suddette, veri e propri complessi sistemi urbanistici, sono infatti degli antichi percorsi pedonali che congiungono le colline con il centro e la costa. I più antichi percorsi gradinati della città, il più delle volte, sono nati grazie all'interramento di torrenti o sorgenti, che un tempo scorrevano appena fuori la città.

Anche la storia di queste rampe è riconducibile per lo più alle espansioni fuori le mura del XVI secolo e costituiscono, oggi come allora, un tipico elemento caratterizzante l'urbanistica di Napoli.

Siti archeologici[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Siti archeologici a Napoli.
Il teatro romano di Neapolis. Nell'immagine, in particolare, è raffigurato il proscenio, rivestito da opus reticulatum.

L'ossatura dell'assetto urbano di Napoli era già definita in epoca greca e l'attuale forma del centro antico, rispecchia ancora la rielaborazione degli antichi tracciati ippodamei. La Napoli greca, oltre al già citato impianto urbano, ci ha lasciato altre testimonianze del suo passato: dalle mura (per esempio quelle di piazza Bellini) alle antiche torri di difesa, resti della necropoli, resti di templi, agli innumerevoli ambienti ed architetture poste nel suo sottosuolo.

Con l'avvento della civiltà romana, la città divenne una rinomata residenza estiva dell'impero, in cui imperatori e politici, amavano soggiornare per lunghi periodi.[106] A testimonianza della Napoli romana troviamo anche acquedotti, terme, mura, resti di templi, domus, ponti, ipogei.

Il sito archeologico più importante risulta essere quello della Napoli sotterranea, complesso di cunicoli sotterranei di età greca e la cui estensione pareggia quasi quella della città che è sorta in superficie[107] Tra gli stessi ambienti del sottosuolo, è possibile inoltre vedere anche i resti del teatro romano di Neapolis in cui si esibiva Nerone. Altri frammenti dello stesso teatro invece, possono essere visti dall'esterno lungo i decumani.

Come testimonianza della Napoli antica, vi sono anche le opere funerarie; le più famose sono le catacombe cristiane, anche se ne esistono esempi legati al periodo greco e preellenico, ed il mausoleo di Virgilio.

Altri importanti siti archeologici della città sono quelli situati nei sotterranei del complesso di San Lorenzo Maggiore, in cui si ammirano i resti dell'antico mercato;[108] quelli presenti nel parco archeologico di Posillipo; quelli relativi alla villa di Licinio Lucullo; e quelli del sottosuolo di Santa Chiara

Aree naturali[modifica | modifica sorgente]

Il «viale centrale» del parco di Capodimonte, la maggiore area verde della città di Napoli

Napoli possiede 33 giardini storici e parchi aperti al pubblico. Lo spazio più rilevante è senza dubbio quello del parco di Capodimonte, immensa distesa di verde di 134 ettari[109] che circonda diversi fabbricati settecenteschi ed in particolare l'omonima reggia.

La villa Comunale di Napoli (già "villa reale") fu invece fatta realizzare da Ferdinando IV su disegno di Carlo Vanvitelli nel 1780 per dare alla nobiltà napoletana un'oasi di gran ricercatezza sull'allora lungomare, impreziosendola di statue neoclassiche, fontane e alberi esotici.

L'isola di Nisida vista dal parco Virgiliano, con sullo sfondo Capo Miseno e alle spalle Procida ed Ischia
Parco sommerso di Gaiola, una piccola area marina protetta nei pressi del quartiere di Posillipo

Una veduta particolarmente suggestiva è offerta dal parco Virgiliano a Posillipo (anche detto "parco della Rimembranza"), posizionato su uno dei punti più panoramici della città che permette di osservare contemporaneamente le isole di Procida, Ischia e Capri, l'isolotto di Nisida, il golfo di Pozzuoli, l'eremo dei Camaldoli, il golfo di Bacoli, monte di Procida, il Vesuvio con la costa, la penisola Sorrentina, la Baia di Trentaremi con i suoi resti archeologici ed il centro storico di Napoli.

Altri spazi verdi della città sono il Parco Vergiliano a Piedigrotta (o della tomba di Virgilio), famoso per la presenza al suo interno della tomba monumentale di Giacomo Leopardi e del mausoleo di Virgilio; la villa Floridiana al Vomero, il cui parco fu realizzato nel 1817 da Dehnhardt e Antonio Niccolini in stile neoclassico con statue, finte rovine, boschetti, anfratti e un teatrino di verzura all'aperto; il real orto botanico, voluto dai Borbone e approvato da Giuseppe Bonaparte nel 1807 durante il governo napoleonico, che occupa attualmente 12 ettari di terreno nei quali sono ospitati 25 000 esemplari di piante di ogni genere disposte in collezioni all'aperto o in serre.

Sulla collina dei Camaldoli vi è invece il secondo spazio verde cittadino per estensione, il quale occupa tutta la zona nord occidentale fino al parco del Poggio ai Colli Aminei.

Oltre agli spazi verdi, Napoli è caratterizzata anche da un'area marina protetta di 42 ettari.[110] Le coste settentrionali di Napoli ospitano infatti il parco sommerso di Gaiola, esempio raro nel Mediterraneo di parco archeologico sommerso. Il parco, localizzato all'apice del promontorio di Posillipo intorno all'isolotto della Gaiola incorpora considerevoli valori ambientali a reperti archeologici di età romana, sommersi nel corso dei secoli da un fenomeno di bradisismo negativo che ha causato l'affondamento della costa di circa 6/8 metri.[111]

La Riserva naturale Cratere degli Astroni è un'oasi WWF.

Società[modifica | modifica sorgente]

Evoluzione demografica[modifica | modifica sorgente]

Nel primo censimento dello Stato unitario (1861), Napoli era il maggior comune italiano per abitanti. Cedette in seguito il primato a Milano e poi a Roma. Ciò a causa della mancanza di nuovi vani abitativi e all'alto costo delle case rispetto al resto della sua conurbazione.[112] Nel 1971 Napoli raggiunse la popolazione massima di 1 226 594 abitanti.

Abitanti censiti in migliaia[5][113]

Etnie e minoranze straniere[modifica | modifica sorgente]

A partire dal 1º gennaio 2011, ci sono stati 29 428 immigrati che vivono a Napoli, pari al 3,05% della popolazione totale, il valore più basso per una grande città italiana. Ciò è dovuto principalmente a maggiori opportunità di lavoro nel nord. Tuttavia, il numero attuale è in aumento del 15 per cento rispetto all'anno precedente. La maggior parte degli immigrati provengono dall'Europa dell'Est e Asia.[114]

Lingue e dialetti[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Lingua napoletana.
Giambattista Basile, uno dei primi scrittori e letterati in lingua napoletana

La lingua napoletana (napulitano) è una lingua romanza, riconosciuta dall'UNESCO come lingua a tutti gli effetti.[N 12][115]

Il napoletano ha subìto nella sua storia, come molte altre lingue, influenze e "prestiti" dai vari popoli che hanno abitato o dominato la Campania e l'Italia centro-meridionale: i coloni greci ed i mercanti bizantini nell'epoca del Ducato di Napoli fino al IX secolo, gli arabi e le dominazioni normanna, francese e spagnola.

Le prime testimonianze scritte si hanno già nel 960 con il famoso Placito di Capua, mentre la prima opera in prosa è considerata comunemente un testo di Matteo Spinelli, i Diurnali, un cronicon degli avvenimenti più importanti del regno di Sicilia dell'XI secolo fino al 1268.

Il napoletano sostituì il latino nei documenti ufficiali e nelle assemblee di corte a Napoli, dall'unificazione delle Due Sicilie, per decreto di Alfonso I nel 1442 e per oltre un secolo fu la lingua ufficiale del regno. Nel XVI secolo il re Ferdinando il Cattolico impose il castigliano come nuova lingua ufficiale e il napoletano di stato sopravviveva solo nelle udienze regie, negli uffici della diplomazia e dei funzionari pubblici. In seguito il cardinale Girolamo Seripando, nel 1554, stabilì poi che in questi settori venisse sostituito dal volgare toscano.

Il più celebre poeta napoletano d'età moderna è Giulio Cesare Cortese, di cui si ricorda la Vaiasseide, mentre la prosa in volgare napoletana diviene celebre grazie a Giambattista Basile, vissuto nella prima metà del Seicento, autore di un'opera famosa come Lo cunto de li cunti overo lo trattenemiento de peccerille, tradotta in italiano da Benedetto Croce, che ha regalato al mondo la realtà popolare e fantasiosa delle fiabe.[116]

Saranno proprio Cortese e Basile a porre le basi per la dignità letteraria ed artistica della lingua napoletana moderna.

Negli ultimi tre secoli, infatti, il napoletano è stato utilizzato con una certa frequenza e con notevoli risultati anche nell'arte. Nella letteratura e poesia, con Salvatore di Giacomo, Edoardo Nicolardi, Libero Bovio; nel teatro, che ha dato luogo al teatro napoletano; nella lirica, che tra il XVII e XVIII secolo (durante il periodo di maggior fulgore della scuola musicale napoletana) ha prodotto interi libretti di opere; nella musica, con la canzone classica napoletana; e nel XX secolo, anche nel cinema.

Religione[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Arcidiocesi di Napoli.

Luogo di approdo dell'apostolo Pietro in Italia,[117] Napoli fu uno dei primi luoghi del Cristianesimo in Occidente.[N 13]

Le prime catacombe partenopee,[N 14] risalenti al II ed al III secolo d.C., non furono adibite al culto, ma solo per usi funebri, secondo quanto stabiliva la legge romana.[118]

L'evangelizzazione della città si sviluppò nei primi secoli dell'era cristiana,[N 15] e la latinizzazione dei riti avvenne nel XII secolo, soprattutto ad opera di Ruggiero II il normanno. Per molti secoli le basiliche maggiori ospitarono i sedili di Napoli, organi amministrativi cittadini cui si deve tra l'altro opposizione all'istituzione del locale tribunale dell'Inquisizione (1547).

La città, tranne i quartieri occidentali afferenti alla diocesi di Pozzuoli, appartiene all'arcidiocesi di Napoli, retta dall'arcivescovo cardinale Crescenzio Sepe.[119] È organizzata in base a 13 decanati, con 500 luoghi di culto di cui 189 parrocchiali.[120]

In ambito islamico, presenze musulmane all'interno della città partenopea, anche se sporadiche, si ebbero fin dal IX secolo, in quanto essenzialmente avevano instaurato rapporti commerciali con i napoletani.[121] La diffusione dell'islam come chiesa organizzata, invece, avvenne in concomitanza con i flussi migratori degli anni ottanta quando sorsero le prime due moschee rispettivamente a piazza Garibaldi e piazza Municipio.[N 16] Più di recente, un'altra moschea è stata aperta a piazza Mercato[122] e, all'indomani degli attentati delle Torri Gemelle del 2001, la stessa moschea e la Diocesi di Napoli hanno redatto una dichiarazione comune Salam alaikum – Pax Vobiscum nella quale si confermano i principi di reciproco rispetto e buona convivenza.[122]

Infine, sono presenti anche una chiesa evangelica, una basilica anglicana e una comunità ebraica.

Tradizioni e folclore[modifica | modifica sorgente]

« La città meno americanizzata d'Italia, anzi d'Europa. Eppure le truppe americane l'hanno avuta per tanto tempo. Ma una volta ripartiti questi soldati (a parte qualche moretto lasciato lì), tutto quanto era americano è stato cancellato. La forza dei napoletani sta in questo: nel loro carattere, nella loro tradizione, nelle loro radici. »
(Marcello Mastroianni[123])

La ricca e storica tradizione popolare di Napoli e la sua cultura millenaria hanno determinato nel corso del tempo un sentimento di napoletanità che sintetizza diverse abitudini e credenze del popolo locale. Questi elementi, alcuni dei quali anche pittoreschi e talune volte caricaturizzati, determinano così nel napoletano l'acquisizione di un'identità solida ed una forte appartenenza alla città, riassumendo addirittura il contesto folcloristico e culturale dell'intera regione ed in alcuni casi anche dell'Italia.[124]

Il bagaglio culturale, che va dalla musica alla cucina, dai riti sacri alle credenze mistiche, fa sì che alla città vengano associati diversi stereotipi che, in alcuni casi, vengono anche allargati al contesto nazionale. Pizza, sole, tarantella e mandolino, quattro simboli di Napoli,[N 17] sono infatti annoverati e riconosciuti come i più classici simboli (utilizzati alcune volte con accezione dispregiativa) dell'Italia nell'immaginario collettivo internazionale.

Il rito dello scioglimento del sangue di San Gennaro; secondo la leggenda, se quest'ultimo non si scioglie, una catastrofe è prossima ad avvenire

Tante altre invece sono le parole o le immagini che sintetizzano e rappresentano l'identità stereotipata napoletana: come il Vesuvio; il corno o il munaciello, che testimoniano la superstizione popolare; la mozzarella, simbolo assieme alla pizza della cucina napoletana e italiana; la tombola[125] tipico gioco natalizio che viene accompagnato alla smorfia napoletana,[125] altra invenzione popolare napoletana quest'ultima usata anche per il gioco del lotto, molto diffuso in città; poi c'è Pulcinella, una delle maschere italiane più famose e spesso usata per rappresentare l'italiano; infine vi è l'iconografia classica del vicolo napoletano, dominato dai bassi e dai panni stesi lungo la strada.[124]

Tra i riti religiosi invece, dominano la storica arte presepiale napoletana,[125] per rappresentare la scena della Natività; il miracolo di san Gennaro, che testimonia tutta la devozione religiosa del popolo ed in particolare, l'amore verso questo santo; ed infine il culto della Madonna dell'Arco.[124]

Istituzioni, enti ed associazioni[modifica | modifica sorgente]

Di seguito sono elencate le istituzioni, enti ed associazioni avente sede a Napoli:

Villa Rosebery, una delle residenze ufficiali della Presidenza della Repubblica
  • L'Allied Joint Force Command Naples (Comando della forza congiunta alleata a Napoli), base di comando della NATO;
  • La Villa Rosebery, una delle tre residenze ufficiali del Presidente della Repubblica;
  • L'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, un'autorità italiana di regolazione e garanzia, con sede principale a Napoli;
  • L'Authority per i diritti dell'infanzia, ente fondato per la tutela dei diritti dei minori;[126] attualmente in fase di ridefinizione.
  • La Città della scienza, museo scientifico nel quartiere di Bagnoli, volto a offrire una buona visuale del panorama scientifico e culturale italiano;[N 18]
  • L'Osservatorio astronomico di Capodimonte, che promuove e realizza progetti a carattere scientifico e astronomico;
  • L'Osservatorio Economico e Tributario, sito presso la Camera di Commercio di Napoli, che monitora la situazione economica partenopea;[127]
  • La Sede della Provincia, ubicata a piazza Matteotti, che si occupa di vari servizi quali istruzione, ambiente e gestione dei rifiuti;
  • La Sede della Regione Campania;
  • Le Basi militari NATO. Napoli è sede del Comando delle forze alleate dell'Europa meridionale e del Commando delle forze navali alleate dell'Europa meridionale. La Nato di Bagnoli era una vera e propria città nella città occupata dai militari americani per circa cinquant'anni, ora a Lago Patria dove sono sorti i nuovi fabbricati con contributi anche regionali,[128] che si aggiunge alle altre basi a Capodichino, Camaldoli, Nisida ed Agnano;[129]
  • La Sede dell'istituzione SRM e dell'Osservatorio sulle relazioni economiche tra Italia e Paesi Mediterranei, riconosciuta anche dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano;
  • La Fondazione Giovanni Pascale;
  • L'Ospedale Antonio Cardarelli;
  • Il Secondo Policlinico;
  • Il Banco di Napoli, che ha la sede principale a via Toledo e ha a disposizione 687 filiali distribuite nel sud Italia;
  • La Sede dell'Eurocities Network, ovvero una rete istituzionale delle maggiori città europee;[130]
  • La Sede del Fidiprof Centro-Sud;[131]
  • La Sede dell'Osservatorio parlamentare europeo;[132]
  • La Sede della Fondazione Mediterraneo, una delle più attive e importanti organizzazioni nel campo dell'integrazione e dello scambio culturale tra i popoli che affacciano sul mare omonimo.

Cultura[modifica | modifica sorgente]

Istruzione[modifica | modifica sorgente]

Biblioteche[modifica | modifica sorgente]

Sul territorio del comune sono attive 14 biblioteche comunali.[133]

La biblioteca più antica della città e seconda in Italia per nascita è la biblioteca dei Girolamini, aperta al pubblico nel 1586.[134] La più grande, terza nel paese per dimensioni,[135] è invece quella Nazionale, aperta nel 1804 come "reale biblioteca di Napoli", nel palazzo degli Studi. Le collezioni librarie ivi ubicate erano state trasferite dalla reggia di Capodimonte per volontà reale. Divenuta "reale biblioteca borbonica" nel 1816, nel 1860 con l'unità d'Italia fu poi denominata biblioteca Nazionale.

Altre biblioteche, archivi o raccolte della città sono quelle dell'Università di Napoli (BUN), del conservatorio, la raccolta dell'archivio di Stato, la Fondazione Biblioteca Benedetto Croce, l'Istituto Italiano per gli Studi Storici, la biblioteca della società napoletana di storia patria, la biblioteca Tarsia.

Ricerca[modifica | modifica sorgente]

La stazione zoologica Anton Dohrn, a Mergellina, comprende l'acquario più antico d'Italia

La città ospita numerosi centri di ricerca di notevole importanza, di seguito alcuni tra i più rilevanti:

Scuole[modifica | modifica sorgente]

Complesso della Nunziatella, prima scuola militare al mondo tra quelle ancora operative senza soluzione di continuità

Uno degli istituti più importanti a Napoli è senza dubbio la scuola militare "Nunziatella", la più antica tra le scuole militari al mondo ancora attive,[136] nonché il più antico istituto italiano di formazione militare.

Nata nel 1787 ad opera di Ferdinando IV di Borbone sotto la denominazione di Real Accademia Militare, è stata eletta nel 2012 patrimonio culturale dei Paesi del Mediterraneo da parte dell'Assemblea parlamentare del Mediterraneo. Situata a Pizzofalcone in via Generale Parisi, 16, è stata fin dalle origini luogo di elevata formazione militare e civile, ed ha avuto tra i suoi professori ed alunni personalità del calibro di Francesco De Sanctis, Mariano d'Ayala, Carlo Pisacane, Enrico Cosenz e persino un re d'Italia, Vittorio Emanuele III. Tra i numerosissimi ex-allievi di prestigio, figurano altissimi gradi delle forze armate,[N 19] Presidenti del Consiglio, ministri, senatori e deputati del Regno delle Due Sicilie, del Regno d'Italia e della Repubblica Italiana, un presidente della Corte Costituzionale, nonché esponenti di assoluto rilievo del mondo culturale, politico e professionale italiano ed internazionale, tra cui un vincitore del premio Sonning. La bandiera della scuola è decorata da una croce d'oro al merito dell'Arma dei carabinieri (2012)[137][138] e da una medaglia di bronzo al valore dell'esercito (2008).[139] I suoi ex-allievi hanno meritato 38 medaglie d'oro, 147 medaglie d'argento e 240 medaglie di bronzo al valor militare, 1 al valor civile e numerosissimi altri riconoscimenti al valore.

Altri istituti storici napoletani di particolare importanza sono il liceo scientifico Giuseppe Mercalli, liceo classico Umberto I, il Sannazaro, il Genovesi, il Garibaldi, il liceo Giambattista Vico, l'istituto Statale d'Arte "Filippo Palizzi", l'istituto Gian Battista Della Porta, l'istituto Pontano, il "Bianchi", il liceo statale Margherita di Savoia ed il complesso del Convitto Nazionale.

Istituti per l'alta formazione[modifica | modifica sorgente]

Conservatorio musicale[modifica | modifica sorgente]

Storica è la tradizione del conservatorio di San Pietro a Majella, fondato nel 1826 come "Regio conservatorio di musica" a seguito della fusione di altri quattro precedenti istituti, su volontà di Francesco I di Borbone. Oggi si tengono insegnamenti per tutti gli strumenti musicali ed è ospitato al suo interno un notevole museo della musica.

Accademia di belle arti[modifica | modifica sorgente]

L'accademia di belle arti di Napoli è nata nel 1752 per volere di Carlo di Borbone. Ha ricoperto un ruolo molto importante nello sviluppo della pittura napoletana del XIX e XX secolo e più nello specifico, nella formazione della scuola di Posillipo.

Università[modifica | modifica sorgente]

Sede della facoltà di Giurisprudenza alla Federico II

Le principali università di Napoli sono la Federico II, la SUN, L'Orientale e la Parthenope (ex Istituto Universitario Navale, già Regio Istituto Superiore Navale).

Fondata da Federico II nel 1224, l'Università degli Studi di Napoli, che ha assunto il nome del suo fondatore con decreto del 7 settembre 1987, è la più antica università statale e laica del mondo,[140] ed è considerato uno degli atenei più prestigiosi per gli studi ingegneristici, di medicina, giuridici e letterari.

L'Università degli studi di Napoli "L'Orientale", fondata nel Settecento dal padre missionario Matteo Ripa come "Collegio dei Cinesi", è la più antica università di orientalistica e sinologia del continente ed oggi tra le maggiori istituzioni europee per gli studi filologici e linguistici.

L'università di più recente istituzione è invece la Seconda Università degli Studi di Napoli, fondata nel 1989 per decongestionare quella federiciana; è articolata in poli omogenei situati nelle città di Aversa, Capua, Caserta, Santa Maria Capua Vetere, mentre è operativa in città la facoltà di medicina e chirurgia (quella che prima del decongestionamento era la prima facoltà di medicina dell'università di Napoli).

Napoli è inoltre sede della Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale che vi opera attraverso la Sezione San Tommaso d'Aquino e la Sezione San Luigi la prima delle quali è legata al seminario arcivescovile e trae origine dalla facoltà teologica già presente nel primo ordinamento dell'ateneo federiciano nel 1224 e la seconda alla Compagnia di Gesù (gesuiti). Altre università della città sono la Parthenope e la privata Suor Orsola Benincasa.

Musei[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Musei di Napoli.

Napoli vanta un'offerta museale molto vasta: i musei napoletani, che sono numerosi proprio per l'importante ruolo che la città ha ricoperto nel corso della sua storia, espongono le varie opere raccolte o donate alla città.

Il salone da ballo della reggia di Capodimonte

I più importanti in assoluto sono il museo archeologico nazionale, ritenuto uno dei più importanti al mondo sia per la qualità che per la quantità delle opere esposte, principalmente quelle di epoca greco-romana;[104] la galleria nazionale di Capodimonte, nell'omonima reggia, che custodisce opere pittoriche dei più grandi maestri italiani dal Rinascimento al barocco; il museo nazionale di San Martino, che raccoglie reperti relativi alla storia di Napoli, e il palazzo Reale di Napoli.

Una sala del palazzo Reale

Oltre a questi, altri musei importanti (anche a livello nazionale, per la qualità delle opere e per la loro natura), nonché indispensabili per descrivere e testimoniare l'evoluzione artistica che ha vissuto la città nel corso dei secoli, sono quelli del Pio Monte della Misericordia, dei Girolamini (prima quadreria pubblica della città),[141] del tesoro di San Gennaro, della ceramica "duca di Martina", del conservatorio di San Pietro a Majella, il MEMUS del teatro di San Carlo, la galleria di palazzo Zevallos, quelli dell'Opera di San Lorenzo Maggiore e Santa Chiara, il diocesano, il museo di villa Pignatelli, i civici Gaetano Filangieri e di Castel Nuovo, il museo di Pietrarsa, la galleria dell'Accademia ed infine quello della cappella Sansevero, quest'ultimo museo privato e gioiello di scultura del barocco napoletano.

Sebbene ricca di testimonianze del passato, Napoli è anche un laboratorio e un'importante vetrina internazionale d'arte contemporanea. Molto attivi in questo senso sono il palazzo delle Arti di Napoli (PAN) ed il museo d'Arte Contemporanea Donnaregina (M.A.D.R.E.). Più di recente, negli anni duemila, sono nate inoltre le Stazioni dell'arte, in cui le stazioni della metropolitana cittadina non vengono concepite come semplici luoghi di transito, ma come un vero e proprio spazio espositivo con opere di artisti di fama mondiale (come Joseph Kosuth, Mimmo Rotella, Mario Merz) o di artisti emergenti.

Tra i musei scientifici, oltre alla Stazione zoologica Anton Dohrn, di particolare interesse sono quelli che fanno parte del Centro musei delle scienze naturali, che comprende il museo di Zoologia, di Paleontologia, di antropologia, di mineralogia e di Fisica. Vi sono inoltre l'Osservatorio astronomico di Capodimonte, e, presso la Seconda Università di Napoli, il museo di anatomia umana.

Media[modifica | modifica sorgente]

Di seguito viene riportato l'elenco dei media di diffusione fruibili a Napoli:

Radio[modifica | modifica sorgente]

Stampa[modifica | modifica sorgente]

Tra i giornali partenopei, infine, è possibile citare anche le edizioni napoletane di

Cinema[modifica | modifica sorgente]

Sophia Loren, cresciuta a Pozzuoli, è considerata una delle attrici più celebri della storia del cinema Sophia Loren, cresciuta a Pozzuoli, è considerata una delle attrici più celebri della storia del cinema
Sophia Loren, cresciuta a Pozzuoli, è considerata una delle attrici più celebri della storia del cinema
Antonio de Curtis, in arte Totò, il "principe della risata": un'altra grande maschera napoletana

Nei primi anni del Novecento sorsero proprio a Napoli, nel quartiere Vomero, alcune tra le prime case di produzione cinematografica italiane. La prima in città fu la Partenope Film (originariamente Fratelli Troncone & C.), fondata da Guglielmo, Vincenzo e Roberto Troncone nel 1906. Quest'ultima fu attiva per circa vent'anni, con sede e teatri di posa in via Solimena.

Nel 1915 venne fondata ufficialmente la Polifilms del cav. Giuseppe Di Luggo. La casa produttrice, nata nel 1912 come società di distribuzione cinematografica con il nome De Luggo & C., nel 1914 venne trasformata in una manifattura cinematografica, denominata originariamente Napoli Film, con sede e teatro di posa in via Cimarosa.

Nel 1919 la Polifilms, in difficoltà economiche, cedette i suoi impianti e teatri di posa a Gustavo Lombardo, già titolare della società di distribuzione SIGLA (Società Italiana Gustavo Lombardo Anonima), il quale diede vita alla Lombardo Film, la futura Titanus.

Napoli è inoltre stata ampiamente rappresentata nella cinematografia nazionale e internazionale: grandi registi si sono succeduti negli anni, a partire dai Fratelli Lumiere che nel 1898 effettuarono alcune delle loro prime riprese sul lungomare di Napoli (rendendola di fatto una delle città con la testimonianza cinematografica più antica), passando attraverso gli anni sessanta e settanta con i film di Mario Monicelli, Roberto Rossellini, Pier Paolo Pasolini, Vittorio De Sica, Ettore Scola, Nanni Loy, Dino Risi e tanti altri, fino ad arrivare ai giorni nostri con Massimo Troisi, Giuseppe Tornatore, Gabriele Salvatores, Matteo Garrone e John Turturro. Tra i più importanti film ambientati a Napoli vi sono: Paisà, Viaggio in Italia, L'oro di Napoli, Il giudizio universale, La baia di Napoli, Matrimonio all'italiana, Ieri, Oggi, Domani e Carosello napoletano, vincitore del Prix International 1954 al festival di Cannes.

Televisione[modifica | modifica sorgente]

Programmi televisivi legati a Napoli:

Arte[modifica | modifica sorgente]

Napoli ha sempre avuto un ruolo centrale nell'arte e nell'architettura italiana ed europea. Ciò è dimostrato dai numerosi edifici monumentali quali chiese, castelli, palazzi nonché dai numerosi musei che sono presenti in città.

La città è sede di eventi internazionali, uno fra tutti la Biennale dei giovani artisti dell'Europa e del Mediterraneo, svoltasi nel 2005 che ha visto partecipare 700 giovani artisti da paesi europei e mediterranei.

Napoli, infine, si è aggiudicata l'organizzazione del Forum Universale delle Culture 2013.[142]

Architettura[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Rinascimento napoletano, Barocco napoletano, Neoclassicismo napoletano e Liberty napoletano.

Sono diverse centinaia i palazzi o le chiese monumentali della città che ne testimoniano l'evoluzione artistica.

La storia architettonica nasce sostanzialmente sotto il regno angioino grazie al quale, terminati i conflitti con lo Stato Pontificio che avevano accompagnato il precedente regno svevo, nascono le prime chiese della città, tutte in stile gotico medievale prevalentemente di matrice italiana (Santa Chiara, San Pietro a Majella, Sant'Eligio Maggiore ed altre) seppur in taluni casi, come per la basilica di San Lorenzo Maggiore, unicum in Italia, anche di stampo francese.

Lo scalone monumentale a "ali di falco" del palazzo dello Spagnolo, architettura tipica del barocco napoletano

Dopo un successivo periodo rinascimentale, si entra nell'età dello sfarzoso barocco napoletano, periodo forse in cui l'architettura cittadina assume maggior consapevolezza di sé e che tutt'oggi mostra i suoi maggiori punti di spessore qualitativo, grazie ai rifacimenti delle facciate dei palazzi preesistenti o alle nuove edificazioni che vedono nei portali d'ingresso e negli scaloni monumentali i massimi punti caratterizzanti dello stile architettonico locale.[98] Uno degli elementi distintivi dei palazzi napoletani è infatti che, data la particolare conformazione urbanistica della città, caratterizzata da strette vie che non davano la possibilità di edificare o semplicemente di ammirare facciate di ampie vedute, come invece accadeva per i palazzi di altre città più "aperte" quali Roma, Firenze o Venezia,[98] il gusto artistico-architettonico locale si è focalizzato in particolari dell'edificio, come il portale d'ingresso o lo scalone monumentale, elementi questi tipici proprio dell'architettura rinascimentale e barocca napoletana.[98] Esempi in tal senso sono il palazzo dello Spagnolo, il palazzo Trabucco, palazzo Pignatelli di Monteleone, di Sangro, il palazzo Filomarino, quello Carafa della Spina e molti altri. Tuttavia, esempi di palazzi con facciate di particolare rilevanza si possono ammirare in quei contesti urbani dominati da slarghi, come il palazzo Doria d'Angri o il palazzo Gravina o il seppur incompleto palazzo Donn'Anna, edificato sul mare, palazzo Como, il palazzo Sanseverino (divenuto poi chiesa) e diversi altri.[98]

Se gli stili rinascimentali e barocchi sono stati comunque due riletture locali di movimenti più ampi, seppur raggiungendo caratteristiche e peculiarità di particolare spessore qualitativo, nel corso del XVIII secolo la città di Napoli si è mostrata all'avanguardia nel campo dal momento in cui ha dato il via alla corrente del neoclassicismo, nata grazie alla scoperta degli scavi archeologici di Pompei ed Ercolano, i cui frammenti, esposti nel capoluogo campano, furono tra l'altro motivo per studiosi, curiosi ed artisti di tutto il vecchio continente dell'epoca, di accorrere in città. Le più importanti architetture neoclassiche sono: il teatro San Carlo, la basilica di San Francesco di Paola e le ville Floridiana, Rosebery e Pignatelli.[143]

Le nuove correnti industriali di fine Ottocento ed inizio Novecento portarono ad elaborazioni eclettiche, sfociando in delicate maniere floreali e innovazioni moderne che assumono identità locali, caratterizzanti in particolar modo le nuove ville vomeresi.

Successivamente a questa fase, nei primi decenni del XX secolo nasce il liberty napoletano, mentre negli anni trenta vi fu il periodo del razionalismo italiano. L'ultima grande realizzazione architettonica, invece, fu la Mostra d'Oltremare, un complesso di 720 000  comprendente edifici, padiglioni espositivi, fontane, ecc.; fu inaugurata nel 1940 e ripristinata negli anni cinquanta dagli stessi progettisti.

Tra gli architetti più rilevanti che hanno lavorato in città vi sono: Novello da San Lucano, Francesco Grimaldi, Cosimo Fanzago, Domenico Antonio Vaccaro, Ferdinando Fuga, Nicola Tagliacozzi Canale, Ferdinando Sanfelice, Domenico Fontana, Luigi Vanvitelli e Luigi Giura.

Pittura[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Pittura napoletana.
Luca Giordano, uno dei più importanti pittori europei del Seicento
Francesco Solimena, tra i massimi pittori e frescanti del Settecento napoletano
Domenico Morelli, tra i principali pittori del Novecento

L'arte pittorica a Napoli ha origini molto antiche, risalenti al periodo della sua fondazione. Tuttavia, non sono rimaste tracce apprezzabili né del periodo greco, né di quello romano. Quest'ultimo può però essere rappresentato attraverso lo studio della pittura pompeiana, comune a tutte le città del golfo di Napoli. Del pari sono poco presenti testimonianze dell'epoca normanna, sveva e bizantina.

Le continue dominazioni straniere dei secoli successivi non consentirono il formarsi di una vera e propria scuola pittorica locale. Tuttavia, i frequenti arrivi in città di artisti forestieri, principalmente di stampo toscano, come Pietro Cavallini, Giotto, Simone Martini, Giorgio Vasari e Marco dal Pino, consentirono, nei secoli tra il XIV ed il XVII, l'emersione di una serie di personalità autoctone. Tra tutti, si ricordano Colantonio, Fabrizio Santafede e Giovanni Antonio Amato.

La Scuola pittorica napoletana in senso stretto nacque solo nel XVII secolo con l'arrivo in città di Caravaggio, sul solco del quale un attento e cospicuo gruppo di pittori locali diede origine alla corrente del caravaggismo. Si crearono le prime botteghe, dove operarono artisti del calibro di Jusepe de Ribera, Massimo Stanzione, Salvator Rosa, Luca Giordano, Battistello Caracciolo e Mattia Preti. Napoli divenne così molto ricettiva alla pittura, tanto da attirare l'attenzione anche degli esponenti del rinascimento emiliano come Domenichino, Guido Reni e Giovanni Lanfranco. Questi ultimi soggiornarono a Napoli per diverso tempo, lasciandovi importanti lavori e fornendo un punto di vista più ampio rispetto al consistente nucleo caravaggista.

Castel dell'Ovo dalla spiaggia, Anton Sminck van Pitloo (Scuola di Posillipo)

Il Settecento napoletano vide una continuazione del tardo-barocco e un maggiore interesse verso la decorazione. In particolare si ammirano le opere de Francesco Solimena e Francesco De Mura, mentre Fedele Fischetti fu chiamato ad eseguire affreschi in numerosi palazzi nobiliari, tra i quali la reggia di Caserta.

Nel XIX secolo la pittura napoletana abbandonò i movimenti del passato e, dietro l'eco delle innovazioni di artisti quali John Constable e William Turner, divenne scuola di un più vasto movimento artistico, paesaggistico e in parte romantico, che assunse connotati propri. Tra il 1820 e il 1850 nacque così la scuola di Posillipo, i cui più alti esponenti furono Anton Sminck van Pitloo e Giacinto Gigante. L'Accademia di belle arti di Napoli divenne il centro propulsore dell'attività della scuola e fu alla base della nascita di un altro filone di artisti, quali Francesco Saverio Altamura, Gioacchino Toma, Giacomo Di Chirico, Vincenzo Irolli, Vincenzo Migliaro, Antonio Mancini e Domenico Morelli.

Gli anni ottanta del Novecento videro infine la nascita della Transavanguardia.

Scultura[modifica | modifica sorgente]

Il Quattrocento e il Cinquecento furono periodi floridi per la scultura napoletana. La realizzazione dell'arco trionfale del Castel Nuovo ad opera di Francesco Laurana tra il 1452 e il 1471 vide la fioritura di un vero e proprio laboratorio di formazione di vari artisti rinascimentali che riproporranno innovazioni artistiche in tutto il regno. Si parlò allora di "clima dell'arco" per indicare questa prima diffusione dei nuovi modi artistici.

Diversi esempi di scultura del Cinquecento napoletano sono visibili nella chiesa di Santa Maria delle Grazie Maggiore a Caponapoli, tanto da essere definita come il museo della scultura napoletana del Cinquecento. Tra gli scultori principali di questo periodo si annoverano Giovanni da Nola, Giovanni Domenico e Girolamo D'Auria, ed infine Annibale Caccavello. Meritano poi citazione anche i lavori riguardanti le fontane di Napoli che hanno visto le mani di Pietro Bernini e Michelangelo Naccherino.

Nel Seicento la scultura si manifesta nella realizzazione degli obelischi di San Domenico e San Gennaro e nelle figure di Francesco Antonio Picchiatti, Cosimo Fanzago e Dionisio Lazzari, quest'ultimo che eseguì per le chiese napoletane diversi altari maggiori.

Tra gli scultori del Settecento invece spiccano su tutti Domenico Antonio Vaccaro e Giuseppe Sanmartino, quest'ultimo forse il più grande scultore napoletano, abilissimo a plasmare figure in terracotta e che diede inizio ad una vera scuola di artisti del presepio. Il Sanmartino è inoltre l'autore di quello che è considerato uno dei maggiori capolavori della scultura mondiale, il Cristo velato (1753), scultura marmorea conservata nella cappella Sansevero in cui sono presenti anche altre pregevoli opere marmoree di Antonio Corradini (Pudicizia) e Francesco Queirolo (Disinganno).

Nel corso del XIX secolo invece, dominano la scena le sculture bronzee ed i busti di Vincenzo Gemito e Tito Angelini.

Arte minore[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Porcellana di Capodimonte e Presepe napoletano.
(NAP)
« "Ma a te... te piace 'o presepe??" "No. Nun me piace. Voglio 'a zuppa 'e latte!" »
(IT)
« "Ma a te... ti piace il presepe??" "No. Non mi piace. Voglio la zuppa di latte! »
(Eduardo de Filippo, Natale in casa Cupiello)

Tra le numerose arti minori praticate in città, la porcellana di Capodimonte e il presepe napoletano emergono per tradizione storica e rinomanza internazionale.

L'origine della prima va fatta risalire al 1743, quando Carlo di Borbone fondò la Real Fabbrica di Capodimonte, con l'intento di affrancarsi dalle produzioni straniere, in particolare francesi. I modellatori napoletani raggiunsero presto livelli di assoluta eccellenza, producendo una serie di opere raffinate, oggi conservate nel museo di Capodimonte e nella villa Floridiana[144]. Quest'antica tradizione è viva ancora oggi, grazie all'impegno di numerose fabbriche nate nella metà dell'Ottocento e tuttora operanti.

L'origine del secondo è ancora più antica, in quanto il presepio a Napoli era già citato in un documento del 1025, conservato nella Chiesa di Santa Maria del Presepe; molto anteriore, quindi, alla leggenda che vorrebbe il primo presepe realizzato da Francesco d'Assisi nel 1223. Nel corso dei secoli, l'arte del presepe si è intrecciata strettamente con il vissuto e l'immaginario napoletano sia colto, che popolare.[145] Il periodo di massimo splendore va fatto risalire alla fine del XVIII secolo, quando, grazie soprattutto alla passione dei Borbone di Napoli e della loro corte, esso raggiunse le più alte vette artistiche.[146] Luogo focale della tradizione presepiale è via San Gregorio Armeno, dove a tutt'oggi si tiene il mercato del presepe a partire dall'8 dicembre.

Da ricordare come importante esponente di entrambe le arti, il pittore e modellatore Francesco Celebrano.

Teatro[modifica | modifica sorgente]

Opera napoletana[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Opera napoletana.
Teatro di San Carlo, uno dei più prestigiosi teatri del mondo

Il teatro è una delle più antiche e conosciute tradizioni artistiche della città; si narra addirittura che l'imperatore Nerone si esibiva già nel I secolo d.C., cantando le sue odi (e spesso ricevendo anche molti plausi), sul palco del teatro romano di Neapolis.[147]

Il secolo d'oro per il teatro napoletano moderno fu il Settecento, quando si edificarono numerosi teatri, tra i quali l'imponente real di San Carlo[148][149] (il più antico d'Europa in attività ed il più capiente in Italia).[148][150]

Erano quelli gli anni della Napoli capitale della musica[151] con lo straordinario fermento musicale dato dal conservatorio cittadino che contribuiva allo sviluppo della scuola musicale napoletana.

Oggi Napoli vanta un'ampia offerta teatrale potendo annoverare, oltre al sopracitato San Carlo, anche il Mercadante, il San Ferdinando, l'Augusteo, il Sannazaro, il Trianon, il teatrino di corte, il San Bartolomeo, il Salone Margherita, il teatro della Verzura, quello di villa Patrizi ed il teatro Bellini.

Grazie a questa secolare e duratura tradizione e al cospicuo numero di teatri in città, Napoli è stata scelta come sede delle prime tre edizioni del Festival Nazionale del Teatro tenutesi nel triennio 2007-2009 e successivamente prorogato per i successivi tre anni.[152]

Teatro napoletano[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Teatro napoletano.
La maschera di Pulcinella
Eduardo De Filippo.jpg

Pulcinella (in figura interpretato da Eduardo De Filippo) è la maschera napoletana per eccellenza, le cui origini sono state a lungo dibattute. Sulla scorta dei più recenti studi archeologici e filologici, è tuttavia possibile affermare che essa è di origine Osca e trae le proprie radici dal personaggio di Maccus, protagonista delle antiche farse Atellane.[153]

I tratti caratteriali della maschera, che divenne protagonista della commedia dell'arte, furono codificati a Napoli nel XVI secolo dall'attore Silvio Fiorillo, mentre il suo costume moderno fu opera di Antonio Petito. Pulcinella ha la caratteristica di vivere di forti contrasti: è furbo e insolente, saggio e ingenuo, servo e gentile, vigliacco e spudorato.

Il teatro napoletano in senso stretto nasce con le opere celebrative alla corte aragonese di Jacopo Sannazaro, a cavallo tra XV e XVI secolo.

I principali attori ed autori teatrali del XIX e XX secolo sono Antonio Petito, Raffaele Viviani, Vincenzo Torelli, Roberto Bracco, Eduardo Scarpetta (ideatore della "mezzamaschera" di Felice Sciosciammocca) ed i figli naturali di quest'ultimo, i fratelli De Filippo:[N 22] Eduardo, Titina e Peppino.

Eduardo è senza dubbio il più rilevante di tutti. Intraprese un'originale attività di scrittura e recitazione teatrale, volta a portare sul palcoscenico l'anima di Napoli e dei suoi abitanti, la "napoletanità", attraverso cui evidenziare i caratteri fondamentali dell'umanità e della società contemporanea. Tra le sue commedie più importanti ricordiamo Napoli milionaria!, Il sindaco del rione Sanità, Natale in casa Cupiello, Filumena Marturano, Uomo e galantuomo, Non ti pago, L'arte della commedia e Questi fantasmi!. Ammirato da Pirandello, le opere di Eduardo sono riportate in chiave moderna tutt'oggi, attraverso le riproposizioni cinematografiche o teatrali.

Tra gli autori ed attori contemporanei, notevoli Roberto De Simone e il trio comico cabarettistico de La Smorfia composto da Enzo Decaro, Lello Arena e Massimo Troisi.

Musica[modifica | modifica sorgente]

Composizione[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Scuola musicale napoletana.
« Napoli è la capitale del mondo musicale! »
(Charles de Brosses, 1836[154])
Domenico Scarlatti, uno dei più importanti esponenti della scuola musicale napoletana
Giovanni Paisiello è uno dei più importanti compositori d'opera del Classicismo
Domenico Cimarosa, una delle figure centrali dell'opera buffa del tardo Settecento

Originata da una tradizione orale secolare, la musica napoletana assunse forma aulica nell'ambito della polifonia sacra e profana, a partire dal XV secolo e fino al XVII secolo.

L'evoluzione fu possibile grazie ai quattro prestigiosi conservatori di Santa Maria di Loreto, della Pietà dei Turchini, di Sant'Onofrio a Capuana e dei Poveri di Gesù Cristo, dai quali uscirono importanti compositori del panorama europeo, i quali contribuirono considerevolmente allo sviluppo dell'opera e diedero origine alla scuola musicale napoletana. Quest'ultima assunse un ruolo preminente nel campo della musica sacra e operistica europea dal XVII secolo in avanti, esprimendosi in musicisti come Domenico Cimarosa, Alessandro e Domenico Scarlatti, Francesco Durante, Giovan Battista Pergolesi, Nicola Porpora, Leonardo Leo, Giovanni Paisiello.[N 23]

La qualità e la quantità della musica prodotta a Napoli durante il periodo del classicismo è esemplificata da una lettera che il padre Leopold scrisse al figlio Wolfgang Amadeus Mozart nel 1778, nella quale egli comparava favorevolmente la scena operistica di Napoli rispetto a quella di Parigi circa le possibilità di emergere per un giovane compositore.[155]

I quattro conservatori della città furono unificati nel 1808 portando alla nascita il conservatorio di San Pietro a Majella dal quale passarono personalità quali Ruggero Leoncavallo, Riccardo Muti, Vincenzo Bellini, Saverio Mercadante, Salvatore Accardo e Nicola Antonio Zingarelli.

Tra i librettisti sono notevoli le figure di Salvadore Cammarano, il più importante del periodo romantico, e Andrea Leone Tottola. Tra i direttori d'orchestra di rilievo, spicca il già citato Riccardo Muti. Fra i cantanti lirici si ricorda Maria Borsa, (1868-1926).

Canzone napoletana[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Canzone napoletana, Canzone classica napoletana, Tammurriata e Sceneggiata napoletana.

La canzone napoletana si fonda su diversi secoli di storia, legata per lo più ad una diffusa tradizione orale. Tra le manifestazioni più antiche si annoverano i balli popolari della tarantella napoletana, più genericamente campana, nata nel corso del XVII secolo e denominata Tammurriata.

Il mandolino napoletano, appartenente alla famiglia dei cordofoni, è uno strumento musicale spesso associato a Napoli

Negli ultimi due secoli prende spazio la cosiddetta canzone classica napoletana, assurta a grande notorietà nel corso delle annuali feste di Piedigrotta tra l'Ottocento e la prima metà del Novecento e con i successivi festival della canzone napoletana. La canzone classica napoletana, repertorio musicale avente come esponenti compositori come Ernesto Murolo, Libero Bovio, Vincenzo Russo e Salvatore Di Giacomo, divenne uno dei simboli della musica italiana. In questo contesto, il tenore Enrico Caruso emerse come l'interprete più noto, ed un'icona della musica napoletana nel mondo.

Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, alcuni autori ed interpreti continuarono nel solco della tradizione classica, come ad esempio Roberto Murolo, ed Aurelio Fierro. Altri iniziarono invece a dare luogo a contaminazioni tra canzone napoletana ed italiana, avendo in Peppino di Capri e Massimo Ranieri alcuni tra i maggiori rappresentanti. Infine, il contatto dei musicisti napoletani con quelli americani, avvenuto a partire dall'occupazione statunitense della città, diede origine ad un ramo musicale a sé stante, in cui i motivi della tradizione si mescolavano con suoni provenienti dal jazz americano e contemporaneamente con sonorità mediterranee. Il padre di questa nuova onda musicale fu Renato Carosone.

È vasta la schiera di cantautori e musicisti che hanno dato e danno il loro contributo alla continuazione della tradizione musicale partenopea; in particolare, si ricordano Giuseppe Di Stefano, Domenico Modugno, Lucio Dalla, Claudio Villa, Luciano Pavarotti, Andrea Bocelli e tanti altri. Attivo da vari anni, presso la sede RAI di Napoli, è invece l'Archivio Sonoro della Canzone Napoletana.

Enrico Caruso, uno dei più importanti tenori italiani Enrico Caruso, uno dei più importanti tenori italiani
Enrico Caruso, uno dei più importanti tenori italiani
Renato Carosone, padre partenopeo di un'onda musicale giunta in Italia subito dopo il secondo dopoguerra: il jazz

In epoca moderna la canzone napoletana ha visto mutare il proprio genere aprendo le porte ad altri generi musicali. Dal progressive rock degli Osanna a James Senese e i Napoli Centrale, Pino Daniele, Edoardo ed Eugenio Bennato, Consiglia Licciardi, Enzo Gragnaniello, 24 grana, Tullio De Piscopo, Enzo Avitabile, Tony Esposito e il violinista Lino Cannavacciuolo, sono solo alcuni dei musicisti "moderni" più famosi e apprezzati. Da menzionare nella musica partenopea degli ultimi vent'anni sono anche il reggae/dub degli Almamegretta e i 99 Posse.

A partire dagli anni ottanta si è affermato inoltre il genere "neomelodico"; cantautori di questo genere noti nazionalmente, tuttavia, sono solo il precursore Nino D'Angelo, Gigi Finizio e Gigi D'Alessio.

Altro fenomeno musicale storico di particolare interesse e protratto fino ai giorni nostri è infine la cosiddetta sceneggiata napoletana, che si fonda sulla sceneggiatura di un intero spettacolo teatrale partendo da una canzone di argomento popolare. Furono determinanti nel suo sviluppo le rappresentazioni di Nino Taranto e, più recentemente, di Mario Merola.

Letteratura[modifica | modifica sorgente]

« […] fortunata e invidiabile Napoli, augusta reggia della cultura. »
(Francesco Petrarca, Familiares, I, 2, 7-9)
Salvatore Di Giacomo, poeta in lingua napoletana e novelliere nero Salvatore Di Giacomo, poeta in lingua napoletana e novelliere nero
Salvatore Di Giacomo, poeta in lingua napoletana e novelliere nero
Jacopo Sannazaro, illustre umanista partenopeo, cui è dedicata l'omonima piazza nei pressi di Mergellina

Nell'era dell'Impero romano Napoli assunse un ruolo importante nel campo della letteratura con l'arrivo in città di uomini come Mecenate, Orazio e Virgilio. Quest'ultimo, in particolare, si formò in città e vi compose la maggior parte delle proprie opere,[156] tra cui alcune delle sue più importanti: le Bucoliche, le Georgiche e l'Eneide.

Il Trecento è invece il periodo dell'Umanesimo; questa corrente partì dall'Italia e proprio in Napoli visse uno dei centri maggiori, diffondendosi poi in tutta l'Europa contemporanea. Vi risiedettero e vi ebbero feconde produzioni Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio. In Giovanni Pontano fu riconosciuta una delle più rilevanti personalità dell'Umanesimo napoletano, definizione questa attribuitagli da un altro illustre umanista partenopeo, Jacopo Sannazaro. Quest'ultimo, nel corso del Quattrocento e fino ai primi decenni del Cinquecento, fu protagonista nella scena letteraria italiana ed europea con importanti opere, su tutti il poema dell'Arcadia, da cui successivamente prese il nome l'omonima accademia romana.

L'epoca barocca, a cavallo tra il XVI e XVII secolo, fu invece il periodo di Giambattista Basile e Giulio Cesare Cortese, che posero le basi per la lingua napoletana (ufficialmente riconosciuta). Nella prima metà del Seicento fu altresì istituita l'Accademia degli Oziosi, luogo di incontro di intellettuali napoletani e spagnoli, fra i quali si annoverano Francisco de Quevedo e Tommaso Campanella.[157]

L'Ottocento fu caratterizzato da un altro illustre arrivo in città, quello di Giacomo Leopardi, che qui compose poco prima di morire alcuni dei suoi poemi più importanti: La ginestra e le Paralipomeni della Batracomiomachia.

Tra l'Ottocento ed il Novecento, intanto, nascono le prime poesie in napoletano, utilizzate spesso come testi di canzoni, dando luogo alla canzone classica napoletana. Furono infatti gli anni di E.A. Mario, Salvatore Di Giacomo, Libero Bovio, Ernesto Murolo, Vincenzo Russo, Cesare Andrea Bixio, Eduardo Di Capua e Edoardo Nicolardi. Tra i poeti vi furono anche Eduardo De Filippo e Totò.

Nell'epoca moderna, importanti scrittori napoletani sono Luciano De Crescenzo, Erri De Luca, Roberto Saviano e Raffaele La Capria.

Filosofia[modifica | modifica sorgente]

Giambattista Vico, anticipatore di Immanuel Kant e dell'Idealismo
Benedetto Croce, filosofo storicista e liberalista
Mario Pagano, considerato l'iniziatore della scuola storica napoletana del diritto

Fra l'80 ed il 40 a.C. Napoli, città greca, era un "centro naturale di vita culturale, letteraria ed artistica, (...) vera Atene d'Occidente" e divenne il "principale centro d'insegnamento e propaganda dell'epicureismo in Italia". Vi insegnavano l'asiatico Sirone (che vi ebbe come allievi Publio Virgilio Marone e Quinto Orazio Flacco) e Filodemo di Gadara.[158]

Il più importante pensatore medioevale operante a Napoli fu il teologo san Tommaso d'Aquino, il quale visse nel convento di San Domenico. San Tommaso fu in particolare esponente di primissimo piano della filosofia scolastica ed elaboratore della visione tomistica.[159]

Punto focale della filosofia napoletana del XVI secolo fu invece Giordano Bruno, anch'egli frate del convento di San Domenico, il quale elaborò una teologia dove Dio è intelletto e ordinatore di tutto ciò che è in natura, ma è nello stesso tempo Natura stessa divinizzata, in un'inscindibile unità panteistica di pensiero e materia.[159]

Nel vivace ambiente culturale napoletano del XVIII secolo emerse invece la personalità di Giambattista Vico, esponente di spicco dell'Accademia degli Investiganti, il quale ebbe modo di entrare in rapporto con il pensiero di Cartesio, Hobbes, Gassendi, Malebranche e Leibniz, anche se i suoi autori di riferimento risalivano piuttosto alle dottrine neoplatoniche, rielaborate dalla filosofia rinascimentale, aggiornate dalle moderne concezioni scientifiche di Francesco Bacone e Galileo Galilei e del pensiero giusnaturalistico. Nonostante la varietà dei suoi interessi, Vico non formulò un pensiero eclettico ma piuttosto un'originale sintesi tra una razionalità sperimentatrice e tradizione platonica e religiosa. Sulla stessa linea si muoverà il suo sodale Antonio Genovesi, il quale successivamente divenne titolare della prima cattedra di economia politica al mondo. Il giurista lucano Mario Pagano, personalità di spicco dell'illuminismo italiano, sarà invece l'iniziatore della «scuola storica napoletana del diritto»,[160] nonché un precursore del positivismo.[161]

Il più alto esponente del pensiero a Napoli tra l'Ottocento ed il Novecento fu invece Benedetto Croce, abruzzese di origini ma napoletano di adozione, principale ideologo del liberalismo novecentesco italiano ed esponente di spicco dello storicismo. Espressione moderna dello studio della filosofia a Napoli è l'istituto Italiano per gli Studi Filosofici, che raccoglie circa 300 000 volumi, tra cui numerosi originali, ed è stato definito dall'UNESCO come "senza pari al mondo".[162][N 24]

Scienza[modifica | modifica sorgente]

Macedonio Melloni,
padre della
moderna vulcanologia
Renato Caccioppoli,
uno dei più influenti
matematici italiani
Domenico Cotugno,
insigne medico
della Scuola napoletana

A Napoli ha avuto origine la moderna scienza della vulcanologia, grazie alla prossimità del Vesuvio e dei Campi Flegrei alla città. Nel solco delle prime osservazioni dell'inglese William Hamilton, e grazie all'opera del fisico Macedonio Melloni, nel 1841 fu costruito l'Osservatorio vesuviano, il primo istituto scientifico di questo tipo al mondo.

Di notevole spessore la scuola matematica napoletana, che nel XVIII secolo ha annoverato nelle sue fila personalità come Nicola Fergola ed i suoi allievi Felice Giannattasio, Carlo Forti, Pietro Schioppa, Francesco Bruno, Luigi Telesio,[163] Vincenzo Flauti, Giuseppe Scorza e soprattutto Annibale Giordano il quale giovanissimo, nel 1787, pubblicò una generalizzazione del "problema di Pappo" (o di Castillon).[164] Nel XX secolo, la scuola è stata incentrata soprattutto intorno alla personalità di Renato Caccioppoli, il quale ha esercitato un'"influenza decisiva sullo sviluppo della analisi matematica in Italia".[165] Altri importanti studiosi di questa scuola sono i suoi allievi Carlo Miranda, Mario Curzio, Renato Vinciguerra, Donato Greco, don Savino Coronato.

Facciata dell'Osservatorio astronomico di Capodimonte

L'astronomia napoletana ha raggiunto risultati di eccellenza soprattutto grazie all'Osservatorio astronomico di Capodimonte, fondato da Federico Zuccari.[166] Contributi fondamentali a questa scienza sono venuti da Giovanni Battista Della Porta, il quale descrisse, circa vent'anni prima che Galileo Galilei lo costruisse, i principi del telescopio.[167] Lo stesso Della Porta fu una delle figure scientifiche di maggior rilievo del XVI secolo, noto anche per i suoi studi di crittografia e scienze naturali. Francesco Fontana, costruttore di telescopi kepleriani, fu invece il primo a tracciare disegni della Luna, di Marte (del quale scoprì e descrisse la rotazione) e degli altri pianeti maggiori.[167]

Di rilievo anche la scuola botanica, rappresentata soprattutto da Michele Tenore, Domenico Cirillo, Vincenzo Petagna e Guglielmo Gasparrini. L'opera massima di Tenore, Flora Neapolitana, è tuttora un punto di riferimento degli studi botanici nell'Italia meridionale.[168] La scuola zoologica è invece rappresentata soprattutto da Oronzo Gabriele Costa, la cui scoperta nel golfo di Napoli e corretta classificazione tra i cordati dell'anfiosso Branchiostoma lanceolatum, consentì di individuare in questa categoria di animali l'anello di congiunzione tra invertebrati e vertebrati, avendo grandissima influenza sulla formulazione della teoria dell'evoluzione da parte di Charles Darwin. Di rilievo anche Giuseppe Saverio Poli, fisico e naturalista, eminente malacologo e scopritore delle vescicole interradiali del sistema acquifero degli echinodermi. La scuola mineralogica ha come esponenti di rilievo Matteo Tondi ed Arcangelo Scacchi, ancora oggi considerate eminenze di primo livello nell'ambiente scientifico internazionale.[169]

Rilevante infine anche la scuola medica, che vide in Domenico Cotugno il suo più alto rappresentante. Rettore dell'Università di Napoli, fu protagonista di importanti scoperte neurologiche, conseguite attraverso il metodo della dissezione. Studiò inoltre le cause del vaiolo, sostenendo la vaccinazione jenneriana, ed introdusse a Napoli misure profilattiche contro la tubercolosi già all'inizio del XIX secolo. Di grande rilievo anche Luigi Ferrarese, massimo esponente italiano della dottrina frenologica, il quale diede un impulso notevole agli studi europei in questo settore;[170] Giuseppe Moscati, successivamente divenuto santo, autore di ricerche pionieristiche sulle reazioni chimiche del glicogeno; Antonio Cardarelli, luminare della semeiotica e scopritore del cosiddetto segno di Cardarelli; e Giovanni Ninni, pioniere della chirurgia cardiaca, uno dei primi in Italia a suturare il cuore ed il primo a suturare il pancreas.[171] A Napoli è nata la scienza dell'anatomia comparata grazie al medico Marco Aurelio Severino, autore della Zootomia democritea, primo trattato generale al mondo su questa materia.[172]

Cucina[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Cucina napoletana.
L'alimento napoletano più conosciuto nel mondo e simbolo della cucina italiana: la pizza

La cucina napoletana rappresenta un'identità culturale inconfondibile per la città partenopea ed è strettamente collegata alle vicende storiche e culturali della città. La stessa, infatti, rappresenta all'estero uno dei più conosciuti simboli del "made in Italy".[173]

Il campionario della cucina vanta piatti come la pizza napoletana, gli spaghetti alle vongole, la pasta al ragù napoletano, la parmigiana di melanzane, gli gnocchi alla sorrentina e tanti altri. La cucina raggiunge inoltre un sostanziale equilibrio tra piatti di terra (pasta, verdure, latticini) e piatti di mare (pesce, crostacei, molluschi) e, ancora, grazie alle varie dominazioni ricevute (principalmente quella francese e quella spagnola) si è delineata nel tempo una netta distinzione tra quella che è definibile come "cucina aristocratica", caratterizzata da piatti con ingredienti ricchi (questi i casi dei timballi, del sartù di riso, ecc.) ed una "povera", legata ad ingredienti come cereali, legumi e verdure (questi i casi della pasta e fagioli, degli spaghetti aglio e olio, spaghetti alla puttanesca, ecc.).

Celeberrima è anche la tradizione dolciaria napoletana. Tra le diverse specialità la più nota è probabilmente la sfogliatella; vi sono poi il babà e le zeppole, che a Napoli possono essere fritte o al forno. Ci sono anche dolci legati a festività, come la pastiera Pasquale; una pietanza napoletana tipica natalizia sono gli struffoli, mentre a Carnevale si cucinano le chiacchiere.

Giocano un ruolo importante nella preparazione dei piatti anche i prodotti tipici del circondario napoletano, come la pasta locale, l'utilizzo della mozzarella di bufala campana, del pomodorino vesuviano o San Marzano, i friarielli e diversi altri ancora.

Eventi[modifica | modifica sorgente]

Persone legate a Napoli[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Categoria:Persone legate a Napoli.

Regnanti, filosofi, letterati, poeti, incisori, scrittori, scultori, musicisti, compositori, scienziati, cinematografi, attori, religiosi, calciatori, politici e tante altre personalità hanno lasciato traccia di sé, in modo materiale o ideale, stabilendo dei saldi rapporti dalla città.

Si va dall'imperatore Augusto, che la scelse come sede dei giochi Isolimpici, alle varie dinastie dei sovrani che hanno regnato sulla città (i re sono rappresentati nella successione di statue presente sulla facciata del Palazzo Reale); dal musicista Giovanni Battista Mele a Totò («cattolico, apostolico e napoletano»)[174] a Matilde Serao, fondatrice del quotidiano Il Mattino; da Benedetto Croce («il filosofo napoletano», il cui senso di appartenenza a Napoli, dove non nacque, fu largamente enfatizzato) a Diego Armando Maradona, che militò nel Napoli durante gli anni ottanta, ed altri ancora.

Geografia politica[modifica | modifica sorgente]

Tessuto urbano e popolazione[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Area metropolitana di Napoli.
Area metropolitana di Napoli

Secondo i dati dell'ultimo censimento ISTAT, il comune di Napoli ha una popolazione di 989 000 abitanti, pari a oltre un sesto dell'intera popolazione regionale e quasi un terzo di quella della sua provincia. Tuttavia bisogna tener presente che la struttura urbana è cresciuta nel tempo ben oltre i confini amministrativi e quindi per parlare di città in senso completo, significa considerare l'intera area napoletana, oggi caratterizzata da un forte fenomeno di suburbanizzazione che ha visto il trasferimento di molti abitanti del capoluogo verso i comuni dell'area metropolitana[175] creando una conurbazione che si è ormai estesa in tutta la provincia partenopea.[176] Gli urbanisti infatti chiamano l'intero territorio urbanizzato Grande Napoli,[177] quest'ultimo caratterizzato da una densità abitativa di 2 670 ab/km², la più elevata tra le aree metropolitane italiane e tra le prime del vecchio continente.

Per il resto, Napoli ha una popolazione piuttosto giovane (il 19% della popolazione risulta sotto i 14 anni, mentre, il 13% ha più di 65 anni),[178] un tasso di natalità più elevato rispetto ad altre zone dell'Italia[178] e un numero di immigrati relativamente basso.[179]

Inoltre, i quartieri più popolosi sono quelli corrispondenti al territorio dei casali aggregati in epoca murattiana (Vomero, Arenella, Fuorigrotta, Bagnoli, Piscinola) e nel periodo fascista (Barra, Chiaiano, Marianella, Pianura, Soccavo, Ponticelli, San Giovanni a Teduccio, San Pietro a Patierno, Miano, Secondigliano e Scampìa). La sovrappopolazione di tali zone, che hanno da sole i due terzi della popolazione della città, è dovuta principalmente alla scelta politica, poi rivelatasi fallimentare, di individuare in quei luoghi le aree in cui realizzare gli agglomerati ex legge 167/1962 (edilizia residenziale pubblica) e legge 219/1981 (edilizia residenziale pubblica per i terremotati del 1980).

Suddivisioni amministrative[modifica | modifica sorgente]

Le dieci municipalità di Napoli
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Municipalità di Napoli e Quartieri di Napoli.

Fino al 2006, i 30 quartieri formavano 21 circoscrizioni. Con una serie di delibere del consiglio comunale, ai sensi della legge 142/1990 e della riforma del titolo V dell'articolo 114 della costituzione italiana, che impone l'abolizione della provincia e la nascita della città metropolitana di Napoli, il comune capoluogo è stato quindi suddiviso in 10 municipalità di circa centomila abitanti, in attesa della normativa del nuovo ente che sarà costituito entro il 1º gennaio 2015.[180]

Ogni municipalità ha un presidente eletto direttamente dal corpo elettorale, una giunta ed un consiglio municipale di 31 consiglieri, il territorio della città metropolitana invece coinciderà con quello della provincia soppressa. Gli organi del nuovo ente saranno il consiglio e il sindaco metropolitano. I membri del consiglio sono eletti tra i sindaci dei comuni dell'area.

Economia[modifica | modifica sorgente]

Quadro economico di Napoli e delle aree limitrofe[181]
Settore %
Servizi pubblici 30,7
Attività manifatturiera 18
Commercio 14
Costruzione edilizia 9,5
Trasporti 8,2
Agricoltura 5,1
Settore alberghiero 3,4

L'economia cittadina, dall'Unità d'Italia ad oggi, ha visto sempre l'alternarsi di periodi di relativa crescita a periodi di decadimento, senza avere tuttavia mai un reale e definitivo decollo.

Settore primario[modifica | modifica sorgente]

Agricoltura[modifica | modifica sorgente]

In questo settore l'occupazione si mantiene stabile nonostante la carenza d'investimenti, specialmente nel capitale fisso.[182] Nell'ambito partenopeo continua la tradizione delle ciliegie,[183] la sagra della "mela annurca" e l'eccellenza dei vitigni nei Campi Flegrei.[184]

Artigianato[modifica | modifica sorgente]

Al 2003 le imprese registrate alla Camera di Commercio erano 254833. Dal 1998 al 2003 il tasso di crescita è stato del 2,09%, mentre quelle cessate sono state 11721. Le attività più diffuse sono quelle relative al mercato immobiliare, informatica, ricerca ed imprenditoria.[185] Buono anche il saldo dell'imprenditoria femminile che rappresenta circa un quarto del totale.[185] Un boom, invece, è costituito dagli imprenditori extracomunitari, specialmente quelli di origine asiatica, con un tasso di crescita di oltre il 200%.

Prestigiosa è inoltre l'arte presepiale, la lavorazione di ceramiche e porcellane, il settore tessile e dell'abbigliamento ed infine la produzione dei gioielli con corallo e cammei incisi su conchiglia, di quest'ultima la manifattura napoletana della vicina Torre del Greco, rappresenta quasi monopolio della produzione mondiale.[186]

Settore secondario[modifica | modifica sorgente]

Il Centro Direzionale (spesso abbreviato in CDN) è il maggiore centro finanziario cittadino, realizzato nella seconda metà del XX secolo su progetto del giapponese Kenzo Tange

Già prima dell'Unità d'Italia a Napoli nacque il primo grande complesso metalmeccanico di Pietrarsa, che conobbe un notevole sviluppo industriale ed economico nel successivo ventennio: basti pensare che al 1860 era il maggior stabilimento metalmeccanico italiano.

Tuttavia, dopo l'Unità, lo stabilimento conobbe una fase di lento declino sino alla cessazione dell'attività produttiva verso il 1880, mantenendo comunque, fino al 1975, l'attività di manutenzione e riparazione di locomotive e locomotori.

Nell'ambito della città erano presenti anche altri opifici metalmeccanici[N 25] In ogni caso, per sottolineare l'importanza economica della città basti pensare che la provincia di Napoli aveva ancora nel 1871, a 10 anni dall'annessione, un indice di industrializzazione superiore a quello di Torino.[187] Napoli era inoltre sede della Borsa, della Zecca e del Banco delle Due Sicilie.

In seguito, un forte impulso allo sviluppo industriale si ebbe in città con la legge speciale del 1904, quando furono create le due zone industriali, rispettivamente a oriente e a occidente della città. Questo, più o meno coincise con il rafforzamento della funzione commerciale che fu provocato dall'intensificazione dell'attività portuale, a sua volta derivante dalla grande ondata migratoria dell'ultimo decennio dell'Ottocento e del primo decennio del Novecento.

L'Italsider di Bagnoli, prima e dopo la dismissione degli stabilimenti
 
L'Italsider di Bagnoli, prima e dopo la dismissione degli stabilimenti
L'Italsider di Bagnoli, prima e dopo la dismissione degli stabilimenti

Di effettivo avvio all'industrializzazione nel retroterra napoletano si può parlare, però, solo durante il periodo del boom economico degli anni sessanta. Un altro forte impulso al comparto industriale, con nuovi impianti nel campo della siderurgia, dell'industria metalmeccanica e petrolchimica, in particolare nella periferia orientale e settentrionale della città, si è avuto alla fine degli anni settanta. Nei decenni successivi, la crisi irreversibile dell'industria di stato, unita ad un generale processo di deindustrializzazione, nonché alla concorrenza dei mercati emergenti ha portato alla chiusura o, nei casi migliori, alla riconversione un gran numero di aziende (emblematici il caso dell'Italsider di Bagnoli e la riconversione dell'ex Olivetti di Pozzuoli).

Tuttavia nell'area orientale della città continuano ad essere presenti gli stabilimenti della Whirlpool e dell'Ansaldo, mentre gli ultimi grandi poli produttivi dell'area metropolitana sopravvissuti alla crisi industriale sono quelli di Pomigliano d'Arco e Castellammare di Stabia, sviluppatosi attorno agli stabilimenti Fiat, Alenia e Fincantieri, con un indotto che fa sentire i suoi effetti in tutto il territorio.

Rimangono comunque presenti ancora numerose attività industriali nel campo siderurgico, metalmeccanico e petrolchimico, accanto alle quali sono fiorite diverse piccole e dinamiche realtà di società di servizi alle imprese, progettazione e consulenza (con un'alta concentrazione in particolare nel Centro Direzionale di Napoli) che sfruttano sia i mercati industriali presenti sul territorio che quelli tradizionali del nord Italia. Rilevante anche il settore dell'industria alimentare, meccanico ed elettrotecnico. Napoli oggi risulta la quarta città per movimento economico, dopo Milano, Roma e Torino.[188]

Nonostante questi brevi periodi di miglioramenti l'occupazione non ha mai raggiunto un livello stabile, soprattutto a causa della presenza di infiltrazioni camorristiche che rendono difficile la nascita di nuove imprese e quindi di attrarre investimenti. Le attività illegali napoletane hanno un'ingente ripercussione sull'economia nazionale, anche grazie agli scambi commerciali con la Cina, non senza ripercussioni negative sulle strutture sociali e ambientali cittadine: per contrastare questo fenomeno vengono attuati maggiori controlli, soprattutto nell'area portuale.

Settore terziario[modifica | modifica sorgente]

La mancanza di un vero e proprio sviluppo industriale ha determinato l'affermarsi di punti di forza differenti che hanno configurato la città come importante centro del terziario, soprattutto nei campi: commerciale, amministrativo, finanziario, oltre a quello culturale, sempre storicamente rilevante, nonché quello editoriale. Il porto della città è uno dei principali scali marini d'Italia, nonché un'importante voce di reddito per la città (il secondo al mondo, dopo quello di Hong Kong, per scalo passeggeri).[189]

Oltre ad ospitare fra centro e agglomerato urbano un importante nodo ferroviario e stradale (Napoli è il capolinea dell'Autostrada del Sole), la città, nell'ultimo decennio, ha investito anche su un ambizioso programma di lavori pubblici molto articolato, che ha posto le basi del sistema metropolitano su scala cittadina e regionale.

Il flusso turistico, in netto aumento anche grazie a diversi eventi come l'America's Cup e la Coppa Davis, vede in Napoli e nella sua provincia raccogliere più della metà dei turisti dell'intera regione.[190]

Di particolare interesse turistico è anche la tradizione artigianale napoletana che vede nel periodo natalizio il suo apice, con la consueta mostra dell'arte presepiale napoletana a via San Gregorio Armeno.

Infrastrutture e trasporti[modifica | modifica sorgente]

Strade[modifica | modifica sorgente]

Dalla città si dipartono l'autostrada del Sole (A1) verso nord, la A3 verso sud e la A16 verso l'Adriatico.

La tangenziale di Napoli, ufficialmente autostrada A56, scorre lungo la parte interna della città, attraversandone le colline con varie gallerie.

Ancora, esistono ottimi collegamenti con la periferia tramite l'Asse mediano, la strada statale 162 dir del Centro Direzionale e la circumvallazione esterna. Quest'ultima, in particolare, è una strada provinciale che circonda la città sul suo bordo più esterno ed è costellata di raccordi che conducono alle autostrade e ai comuni limitrofi.

Ferrovie[modifica | modifica sorgente]

Napoli è il principale nodo ferroviario dell'Italia meridionale, essendo raggiunta da alcune delle principali linee ferroviarie italiane: la Roma-Napoli, la Napoli-Foggia e la Napoli-Battipaglia. Con l'alta velocità, è possibile raggiungere comunque anche città quali Roma, Firenze, Bologna, Torino, Milano o Venezia.

La stazione ferroviaria di Napoli Centrale è il principale scalo ferroviario della città e dell'Italia meridionale ed è la sesta stazione italiana per flusso di passeggeri. Posta in piazza Garibaldi, la prima stazione era stata costruita nel 1886 su progetto dell'urbanista Errico Alvino; la stazione ottocentesca, tuttavia, fu abbattuta nel secondo dopoguerra per far posto al nuovo fabbricato viaggiatori, arretrato di 250 metri rispetto all'originale, progettato nel 1954 da un team di architetti ed ingegneri, tra cui spicca la figura di Pierluigi Nervi.[191]

Altre due stazioni, Mergellina e Campi Flegrei del passante ferroviario di Napoli, sono state impiegate fino al 2009 per fermata dei treni Eurostar; ora sono attraversate esclusivamente dai treni della linea 2 della metropolitana.[192]

Porti[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Porto di Napoli.
Il porto di Napoli, uno dei più importanti d'Europa, si estende per alcuni chilometri dal centro della città verso i quartieri orientali

Il porto di Napoli (di cui fa parte il molo Beverello) è uno dei più importanti della penisola.

Aeroporti[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Aeroporto di Napoli-Capodichino.

L'aeroporto di Napoli-Capodichino si trova a soli 4,5 km circa dal centro cittadino, precisamente nell'area di San Pietro a Patierno e Casoria. Sebbene limitato nel suo sviluppo proprio perché collocato in una zona densamente abitata, è stato nel 2013 l'ottavo aeroporto d'Italia per numero di passeggeri.[193]

Mobilità urbana[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Trasporti a Napoli, Metropolitana di Napoli e Stazioni dell'arte.

Napoli dispone di una capillare rete di trasporti pubblici, la cui tariffazione è gestita dal Consorzio UnicoCampania, che serve non solo l'intera area urbana bensì anche gran parte dell'area metropolitana.

La rete poggia innanzitutto su 2 linee di metropolitana (le linee 1 e 6) e su 4 funicolari, gestite da Metronapoli;[194] a queste si aggiungono la storica Metropolitana FS oggi linea 2 e le tratte ferroviarie urbane di Circumvesuviana, Circumflegrea e Cumana. I progetti prevedono ulteriori prolungamenti delle linee esistenti e la costruzione di nuove linee, con parcheggi di interscambio nelle zone periferiche e comprensiva di più di 100 stazioni (al momento 64) su tutta la superficie comunale.[195]. La metropolitana di Napoli è anche un museo di arte contemporanea, oltre ad ospitare svariati siti archeologici a cielo aperto. Il 30 novembre 2012, la stazione Toledo è stata premiata come la più impressionante d'Europa dal quotidiano The Daily Telegraph, mentre quella di Materdei è risultata al 13º posto.[196] Il 4 febbraio 2014, la CNN ha eletto la Stazione Toledo come la più bella d'Europa[197].

Oltre alla rete su ferro, sono presenti anche tre ascensori (Chiaia, Sanità, Acton), una rete tranviaria (che mette in comunicazione il porto, la stazione Centrale e la periferia orientale) e un'estesa rete di autobus; riguardo quest'ultima, la flotta dell'ANM, che conta più di 1 000 veicoli[N 26] effettua più di 500 000 passaggi giornalieri essendo in servizio su circa 130 linee.[198]

Amministrazione[modifica | modifica sorgente]

Sindaci[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Sindaci di Napoli.

Per la cronotassi dei sindaci succedutisi dal 1806 in avanti, si rimanda alla voce specifica. Il sindaco in carica dal 1º giugno 2011 è Luigi de Magistris, facente parte del Movimento Arancione.

Consolati[modifica | modifica sorgente]

La città è sede di 86 consolati[199] concentrati soprattutto nei quartieri Chiaia, Posillipo, Mergellina, Vomero e Porto. Nel 1796 a Napoli, capitale del Regno delle Due Sicilie, nacque la prima ambasciata americana nella penisola italiana (settima nel mondo).[200][201]

Gemellaggi[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Città gemellate con Napoli.

Napoli ha siglato gemellaggi con numerose città di paesi terzi tesi a consolidare relazioni che favoriscono lo scambio di esperienze e la reciproca conoscenza e a intensificare i rapporti tra le rispettive società.[202]

Infatti, Napoli ha stretto protocolli d'intesa con numerose città di significativa importanza, tra le quali Milano, Londra, Atene, Dubai, Budapest, San Francisco, San Pietroburgo e molte altre.

Sport[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Sport a Napoli.

Quadro generale[modifica | modifica sorgente]

Diego Armando Maradona, ex calciatore argentino che ha militato nella S.S.C. Napoli dal 1984 al 1991. Oggi è considerato da molti esperti il più grande calciatore di tutti i tempi.[203][204]
Napoli ha ospitato numerose volte le edizioni dell'America's Cup; nell'immagine, del 2012, sono state riprese le vele (tra le quali è ben evidente anche la Luna Rossa italiana), con il Castel dell'Ovo e il Vesuvio sullo sfondo
Maggiori società sportive di Napoli
  • Calcio
Società Sportiva Calcio Napoli, Serie A
Internapoli Football Club
Napoli Calcio Femminile, Serie A (calcio femminile)
  • Calcio a 5
Società Sportiva Napoli Calcio a 5, Serie A2
Napoli Barrese Calcio a 5
  • Beach soccer
Napoli Beach Soccer, Serie A (beach soccer)
  • Pallacanestro maschile
Nuova Pallacanestro Napoli, Serie B Dilettanti
Società Sportiva Basket Napoli[N 27]
Partenope Napoli Basket, Serie C regionale
  • Pallacanestro femminile
Napoli Basket Vomero, Serie A1 (pallacanestro femminile)
  • Pallanuoto maschile
Circolo Nautico Posillipo, Serie A1 (pallanuoto maschile)
Circolo Canottieri Napoli, Serie A2 (pallanuoto maschile)
Rari Nantes Napoli, Serie A2 (pallanuoto maschile)
Associazione Sportiva Acquachiara, Serie A1 (pallanuoto maschile)
  • Pallavolo femminile
Centro Ester Pallavolo, Serie B2
  • Rugby
Partenope Rugby, Serie B di rugby a 15
Società del Tiro a Segno Nazionale
  • Football americano
Briganti Napoli
Impianti sportivi principali
Manifestazioni sportive

Note[modifica | modifica sorgente]

Annotazioni[modifica | modifica sorgente]

  1. ^ Il detto «Vedi Napoli e poi muori» è stato proposto da Goethe che intendeva sottolineare quanto fosse rilevante il patrimonio artistico e culturale partenopeo, e che è indispensabile vedere la città almeno una volta prima di morire.
  2. ^ A seconda delle varie stime, l'area metropolitana di Napoli, analizzata da un punto di vista prettamente urbanistico, comprende tra i 2 200 000 e i 5 000 000 abitanti; la cifra cambia a seconda dei dati a cui si fa riferimento: Svimez Documenti e Studi per una definizione dell'area Metropolitana di Napoli (PDF) in Pianificazione urbanistica ed ambientale, 1999, pp. 17-18. (4 434 136)], Worldatlas - U.S. Census Bureau Largest Cities of the World - (by metro population) in World Atlas. URL consultato il 23 agosto 2014., CENSIS (4 996 084)
  3. ^ Il toponimo letteralmente significa "abitatori di caverne".
  4. ^ Quest'ultimo toponimo significa letteralmente "rupe scavata da grotte".
  5. ^ Un'industria tessile particolarmente apprezzata era quella del lino, per il quale i commercianti arabi garantivano un'ampia importazione dall'Egitto.
  6. ^ Ampiamente conosciuto anche nell'Oriente islamico, dove il condottiero macedone fu identificato nel coranico Dhū l-Qarnayn, "Quello delle due corna", per merito del bibliofilo arciprete Leone, che consentirà la successiva traduzione dell'opera in lingua latina e il suo considerevole successo.
  7. ^ Dopo l'unificazione, il Banco delle Due Sicilie fu rinominato Banco di Napoli.
  8. ^ Secondo Indro Montanelli questa frase Michele Bianchi l'avrebbe detta a Dino Grandi, appena rimpatriato da una missione diplomatica all'estero.
  9. ^ Si tratta di due culti molto frequenti nella Napoli greco-romana, il primo riferito ad Apollo che si celebrava nei pressi dell'attuale via Duomo, il secondo a Demetra il quale santuario si ergeva presso l'attuale Sant'Aniello a Caponapoli.
  10. ^ I suddetti fondi serviranno, infatti, anche per altre opere strategiche come i lavori per la nuova metropolitana ed il riassestamento dell'area della Mostra d'Oltremare.
  11. ^ L'aspetto attuale del Castel Nuovo, tuttavia, è dovuto ai rifacimenti della dinastia aragonese: quest'ultimi infatti lo ricostruirono completamente, aggiungendo anche altre sculture come il maestoso arco trionfale, capolavoro del rinascimento napoletano.
  12. ^ Il napoletano è una lingua a tutti gli effetti perché:
    1. risponde a una serie di regole semantiche ben definite;
    2. i neologismi e le variazioni d'uso vengono prodotte solo a Napoli, per l'appunto luogo d'origine della lingua napoletana;
    3. ha creato una letteratura che segue tali regole;
    4. è stata utilizzata come lingua di una nazione, ovvero il Regno di Napoli.
    Quindi, la lingua napoletana si discosta dai dialetti, che al contrario sono varietà linguistiche che non presentano suddette caratteristiche.
  13. ^ Secondo la tradizione, l'apostolo Pietro celebrò la prima messa in Italia nella basilica di San Pietro ad Aram, luogo di proprietà di Sant'Aspreno, da lui ordinato primo vescovo di Napoli.
  14. ^ A Napoli sono presenti cinque catacombe: le catacombe di San Gennaro, di San Severo, di Sant'Efebo, di Santa Maria della Vita e le catacombe di San Gaudioso.
  15. ^ Un elenco (seppur parziale) dei martiri napoletani si trova nel Chronicon Episcoporum Neapolitanorum, la più antica fonte per la storia della Chiesa di Napoli.
  16. ^ L'apertura di queste due moschee è dovuta a causa di una forte presenza della comunità islamica partenopea in territorio campano: nel 1997 i musulmani in Campania contavano circa 15 000 presenze.
  17. ^ Ciononostante, alcuni di questi simboli vengono associati anche ad altri luoghi italiani: vedasi a proposito la pizzica salentina.
  18. ^ Purtroppo, la quasi totalità della struttura che ospitava Città della Scienza è stata distrutta da un incendio di natura dolosa divampato la sera del 4 marzo 2013.
  19. ^ Tra questi, è possibile citare:
    • un capo dell'European Union Military Committee;
    • due capi di Stato Maggiore Generale
    • quattro capi di stato maggiore dell'Esercito;
    • due capi di stato maggiore della Marina;
    • un capo di stato maggiore dell'Aeronautica;
    • due comandanti generali della Guardia di finanza (nonché due vicecomandanti);
    • otto vicecomandanti dell'Arma dei carabinieri e
    • due direttori generali dei Servizi di Informazione.
  20. ^ Il quotidiano Il Mattino è stati fondato nel 1892 da Eduardo Scarfoglio e Matilde Serao. Esso risulta essere tra i primi giornali in città per numero di copie e diffusione dei lettori (dati ADS).
  21. ^ Un posto al sole è la prima soap opera prodotta in Italia, nonché la più longeva fiction italiana. Prodotta da Rai Fiction, essa viene trasmessa su Rai 3 dal 1996.
  22. ^ «De Filippo» era il cognome della madre, la sarta teatrale Luisa De Filippo.
  23. ^ L'intero patrimonio del Settecento musicale napoletano è quasi del tutto inedito: oltre 150 biblioteche nel mondo ne conservano i manoscritti. L'Istituto Internazionale per lo studio del Settecento musicale napoletano si occupa di ricercare, studiare e diffondere la musica della scuola napoletana del Settecento
  24. ^ L'Istituto, storicamente ubicato nel palazzo Serra di Cassano, attraversa in questo momento un periodo di grave difficoltà. Il suo unico sostenitore e finanziatore, l'avvocato Gennaro Marotta, non è stato più in grado di pagare l'affitto dei locali, ed i preziosi volumi, sfrattati, sono stato ricoverati in un magazzino di Casoria.
  25. ^ Tra gli stabilimenti metalmeccanici che sono rimasti aperti nonostante la crisi postunitaria (che comunque influì negativamente sui loro affari), è possibile citare la Guppy & Pattison alla Taverna delle Carcioffole, la Zino & Henry al Ponte della Maddalena, nonché, specificamente per le necessità della Marina e l'Arsenale che dal 1852 disponeva del primo bacino di carenaggio in muratura nel Mediterraneo.
  26. ^ Vi sono circa trenta tipologie di autobus. Ciò è dovuto alla particolare morfologia e struttura edilizia della città di Napoli, che spesso presenta vicoli stretti (soprattutto nel centro antico) e strade ripide. A questo proposito, sono state adottate soluzioni alternative come mini-bus, che riescono agevolmente ad accedere nei vicoli e nelle strade più strette, e bus con un punto di snodo al centro, capaci di portare il doppio dei passeggeri senza andare incontro a ostacoli dovuti all'eccessiva lunghezza del mezzo.
  27. ^ La Società Sportiva Basket Napoli è stata dapprima radiata dai campionati nazionali e in seguito sciolta.

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  191. ^ Napoli Centrale, Grandi Stazioni..
  192. ^ Linea 2 della metropolitana di Napoli
  193. ^ Dati di Traffico, Assaeroporti, 2008..
  194. ^ Metronapoli, Comune di Napoli.
  195. ^ Piano comunale dei trasporti, Comune di Napoli..
  196. ^ La stazione metro più bella per il Telegraph è a Napoli, la Repubblica, 30 novembre 2012. URL consultato il 30 novembre 2012.
  197. ^ Europe's 12 most impressive metro stations, CNN, 4 febbraio 2014. URL consultato il 18 febbraio 2014.
  198. ^ Daniele Pizzo, Trasporto di superficie, danpiz.net..
  199. ^ Elenco dei Consolati di Carriera ed Onorari esteri in Italia redatto dal Ministero degli Esteri (DOC)..
  200. ^ Giovanni Marino, Napoli-Usa, 215 anni insieme "Noi americani, qui come a casa" (Napoli), La Repubblica, 17 dicembre 2011.
  201. ^ Messaggio dell'Ambasciatore David H. Thorne in occasione del 215º Anniversario delle relazioni diplomatiche tra Stati Uniti e Napoli, Consolato Generale degli Stati Uniti d'America - Napoli · Italia, 16 dicembre 2011..
  202. ^ Gemellaggi, Comune di Napoli..
  203. ^ Sacchi: «Maradona il più grande; il Milan voleva prenderlo» (Napoli), Corriere dello Sport, 30 ottobre 2010.
  204. ^ Times: "Maradona il più forte di tutti i tempi", AreaNapoli, 23 marzo 2010.

Bibliografia[modifica | modifica sorgente]

Cronologia della storia di Napoli

Testi storici[modifica | modifica sorgente]

  • Amedeo Maiuri, Pompei ed Ercolano: fra case e abitanti, Giunti, 1998, ISBN 88-09-21395-5.
  • Antonio Maria Lorgna, Memorie di matematica e fisica della Società italiana, VIII, Verona, Dionigi Ramanzini, 1788, ISBN non esistente.
  • Bartolommeo Capasso, Napoli greco-romana, Napoli, 1905, ISBN non esistente.
  • Benedetto Croce, Saggi Sulla Letteratura Italiana Del Seicento, Bari, Laterza, 1911, ISBN non esistente.
  • Benedetto Croce, Giuseppe Galasso, Storia del Regno di Napoli, Milano, Adelphi, 1992, ISBN non esistente.
  • Carlo Celano, Notizie del bello, dell'antico e del curioso della città di Napoli, De Pascale Editore, 1860, ISBN non esistente.
  • Charles de Brosses, Lettres familières écrites d'Italie en 1739 & [et] 1740, 3ª ed., Parigi, P. Didier, 1869, ISBN non esistente.
  • Emilio Amedeo De Tipaldo, Biografia degli Italiani illustri nelle scienze: lettere ed arti del secolo XVIII. e de'contemporanei compilata da letterati Italiani di ogni provincia, vol. 1, 1834, ISBN non esistente.
  • Francesco Ceva Grimaldi, Della città di Napoli dal tempo della sua fondazione sino al presente: memorie storiche, Stamperia e calcografia, 1857, ISBN non esistente.
  • Francesco Florimo, Cenno storico sulla scuola musicale de Napoli, vol. 1, Tip. di L. Rocco, 1869, ISBN non esistente.
  • Gaetano Salvemini, Scritti sulla questione meridionale, 1896-1955, Einaudi, 1955, ISBN non esistente.
  • Giambattista Basile, Lo cunto de li cunti, Einaudi [1634], 2002, ISBN 978-88-06-14214-8.
  • Giuseppe Maffei, Storia della Letteratura Italiana, III, Livorno, Giovanni Mazzajoli Editore, 1852, ISBN non esistente.
  • (FR) Maximilien Misson, Nouveau voyage d'Italie, vol. 2, 1743, ISBN non esistente.
  • Publio Virgilio Marone, Tutte le opere, Firenze, Sansoni Editore, 1989, ISBN non esistente.
  • Vittorio Gleijeses, Storia di Napoli, Napoli, La Botteguccia, 1990, p. 847-848 e 551-554, ISBN non esistente.

Storia[modifica | modifica sorgente]

  • Il Mezzogiorno dai Bizantini a Federico II, vol. 3, Torino, UTET, 1983, ISBN non esistente.
  • Alfredo D’Ambrosio, Storia di Napoli dalle origini ad oggi, Edizioni Nuova E.V., 1993, ISBN non esistente.
  • Antonio Gamboni, Paolo Neri, Napoli-Portici: la prima ferrovia d'Italia, 1839, Napoli, Edizioni Fiorentino, 1987, ISBN non esistente.
  • Attilio Wanderligh, I giorni di Neapolis. Vita quotidiana e vicende storiche nella città greca e romana, Napoli, Edizioni Intra Moenia, 2001, ISBN 88-95178-34-3.
  • Daniela Giampaola; Francesca Longobardo, Napoli greca e romana tra Museo Archeologico e centro antico, Napoli, Electa Napoli, 2000, ISBN 88-435-8558-4.
  • Davide Nardoni, La terra di Virgilio, Archeologia Viva, 1986, ISBN non esistente.
  • Eberhard Horst, Federico II di Svevia, Milano, Rizzoli, 1981, ISBN 88-17-11621-1.
  • Fulvio Tessitore, Comprensione storica e cultura, Guida, 1979, ISBN 88-7042-424-3.
  • Gennaro De Crescenzo, Le industrie del Regno di Napoli: in appendice 50 primati del regno, Grimaldi, 2002, ISBN non esistente.
  • Giada Giudice, Il tornio, la nave, le terre lontane: ceramografi attici in Magna Grecia nella seconda metà del V secolo a.C: rotte e vie di distribuzione, L'erma di Bretschneider, 2007, ISBN 88-8265-412-5.
  • Giuseppe Galasso; Rosario Romeo; Atanasio Mozzillo; Valerio Marchi, Storia del Mezzogiorno, 15, parte 2, Editalia, 1994, ISBN non esistente.
  • Giuseppe Russo, Il risanamento e l'ampliamento della città di Napoli, Napoli, Società pel Risanamento di Napoli, 1960, ISBN non esistente.
  • Mario Forgione, Napoli ducale, Roma, Newton & Compton, 1997, ISBN 88-8183-681-5.
  • Moses Finley; Ettore Lepore, Le colonie degli antichi e dei moderni, Donzelli Editore, 2000, ISBN 88-7989-571-0.
  • Salvatore Cafiero, Questione meridionale e unità nazionale: 1861-1995, Carocci, 1996, ISBN 88-430-0386-0.
  • Stefano Zuffi, Grande atlante del Rinascimento, Milano, Electa, 2007, ISBN 978-88-370-4898-3.

Arte[modifica | modifica sorgente]

  • Nicola Spinosa, Le porcellane di Capodimonte, Milano, Rusconi, ISBN non esistente.
  • Pierluigi De Vecchi, Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, vol. 2, Milano, Bompiani, 1999, ISBN 88-451-7212-0.
  • Renato Ruotolo, La Scuola di Posillipo, Napoli, Franco Di Mauro Edizioni, 2002, ISBN 88-87365-26-1.
  • Roberto Middione, La Quadreria dei Girolamini, a cura di Quadreria dei Girolamini (collaboratore); Soprintendenza ai beni artistici e storici di Napoli, Elio De Rosa Editore, 1995, ISBN non esistente.

Architettura[modifica | modifica sorgente]

  • Antonio Lazzarini, Splendori e decadenza di cento chiese napoletane, Gabbiani Sopra il Mare, 2006, ISBN 88-902156-2-3.
  • Donatella Mazzoleni, I palazzi di Napoli, Arsenale Editrice, 2007, ISBN 88-7743-269-1.
  • Elena Manzo, Edicole sacre: percorsi napoletani tra architetture effimere, CLEAN, 2007, ISBN 978-88-8497-006-0.
  • Giovanni Liccardo, Le catacombe di Napoli, Roma, Newton & Compton, 1995, ISBN 88-8183-175-9.
  • Giovanni Ruggiero, I castelli di Napoli, Roma, Newton & Compton, 1995, ISBN 88-7983-760-5.
  • Luigi Salerno, Il convento di San Domenico Maggiore in Napoli, Napoli, 1997, ISBN non esistente.
  • Maria Rosaria Costa, I Chiostri di Napoli, Roma, Newton Editori Tascabili, 1996, ISBN 88-8183-553-3.
  • Massimo Rosi, Napoli entro e fuori le mura, Roma, Newton & Compton, 2004, p. 22, 30, 33, 35, 44, 107, 117, 125, 132, ISBN 88-541-0104-4.
  • Nicoletta D'Arbitrio; Luigi Ziviello, Il Reale Albergo dei Poveri di Napoli. Un edificio per le arti della città, Napoli, Edizioni Savarese, 1999, ISBN non esistente.
  • Robin Middleton, David Watkin, Architettura dell'Ottocento, Mondadori, 1977, ISBN non esistente.

Musica[modifica | modifica sorgente]

  • Franco Mancini, Il teatro San Carlo 1737-1987, Electa, 1991, ISBN non esistente.
  • Pasquale Scialò, La canzone napoletana, Newton & Compton, 1998, ISBN non esistente.
  • Pasquale Scialò, Mozart a Napoli, Napoli, Alfredo Guida Editore, 1995, ISBN non esistente.
  • Vittorio Viviani, Storia del Teatro Napoletano, 2ª ed., Napoli, Guida Editore, 1992, ISBN 978-88-7835-156-1.

Etnologia, etnografia, folclore[modifica | modifica sorgente]

  • Amalia Signorelli, Cultura popolare a Napoli e in Campania nel Novecento, Guida Editore, 2003, ISBN 978-88-7188-643-5.
  • Marisa Piccoli Catello, Il Presepe Napoletano, Napoli, Guida Editore, 2005, ISBN 88-7188-945-2.
  • Renato Ribaud, Tradizioni popolari napoletane, Gallina Editore, 1982, ISBN 978-88-87350-59-3.

Scienze[modifica | modifica sorgente]

  • Elio Palombi, Mario Pagano e la scienza penalistica del secolo XIX, 2ª ed., Giannini, 1989, ISBN 88-7104-091-0.
  • Guido Barbieri Hermitte, Giovanni Ninni: vita e opere di un medico venosino, Osanna, 2001, ISBN non esistente.
  • Massimo Capaccioli, Giuseppe Longo; Emilia Olostro Cirella, L'astronomia a Napoli dal Settecento ai giorni nostri. Storia di un'altra occasione perduta, Guida, 2009, ISBN 88-6042-827-0.
  • Renato De Fusco, Il floreale a Napoli, 2ª ed., Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1989, ISBN 88-7104-528-9.

Varie[modifica | modifica sorgente]

  • Napoli e dintorni, Milano, Touring Editore, 2005, ISBN non esistente.
  • Alessandro Savorelli, L'origine dello stemma di Napoli tra arte, storia e mito, XXXVIII, Napoli nobilissima, 1999, ISBN non esistente.
  • Antonio Emanuele Piedimonte, Napoli Segreta, Intra Moenia, 2006, ISBN non esistente.
  • Antonio Emanuele Piedimonte, Napoli Sotterranea - Percorsi tra i misteri della città parallela, Intra Moenia, 2008, ISBN 978-88-95178-53-0.
  • Enzo Striano, Il resto di niente, Salerno, Loffredo Editore, 1996, ISBN 88-8096-422-4.
  • Franco Elpidio Pezone, Atella. Nuovi contributi alla conoscenza della città e delle sue "fabulae", Istituto di Studi Atellani, 1979, ISBN non esistente.
  • Franco Venturi, Napoli capitale nel pensiero dei riformatori illuministi, Napoli, Società editrice storia di Napoli, ISBN non esistente.
  • Gianni De Bury, Frijenno magnanno, Di Mauro Franco Edizioni, 1990, ISBN 88-85263-00-3.
  • Giuseppe D'Amato, Viaggio nell'Hansa baltica. L'Unione europea e l'allargamento ad Est, Milano, Greco&Greco editori, 2004, ISBN 88-7980-355-7.
  • Marcello Mastroianni, Mi ricordo, sì, io mi ricordo, Baldini&Castoldi, 1997, ISBN non esistente.
  • Massimiliano Boccolini, L'Islam a Napoli. Chi sono e cosa fanno i musulmani all'ombra del Vesuvio, Napoli, Intra Moenia, 2002, ISBN 88-7421-007-8.
  • Pietro Weiss, Julian Budden, The New Grove Dictionary of Opera, Londra, 1992, ISBN 0-333-73432-7.
  • (FR) Raymond Klibansky, David Pears, La philosophie en Europe, Parigi, UNESCO/Gallimard, 1993, ISBN non esistente.

Voci correlate[modifica | modifica sorgente]

Storia[modifica | modifica sorgente]

Istituzioni[modifica | modifica sorgente]

Geografia[modifica | modifica sorgente]

Gastronomia[modifica | modifica sorgente]

Arte e cultura[modifica | modifica sorgente]

Altri progetti[modifica | modifica sorgente]

Collegamenti esterni[modifica | modifica sorgente]